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Autore: fireslight    04/05/2015    5 recensioni
«Non sei troppo giovane, per quelle?»
«Si, ecco.. Non sono per me.»
«E allora per chi?»
La domanda la colse alla sprovvista.
«Hai ragione, non sono fatti miei. Il Jack Daniel’s non ti convince?»
Che strana piega stava prendendo quella conversazione.
[..]
Le scostò una ciocca chiara dal viso, accennando ad un sorriso.
«Prendi una decisione, luna della mia vita, e prendila in fretta.»
Si alzò agilmente da terra, lasciandola per alcuni minuti lì sulla spiaggia, il ponte di Brooklyn in lontananza come una lama scintillante nel crepuscolo azzurro e porpora.

[Drogo/Daenerys♥][AU – 21° century][Slice of life, Missing Moments - 3.951 words]
Genere: Angst, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daenerys Targaryen, Khal Drogo, Myrcella Baratheon, Viserys Targaryen
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Sometimes, to go away
is more difficult to remain.
 
 
«Dovresti trasferirti da me, Dany.»
L’aria di Manhattan le faceva schioccare la lunga treccia sulle spalle esili, alcune ciocche argentee sugli occhi chiari.
«Si, insomma.. Senza offesa, ma Viserys è inquietante, alle volte.»
«Viserys è inquietante sempre.» disse la giovane, sospirando e alzandosi dal muretto sul quale era seduta poco prima, prendendo la borsa sotto braccio.
Entrambe si erano incamminate in direzione del bar all’angolo fra due strade, parlando del più e del meno.
«E poi ho fatto un promessa, non voglio deludere Rhaegar.»
L’altra sospirò, guardandola a metà fra il preoccupato e l’esasperato.
«Ovvio, ti capisco. Ma dov’è Rhaegar adesso, eh? Dov’è tuo fratello quando
certe notti scappi dal tuo appartamento, Daenerys, perché quell’invasato di Viserys
da di matto, eh? Dimmi dov’è il tuo amato Rhaegar.»
«In Svezia.» rispose, sorridendo in maniera palesemente forzata all’amica.
«Non è questo il punto, non cambiare argomento.»
«Lo stai cambiando tu.»
Myrcella Baratheon sospirò, divertita dalla sagacia con la quale la sua migliore amica nascondeva di tanto in tanto la propria infelicità. Daenerys rideva per non piangere, talvolta, e lei avrebbe voluto fare di più per strapparla alle grinfie del fratello di mezzo, quello pazzo come lo chiamavano praticamente tutti, come il padre, sussurravano i maligni.
Al bar sulla quinta avevano ordinato un paio di caffè, raffreddatisi con il passare dei minuti.
«Dany, senti..»
Daenerys posò rumorosamente la tazzina sul tavolo in legno, «No, senti tu. Sono stanca di
tutto questo, Myrcella. Stanca di dover vivere nella paura che mio fratello esploda del tutto, stanca di dover vivere come un’estranea nella mia stessa vita, di dover pensare a tutto ciò che ho perso, decidendo di rimanere qui con lui.»
Myrcella la guardò negli occhi, apprensiva come sempre, «Come sarebbe a dire ‘tutto ciò che ho perso’, mi spaventi..»
La ragazza poggiò le braccia sottili sul tavolo, distendendo la schiena sulla panca rovinata ad un angolo del bar.
«Prima di partire per la Svezia, Rhaegar mi aveva proposto di trasferirmi, di andare via da qui. Mi aveva proposto di farci una vita diversa, nuova, insieme come sempre: mi aveva proposto di iscrivermi al college.»
«Hai rifiutato? Ti prego, non dirmi che l’hai fatto, non dirmi che−»
«L’ho fatto, invece! Sai perché? Non volevo dover essere un peso per lui, e sono rimasta qui con Viserys, dicendo a Rhaegar che avrei frequentato l’Accademia a Brooklyn. Mio fratello mi ha lasciato dei soldi, parte dell’eredità di mia madre per pagarmi la retta, e sai che fine hanno fatto quei soldi? Viserys dice che non so neanche fare i conti per la spesa, figuriamoci se potrei amministrare i miei soldi, per le mie lezioni..»
