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Autore: JulieMary    07/05/2015    8 recensioni
Questa è la storia di lei, Julia, un'anima forte che per un vecchio amore non corrisposto perde sicurezza e si sgretola pian piano.
Questa è la storia di lui, Michael, che pare farsi scivolare tutto addosso, ma trattiene dolori nascosti.
Questa è la storia di loro, due ragazzi che scappano da sé stessi, ma che si sentono a casa quando stanno insieme.
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Intrecci, amori, delusioni, colpi di scena e tanti personaggi che accompagnano con i loro problemi le vicende dei due protagonisti.
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|TUTTI I DIRITTI RISERVATI|
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Michael Clifford, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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3
SOLA DENTRO







Si vedeva che Ashton era diverso. Non che lui non fosse mai stato arrogante e superficiale, ma da quando venne a sapere della mia cotta per lui, Ash divenne molto difficile da capire.

Un giorno mi sorrideva, il giorno dopo mi derideva.

Un giorno mi derideva, il giorno dopo mi sorrideva.

Era un continuo susseguirsi di atteggiamenti incoerenti tra loro ed io ero sempre più confusa, più che altro spaventata.

Quando mi sorrideva, però, non era comunque un buon segno, pensavo.

Ciò che era certo era che Harvey e Logan gli stavano troppo addosso. Ashton si faceva influenzare dai suoi amici molto facilmente e il loro parere, spesso, contava molto più delle sue stesse idee.

Solo che io questo non lo sapevo, o almeno non all'inizio.

Quei tre borbottavano sempre alle mie spalle, io lo sapevo, me lo sentivo. Li sentivo.

-Julia, mi sa che stanno parlando ancora di te- mi bisbigliò all'orecchio Violet, mia amica e compagna di banco. Mi diede una gomitata per avvertirmi ed io riportai l'attenzione su Ashton, Logan e Harvey. Ridevano e sghignazzavano senza contegno, come se il professore di filosofia non fosse in aula.

Se le mie orecchie non mi mentirono, potei giurare di aver sentito commenti di poco gusto sul mio aspetto fisico, minuto e poco simile a quello di una normale ragazza di diciott'anni. Sembravo ancora una bimba, per certi aspetti.

Una bimba con le tette e i fianchi.

-Lo so, è da tre ore che li sento- dissi scuotendo la testa e continuai a prendere appunti. Cercavo di comportarmi come se avessi avuto le orecchie tappate, anche se era difficile. Violet me lo lesse in faccia.

-Sono degli idioti- commentò la mia amica e sbuffò. Anche lei detestava il comportamento di Ashton, Harvey e Logan. Adoravo sapere che Violet mi capiva e che sarebbe sempre stata dalla mia parte. Mi faceva sentire più forte, capace di farmi scivolare addosso quelle risate e quelle voci, anche se una parte di me non avrebbe mai imparato davvero ad essere impermeabile.

In qualche modo, nonostante provassi a resistere e a trovare conforto nella vicinanza di Violet, Ashton e i suoi amici sapevano sempre come ferirmi.

Ero abbastanza brava a nasconderlo, però.

Quel giorno, durante un cambio dell'ora, un breve momento seppe ribaltare il mio umore. Pochi minuti prima ero distrutta, pochi minuti dopo volevo gridare al mondo intero che ero felice.

E la persona che riuscì a farmi sorridere fu la stessa che stava per farmi piangere.

-Julia! Posso parlarti un secondo?- mi chiamò Ashton mentre mi dirigevo con Violet e Diana verso i bagni femminili.

Mi girai di scatto al suono di quelle voce, e quando vidi gli occhi di Ash puntati su di me mi sentii scoppiare il cuore. Avevo paura, ero agitata.

-Dimmi- seppi solo dire, sperando che le mie emozioni non trasparissero dai miei occhi o dal tremolio delle mie gambe.

-Ehm... senti, ti andrebbe di vederci in centro questo pomeriggio? Mi piacerebbe parlare un po' con te- mi invitò Ashton, ed io stentavo a credere alle mie orecchie.

Mi voltai indietro. Le mie amiche stavano a pochi metri da me, ma abbastanza lontane per non sentirmi sopra il vociare degli studenti che circolavano per l'istituto.

-Stai parlando con me?- chiesi stupidamente ad Ash, da quanto stranita ero.

-No guarda, sto facendo finta di essere davanti ad uno specchio e ho appena chiesto di uscire a me stesso- mi prese in giro lui, ma anziché prendermela mi misi a ridere.

