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Autore: Eisen im Blut    05/05/2015    2 recensioni
25 febbraio 1945: Ci fu presso Jalta, in Crimea, durante la Seconda guerra mondiale, un incontro risolutivo nel quale i capi politici dei tre principali paesi Alleati presero alcune decisioni importanti sul proseguimento del conflitto, sull'assetto futuro della Polonia, e sull'istituzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite.
Una delle maggiori conseguenze di quell'incontro fu la spartizione dei territori prussiani e la sua conseguente dissoluzione e cancellazione dalle carte.
Non sarebbe più dovuta esistere.
~
25 febbraio 2015: Gilbert Beilschimidt continua ad esistere nonostante tutto. Un esistenza fatta a metà e decisamente più fragile rispetto al suo magnifico passato, ma è felice così. Dopo secoli ha finalmente trovato il suo pezzo di cielo oltre Postdam. É riuscito a far suo quelle ametiste e quella musica che l'hanno sempre ossessionato.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Austria/Roderich Edelstein, Prussia/Gilbert Beilschmidt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Autore : Eisen im Blunt
Titolo : 1947.02.25 Das Ende || A Roderich

Fandom : Axis Power Hetalia
Personaggi : Prussia/ Gilbert Beilschmidt, Austria/ Roderich Edelstein
Pair : PruAus
Genere : Introspettivo, Malinconico, Sentimentale 
Dedica : Alla mia splendida partner di roleplay che ci sopporta e ci ha dato il miglior austriaco che potessimo desiderare con cui giocare. Grazie per tutto e ricorda che vi adoriamo.
Note : Questo brano è principalmente basato sulla coppia che abbiamo costruito io e la mia partner nelle veci di Gilbert e Roderich quindi molti riferimenti sono legati alle nostre giocate.




 