«Oh, Dany.. avresti dovuto dirmelo tempo fa.»
La ragazza sorrise sarcastica, liquidando le ultime parole dell’amica con un gesto noncurante della mano. «E a cosa sarebbe servito?»
«Avremo trovato una soluzione, come sempre.»
Myrcella allungò una mano sul tavolo, trovando le dita di Daenerys, fredde come ghiaccio; le strinse a lungo in una morsa ferrea, inclinando il capo di lato come faceva da bambina per risolvere una situazione particolarmente delicata.
«Myrcella, sai che non ho mai preteso nulla dalla vita, ma questo è troppo..» le si smorzò la voce, sottile quanto quella di un uccellino in gabbia e la giovane Baratheon capì che per quella volta non era il caso di insistere.
«Dany, sai che per qualsiasi cosa..»
Il vibrare di un cellulare distrasse entrambe, e Myrcella osservò gli occhi di Daenerys posarsi inquieti sullo schermo, sul vecchio tavolo scheggiato.
La giovane Targaryen lesse rapidamente il numero, sbiancando.
«Viserys.. Sarei dovuta tornare mezz’ora fa.»
«Rispondi, non può ucciderti per telefono», ma quando quest’ultima le lanciò la più eloquente delle occhiate, Myrcella sentì un brivido freddo lungo la schiena.
«Viserys?»
“Dolce sorella, dove ti trovi, esattamente?
«Stavo tornando a casa, mi avevi detto di comprare quelle bottiglie di ieri sera, giusto?»
“Esatto. Però sbrigati, ho bisogno che tu faccia il bucato, le cose non si lavano da sole.”
«D’accordo, tra dieci minuti solo lì.»
Daenerys quasi gettò il cellulare dall’altro capo del tavolo, fremendo di rabbia e tristezza, la testa fra le mani. Myrcella, d’altro canto, rimase zitta per alcuni minuti.
«Ti spiace accompagnarmi alla metro?»
«Ma certo,» La giovane Baratheon si alzò improvvisamente, sorridendole in un modo che Daenerys trovò confortante, sebbene sapesse quando non fosse naturale: Myrcella ce la metteva tutta per non farle pesare la malignità del mondo, eppure odiava ricevere sguardi di pietà o compassione dalla gente, «Ci divertiremo un sacco io e te, comprando alcolici per tuo fratello.»
«Oh, smettila, sei imbarazzante.» Daenerys sorrise divertita, e Myrcella non potè fare a meno di constatare di come la gente di ogni età si voltasse a guardarla, quelle poche volte in cui riusciva a mostrarsi allegra.
 
 
Si salutarono all’ingresso della metro, a poca distanza dall’appartamento di Daenerys e dal piccolo supermercato che avrebbe potuto pagare le tasse solamente con i soldi che la ragazza spendeva per il fratello in alcolici.
«Ehi, ci vediamo domani pomeriggio, d’accordo?»
Myrcella la strinse forte a sé, e la giovane Targaryen accennò ad un sorriso stanco, di una bellezza sbiadita.
«Non sto andando in guerra, sai.»
«Certo che no,» rispose l’altra, guardando con un misto di tristezza e rassegnazione dall’altro lato della strada, verso l’ingresso dell’appartamento della giovane, «Affronterai solo l’uomo nero tra poco, che vuoi che sia!»
«E comunque gli piace definirsi come un drago, non un animale qualunque.» replicò Dany, alzando gli occhi al cielo. «Ci vediamo domani.»
Osservò per qualche istante la figura elegante di Myrcella allontanarsi per la strada, in direzione del centro alla ricerca di un taxi.
 
 
La proprietaria del minuscolo market la guardò con la solita aria corrucciata non appena ebbe messo piede all’interno di quella catapecchia fatiscente, eppure Daenerys si costrinse ad ignorarla.
Camminò sino al corridoio degli alcolici, stringendo in mano un foglietto sul quale aveva annotato il nome delle bevande preferite di Viserys. Ricordò di una volta in cui, dovendo scegliere tra due bottiglie dello stesso colore e non tornandole in mente il nome, aveva scelto per caso quella sbagliata, scatenando l’ira del fratello che per non esser da meno, le aveva lasciato un brutto segno sulla guancia.
