Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
Ricorda la storia  |      
Autore: Super Mimi_    07/05/2015    2 recensioni
Lanciò un altro fascio di steli alle sue spalle singhiozzando rabbiosamente, le unghie si conficcarono nel terreno, scheggiandosi fino a spezzarsi; il cappello di paglia giaceva vicino a lei, completamente dimenticato...
«Ehi, scusa! Sapresti dirmi dov...» La voce alle sue spalle, che proruppe all'improvviso, si spense lentamente.
Sentì dei passi farsi più vicini a lei, ma preferì ignorarli: se quell'uomo avesse avuto due dita di testa, avrebbe girato i tacchi al più presto.
«Come fai a...» Nuovamente venne interrotto, questa volta da Nami stessa: «V-vattene» ringhiò con una voce rauca che non seppe riconoscere come propria.
«Cosa?» L'altro deglutì, come preso alla sprovvista dalla sua reazione.
Per un istante, Nami avrebbe voluto riascoltare quella voce cordiale e rassicurante. «Vai via!» urlò, gettando degli steli al vento e voltandosi di scatto.

[One shot | RuNami | Un po' di Angst per rallegrare (?) la propria giornata]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nami, Shanks il rosso | Coppie: Rufy/Nami
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Disclaimer: One Piece ©1997 Eiichiro Oda
 
Una nuova sé ed un vecchio cappello di paglia
 
Lasciò calare i pugni al suolo battendoli con disperata prepotenza. Le lacrime scorrevano rapide sul volto, a nulla sarebbe servito tentare di fermarle. Conficcò le unghie nella carne e schiantò i colpi, un singulto soffocato e rauco le sfuggì dalle labbra.
Quanto sapeva essere ingiusta la vita? Molto. Troppo. Come una trottola, girava caoticamente su stessa fino ad accasciarsi priva di forze, cadere, precipitare. Lei conosceva piuttosto bene il misto di leggerezza e terrore che stringeva il cuore e che solo il vuoto era in grado di donare.
Colpì nuovamente il terreno, questa volta più debolmente, e rimase immobile. Le ginocchia bruciavano per la precedente caduta e le nocche gridavano di dolore, ma questo era niente in confronto a ciò che sentiva dentro. Un tormentato vortice di paure ed angosce le tappava la bocca dello stomaco e le faceva percepire uno sgradevole senso di nausea, di gelo.
Guardò l'erba verde ed umida sotto di lei che le solleticava la pelle, tutto era sfocato a causa delle lacrime. Le gocce di sangue che sporcavano il prato, però, le riuscì a vedere distintamente. Forse si era abituata a tal punto a quel rosso vivo e nauseante da riuscire a vederlo ovunque. Magari non era mai sparito dalla sua mente oppure era semplicemente il sangue che le sgorgava nei punti in cui i suoi denti avevano morso con ferocia il labbro inferiore.
Chinò il capo, avvertendo un improvviso peso sulle spalle, e la chioma ramata le coprì il viso. Da quando la morte era in grado di gravare come un macigno sulla schiena delle persone vive? Perché, accidenti, lei non era morta, purtroppo... Lui, invece, sì. Perché? Altre domande insensate e nuove risposte perplesse e scontate. Altre lacrime... inutile cercare di asciugarle, poiché nulla avrebbe interrotto quello scroscio continuo dal suo volto.
«P-perché?» Un singulto veloce, quasi impercettibile al di sopra delle sue ciocche ribelli.
Faceva male, dannatamente male. Quasi una stilettata al cuore, e lei, il dolore della lama che lacerava la pelle e recideva i muscoli, lo conosceva fin troppo bene. Se si concentrava, poteva udire il bruciante formicolare del suo petto al calare del pugnale. Una, due, tre... dieci... cinquanta volte.
