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Autore: Kodocha    04/05/2015    3 recensioni
Piccolo consiglio: NON LEGGETE QUESTA STORIA.
Non è orrenda, di più! O_O
L'unico motivo per cui non la elimino è dovuto dal fatto che è la mia primissima storia, dunque ci sono in qualche modo affezionata! ^.^"
Se poi avete tempo da perdere e coraggio a sufficienza... beh, leggetela pure, ma ricordate che vi ho avvertiti! :P
***
In una calda giornata d'estate due bambini si incontrano per la prima volta in un parco e diventano quasi subito grandi amici. Purtroppo pochi mesi dopo la bambina deve trasferirsi in America insieme alla sua famiglia, ma i due si promettono che la loro amicizia durerà per sempre, nonostante tutto. Questi due bambini si chiamano Akito Hayama e Sana Kurata.
Dieci anni dopo, in una scuola a Tokyo c'è una nuova arrivata, una bellissima ragazza dai lunghi capelli ramati...
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Fuka Matsui/Funny, Naozumi Kamura/Charles Lones, Sana Kurata/Rossana Smith | Coppie: Sana/Akito
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Incompiuta
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Era un calda giornata d’inizio luglio.
Al parco i bambini giocavano allegramente, o meglio, tutti eccetto uno.
Seduto su una panchina, situata sotto un piccolo gazebo in legno, un bambino dai capelli biondi e gli occhi ambrati, se ne stava in disparte dagli altri; aveva un aria triste, malinconica… nonostante la sua tenera età sembrava patire enormi sofferenze che lo tormentavano.

Era solo e nessuno sembrava curarsi di lui, fino a quando un'allegra bambina dai capelli ramati raccolti in due codini, non si accorse della sua presenza.

-Ma perchè quel bambino è tutto solo? Sembra così triste! Forse non ha amici, ora lo invito a giocare con me-

Senza pensarci due volte, si precipitò nella sua direzione «Ehm... ciao, vuoi giocare alla campana con me?»

«No»

«Perchè no?»

«Non sono affari tuoi»

Nonostante i modi poco gentili del biondino, non se ne andò e restò lì a fissarlo insistentemente.
Aveva capito che c'era qualcosa che non andava e voleva aiutarlo… non sapeva bene il perchè, ma sentiva che doveva farlo.

«Perchè continui a fissarmi?»
Le domandò piccato, guardandola truce.

«Sembri triste»

«Anche questi non sono affari tuoi»

«Ma sei qui da solo? Dov'è la tua mamma?»

Il bambino s’incupì e con lo sguardo perso nel vuoto le rispose «Io non ho una mamma»

«Ma che dici, tutti hanno una mamma»

«Io la mia l'ho uccisa quando sono nato»

Calò un profondo silenzio che si protasse per diversi secondi, finchè lei non si decise a rispondergli con un semplice… «Beh, io una volta ho ucciso un bruco»

Anche se tentò di non darlo a vedere, rimase alquanto sorpreso da quella risposta.
Di solito, ogni volta che confessava a qualche bambino della sua età di aver ucciso la propria madre, loro scappavano via urlando, etichettandolo come un mostro, invece lei non l'aveva fatto, era ancora lì a parlare con lui.

«E tu vorresti paragonare una mamma ad un bruco?»

«No, però so come ti senti. Anch'io come te mi sono sentita in colpa per tanti giorni. Ma poi la mia mamma mi ha spiegato che il bruco sapeva che non l'avevo fatto di proposito e che lui non avrebbe voluto vedermi triste, quindi sicuramente anche la tua mamma ora non vorrebbe che tu stessi male»

«E tu come hai fai a sapere cosa vorrebbe mia madre?Non la conoscevi nemmeno!»

«Perchè sono sicura che tutte le mamme del mondo vogliano bene ai propri figli, ancora prima che nascano»

Lui non seppe cosa risponderle, restò in silenzio a fissare quella buffa bambina, mentre un dubbio si impadronì di lui...
Possibile che avesse ragione? Non si era mai soffermato a pensare ciò, aveva passato molti anni della sua (seppur giovane) vita a colpevolizzarsi per la morte della madre.

«Non parli più?Il gatto ti ha mangiato la lingua?»

«Non so cosa dire»

«Potresti iniziare dicendomi il tuo nome»

«Mi chiamo Akito... Akito Hayama»

«Ciao Akito Hayama, io invece mi chiamo Sana Kurata, quanti anni hai?»

«Sette»

«Anch'io!» gli sorrise dolcemente, facendolo arrossire  «Beh, ora che ci siamo presentati che ne diresti di giocare alla campana con me?»

«Io...non ne sono capace...non ci ho mai giocato»

«Allora vuoi giocare a palla avvelenata?»