Come promemoria, le aveva detto in seguito, sorridendole come se le avesse preparato una cioccolata calda e comprato il suo libro preferito.
Erano quelli i momenti in cui più lo odiava.
Gli scaffali con quella miriade di bottiglie di fronte a lei sembravano file e file di lame luccicanti e pericolose, così diverse tra loro da farle venire il mal di testa solo a guardarle.
Ne prese due fra quelle segnate sul post-it, osservando con fare indeciso la terza della lista, incerta se prenderla o meno.
Si guardò intorno, osservando i corridoi asettici del negozio. Vide con la coda dell’occhio un ragazzo che imboccava la stessa corsia e che, notata la presenza di un’adolescente di appena sedici anni davanti allo scaffale degli alcolici, aveva inarcato un sopracciglio scuro, senza dir niente.
Daenerys concentrò i propri pensieri altrove: se avesse comprato anche quella terza, maledetta bottiglia, − che tra l’altro costava il doppio delle altre due messe insieme − non le sarebbero bastati i soldi per pagarsi la retta mensile all’Accademia.
La ragazza soppesò a lungo l’idea di mentire al fratello − del resto, ultimamente lo faceva spesso in situazioni come quelle − eppure il timore di una reazione di Viserys la spaventava ancora come niente.
«Al diavolo,» sussurrò a se stessa, tremando di indignazione «devo pagarmi la retta.»
Posò quello che sembrava chiamarsi Jack Daniel’s al suo posto, frugando nella tasca della giacca per trovare alcune banconote stropicciate.
«Non sei troppo giovane, per quelle?»
Daenerys non aveva mai immaginato che un uomo potesse avere quel tono di voce; si voltò di scatto, osservando attentamente il suo interlocutore. Era alto, con più muscoli di quanti riuscisse a contare, adornati sulle braccia di motivi tribali, capelli scuri legati indietro e occhi neri come ossidiana che non smettevano di fissarla, reggendo il viola dei suoi.
La ragazza abbassò lo sguardo, sorridendo malinconica nell’osservare le bottiglie che aveva in mano.
«Si, ecco.. Non sono per me.»
Ad un’occhiata più attenta, Dany stabilì che poteva avere vent’anni, anche se per la mole si sarebbe potuto scambiare per un tizio di trent’anni e più. Quello la fissò ancora, quasi con curiosità e Daenerys si accorse di come − forse per la prima volta − riuscisse a sostenere lo sguardo di uno uomo che non fosse suo fratello.
«E allora per chi?»
La domanda la colse alla sprovvista. Il ragazzo fissò lo sguardo sulla treccia spettinata, poi sul suo viso, in una maniera tale che avrebbe potuto fare arrossire un’altra persona, ma non lei: Dany non sapeva come si sentissero quelle ragazze con mille ammiratori alle calcagna, eppure lo sguardo di ossidiana che adesso la fissava intensamente − come se lui volesse imprimersi nella mente l’esatta sfumatura dei suoi occhi − la sorprese come poche cose avevano il potere di fare.
«Mh, non credo sia fondamentale che tu lo sappia.» Lo vide alzare un sopracciglio con fare sorpreso, rivolgendole un ghigno assimilabile ad un sorriso; anche lei, del resto, si sorprese della sua audacia: in altre circostanze, non avrebbe neanche intavolato una conversazione con nessuno che non fosse Myrcella, e quando necessario suo fratello.
«Hai ragione, non sono fatti miei. Il Jack Daniel’s non ti convince?»
Che strana piega stava prendendo quella conversazione.
«No, è che se dovessi prendere anche quella−»
«Hai detto che devi pagarti una retta.» rilanciò, sempre con quel tono roco di voce, un tono dal quale in altre circostanze si sarebbe ritrovata a fuggire spaventata.
Dany sorrise appena, al pensiero delle lezioni di scultura che la attendevano il mattino seguente. «Si, vado all’Accademia di Brooklyn, indirizzo artistico.» lanciò uno sguardo indagatore ai motivi scuri disegnati sugli avambracci dell’uomo, «Quelli sono motivi tribali, giusto?»