Un giorno, per un singolo attimo, uno solo, si era chiesta se tutto ciò sarebbe mai finito, ma poi aveva scosso la testa e si era sentita in colpa: non era di certo lei quella morta, quella che non aveva neppure potuto urlare al mondo di aver raggiunto il proprio sogno. A dirla tutta, lei non lo aveva fatto, aveva rinunciato al suo obiettivo. Dopo che Rufy era morto sull'isola di Raftel, nello scontro per la conquista del grande tesoro, si era rifiutata di disegnare la cartina di quell'isola affascinante e meta del sogno di ogni pirata. Aveva ripudiato il suo sogno, la sua ciurma, il mare. Rufy era diventato Re dei Pirati, certo, ma, dopo aver sconfitto il suo rivale, si era accasciato al suolo a causa delle gravi ferite e lì era morto, tra le sue braccia, sulla sabbia dorata, sotto il cielo plumbeo.
Dei suoi compagni non aveva avuto più notizie dal funerale del capitano – seppellito di fianco alla tomba di Portuguese D. Ace –  ed i giorni passati a decidere che cosa diavolo fare: erano combattuti tra il portare a termine i loro obiettivi e continuare a navigare, come di certo avrebbe voluto il loro capitano, oppure dividersi e continuare ognuno per la propria strada. Lei era stata categorica: non avrebbe più rimesso piede in mare, così si era fatta portare sulla prima isola abitata ed aveva salutato gli altri. Un addio duro, freddo, quasi insensibile. Non avrebbe mai dimenticato la lacrima che aveva rigato il volto di Robin, rimasta sul ponte a fissarla mortificata, o lo sguardo accusatore del cecchino. Lei, invece, era rimasta semplicemente in silenzio, aveva guardato la nave con a bordo i suoi compagni con sguardo vacuo e, dopo un sospiro, si era voltata... sconfitta. Aveva camminato lontano da loro, lontano dall'imbarcazione, lontano da quel sogno ormai infranto. Semplicemente lontano.
Ora viveva in una casa all'estremità del piccolo villaggio in cui era giunta il giorno del suo arrivo su quell'isola dal clima mite. Aveva una coltivazione di mandarini e la sua abitazione non distava molto dal mare. Le ricordava un po' la sua vera casa, quella a Cocoyashi.
Aveva rimesso insieme i pezzi della sua vita, un po' come aveva fatto Rufy al loro primo incontro: aveva riportato alla luce quei cocci di vetro infranti e calpestati. L'unica differenza sostanziale era che ora la crepe erano più profonde, più dolorose. A dire il vero, il risultato ottenuto era anche migliore di quanto avesse mai sperato: respirava ancora, nonostante tutto.
Strinse dei ciuffi d'erba tra le mani, strappandoli malamente e gettandoli alle sue spalle. Che andasse tutto al diavolo, anche quegli inutili steli verdi! Si sentiva proprio come un filo d'erba, lei: impotente contro la tempesta. Infatti così era stato, non aveva potuto nulla per salvarlo, nulla a parte gridare il suo nome e cercare di sorreggerlo quando era ormai in fin di vita. Lo aveva stretto, stesi al suolo tra la polvere, aveva pianto, pregato, amato, sofferto... tutto in quei pochi, miseri istanti. Poi lo aveva odiato, soprattutto il cappello che si era ritrovata calcato sulla nuca, ultimo desiderio del Re dei Pirati: chiedere perdono a Shanks per non averglielo restituito personalmente ed essere felice anche senza di lui perché, malgrado tutto, ce l'aveva fatta a raggiungere il suo sogno. Stupido, incosciente di uno zuccone! Come poteva ancora vivere senza vedere i suoi occhi, senza udire la sua voce, senza picchiarlo ed amarlo insieme?
Lanciò un altro fascio di steli alle sue spalle singhiozzando rabbiosamente, le unghie si conficcarono nel terreno, scheggiandosi fino a spezzarsi; il cappello di paglia giaceva vicino a lei, completamente dimenticato...
«Ehi, scusa! Sapresti dirmi dov...» La voce alle sue spalle, che proruppe all'improvviso, si spense lentamente.
Sentì dei passi farsi più vicini a lei, ma preferì ignorarli: se quell'uomo avesse avuto due dita di testa, avrebbe girato i tacchi al più presto.
«Come fai a...» Nuovamente venne interrotto, questa volta da Nami stessa: «V-vattene» ringhiò con una voce rauca che non seppe riconoscere come propria.
«Cosa?» L'altro deglutì, come preso alla sprovvista dalla sua reazione.
Per un istante, Nami avrebbe voluto riascoltare quella voce cordiale e rassicurante. «Vai via!» urlò, gettando degli steli al vento e voltandosi di scatto.