«Non ho mai giocato nemmeno a quello»

«Mmmhh beh, allora dimmi tu qualche gioco»

«Non conosco nessun gioco»
Ammise imbarazzato, chinando il capo.
Provava un' enorme vergona nell'ammettere che non conosceva nessun tipo di gioco... ma in fondo, che colpa ne aveva se gli altri bambini l'avevano sempre escluso?

«Capisco, beh, allora dobbiamo recuperare! Vieni che ti insegno tutti i giochi che conosco»
E senza attendere una qualche risposta, l’afferrò per un braccio, trascinandolo con sé fuori da quel piccolo gazebo.


Da quel giorno si diedero appuntamento tutti i pomeriggi per giocare insieme.
Per la prima volta, da quanto era venuto a conoscenza della causa della morte della madre, Akito si sentiva finalmente felice e tutto questo lo doveva esclusivamente alla sua nuova amica.
Certo, era l'unica che aveva, ma lei gli bastava, sapeva di poter contare su Sana come di nessun altro.




Arrivò settembre, quel giorno come d'abitudine, Akito si diresse al parco, dove trovò la piccola Sana seduta sulla panchina posta sotto a quello che ormai era divenuto il loro gazebo, mentre piangeva a singhiozzi.
Dinnanzi a quella scena rimase alquanto sorpreso… non aveva mai visto la sua amichetta piangere, nemmeno quando mentre giocavano a rincorrersi finiva con l’inciampare, sbucciandosi le ginocchia.
L'aveva sempre vista sorridere, tant'è vero che si era convinto del fatto che non sapesse piangere.

Titubante, pian piano le si avvicinò, fermandosi a pochi centimentri di distanza.

«Sana perchè piangi?»

«Aki è successa una cosa orribile!»

«Cosa?»

La bambina tirò su con il naso, asciugandosi il viso con la manica della maglia «La mia mamma ha detto che dobbiamo trasferirci in America per via del suo lavoro, ma io non voglio»

«E dove si trova l'America?»

«Non lo so, ma ha detto che è molto lontano da qui»

Akito trasalì, avvertendo un peso all’altezza del petto.
Tentò di rimandare indietro le lacrime e con voce tremante le chiese « M-ma ... q-quando partirai?»

«Domani e staremo via per un tempo lunghissimo» chinò lo sguardo, stringendosi il tessuto della gonna tra le mani «Io non voglio andarmene Aki, non voglio lasciare la mia casa, la mia scuola, e sopratutto non voglio perderti, non voglio perdere il mio migliore amico»

«Sana qualsiasi cosa accada noi non ci perderemo, capito?»

«E come fai a dirlo?»

«Perchè siamo migliori amici e niente e nessuno potrà separarci»

Lo guardò speranzosa, con gli occhi ancora arrossati «Me lo prometti?»

Annuì, abbozzando un lieve sorriso «Te lo prometto»

Infilò una mano nella tasca dei pantaloni, da dove estrasse una monetina ed iniziò ad incidere qualcosa sul gazebo

«Cosa stai facendo?»

«Scrivo i nostri nomi, così quando tornerai in Giappone e verrai qui ti ricorderai della nostra promessa»

«Oh Aki» commossa, gli gettò le braccia al collo, stringendolo a sè «Domani verrai a salutarmi vero?»

Impacciato e rosso in volto, ricambiò la stretta «Certo»

Restarono abbracciati a lungo, prima di iniziare a giocare come facevano ogni giorno, cercando di cancellare la tristezza che si celava nei loro piccoli cuori.

                                                             
 
 
 






«Rei sbrigati a caricare gli ultimi scatoloni, siamo in ritardo»

«Come se fosse colpa mia se siamo in ritardo, è lei che ci mette sempre delle ore per prepararsi» borbottò Sagami, afferrando l’ennesimo scatolone.

«Si può sapere cosa stai borbottando?»

«N-no, n-niente, s-signora Misako»

Incurante della loro discussione, Sana continuò a fissare la strada dinnanzi a sé -Ma dov'è Akito? Aveva detto che sarebbe venuto a salutarmi, e invece non c'è... che se ne sia dimenticato?-

Sospirò tristemente e proprio quando stava per arrendersi al fatto che il suo amico non sarebbe venuto a salutarla, vide qualcuno correre nella sua direzione.
Assottigliò gli occhi per cercare di capire di chi si trattasse ed un radioso sorriso di formò sul suo volto, quando capì che altri non era che il suo Akito.

«Ma quello è Akito!» si sbracciò, agitando le braccia come una forsennata «Ciao Akiii!!!»

Quest’ultimo la raggiunse, piegandosi su se stesso, affaticato dopo la lunga corsa «Ciao Sana» la salutò, cercando di recuperare il fiato che gli mancava.

«Che bello, sei venuto»

«Io mantengo sempre le mie promesse»

«Ho una cosa per te, ecco, tieni»  esclamò, porgendogli una piccola scatolina.

«Cos'è?»