Lui sorrise, scoprendo due file di denti bianchissimi, «Mai sottovalutare un’artista.» disse, dandole una conferma di cui la ragazza era più che certa.
La vibrazione del cellulare la avvisò che erano già le 22.00 della sera, strappandola a quella che era stata la sua conversazione più lunga con uomo da lì a un paio di settimane.
«Devo andare,» mormorò, avanzando con un sorriso cortese per il corridoio, passando accanto a lui che la fermò delicatamente per un braccio.
«Qual è il tuo nome?»
Le sue mani, al contrario di quelle di Viserys, sono gentili, si ritrovò a pensare la ragazza, stupita della vicinanza dei loro corpi e dal profumo di cuoio, legno e notte dei suoi vestiti scuri.
«Daenerys.» sussurrò piano, osservandolo il suo volto, la pelle bruciata dal sole.
Lui la fissò a lungo negli occhi, e Dany notò di quanto fosse stupito del loro colore inusuale.
«Drogo.» la lasciò andare, e lei si diresse in tutta fretta alla cassa, quasi senza far caso allo sguardo inquisitore della commessa.
Sentiva adesso il viso in fiamme, celato soltanto in parte dalla lunga cortina di capelli sfuggiti alla treccia improvvisata. Quando uscì dal negozio, dirigendosi verso il cancelletto dell’appartamento in cui abitava insieme a suo fratello, Daenerys sentì il rombo di una moto appena dall’altro capo della strada.
Si sorprese di conoscere l’uomo alla guida.
 
 
Uscendo nel primo pomeriggio dall’Accademia, Daenerys vide una moto nera ferma dall’altro capo della strada, ed un uomo con una giacca di pelle scura poggiato alla sella che la guardava da lontano, accennando un ghigno nel momento esatto in cui era uscita dall’edificio.
Scosse il capo con un sorriso, attraversando la strada.
Quella scena si ripeteva ormai da una settimana, esattamente da due giorni dopo che lo aveva incontrato al market sotto casa sua, nella corsia degli alcolici.
Drogo l’aspettava sotto il sole cocente del pomeriggio o la pioggia scosciante e gelida di Brooklyn, non faceva differenza.
Era diventata come una piacevole routine, qualcosa che per Daenerys assumeva più il gusto della sfida, dell’ignoto, ormai abbandonata la paura che l’avrebbe seguita se solo Viserys avesse saputo delle attenzioni che un altro ragazzo le riservava. Non che contro Drogo avrebbe potuto qualcosa, in ogni caso.
«Cosa ci fai qui?»
Lui sorrise con quel suo fare misterioso, in un modo che aveva il potere di farla rabbrividire e, al contempo, di farla sentire al sicuro.
«Poni la stessa domanda da una settimana. Non è chiaro?»
«Credo di no. Per me è pericoloso, lo sai. Mio fratello−»
Drogo le si avvicinò di scatto, prendendole il viso fra le sue grandi mani, − come faceva ogni volta che la sentiva parlare di Viserys, di quel fratello violento con il quale era costretta a vivere, − forse per infonderle coraggio.
«Tuo fratello non è un problema,» le disse, poggiando la sua fronte su quella della ragazza, lasciandole un veloce bacio fra gli occhi chiari, «Dovrà solo sfiorarti, e avrà vita breve.»
«Non dire così, Drogo.»
La ragazza si staccò dalla sua stretta, fissandolo con severità negli occhi; Drogo le restituì uno sguardo sorpreso, come era solito fare quando la sentiva difendere una persona che avrebbe dovuto abbandonare a se stessa.
«Perché lo difendi?» Dany fu colpita dal suo tono roco, improvvisamente distaccato da come aveva imparato potesse parlarle. Lo guardò a lungo, intrecciando le loro dita, osservando il contrasto fra il colore delle loro pelli.
«Perché è mio fratello, ed è l’unica cosa che mi sia rimasta,» Drogo strinse la mascella, facendo poi per interromperla, ma Dany lo fermò.
Piano, posò il palmo della mano sul viso dell’uomo, carezzando la pelle color caramello, sorridendogli malinconica; Drogo pensò di non aver mai visto occhi più dolci e tristi al tempo stesso.