Si svegliò di soprassalto, avvolto nelle calde coperte con cui si era arrotolato la sera prima di coricarsi, con il respiro corto e alcune goccioline di sudore a bagnargli le tempie. Si passò una mano sul viso, che scivolò sul capo, a scompigliarsi i capelli, per poi lasciarla ricadere mollemente sul cuscino affianco al viso, mentre lo sguardo scorreva sulla sua camera e sui suoi effetti personali.
Ordinata, pulita, non un libro fuori posto, non un granello di polvere.
Il malessere che il prussiano stava provando sembrò intensificarsi – se solo avesse potuto applicare lo stesso controllo, sui suoi sentimenti e sul suo corpo.
Non avrebbe più sofferto. Non si sarebbe più sentito così vuoto.
L’albino ricacciò indietro una lacrima tentatrice, si rifiutò di permettersi tale debolezza, o liberazione, e strizzò gli occhi finché non fu sicuro che erano aridi, e non lo avrebbero tradito. Si sforzò di respirare lento, di forzare il suo cuore a riprendere un battito più calmo, e nel giro di qualche minuto, sia la sua mente che il suo corpo erano di nuovo sotto il suo controllo, non più in balia degli eventi e dei ricordi che nonostante gli anni erano ancora troppo freschi e vividi dentro di lui, soprattutto in quel giorno.
Il 25 febbraio. La dissoluzione ufficiale della Prussia.
Il giorno in cui le potenze vincitrici decretarono la sua fine e si divisero il suo corpo come un gruppo di lupi affamati. Incuranti di quale sarebbe stato il suo futuro e della sua gente brutalmente divisa dai propri famigliari. 
Se è riuscito a sopravvivere lo deve solo ed esclusivamente a loro e al fratello minore, che continuano a ricordarlo, continuano a vivere sotto il ricordo di quelle ali nere che coprivano gran parte del Nord d’Europa.
Scosso da nuovi brividi si girò sul fianco con l’intento di rannicchiarsi tra le coperte, anche se ormai il sonno era bello che andato, incontrando il viso addormentato del compagno a poca distanza dal suo. Si perse a guardarlo dormire sereno. Le guance morbide che si gonfiavano d’aria, le labbra che s’increspavano e le piccole narici che fremevano ad ogni nuovo respiro, in un continuo ciclo perenne. Le sue mani, delicate, affusolate e segnate da piccole cicatrici, una abbandonata sul cuscino accanto al viso e l’altra a fianco del corpo che tanto amava, delle quali si sorprendeva sempre per la delicatezza con cui erano capaci ogni volta nel suonare e creare incredibili melodie, nel donargli sempre carezze al momento giusto, quando più gli servivano, come quella notte. Rimase in silenzio, reprimendo l’intenso desiderio di svegliarlo, baciarlo e stringerlo a se, per vegliare sul sonno di quella nazione che gli aveva cambiato la vita per sempre, e che desiderava con tutto se stesso, tanto da ritrovarsi più volte a chiedersi se era davvero quella la sua realtà e non un crudele scherzo del destino a suo danno. 
Che dopo secoli era finalmente riuscito a legare a se. Genuinamente. Veramente.
Dopo un tempo che gli parve infinito si alzò con gesti meccanici dal letto e si diresse verso la porta, appoggiandosi con la fronte al pannello in legno chiaro per un istante sospirando sommessamente per non disturbare il silenzio quasi tombale della casa e il sonno dell’amato. Aprì la porta ed osservò il buio nel corridoio, illuminato solo da qualche solitario lampione fuori dalla finestra ai lati della strada. Convogliare i suoi pensieri e le sue energie per fare qualcosa di produttivo, e al contempo distrarsi da qualsiasi cosa lo annebbiasse al momento, non era una novità, e adesso ne sentiva il bisogno impellente che gli bruciava nelle vene.
La sua vita, sia da nazione, che da uomo, non era affatto tranquilla. Ora più che mai.
Un desiderio si fece strada nella mente dell'albino, tanto da convincerlo alla fine a compierlo. Molto silenziosamente uscì dalla camera e si potrò in biblioteca, dove si sedette alla sua scrivania e una volta scelta la carta, prese la sua stilografica ed iniziò a scrivere.
Scrisse impaziente, le parole che fuoriuscivano nero su bianco, che si posavano sul foglio segnando violentemente la carta.
Inizialmente voleva scrivere una nuova lettera al suo sovrano, una lettera senza risposta ovviamente, ma che ogni anno puntualmente in occasione di quel giorno scriveva, quasi più a se stesso che altro, per poi aggiungerla alle altre 67 che aveva accumulato nel corso degli anni da quando era stato cancellato.
Da quando la sua nazione era solo un ricordo.
Ma pian piano che scriveva, che macchiava d’inchiostro i fogli si accorse che era una lettera di natura ben diversa dalle altre. Una lettera indirizzata precisamente a qualcuno e che non poteva neanche esser minimamente paragonata alle altre, quindi con pazienza iniziò a rivederla e riscriverla in alcuni punti, rendendola quasi una dichiarazione, una vera confessione dei propri sentimenti, una cosa completamente lontana dallo stato in cui si trovava non appena pochi minuti prima e che lo rilassò completamente come cullato da una litania. 
Era sempre per merito del compagno se riusciva a calmarsi e rilassarsi totalmente. A restare quello che era. Gilbert.


 

25 febbraio 2015

Postdam, Germania



 

A Roderich,

Perdona la mia irruenza e la mancanza della grammatica comune che si addice a una lettera, ma mi preme di più scriverti i miei pensieri ed emozioni, anche se so benissimo che non appena la leggerai sarai subito a fare le dovute correzioni, da bravo damerino quale sei.