«Non vedi?! è un regalo»

«Non ne ho mai ricevuto uno»

«C'è sempre una prima volta no?Avanti apri!»

Fece come gli era stato detto, estraendo l’oggetto che era rinchiuso all’interno di quella scatolina. «E' un braccialetto»

Annuì «Ne ho comprati due con la paghetta che mi ha dato la mamma, uno per te e l'altro per me»

«Sopra c'è scritto "Always", cosa significa?»

«E'in inglese, significa "sempre", perchè noi saremo amici per sempre, vero Akito?»

Sorrise «Si Sana, per sempre»

«E guarda, dietro c'è un'altra incisione, sul tuo braccialetto, c'è scritta la lettera "S" di Sana, sul mio invece c'è scritta la lettera "A" di Akito»

Si grattò dietro la nuca con fare imbarazzato, intanto che uno spiacevole calore si impadroniva delle sue gote. «G-grazie»

«Allora ti piace!»

«Beh, non mi dispiace»

«Mi mancheranno le tue riposte Aki»

«Sana piccola, dobbiamo andare, l'aereo parte tra meno di un'ora, saluta il tuo amichetto»

La bambina tirò un profondo sospiro, angosciata dall’idea di doversi separare dal suo migliore amico.
 «Si mamma, arrivo!»

«Beh, allora addio Sana»

«Questo non è un addio Aki, ma un arrivederci!Ci rincontreremo, ne sono sicura» esclamò, circondandogli il torace con le braccia ed appoggiando la testa sul suo petto.
 Ricambiò la stretta, mentre cercava di trattenere quelle lacrime che prepotenti cercavano di scappare dai suoi occhi.
Non voleva perderla, lei era la prima persona che era riuscita a capirlo, che gli era stata sempre accanto, nemmeno la sua famiglia l'aveva mai fatto.
Ma purtroppo doveva lasciarla andare, sperando che i loro cammini si sarebbero incrociati di nuovo.


 

 
                                                    *

 
Dieci anni dopo...


«Ogni anno è sempre più dura tornare a scuola dopo le vacanze estive» esordì Tsu, sospirando frustato «Sopratutto dopo aver passato l'estate insieme alla mia caramellina gommosa»

«Sasaki, quando la smetterete di darvi questi strani soprannomi? Siete davv...»

Le parole gli morirono in bocca, quando qualcuno che correva per i corridoi dell'istituto, andò a scontrarsi con lui, provocando la caduta di entrambi

«Ahij, che dolore!» borbottò, massaggiandosi la schiena dolorante.

«Scusami è colpa mia, non ti avevo visto, sono proprio una sbadata» disse, la ragazza alzandosi

«Non preocc...» si bloccò di colpo quando, alzando lo sguardo, notò la splendida ragazza che si era appena rivolta a lui.
Lunghi capelli ramati, occhi color cioccolato, un fisico mozzafiato e un sorriso dolcissimo.

«Ora devo proprio andare, scusa ancora per lo scontro non si ripeterà più» esclamò mortificata, prima di allontanarsi da lui.

«Hey Akito ma cosa ci fai ancora a terra? Ti sei imbambolato?»

«N-No, ma che dici... è che...»

«Ho capito, sei rimasto colpito "in tutti i sensi" da quella ragazza» sghignazzò Tsu, muovendo continuamente le sopracciglia dall'alto verso il basso.

Si alzò, lisciandosi i pantaloni con le mani «Ma che diavolo dici, idiota!»

«Non ti biasimo amico, era incredibilmente carina»

«Eppure ho la vaga sensazione di conoscerla»

«Come?»

Scosse il capo, cercando di rimuovere quel pensiero «Lascia perdere, su andiamo in classe»

Dopo aver preso posto accanto al suo banco, non fece altro che pensare all'incontro che c'era stato pochi minuti prima con quella ragazza, anche se sarebbe stato meglio definirlo uno scontro.
Non riusciva a spiegarsi il perchè ma sentiva di conoscerla... ma dove poteva averla vista?
Era sicuramente nuova del liceo Jimbo, di questo n'era sicuro, visto e considerando che in caso contrario, avrebbe ricordato che una bellezza del genere frequentasse il suo stesso isituto...

Poco dopo, i suoi pensieri vennero interrotti dall'entrata del professore...

«Ragazzi accomodatevi ai vostri posti, devo presentarvi una nuova alunna» si voltò verso la porta «Prego. entri signorina»

L'ingresso della nuova arrivata non lasciò indifferente nessuno, soprattutto i ragazzi che la fissavano famelici.

-E' lei, la ragazza di prima-

«Vi presento la nuova arrivata, si chiama Sana Kurata, è Giapponese ma ha vissuto per 10 anni a New York, spero che l'accoglierete nel migliore dei modi»

-Sana Kurata? Il nome non mi è nuovo... l'ho già sentito da qualche parte, ma non riesco a ricordare dove...-
   
 
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