«E perché, qualunque cosa mi faccia, a lui devo il mio perdono.»
«Non devi il tuo perdono a chi conosci per la pesantezza delle percosse, Daenerys.» replicò severo, per poi salire sulla moto, aspettando che lei lo imitasse; la ragazza gli cinse il torace con le braccia, poggiando una guancia contro la sua schiena.
«Dove andiamo, oggi?»
Dall’inizio della settimana, Drogo l’aveva sempre portata in un posto diverso della città prima di accompagnarla a casa: erano quelli i momenti che Dany più apprezzava, momenti in cui avevano avuto la possibilità di conoscersi meglio, di parlarsi e capirsi l’un l’altro.
Drogo accennò una risata, parlando forte al di sopra del rumore del motore e del vento.
«Ti porto a conoscere i miei fratelli.»
 
 
«Dothraki? E cosa significa?»
Drogo sorrise, aiutandola a scendere dalla moto. Daenerys si era aspettata di poter tornare a casa nel tardo pomeriggio, ma così non era stato. L’uomo l’aveva portata quasi fuori Brooklyn, in una zona di periferia ove erano soliti riunirsi individui di ogni risma, tra i cui i fratelli di cui Drogo le aveva parlato.
Così Dany era rimasta ad ascoltarlo come incantata, seduti in riva al mare con la sabbia che le si infilava nelle snikers, finchè non aveva deciso di toglierle. Le aveva raccontato della sua vita, di come fosse rimasto orfano e un amico di suo padre si fosse offerto di crescerlo, finchè anche quell’uomo che per lui era stato un secondo genitore non era morto, lasciandolo come khal di un nutrito gruppo di motociclisti, a doversi conquistare una lealtà ed un rispetto nei confronti di chi avrebbe voluto vederlo morto.
«Letteralmente, uomini cavallo. Ma è riferito alle moto.»
Dany osservò la lunga fila di bolidi sull’ampio molo alle loro spalle, alla luce del tramonto.
«Quindi..» volle indagare, disegnando figure astratte sulla sabbia, «questa è una tappa come un’altra? Insomma, non resterai ancora a lungo.»
Drogo guardava il tramonto in lontananza, passò qualche minuto prima che le rispondesse.
«Si. Tra un paio di giorni torniamo a casa. Attraversiamo il Sud, poi saremo in giro: Texas, New Mexico, Nevada, California.» precisò, guardandola negli occhi, come se si aspettasse una determinata risposta.
«È una vita avventurosa.» Dany sorrise, con quella tristezza che ormai Drogo sapeva associare unicamente ai suoi occhi viola.
«Vieni via con me» le disse, prendendole una mano ed intrecciando le loro dita, «Avrai una tua vita, niente ti fermerà, né tuo fratello né inutili convenzioni.»
La tirò più a sé, facendo in modo che le loro spalle si toccassero e Dany poggiò con prudenza il capo sulla sua spalla, i lunghi capelli argentei a nasconderle in parte il viso.
Abbandonare ogni cosa sarebbe stata la più dolce delle follie, eppure con quale coraggio avrebbe potuto lasciare Myrcella, o l’Accademia per la quale aveva fatto tanti sacrifici?
Come avrebbe affrontato Viserys?
«Tutto ciò che ho sempre desiderato, era una vita fosse mia.» sussurrò, le parole che si perdevano nel vento che muoveva la sabbia in piccoli vortici, sino alla schiuma a riva, «Mio fratello mi ucciderà, questa volta sul serio.»
«Non è necessario che lo sappia, no?» le chiese Drogo, e lei rise, felice come non lo era da tempo.
«Non potrei partire così, da un giorno all’altro e lasciare ogni cosa. Se davvero volessi farlo, dovrei comunque prendere delle cose da casa mia.» spiegò, sorridendo a tal pensiero.
Immaginava già il volto stravolto dalla rabbia e dall’odio di suo fratello, le conseguenze che avrebbe dovuto affrontare nel caso qualcosa fosse andato storto.
«E allora prendiamo queste cose,» acconsentì l’uomo, circondandola con un braccio, e baciandole la fronte. Nel momento in cui Dany alzò il viso per guardarlo, Drogo calò sulle sue labbra cogliendola di sorpresa, facendole dimenticare ogni cosa che non fosse il calore dei loro corpi vicini, lo sciabordio delle onde poco distanti.