Rabbia, disperazione, sconforto, senso di colpa, rimpianto... tutto si sciolse quando i suoi occhi si focalizzarono sulla figura alle sue spalle. Nonostante le lacrime le appannassero la vista, era sicura di non essersi sbagliata. Si passò un braccio sul volto per asciugare i rivoli di acqua che lo bagnavano e spalancò le palpebre, sussultando lievemente. Come...?
«T-tu...» si ritrovò a mormorare con voce incrinata al viso serio, a tratti preoccupato, di Shanks il Rosso. Il pirata, avvolto nel suo mantello nero, le regalò un lieve sorriso, imbarazzato e mortificato allo stesso tempo, che la fece arrossire di vergogna.
«Scusa, non volevo... – fece una smorfia, forse nel tentativo di cercare il termine “appropriato” – disturbarti... ho chiesto agli abitanti del villaggio vicino al porto dove avrei potuto trovarti. Ho aspettato per circa un'ora fuori casa tua, e, dato che non tornavi, sono venuto a cercarti» le spiegò, non staccando per un attimo lo sguardo dalle iridi nocciola di Nami.
La navigatrice sostenne lo sguardo, mentre nella sua mente vagavano i ricordi delle volte in cui Rufy le aveva parlato di quel pirata. Cercò di accostare i racconti del moro all'uomo dalla chioma rossa che le si parava dinanzi. Faceva un certo effetto avere di fronte a sé uno dei filibustieri che erano stati considerati per anni i candidati più promettenti al titolo di Re dei Pirati, un Imperatore. Per un attimo si chiese che cosa volesse da lei, ancora incapace di sbrigliare la matassa confusa di pensieri che le comprimevano le tempie.
«Se non vuoi che io...»
La rossa alzò di scatto il viso, come fulminata da un'improvvisa rivelazione. «No!» esclamò di getto, quasi urlando, una mano tesa in avanti.
Il pirata, che le aveva dato le spalle, si voltò, stupito per la sua reazione, e le regalò un lieve sorriso «Beh, allora... perché non mi offri qualcosa da bere?»
Nami, veloce, annuì e si rimise in piedi senza aiutarsi con la mano che Shanks le aveva teso, le ginocchia ancora doloranti. Afferrò il cappello di paglia e si incamminarono insieme verso la sua abitazione.

***
«Vuoi una mano?».
La giovane si limitò a scuotere il capo, intenta a versare l'acqua dalla teiera nelle due tazze posate sul tavolo. Il Rosso si rilassò sulla sedia, lo sguardo concentrato sui suoi movimenti.
Gli porse una tazzina, per poi tornare a dedicarsi alla miscela fumante nella sua tazza. Il profumo di mandarino proveniente dalla bevanda la inebriava: l'unica fragranza che poteva farla rinascere, oltre a quella del mare, ovvio.
Sentì sospirare il pirata e gli diede una fugace occhiata, ben attenta a non farsi notare:  il suo sguardo era puntato oltre la scogliera che si intravedeva dalla finestra, sulla distesa cobalto che si increspava in flutti e che riluceva sotto il sole dorato. Per un fuggevole attimo, Nami lo invidiò profondamente: quella era solo una tappa, per lui, una breve sosta... presto sarebbe tornato a solcare quelle onde con il suo veliero, a sentire il vento solleticargli il viso, a percepire appieno l'odore intenso e salmastro di salsedine.
Shanks prese un sorso di tè, soffiando prima nella tazza. «Ho saputo...» Diede un'occhiata triste al copricapo, bruciacchiato e ricucito in più punti, posato sul tavolo tra di loro. Anche la cartografa indirizzò il suo sguardo al cappello di Rufy, ricordando con nostalgia il sorriso che si celava sotto quella tesa e le innumerevoli volte che aveva riparato quel copricapo. Si era sempre lamentata che dopo quasi ogni battaglia le toccasse rammendarlo, anche se, doveva ammetterlo, le faceva piacere prendersi cura del tesoro del suo capitano. Ora, invece, non le restava che sentire la mancanza delle dita che, abili, scorrevano sulle pagliuzze e ricucivano i vari squarci. Nostalgia... lui non lo avrebbe più rovinato. Sentì gli occhi pizzicare, ma i suoi pensieri vennero interrotti dal rosso. «Che stupido! Non mi sono ancora presentato... piacere, sono Shanks.» Le porse la mano, un sorriso tirato, dispiaciuto. Questa volta, la rossa la strinse. «Nami.» Arricciò lievemente le labbra in una parvenza di sorriso. Iniziava a comprendere il motivo dell'ammirazione del suo capitano nei confronti di quel pirata.