L'imbarazzo mi stava mangiando viva, ma provai a non darlo troppo a vedere.

-Scusami, è che...- cominciai una giustificazione che potesse alleviare la mia sensazione di essere stupida, ma Ashton mi bloccò.

-Allora? Accetti o no?

-Uhm, sì- risposi con tono incerto, ma in realtà stavo per esplodere dalla felicità, anche se faticavo ancora a rendermi conto di quella insolita richiesta.

-Perfetto, ci vediamo al bar Frozen? Alle sedici?- mi propose, e quando annuii con la testa lui alzò un pollice in segno di accordo. -Bene- aggiunse con un mezzo sorriso, poi mi diede le spalle e si allontanò da me a passi svelti.

Mi accorsi che in fondo al corridoio c'erano Harvey e Logan che ridevano. Probabilmente assistettero a tutta la scena, anche se da lontano, e mi chiesi cosa avessero ancora da sghignazzare. Ero confusa, molto confusa.

Quando si avvicinarono le sedici, io ero già davanti al bar.

Arrivai con un po' di anticipo per evitare l'imbarazzo tipico di quando si giunge ad un appuntamento in ritardo, una sensazione che provai in passato per altri ragazzi e che mi fece sentire diverse volte a disagio.

Avevo un filo di trucco sul viso, una novità per me. Il mascara mi allungò le ciglia, il fard mi arrossì le guance e il lucidalabbra trasparente fece sembrare la mia bocca un po' più voluminosa. Non ero abituata a truccarmi, ma quel pomeriggio mi piacevo. Ero fiduciosa, avevo lo strano ma buon presentimento che ad Ashton sarei piaciuta con quel tocco in più.

Continuavo a chiedermi il motivo di quell'appuntamento, poiché non me lo sarei mai aspettata da parte di Ash, ma sopratutto non riuscivo ad immaginare cosa avesse lui da dirmi.

Passarono dieci minuti dal mio arrivo. Erano le sedici in punto. Ashton sarebbe arrivato a momenti e l'ansia cominciò ad aumentare sempre più in me.

Quindici minuti. Nessuna ombra di Ashton.

Venti minuti. Ero ancora sola, davanti al Frozen.

Venticinque minuti. Nessun messaggio da leggere, né una chiamata senza risposta segnata sullo schermo del cellulare. Non ricevetti alcun avviso di ritardo.

Ash, ma che fine hai fatto?

Decisi di scrivergli un messaggio. Per fortuna avevo il suo numero, poiché tutti noi della classe scrivemmo i nostri contatti su un foglio che poi appendemmo in aula, accanto alla lavagna, in modo da poter scrivere a chiunque per chiedere aiuto per i compiti o altro.


Ehi, che succede? Perché ritardi?


Aspettai qualche altro minuto per ricevere la risposta, ma quando lessi quelle parole mi si fermarono i battiti del cuore.


Scusa Julia, ma non posso più venire. Mi dispiace, volevo dirtelo prima, ma me ne sono dimenticato...


Un testo buttato lì, giusto per farmi sapere che non ci sarebbe stato nessun appuntamento; un testo a cui non volevo credere parzialmente perché sapevo benissimo che Ashton, in realtà, non era per niente dispiaciuto.

Sarebbe potuto accedere di peggio, eppure io non riuscii a trattenere comunque le lacrime. Ero così felice fino a poco tempo prima, ma mi bastò un piccolo attimo per ricadere in un'intensa tristezza.

Ci rimasi male, troppo male, tant'è che mi sentii anche presa per i fondelli.

E poi, in un lampo, mi apparvero nella mente i volti divertiti di Harvey e Logan quando Ashton mi chiese di uscire.

Che fosse stata tutta una farsa?

Tornai a casa di corsa, umiliata.

Non avevo voglia di chiedere ad Ash altre spiegazioni, anche se in testa continuavo a chiedermi il perché di una simile presa in giro.

Mi buttai sul letto e continuai a piangere, stavolta non in silenzio.

Piansi pensando anche al resto, a tutti i giorni precedenti passati a subire il comportamento di quei tre imbecilli e a quanto non sopportavo l'idea che Ashton non sarebbe mai stato mio.

Mamma bussò alla porta, ma io la pregai di lasciarmi stare. Le promisi che poi le avrei raccontato tutto, anche se sapevo che molto probabilmente non sarebbe successo, ma prima avevo un disperato bisogno di stare sola e sfogare la mia rabbia piangendo sul letto, con la faccia premuta sul mio cuscino e il corpo rannicchiato sulla trapunta.

