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Autore: _Fire    04/05/2015    11 recensioni
| Storia partecipante al contest "Una idea, più storie" del gruppo "EFP recensioni, consigli e discussioni |
«Elena» mormorò Paride. «T-ti ricordi cosa ti ho detto, una volta, quando eravamo appena scappati?»
Lei tirò su col naso, rispondendo sinceramente di no.
«Che- che saremmo potuti cadere.»
Paride deglutì, aprendo un po’ gli occhi.
Ed Elena ci lesse dentro la fine.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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La storia partecipa al contest "Una idea, più storie" del gruppo EFP recensioni, consigli e discussioni, in gruppo con quelle di ellyb1611, LittleWillow_Cassandra Sventura.
Prompt: S
toria che parli di un naufragio, una tempesta in mare che porta alla distruzione della barca/nave e qualcuno si salva.
 
 
 
I Troiani acclamarono Paride al suo ritorno, dopo la battaglia che aveva visto il divino Achille soccombere per una freccia scagliata nel suo tallone. Apollo aveva guidato il tiro di Paride fino all’unico punto debole del Pelide.1
Elena rientrò nella stanza, aspettando che l’amante la raggiungesse nella casa. C’erano tante cose che voleva chiedergli, tante cose che voleva sapere.
Cosa sarebbe successo ora?
E loro, loro cosa avrebbero fatto?
La guerra sembrava essere ormai conclusa, perché gli Achei avevano perso il loro miglior guerriero: Achille piè veloce2 era finalmente morto.
Eppure Elena – avendolo sposato – sapeva che Menelao non si sarebbe arreso finché lei non fosse tornata a Sparta con lui. Ma no, lei non l’avrebbe fatto; era sempre più convinta che il suo posto fosse con Paride.
La sua casa non era una patria, una città, un edificio: era lui.
Negli anni trascorsi insieme a Troia – nonostante la guerra – Elena si era lentamente innamorata di lui, innamorata davvero. All’inizio sentiva solo una forte attrazione verso Paride, come se ci fosse qualcosa che la spingesse verso di lui, una sorta di forza divina.3 Era stato come una tempesta, e aveva sconvolto tutto il suo mondo. Però, passando del tempo con lui, aveva imparato a conoscerlo, e ad amare ogni cosa di lui, dai suoi pregi ai suoi difetti.
Sapeva che con il suo comportamento stava mettendo in pericolo tutti gli abitanti di Troia e anche tutti i guerrieri Achei, compresi quelli che una volta erano stati suoi amici. Allora com’era possibile che le sembrasse così giusto stare con Paride?
«Amore mio, Elena.»
Il figlio di Priamo la raggiunse, abbracciandola da dietro. Elena spinse il capo all’indietro, appoggiandolo sulla spalla di lui, che la baciò delicatamente sulle labbra.
«Cosa succede ora, Paride?» chiese lei, girandosi a guardarlo.
I suoi occhi blu brillarono, per uno scintillio che Elena non seppe descrivere.
Lo guardò interrogativa, aspettando che lui parlasse, abbandonandosi intanto al calore delle sue braccia.
«Ormai la guerra volge al termine. Gli Achei non possono più sperare di vincere senza il loro prezioso Achille.» Nella voce del principe era palpabile il disprezzo verso l’uomo che aveva tolto la vita all’amato fratello Ettore. «Sono stato incosciente a portarti qui, lo so, ma non me ne sono mai pentito, mia Elena, nemmeno una volta.»
La bionda continuò a crogiolarsi nel suo abbraccio, beandosi di quelle parole ricche d’amore, l’amore che aveva sempre desiderato e che Menelao non era mai stato capace di darle.
«Voglio trascorrere la mia vita con te. Non mi importa dove, o come, se da reali o da pastori, l’unica cosa che mi importa è di avere te al mio fianco.»
Elena finalmente si allontanò da lui, per guardarlo negli occhi.
«Paride…non capisco…»
Lui le appoggiò le mani sulle spalle, sorridendo come un bambino.
«Scappa con me, Elena.»
 