Quando si staccarono, lui le scostò una ciocca chiara dal viso, accennando ad un sorriso.
«Prendi una decisione, luna della mia vita, e prendila in fretta.»
Si alzò agilmente da terra, spazzolandosi i pantaloni neri dalla sabbia e lasciandola per alcuni minuti lì sulla spiaggia, il ponte di Brooklyn in lontananza come una lama scintillante nel crepuscolo azzurro e porpora.
 
 
Fece una rapida lista di ciò che le sarebbe servito nella prossima mezz’ora, il cuore traboccante di ansia nella semioscurità della piccola camera.
«Soldi, vestiti, passaporto, chiavi, il blocco da disegno..»
Avvertì in tempo i passi strascicati di Viserys nel corridoio, e riuscì a dissimulare la sua fretta, ficcando lo zaino nel fondo dell’armadio, mettendosi seduta sul letto, e fingendo di leggere un libro.
«Dolce sorella, è probabile che questa sera tu debba chiuderti in camera e non fare rumore, ho invitato alcuni amici a bere qualcosa.» suo fratello si poggiò allo stipite della porta, senza quasi fare caso alla sua presenza.
«D’accordo, sarà come se non ci fossi.»
«Magnifico.»
Dany alzò gli occhi dal libro. «Viserys, se dovessi decidere di andare via?»
«Andare via?» suo fratello inarcò un sopracciglio, fissandola come se avesse davanti una folle, «Andare via dove? Non hai nessuno, sorella, nessuno oltre me. E Rhaegar è in Europa..» aggiunse, come se lei potesse preferirlo all’altro fratello.
«Hai ragione,» disse Dany, facendo una smorfia poco convinta, pensando al fatto che fosse lei a mantenere entrambi, e non il contrario «Che idea sciocca.»
Eppure vide un’ombra di dubbio passare negli occhi del fratello, occhi che avevano condiviso il sentore della follia del loro padre.
«Non puoi andartene, lo sai, vero?» sibilò all’improvviso, avvicinandosi al letto, prendendola per un polso, quasi lasciandole segni violacei «Non ha il diritto di decidere per te stessa, non potresti mai farlo. Non dureresti un giorno, là fuori.»
«Viserys, mi stai facendo male.» sussurrò lei, mantenendo la calma, soffrendo in silenzio, ancora una volta.
«Hai capito ciò che ho detto, sorella?» rincarò la dose come se non l’avesse sentita, lasciandola andare subito dopo, gli occhi allucinati, l’espressione determinata.
«Ho capito, Viserys, si.» ma lui se ne era già andato come se ottenere una risposta soddisfacente non fosse fondamentale, senza prestarle importanza.
«Benissimo.» le urlò dalla cucina, e a Dany parve di udire anche qualcosa che si infrangeva sul pavimento con uno scricchiolio familiare, forse un bicchiere di vetro, o un piatto trovatosi nel posto sbagliato al momento sbagliato, a intralciare la rovina di suo fratello.
Il pomeriggio trascorse lentamente, mentre Dany fingeva di leggere, più per calmarsi che per dare al fratello una parvenza di tranquillità. Aveva deciso la sera precedente, parlandone a lungo con Myrcella davanti a un paio di tazze di cioccolata calda in quel bar alla fine della strada del quartiere, praticamente a ridosso della baia di New York.
Le sarebbe dispiaciuto andare via, eppure desiderava ancora il meglio per sé, avendolo compreso troppo tardi ma non essendo disposta a rinunciarvi; le sarebbe mancata la città, i suoi ponti e grattacieli simili a lame d’acciaio contro il cielo blu della sera, la perenne confusione delle sue vie, come creature capricciose che si dimenino in suoni fastosi attraverso grate di gabbie invisibili, immaginarie, al di sotto della cupola argentea di Brooklyn.
E le sarebbe mancata l’Accademia, con le sue lezioni di scultura e disegno, l’odore della creta fresca alla mattina, la luce del sole che dalle finestre inondava le tele chiare, facendo risplendere al di sopra di esse colori vividi e scintillanti.