Quella sera avrei dovuto ripassare per il compito in classe di matematica, ma non ne avevo né la forza né la voglia.

Non ripassai.






Casa mia era piena di scatoloni, anche quella nuova. Il trasloco era in atto e mia mamma era tanto elettrizzata quanto stanca.

Quando andavo in quel palazzo circondato dalla tranquillità del quartiere, temevo sempre di vedere Michael perché non volevo rivolgergli la parola. Sentivo che sarei potuta morire d'imbarazzo, anche se non riuscivo bene a spiegarmi il motivo. Sapevo solo che preferivo non essere beccata durante la mia presenza in quella casa, prima di abitarci ufficialmente.

Andavo là per pitturare la mia stanza color pesca, mettere in ordine le mie cose e posizionare i mobili a mio piacimento con l'aiuto di un gentile signore che mi portava i pacchi in camera. Mentre mi aiutava a montare il letto, mi parlava della sua famiglia e di quanto fosse felice per la nascita del suo secondo figlio, che chiamò Paul. Era piacevole parlare con lui, ma dentro mi lasciava un po' di tristezza perché mi faceva pensare a mio papà e al mio desiderio di avere un fratellino, al quale rinunciai in seguito al suo primo tradimento.

Quando il furgone dei traslochi ci lasciava, io e mamma rimanevamo in casa ancora un po' per verificare che tutto fosse a posto. L'odore di vernice fresca mi faceva venire la nausea, ma non ero certa che si trattasse soltanto di quello.

Io non volevo traslocare.

Ma ormai era troppo tardi per opporsi e anche se l'avessi fatto prima, non sarebbe servito a niente.

Una sera, poco prima di tornare in quella che presto sarebbe stata la mia vecchia casa, scorsi dalla finestra della mia futura stanza la figura di Michael avvicinarsi al palazzo. Era da solo, mani in tasca, cappuccio della felpa sulla testa e cuffiette alle orecchie; camminava con lo sguardo rivolto verso il basso e stava per tornare da quella che sembrava esser stata una lunga passeggiata.

Pareva triste, pensieroso...

Non l'avevo mai visto con quell'aria così cupa che gli velava il viso e il passo lento con cui avanzava verso il portone. Mi chiesi cosa gli fosse successo mentre l'osservavo ancora da dietro la tenda, ma poco prima che lui potesse accorgersi di me, mi nascosi dietro il tessuto color panna e raggiunsi mamma in cucina, pronta per andar via.

Il mattino dopo, a scuola, Michael tornò ad essere il ragazzo allegro e vispo di tutti i giorni, quello che io e gli altri compagni eravamo abituati a vedere e a sopportare.

Lui e Phoebe sembravano essere già amici, anche se si parlavano da pochi giorni. Il fatto era che Michael pareva non riuscire a stare lontano da lei, come se sentisse un richiamo provenire dalla sua mente, qualcosa di telepatico. Cominciai a pensare che Phoebe fosse una strega e che riuscisse ad attirare i ragazzi a sé con la forza del pensiero.

La campanella di inizio lezioni stava per suonare, ma quei pochi minuti che avrei dovuto passare davanti a scuola mi sembravano durare un'eternità, poiché avere costantemente sotto gli occhi Michael e Phoebe chiacchierare m'irritava un po'. I due non erano tanto vicini a me, anzi, stavano al centro del cortile, in mezzo ad altri studenti, ma ero io che non riuscivo a staccare gli occhi da loro.

-Julia, che stai guardando da ore?- mi richiamò Diana, con esagerazione, schioccandomi due dita davanti la faccia.

-Di sicuro non Ashton, è dalla parte opposta- s'intromise Violet.

Non sapevo che rispondere, anche perché non capivo nemmeno cosa avessi ancora da guardare. Per quanto volessi smettere, i miei occhi ritornavano su Michael e Phoebe involontariamente.

-No, niente- mentii e abbassai lo sguardo.

-E' quel matto del tuo compagno di classe o sbaglio?- osservò Diana guardando nella stessa direzione in cui continuavo a perdermi quella mattina.

-Sì, è lui.

-Quella è la nuova arrivata, giusto?- anche Violet cominciò a fissare quei due.

-Ragazze, potreste smetterla? Se vi beccano sono nei guai- le avvertii rialzando lo sguardo, ancora diretto verso la mia destra.

-Cos'è? Ti fanno fuori?- mi schernì Violet.