Comunque il motivo che mi spinge a scriverti questa lettera è semplice in realtà, e anche abbastanza palese. Oggi sono passati 67 anni da quel fatidico giorno in cui la mia vita dovrebbe aver smesso di esistere. Sono passati 67 anni da quando la mia esistenza è stata cancellata, esattamente come la mia terra da qualunque carta conosciuta. Sono 67 anni che continuo a sopravvivere grazie ai ricordi di quello che ero e che sono ancora tutt’oggi.
Preußen1.
Ogni anno in occasione di questa data ti devo confessare avverto un angoscia indescrivibile e mi sento mancare il respiro, credo perché anche il mio stesso corpo, in ugual misura alla mia mente, anela a qualcosa che non esiste più, ma che indipendentemente da questo desidera e ricorda con tutto se stesso, e così stava per avvenire anche quest’anno, almeno finché girandomi nel nostro letto non ho incontrato il tuo viso addormentato. Indifeso, dolce, e senza nessuna paura alcuna. Come ti ho sempre immaginato se fossi stato al mio fianco da quando quel lontano 25 luglio del 18662  mi sono reso conto di amarti, e che il mio solo desiderio era di vederti nuovamente sorridere esattamente come hai fatto la prima volta che ti ho visto da lontano in compagnia di quello che adesso è Schweiz3.
Un sentimento che ho nutrito da allora per quasi due secoli e mezzo continuando dentro di me a darmi dello stupido nello sperare in qualcosa che non sarebbe mai avvenuto, nonostante fosse anche più forte di me o di qualunque altro mio pensiero. Era ormai impossibile per me ogni qualvolta ce ne fosse l’occasione non ricercare con il mio sguardo cremisi il tuo d’ametista, due colori che non si trovano in natura e vederli legarsi, non vedere il tuo viso morbido con le tue labbra socchiuse, increspate in caldi respiri che desideravo e desidero ancora costantemente sulla pelle, o il tuo solito cipiglio leggermente infastidito che solo in determinate occasioni si scioglieva e rivelava tutta la sua forza, temibile ed elettrizzante, o tutto il suo affetto, completo e totalizzante.
Era un sentimento intossicante che annegava il mio intero essere, Gilbert, in esso non lasciandomi nient’altro che questo e che non mi dava mai pace in ogni momento della mia giornata mascherato sotto note di arroganza e sotto il mio ghigno irriverente e beffardo.
Se ci ripenso adesso mi sembra quasi impossibile pensare che siano già passati due secoli.
Due secoli in cui entrambi abbiamo fatto la storia, segnandola nel bene e nel male, riempiendola di noi stessi, delle nostre grida e dei nostri sorrisi.
Scusami se non mi sono mai accorto di te, finché non ti ho ferito spezzandoti il cuore e privandoti di una parte della tua famiglia. Non te l’ho mai scritto perché mi ha sempre fatto male ricordarmi di quel giorno. Il giorno in cui mi sono reso conto di amarti e anche quello di averti perso. Ma credimi se oltre a me stesso ero serio quando ti ho fatto gli auguri e di esser felice con Eliza4.
Davvero.
Finalmente avresti potuto aver un po della felicità a cui tutti aspiriamo, ma che ci è in gran parte ci è sempre stata negata. Non m’importava se non era com me che avevi deciso di stare, io mi sarei leccato in segreto le mie ferite, se eri felice ed al sicuro. Non ero la persona che potevo renderti felice o di cui avevi bisogno, mi ripetevo continuamente e costantemente mentre dentro di me urlavo che non era così, che dovevi essere solo mio e che non esisteva un altra persona per te se non io.
Sono arrivato anche ad odiarti per questo.
Ero innamorato di te, e nonostante tutte le belle parole stavo male nel vederti con qualcun’altro che non ero io, non che abbia mai fatto qualcosa a tal riguardo.
L’amore è anche la libertà di scegliere. Un insegnamento che fin da quando ero Ordine Teutonico mi hanno inculcato anche a forza e che ho imparato sulla mia pelle candida, e a cui non volevo venire meno con nessuno, anzi in special modo con te, la persona che ho sempre amato più di qualunque altra in tutta la mia intera esistenza.
Non so cosa mi abbia spinto quel giorno di dicembre. Quando il mio cuore fu veramente troppo pieno di te perché riuscissi ancora a trattenermi, e le mie labbra hanno ricercato le tue avendo il coraggio che mi è mancato per anni di rivelare tutto quello che ho sempre cercato di nascondere. 
Di portare alla luce i miei sentimenti.
Di chiederti di accettarmi e di essere il mio compagno per la vita.
Di essere il mio solo ed unico amante.
Amanti una parola che mi riempie il cuore come neanche t’immagini e che ancora adesso nonostante tu mi chieda sempre di non andarmene e io che ribatto di averti legato a me ancora faccio fatica ad attribuire a noi due.
Ti rivelerò un piccolo segreto che a voce avrei paura di ammettere apertamente.
Ho sempre paura di risvegliarmi e di accorgermi che è stato tutto un sogno ad occhi aperti. Ne ho il costante terrore anche se può sembrare una cosa stupida e senza senso ai tuoi occhi. Qualcosa di buffo se pensiamo a come io sia di solito… Impavido, impetuoso, eccessivo. Qualcosa di buffo pensare che per il Magnifico Gilbert Beilschmidt la cosa più importante di tutte non è se stesso bensì il suo amante.
Siamo nazioni, e il nostro può essere solo un lusso quello di relazioni durature e stabili nel tempo. Guarda noi, siamo stati di tutto, amici, alleati, nemici ed ora amanti. Saremo sempre anche gli spettatori impotenti delle nostre vite cariche di troppa storia per suscitare una qualunque attrattiva.
Tuttavia di una cosa posso esser sicuro e giurati, amore mio, ossia che finché continuerò a vivere, anche un esistenza a metà che si regge a malapena in piedi, il mio cuore è e sarà per sempre solo tuo. Ogni volta che mi baci io mi sento rabbrividire sotto quegli schiocchi umidi, ogni volta che mi respiri addosso il mio corpo viene pervaso dai brividi di piacere, ogni volta che pronunci il mio nome riempiendolo di musica e d’amore, e di cui forse non ti accorgi, mi sembra di vivere il più bello dei miei sogni, ogni volta che sono con te ritorno veramente a vivere. La mia giornata senza di te è vuota, lo ammetto, vuota da farmi schifo se non ti vedo e non ti sento chiamare il mio nome, se non posso abbracciarti e stuzzicarti piacevolmente il collo con i miei piccoli baci, se non posso stringere tra le mie mani le tue e tenerti vicino a me.