***
 
Paride doveva fare tutto in gran fretta, e di nascosto.
Nessuno gli avrebbe permesso di andare via, soprattutto ora che, dopo la morte di Ettore, lui avrebbe dovuto regnare su Troia. Nonostante la guerra si sarebbe conclusa presto – gli Achei erano in grande difficoltà – le probabilità di qualche ripercussione, o peggio, di perdere Elena erano troppo alte.
Non poteva e non voleva rischiare.
Sapeva che tutti i Troiani lo consideravano alquanto vile.
Non era mai stato come suo fratello Ettore. È vero, aveva pur ucciso Achille, ma era stato lui a suscitare l’ira di Menelao, portando con sé la bellissima Elena.
Purtroppo, nessuno riusciva a capire che lui non aveva potuto evitarlo. Si era innamorato di lei, desiderando improvvisamente di conoscere tutto il suo corpo e la sua anima, ogni segno, ogni centimetro.
Uscì dalla città, lasciandosi alle spalle le mura robuste che l’avevano protetto per tanto tempo. Ora era un uomo.
Non era più il piccolo Paride, che aveva sempre bisogno di essere difeso dai fratelli, o rimbeccato da Ettore per la sua viltà.
Per la prima volta, si sentiva davvero coraggioso. Era pronto.
Si avviò verso la modesta nave che aveva fatto preparare per sé e per Elena. I suoi due più fedeli servitori erano lì, per condurli lontano, verso una nuova terra, una nuova vita.
Salì sull’imbarcazione, trovandoci già Elena, appoggiata al legno scuro, con il profilo illuminato dalla luna, che cominciava a fare capolino nel cielo.
Forse quella notte sarebbero riusciti finalmente a fuggire, stavolta sul serio, e senza scatenare una guerra.
Non sapeva se la Moira4 era contro di loro oppure no. Ma ce l’avrebbe messa tutta per stare con Elena, anche se questo significava sfidare il destino e tutti gli dèi celesti.
 
***
 
Dalla cima dell’Olimpo, Atena emise un gemito di disperazione. Era infuriata.
Maledetti Troiani, riuscivano sempre a trovare un nuovo pretesto per farsi odiare.
Dopo aver ingannato Ettore, facendo in modo che Achille potesse ucciderlo, pensava di averli finalmente sconfitti, privandoli del loro campione.
Invece poi Apollo si era intromesso, guidando la freccia di quel vile di Paride nel tallone del Pelide. Atena non era ancora riuscita a fargliela pagare. 
La dea si recò allora da Era: insieme avrebbero richiesto l’aiuto di Poseidone, e finalmente avrebbero avuto la loro vendetta su Paride.5
 
***
 
«Riesci a crederci?» soffiò Elena, sentendo la sua voce disperdersi nel silenzio della notte.
Paride si limitò a sorridere, appoggiato all’albero della nave. Nel buio, se possibile, era ancora più bello, come se potesse manovrare le ombre intorno a sé.
La nave sobbalzò inaspettatamente, ed Elena perse l’equilibrio. Non fu tanto spiacevole alla fine, perché cadde tra le braccia di Paride. Lui rise, accarezzandole i capelli e continuando a tenerla stretta.
Paride poggiò una mano sulla sua guancia, accarezzandola dolcemente. Poi poggiò le labbra sulle sue, continuando a premere sempre più forte, finché Elena non si abbandonò completamente al suo bacio.
Il freddo sembrava improvvisamente meno pungente.
Schizzi d’acqua iniziarono ad arrivare sul ponte.
Paride si staccò repentinamente da lei, per vedere cosa stava succedendo.
All’orizzonte onde altissime si infrangevano sugli scogli. Come avrebbero fatto a destreggiarsi nella tempesta senza distruggere l’imbarcazione?
Elena lo vide sbiancare.
Rimase paralizzata, ferma lì dov’era. Non aveva il coraggio di andare da Paride e chiedergli cosa significava tutto quello.
Non voleva sentirgli dire che era finita, che non c’era più niente che potevano fare.
Si avvicinavano sempre di più alle rocce, mentre le onde continuavano ad abbattersi sui fianchi della nave, sempre più forti. Elena dovette aggrapparsi all’albero per non cadere.
Ormai non c’era più un solo posto stabile, mentre il ponte veniva ricoperto dall’acqua.
Paride aveva cominciato ad implorare gli dèi, sperando che gli dessero ascolto. Ma Elena aveva come il presentimento che quella disgrazia era voluta proprio da loro.
Chiamò a gran voce Paride, cercando di sovrastare il rumore del mare. Se quelli dovevano essere i suoi ultimi istanti, voleva trascorrerli tutti con lui.
Paride arrivò correndo, cercando di non cadere mentre la nave oscillava. Si strinse all’albero anche lui, dalla parte opposta alla sua, in modo da poterla guardare negli occhi.
La sensazione di Paride che le stringeva la mano fu l’ultima cosa che sentì, prima che la nave si schiantasse contro uno scoglio, e il mare li sommergesse.
 