-Siamo noi che li stiamo guardando, tu che c'entri?- inizialmente Diana non capì, ma poi sembrò afferrare il messaggio. -A meno che non si siano accorti che prima li stavi guardando... uhm, sì, allora avrebbero un motivo per cui venirti a cercare.

-Potrebbero chiedermi cosa avessi da guardare- ipotizzai. -E sinceramente non mi va- ammisi infine.

-Ti da forse fastidio che quei due si parlino?- mi chiese Violet con una strana aria maliziosa sul volto.

-No, perché dovrebbe?- feci finta di nulla, convincendomi davvero che non m'importasse niente di quella scena.

-Perché sembra di sì- continuò la mia amica, facendo ridere l'altra.

-Phoebe non mi sta molto simpatica, tutto qui.

-Bah, non ti capisco- Diana scosse la testa. -Se una persona non la sopporto non me ne sto a guardarla tutto il tempo, anzi, se non la vedo è anche meglio.

Risi facendo spallucce, consapevole che il ragionamento di Diana non faceva una piega, ma non me la sentivo di dirle la verità. Sinceramente non la conoscevo neanch'io.

Michael rideva senza sosta, chissà che battute stupide stava continuando a sparare pur di far colpo su Phoebe...

E lei sembrava starci volentieri.

Cominciai a chiedermi cosa ci fosse in loro due che mi lasciava quell'amaro nel cuore: il fatto che Michael non stesse ridendo con me o il fatto che non riuscivo a guardare due teneri ragazzi baciarsi con lo sguardo?

Mi sentivo così sola dentro che mi ci voleva davvero poco per sperare in qualcuno che potesse salvarmi.

E quella persona non poteva essere Michael. Le sue risate e la sua idiozia non avrebbero potuto risollevarmi dal buco nero in cui ero caduta sin da molto tempo prima (anche se spesso non le sopportavo) e dal quale credevo che non sarei mai potuta uscire.

Portai la mia attenzione su Ashton, qualche metro dalla mia sinistra.

Ed eccolo lì, il mio passato: la bandana rossa stretta fra i ricci spettinati, la sigaretta tra le labbra e l'espressione da ragazzo sicuro di sé; Ashton Irwin in tutto il suo fascino, quello stesso fascino tanto attraente quanto tagliente che seppe rovinarmi la vita.

Ash era in compagnia di Harvey e Logan, come sempre. Parlavano di qualcosa a me sconosciuto, non riuscivo a sentire, ma poi Ashton si voltò verso di me e mi beccò nel guardarlo. Imbarazzatissima, mi voltai dall'altra parte, però c'era Michael che ancora faceva lo stupido con Phoebe, così non potei fare altro che fissare gli occhi al suolo aspettando di poter sparire da quel cortile.

Quando la campanella suonò, tirai un sospiro di sollievo ed entrai nell'edificio insieme a Violet e Diana, per poi dividerci ed entrare nelle nostre classi, una cosa alla quale facevo ancora fatica ad abituarmi.

In aula trovai già Jennyfer ad aspettarmi, seduta al suo banco e con una cuffia ad un orecchio. Anche lei era una persona strana e che un giorno, speravo, avrei conosciuto e capito.

Le diedi il buongiorno e lei mi sorrise, come tutte le mattine. Sembrava essere rilassata quando invece avrebbe voluto soltanto sparire per un po', per scappare da chissà cosa o chissà chi. Mi dava quell'impressione.

Pochi minuti dopo, man mano che l'aula andava riempiendosi, anche Michael vi fece ingresso, seguito da Phoebe, ancora che rideva, ma poi i due si divisero per prendere posto.

Michael, per quanto io ti faccia sempre notare quanto rompi, oggi vorrei che facessi ridere un po' anche me.

Come se mi avesse sentito, il biondo mi guardò mentre avanzava verso il suo banco e, prima di sedersi, mi strofinò la testa e mi sorrise dolcemente.

-Buongiorno!- mi salutò allegro ed io sventolai una mano in aria per ricambiarlo, con gli occhi che ancora gli stavano addosso. -Buon dì anche a te, là dietro!- Michael si rivolse a Jenny, la quale gli mostrò un bel dito medio, senza distogliere l'attenzione su un disegno che stava realizzando in penna su un blocnotes.

Trattenni una risata nel vedere il teatrale muso lungo sul volto di Michael e che poi lui mutò immediatamente in un raggiante sorriso.

-Va beh, lo prendo come un 'oh ciao Mikey, sono felice di vederti anche stamattina!'- ironizzò lui e si voltò verso Ben per salutarlo e parlargli.

