Elliot tirò su col naso,
le guance rigate dalle lacrime. Era
la prima notte che dormiva senza E.T.
Sentiva terribilmente la mancanza
dell’amico, e anche se
sapeva che ora, a casa sua, il piccolo alieno era felice e in salute,
non
poteva fare a meno di piangere calde lacrime. Aveva perso un amico.
Un particolare attirò la
sua attenzione. C’era un oggetto
bianco a terra, che prima non aveva notato. Si alzò e a
piedi scalzi si chinò a
raccoglierlo. Era un libro, uno di quelli che sua madre leggeva a
Gertie prima
di andare a dormire. Ma che ci faceva lì?
Lesse il titolo: “Il
piccolo principe”. L’aveva lasciato
lì E.T., prima della sera di Halloween?
Ma perché?
Elliot notò che nel libro
c’era un rigonfiamento. Verso la
fine, l’alieno aveva piegato lo spigolo di una pagina, come a
tenere il segno. Per
lui? Aprì il libro, e lesse il contenuto di quella pagina. E
mentre scorreva le
dolci parole del bambino curioso venuto da un altro pianeta, le lacrime
si
asciugarono nei suoi occhi, lasciando il posto al sorriso
più radioso. E.T.
sarebbe sempre stato lì, con lui.
Di
notte, ricordati di
guardare le stelle. Dove sto io è
troppo lontano perché possa mostrarti dove si
trova la mia. Meglio così. La mia stella sarà per
te una qualsiasi, e allora ti
farà piacere guardarle tutte... Saranno tutte tue amiche.
«Quando
la notte
guarderai il cielo, poiché io abiterò in una di
esse, e riderò in una di esse,
per te sarà come se ridessero tutte le stelle. Tu avrai, tu
solo, delle stelle
che sanno ridere!» E rise ancora. «E quando ti
sarai consolato (poiché ci si
consola sempre) sarai contento di avermi conosciuto. Sarai sempre mio
amico.
Avrai voglia di ridere con me. E ogni tanto aprirai la finestra,
così, per puro
piacere... E i tuoi amici saranno stupiti di vederti ridere guardando
il cielo.
Allora tu gli dirai: "Sì, le stelle mi fanno sempre
ridere!". E
penseranno che sei pazzo. Ti avrò fatto un bello
scherzetto...» E rise ancora.
«Sarà come se, invece delle stelle, ti avessi dato
tanti sonagli che sanno
ridere...»