Ma ora, Daenerys ne era convinta più che mai.
Dal corridoio provenivano rumori vari – urla, bottiglie, schiamazzi – e lei, per sicurezza chiuse la porta della sua camera a chiave.
Drogo sarebbe stato lì a minuti: prevedendo come la serata si sarebbe evoluta, aveva pianificato di scavalcare dalla finestra che dava su un vicolo scuro appena dietro il minuscolo appartamento, lì dove una moto gigantesca l’avrebbe attesa.
Afferrò di corsa una penna ed un pezzo di carta, scrivendo un paio di righe a suo fratello: mi dispiace, ci ho provato a rimanere qui, ci ho provato, ti voglio bene Viserys, ma questa non è la vita che avrei voluto, e non so se ci rivedremo ancora, ed il suo nome vergato alla fine appariva come una scia sanguigna sull’asfalto chiaro della carta da giornale.
Daenerys si mise lo zainetto scuro in spalla, infilò il giubbino di jeans e  guardò verso la porta scura della cameretta per qualche istante, ancora una volta, prima di aprire il vetro della finestra e scavalcarlo, saltando giù dalla bassa terrazza con l’ausilio di una vecchia corda da ferramenta.
Il vicolo era ancora più scuro e umido di acque stagnanti a quell’ora, eppure Dany vide una luce nella direzione che dava sulla strada, come i fari di un veicolo. Si avvicinò lentamente, abituando gli occhi chiari alla forte luce, finchè la sagoma di un uomo si stagliò dietro di essa.
«Sei venuta.» disse una voce roca, e Daenerys sorrise appena, rincuorata di averla riconosciuta. Drogo scese rapido dalla moto, prendendole le mani fra le sue, guardandola con occhi che avrebbero fatto tremare un albero centenario.
«Non sarei rimasta un minuto di più,» spiegò Dany, guardandosi intorno nervosamente, «Dobbiamo andare, prima che se ne accorga. Adesso.»
Drogo la fissò a lungo, cercando tracce di insicurezza nei suoi occhi, senza però trovarne. Salì agilmente sul bolide scuro, tendendole una mano affinchè la ragazza salisse dietro di lui.
Daenerys gli circondò il torace muscoloso coperto da una spessa giacca da motociclista, poggiando una guancia contro la solida schiena dell’uomo; accesso il motore, Drogo si voltò a guardarla, un ghigno divertito sulle labbra.
«Pronta?»
Si stava lasciando tutto alle spalle, per una seconda volta nella sua vita.
Forse, durante il loro viaggio, si sarebbe fermata ad una cabina telefonica e avrebbe chiamato suo fratello Rhaegar, dall’altra parte del mondo tra i fiordi svedesi: a conti fatti si sarebbe preoccupato tantissimo, ma poi le avrebbe raccomandato di stare attenta.
Le avrebbe raccomandato di essere felice, con chiunque riuscisse a renderla tale.
«Si, andiamo.»
Era come se Brooklyn le stesse dando il suo malinconico addio: l’aria fresca della sera ed il vento tra i capelli, mentre la moto acquistava velocità in direzione del ponte, alla volta di Manhattan, poi del Bronx.
Non era mai stata così felice di poter ricominciare a vivere la sua vita, in un qualsiasi altro posto al mondo.




 
Note dell'autrice.
Buon pomeriggio!
Ebbene si, l'ennesima AU scritta un po' di tempo fa 
che però
 si ostinava a non prendere il volo per i lidi del pc.
Dunque, non saprei il perchè dell'accoppiamento Daenerys-Myrcella, però mi ispirava; a proposito, spero di esser rimasta nel limite dell'IC in quanto a caratterizzazione dei personaggi, ci tengo molto ehehe.
Insomma, parliamone, poi: Drogo in contesto motociclista è azzeccatissimo (secondo me), e Dany che frequenta un'Accademia di Arte, why not? Che poi Viserys è il solito simpaticone e Rhaegar è in Svezia con Lyanna perchè sì, con ben poco senso logico.
Soo, spero possa essere una cosa decente, aw e as always mi piacerebbe ricevere qualche parere sigh.
Alla prossima,
fireslight.

 
  
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