Quel giorno fu particolarmente noioso stare a scuola e seguire le lezioni, tant'è che quando uscii dall'istituto per andare a casa fu come una liberazione. Pensai a quanto fosse stata silenziosa Jennyfer, impegnata costantemente a scarabocchiare quaderni piuttosto che prendere appunti dalla lavagna.

A Phoebe, che mi sembrava un'oca ogni minuto di più, qualsiasi cosa dicesse o facesse.

A Violet e Diana, che stavano in un'aula diversa dalla mia.

A Michael, che dopo quel saluto di prima mattina non mi disse più nulla.

Ad Ashton, che in mensa mi lanciava occhiate strane, come se controllasse di continuo dove fossi e si accertasse che non lo venissi a cercare.

Che giornata piatta, pesante, quasi insopportabile!

Poco prima che varcassi il cancello della scuola, però, qualcuno mi tirò per la zip dello zaino.

Ma chi cazzo è?

Confusa, mi voltai indietro e vidi quel cretino di Michael sorridermi. Si mise affianco a me e cominciammo a camminare insieme chissà per dove.

-Ehi, tutto bene?- mi chiese.

-Uhm, sì, fino ad attimo fa- gli risposi un po' freddamente, ma quando incontrai i suoi occhi glaciali mi sentii sciogliere il petto e mi scappò un timido sorriso.

-Non ci credo che ti sto così antipatico, dai- disse simpaticamente lui. -Anzi, io non vedo l'ora che diventiamo vicini di casa! A proposito, quando ti stabilirai lì?

-Settimana prossima, di sicuro.

-Fantastico- commentò Michael, entusiasta. -Prenderemo il pullman insieme, non sei felice?

-L'idea non mi alletta neanche un po'- scossi la testa ridendo. -Ma ci farò l'abitudine- feci spallucce.

-Diventeremo amici, vedrai- mi assicurò il biondo facendomi un occhiolino, sicuramente con troppa convinzione, ma io sbuffai trattenendo un sorriso. -Adesso ti lascio, devo correre alla fermata, altrimenti posso rimanere qui per altri quaranta minuti.

-Arriva così presto il tuo bus?- domandai incredula.

-Eh sì, da settimana prossima non potrai più uscire da scuola con tanta calma- mi avvertì Michael. -Ma tranquilla, avrai qualcuno con cui correre in caso facessi tardi.

-Qualcuno tipo te?

-Può essere- annuì lui. -A domani, ciao Juls!- mi salutò e si allontanò in direzione della fermata del pullman. Da quando mi chiamavo Juls?

-Chiamami Julia, lo preferisco!- gli dissi a voce alta, in modo che potesse sentirmi. Michael si voltò indietro.

-Juls mi piace di più- rivelò il matto, poi tornò a darmi le spalle e corse verso la sua meta.

Mi fermai a guardalo correre e senza accorgermene sorrisi.

Michael si fermò a parlare con due ragazzi, uno biondo e uno moro con la pelle olivastra, studenti della scuola che incrociai per i corridoi qualche volta. Non credevo che Clifford avesse amici del terzo anno, non ci feci mai caso prima di quel momento.

Il pullman fece ingresso nella via e una piccola massa di ragazzi, tra i quali c'erano anche Michael e i suoi due amici, si avvicinò al mezzo come un gregge di pecore.

Mancava ancora poco tempo e presto anch'io sarei stata una di quelle persone.

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BRUM BRUUUM.

Ciao a tutti, come va?

Maggio si sta manifestando in tutta la sua bellezza tra mille cose da studiare per gli esami e pressioni varie, ma per fortuna riesco a trovare dei minutini per aggiornare la storia.

Tuttavia, vi avviso di una cosa: dopo il sesto capitolo, probabilmente ci sarà un rallentamento per quanto riguarda la stesura e l'aggiornamento della storia per motivi vari, che possono essere la preparazione all'esame, il caldo, la poca voglia, l'ispirazione che potrebbe mancare e impegni di qualsiasi natura (?)

Insomma, preferisco prepararvi all'eventuale disagio, ma che io ovviamente spero di risolvere ;)

Allora, tornando a questo capitolo... che ne pensate?

Finalmente il racconto del passato di Julia ha inizio e si cominciano a capire delle cosette.

Mi raccomando, recensiteee! Alcune di voi sono sparite, but why :(

Ringrazio chi c'è sempre nonostante gli impegni, siete carinissime!!!

Ciao, alla prossima! xx

   
 
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