«So che Rufy...» s'interruppe bruscamente alla vista dell'espressione della ragazza, dei suoi occhi lucidi e tremendamente malinconici, l'espressione di una sofferenza tormentata e mai finita. Le rughe ai lati della bocca del corsaro si fecero più profonde, più cupe, come se anch'esse fossero partecipi del suo dolore. «Mi dispiace... piombare qui dopo mesi e pretendere di parlartene è egoista da parte mia».
«È già passato poco più di un anno…» Un sorriso spento sulle labbra e la voce incrinata, una sfumatura quasi ironica. Sospirò. «Avrei dovuto venire a cercarti io, ma... non mi aspettavo una visita da parte tua». Ammettere di non averne avuto la forza la devastava. Era troppo difficile anche solo pensarlo, pensare di essere ancora quella fragile, indifesa, debole.
«Come hai fatto a trovarmi?» domandò, improvvisamente desiderosa di cambiare discorso.
Shanks la guardò dapprima perplesso, poi le sorrise dolcemente e prese un altro sorso di tè. «A dire il vero ho cercato tutto l'equipaggio, ma l'unico di cui ho saputo la collocazione certa è stato il cuoco di bordo».
«Sanji» sussurrò debolmente, come se quelle semplici sillabe fossero il primo nome famigliare da tempo, il primo luogo veramente conosciuto, la prima  persona amica dopo anni di esilio. La vera famiglia. Poi un altro pensiero le balenò nella mente: “l’unico di cui ho saputo la collocazione certa”. La sua ciurma si era sciolta alla fine, realizzò con rammarico.
Annuì il Rosso. «Se vuoi sapere come sta, be', è dispiaciuto anche lui per la... per Rufy. È stato lui ad indirizzarmi qui. Mi ha detto che saresti stata la persona più indicata da incontrare e mi ha suggerito di iniziare a cercarti su quest'isola. Ha chiesto di salutarti».
Boccheggiò per qualche istante Nami, avvertendo un improvviso senso di vertigine ed un nodo serrarsi alla gola. Le parevano passati secoli dall'ultimo volta che aveva visto la sua ciurma e, di certo, non era stato un addio felice. Si chiese che fine avessero fatto gli altri, come stessero, se mai ripensassero al passato... poco più di un anno. E c’era Sanji, Sanji che si ricordava di lei! Questo pensiero le donò un calore inspiegabile al cuore, nonostante la sofferenza per aver appreso che la ciurma si era sciolta alla fine di tutto, alla fine dei sogni, alla fine del mare.
«Dimmi un po', ti va di parlarmi di loro?»
Alzò lo sguardo di scatto la rossa, gli occhi sbarrati e la bocca spalancata per lo stupore. Rimase interdetta per qualche secondo, per poi annuire con un breve sorriso nostalgico e commosso. «Io e Rufy ci siamo incontrati in un modo piuttosto buffo, così come è successo più o meno a tutti gli altri. Stavo fuggendo dai pirati di Buggy il Clown quando è precipitato dal cielo travolgendomi…» Trattenne una risatina divertita al pensiero di quel bizzarro incontro che le aveva cambiato la vita. Anche Shanks scoppiò in una risata – fragorosa e piuttosto contagiosa, pensò la ragazza –, stupito di sentire parlare del suo vecchio compagno di ciurma, e la incitò a continuare il racconto.
In poco tempo, Nami si ritrovò a parlare a ruota libera, come se improvvisamente tutti i ricordi che le affollavano la mente e la stringevano in una morsa ferrea si fossero sbrigliati. Gli narrò di come avessero incontrato passo dopo passo i loro nakama, le isole bizzarre che avevano visitato, perfino il suo passato. Aveva sorriso e pianto con quell'uomo a lei sconosciuto. Finalmente, però, si sentiva libera di poter condividere quelle memorie che la opprimevano da mesi, libera di parlare del suo capitano, libera di ricordare.