Ich liebe dich Roderich Edelstein5
Dall’inizio alla fine.

Neanche ti immagini quanto.

Grazie amore mio per aver sconvolto la mia intera esistenza. Grazie amore mio perché tra tutti tu hai scelto me. Grazie amore mio perché mi hai dato una ragione in più per vivere.
Danke schön amore mio6.


Gilbert Beilschmidt

 


Una volta completata l'opera la sigillò e si cambiò gli abiti, molto lentamente scelse con cura dei vestiti anonimi e senza eccessivi particolari, esattamente come si sentiva lui in quel momento, una felpa blu notte, dei jeans scuri e le immancabili trainers nere. Dopo esser passato dal bagno, essersi bagnato la faccia, ancora pallida, essersi passato più volte le mani tra i serici capelli bianchi cercando di sistemarli alla bell'e meglio si spostò in soggiorno dove sul tavolo assieme ad un mazzo di rose rosse, che aveva comprato nel pomeriggio, una volta uscito dal lavoro, come ricordo dei suoi anni migliori, vi lasciò la lettera che aveva con cura scritto al compagno, nella sua grafia spigolosa ma al contempo elegante, e il suo ciondolo, la sua croce di ferro, l'unico oggetto da cui non si era mai separato neppure negli anni della prigionia russa, adesso diventato per quella giornata un peso troppo grande ed opprimente da portarsi appresso.
Sarebbe uscito a prendere un po di frescura mattutina, cercando di liberarsi la mente e di ritornare ad essere la sorridente e spensierata nazione che era ogni giorno.
Che aveva scelto di essere per ogni giorno a venire.
Aprì la porta e silenziosamente uscì chiudendosela alle spalle in un suono ovattato prima di girarsi verso il pianerottolo ed alzare il proprio sguardo cremisi al cielo ancora stellato sopra di se.






1. Prussia
2. Guerra austro-prussiana conosciuta anche come "Guerra delle sette settimane",  "Deutscher Krieg"  ("Guerra tedesca"), "Bruderkrieg" ("Guerra dei fratelli")
3. Svizzera
4. Si riferisce alla nascita del regno austro-ungarico avvenuta alla fine del 1866
5. Ti amo Roderich Edelstein
6. Grazie






Spazio invisibile dell'autrice :
Salve a tutti !
Rieccomi con un nuovo scritto questa volta in chiave squisitamente PruAus, e che come penso si sia ormai capito vuol ricordare l'anniversario della dissoluzione della Prussia che cade il 25 febbraio. Questa è una data particolare sia per il personaggio in se (Gilb <3 ) sia per me come scrittrice (Eeemhh) e penso prorpio che presto o tardi ne scriverò ancora perché non ne abbiamo mai abbastanza di farci del male~

Come al solito ringrazio dal profondo sempre tutti quelli che leggeranno, ricorderanno e recensiranno la storia.
Alla prossima 


 

  
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