***
 
La prima cosa che Elena avvertì fu un formicolio alla punta delle dita.  Poi iniziò a prendere coscienza di quello che la circondava. Percepì la consistenza della sabbia sotto il corpo. Il litorale lambito dal mare. Una lieve luce da dietro le palpebre.
Aprì piano gli occhi, ricordandosi cosa era successo la notte prima.
Cercò di abituarsi il più velocemente possibile ai raggi del sole e al loro lieve calore. Si girò, cercando Paride, ma non lo vide.
Si alzò, rimettendo insieme – per quanto possibile – quello che restava del suo vestito, ignorando la ferita che le attraversava il braccio e il taglio al labbro.
Sentì dei gemiti provenire da poco lontano, e corse verso la fonte del suono.
«Paride!» gridò, quando vide l’uomo in ginocchio sulla sabbia, che tentava di strisciare verso di lei.
«T-ti stavo cercando.» mormorò lui.
Elena notò la camicia squartata. Una macchia di sangue si allargava dal taglio che attraversava tutto il suo petto in diagonale.
«Sta’ fermo!» gli ordinò, mentre gli andava in contro. Lo fece stendere, tenendolo vicino.
Paride tossì, ed Elena non si sorprese quando dalle sue labbra fuoriuscì sangue.
Rabbrividì. Non riusciva a vederlo così.
«Avrei voluto conoscerti prima, Elena…oh, come sarebbe stato bello avere più tempo…» cominciò lui.
«Shh, non sforzarti. Devi resistere finché non verranno a prenderci, capito?»
Tuttavia Paride continuò. «Se potessi, taglierei il tempo e-»
Si interruppe, portandosi una mano sulla ferita, che continuava a sanguinare. Quando la ritirò, era completamente rossa.
Elena si avvicinò di più, non sapendo cosa fare. «Vedrai, torneremo a casa…andrà bene…noi staremo insieme…» sussurrò, mentre le lacrime iniziavano a scendere dai suoi occhi.
«Allora perché piangi?» le chiese Paride, calando piano le palpebre sulle iridi azzurre.
«N-non sto…»
Ma non finì la frase, perché in realtà era così.
Mentre tutto andava distrutto intorno a loro, Elena piangeva.
Non guardava nemmeno i pezzi della nave allontanarsi da loro, o tutti i suoi averi ormai perduti nelle profondità del mare. Aveva occhi solo per Paride, steso sulla sabbia accanto a lei.
I capelli neri erano bagnati, appiccicosi di salsedine e granelli dorati; gli occhi chiusi, e la bocca aperta, mentre respirava piano.
Il petto si alzava e si abbassava, mentre lo squarcio rosso si allargava sempre di più.
«Paride» sussurrò lei. Gli si avvicinò piano, portandosi il suo capo in grembo. Gli accarezzò le guance, cercando di sorridergli, anche se probabilmente non poteva vederla.
«Elena» mormorò Paride. «T-ti ricordi cosa ti ho detto, una volta, quando eravamo appena scappati?»
Lei tirò su col naso, rispondendo sinceramente di no.
«Che- che saremmo potuti cadere
Paride deglutì, aprendo un po’ gli occhi.
Ed Elena ci lesse dentro la fine.
Il respiro di Paride era sempre più lento, e le forze lo stavano abbandonando.
Elena si aggrappò al suo corpo, come se potesse servire a tenerlo con lei.
«Se mi aspetti, sarò la luce nel buio quando perderai la strada.» sussurrò, cullando Paride, mentre la vita lo lasciava per sempre. «Sarò la tua voce quando non sai cosa dire. Sarò il tuo riparo.» Elena singhiozzò, avvicinandosi al volto di Paride. «Sarò il tuo destino.» soffiò, sentendo qualcosa spezzarsi dentro di lei.
«Aspettami.»
Mentre così diceva, l’ora della morte lo avvolse, l’anima volò via dalle membra e se ne scese nell’Ade, rimpiangendo il proprio destino, lasciando la forza e la giovinezza.6
 
 
***
 
Afrodite scese dall’Olimpo per raggiungere la sua protetta. Non aveva potuto salvare Paride, ostacolata da Atena, Era e Poseidone, ma doveva almeno farlo con Elena.
La avvolse in una nube, riportandola a Troia, dove gli Achei erano riusciti a prendere la città in una sola notte, grazie all’astuzia di Odisseo e al suo cavallo di legno.
Poi, dopo averla curata dalle ferite, la guardò risollevarsi piano, mentre continuava a singhiozzare, realizzando quello che era appena successo.
Il suo pianto si fece più disperato. Si abbandonò persino nelle braccia di Menelao, quando la prese per riportarla con sé a Sparta.
Afrodite tornò alla dimora degli dèi, con il cuore ancora stretto in una morsa.
I mortali non avevano tutta l’eternità per superare le perdite.
 
***
 
 
Elena guardava all’orizzonte: vedeva solo i monti, da cui Sparta era circondata, e del mare nemmeno l’accenno.
Forse era un bene, dopotutto.
La distesa dell’infecondo7 le avrebbe solo ricordato Paride, e quello che aveva perso.
Continuò a passarsi le mani tra i capelli biondi, spostati tutti su una spalla sola. Sospirò.
Era così infelice, rinchiusa nella reggia con Menelao, il marito che non aveva mai amato. Da quando erano tornati da Troia, erano rari i momenti in cui riusciva a stare completamente da sola. Era stufa di dover essere sempre controllata.
In tutta la sua vita, solo con Paride si era sentita libera. Ciò che c’era tra di loro l’aveva resa tale.
Adesso subiva le cose, più che agire. Si limitava a guardare il mondo intorno a lei vivere e morire, come se la sua anima fosse scesa nell’Ade con quella di Paride, legata per sempre alla sua. Le aveva preso tutto, e poi l’aveva lasciata. Da sola.
Era solo un corpo.
Nonostante gli anni passassero, il ricordo era sempre vivido nella sua mente.
Il dolore radicato nella sua anima.
Paride non avrebbe voluto vederla così. Ma come poteva essere felice in una vita senza di lui?

«’Aγαπάω σε, Πάρις8» sussurrò alle pareti della sua camera da letto.
Poi indossò il suo miglior sorriso, e si domandò come potesse essere bella anche se dentro stava così male.
Paride le aveva insegnato qualcosa, ma non tutto.
“Potremmo cadere” diceva lui.
Ma c’era una parte che mancava sempre.
E qualche volta non riusciremo a rialzarci.                    

 
 


1.“Figlio di Peleo”, patronimico di Achille.
2. Epiteto di Achille.
3. Secondo la leggenda, era stata Afrodite a fare in modo che Elena fuggisse con Paride. Ho voluto un po’ rivisitarla così.
4. 
Personificazione del destino, alla quale erano soggetti tutti i mortali, e nemmeno gli dèi potevano sfuggirle.
5. 
Secondo una versione del mito, Atena ed Era erano ostili ai Troiani perché Paride, il giorno del matrimonio di Teti e Peleo – i genitori di Achille – aveva designato “dea più bella” Afrodite.
6. Tratto dal brano di Omero sulla morte di Ettore.
7. 
Si riferisce al mare. I Greci non lo amarono mai, perché lo ritenevano pieno di pericoli e non ne apprezzavano i doni.
8. 
Si legge “Agapao se, Paris”, e vuol dire “Ti amo, Paride”.
 
Nota dell'autrice:

Come è scritto all'inizio, questa storia è stata scritta per un contest, il primo a cui abbia mai partecipato. In più, questa è anche la prima volta in cui mi cimento nella stesura di un'originale, quindi per me questo è un grande esperimento. Devo ammettere infatti che sono molto ansiosa e insicura su questa OS.
Ho scelto il genere epico perché mi piace moltissimo la mitologia greca, e avendo cominciato il liceo classico sto avendo modo di approfondire sempre di più la mia conoscenza, perciò ecco qui questa storia.
Non saprei dire perché ho scelto proprio Paride ed Elena: mi sono sempre piaciuti, nonostante non siano proprio popolari, e poi trovo che insieme siano davvero carini.
Spero che le note non abbiano appesantito il tutto, e che al contrario vi siano state utili.
Mi farebbe davvero tanto piacere ricevere un vostro parere, negativo o positivo che sia.
Alla prossima! 


Lù 
 
 
   
 
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