«Sembra quasi che il destino abbia messo sulle nostre strade quello zuccone gommoso per raddrizzarle, per darci una seconda possibilità di vivere per davvero. Insomma, ha raccolto i cocci di ciascuno di noi quando siamo caduti... non ha preteso di farci tornare come nuovi, di migliorarci, ha solo tentato di renderci felici.» Sorrise amaramente, piccoli rivoli d'acqua le percorrevano le gote.
«Co... cosa gli è successo?» Deglutì il Rosso, coinvolto dal racconto della giovane e partecipe della sua sofferenza. Appena letta la notizia suoi giornali che riportavano solamente gli ultimi due avvenimenti, ovvero la conquista da parte del moro del titolo da lui tanto ambito e la sua morte, era rimasto scioccato: un vuoto lo aveva oppresso da allora, desideroso di sentire da qualcuno che quel giorno era presente come era potuto succedere, ma varie faccende tra i pirati del Nuovo Mondo lo avevano trattenuto e, inoltre, trovarla non era stato poi così facile. Una parte di lui, tuttavia, non aveva mai smesso di essere orgoglioso di quell'impertinente ragazzino. Che strano!, non avrebbe mai immaginato quel sorriso scomparire tanto presto, troppo presto.
Nami aprì la bocca per parlare, tuttavia solo aria ne uscì. La gola bruciava terribilmente, secca e ruvida. Si asciugò gli occhi e, trattenendo qualche singhiozzo, iniziò a raccontare anche quella parte della storia, quella che più volte aveva tentato di sopprimere, di cancellare come un nome scritto sulla sabbia.
Parole incrinate, sorrisi amari e nostalgici, altre lacrime.
«H-ha combattuto fino allo s-stremo. È sempre stato co-cocciuto, do-po-tutto, e... e nulla...» s'interruppe, sentendosi soffocata dai singhiozzi. La vista era completamente appannata e Shanks appariva come un'immagine sfocata. «M-mi ha chiesto di do-domandarti s-sc-usa…» Lanciò un'occhiata al cappello, consapevole a cosa avrebbero portato quelle parole: la loro promessa era stata mantenuta.
«Sempre il solito ragazzino sfrontato.» Ridacchiò, attirando l'attenzione della rossa. I suoi occhi neri e penetranti erano lucidi ed aveva un'espressione nostalgica che lo fece apparire invecchiato di colpo. La navigatrice scrutò i suoi lineamenti, le sottili rughe ai lati degli occhi e della bocca, la cicatrice sull'occhio e, ancora una volta, il suo sguardo scuro era tornato fisso sul mare. «Devo esserti grato: lo hai portato fino a Raftel e gli hai permesso di coronare il suo sogno.» Gli occhi perennemente incatenati all'orizzonte terso dove s'iniziavano ad intravedere le prime sfumature rossastre.
«Avrebbe potuto trovare altri navigatori anche più in gamba.» Si alzò, posando le tazze ormai vuote nel lavabo ed iniziando a lavarle.
«Non così fedeli.» Sfiorò con i polpastrelli la fascia rossa legata tra le pagliuzze. La ragazza, intercettando quel movimento con lo sguardo, sussultò, ancora non pronta a lasciare tutto ciò che le restava del suo capitano, di Rufy.
Si alzò il pirata, facendo strusciare rumorosamente le gambe della sedia sul pavimento e voltare la sua interlocutrice. La ragazza abbandonò le stoviglie nel lavabo e fece qualche passo veloce verso di lui, un'espressione spaesata sul volto. Quella visita inaspettata e quell'uomo sconosciuto le avevano ridato, anche se per poco, la felicità salmastra, rozza e spensierata che solo la vita di mare permetteva; quella gioia senza freni che l'aveva abbandonata e che non aveva più dato segno di aver l'intenzione né la voglia di tornare.
«Beh, ora sarà meglio che vada: i miei uomini mi attendono al porto... grazie, Nami, per tutto.» Sospirò, le sorrise e fece qualche passo verso l'uscio.
Si voltò al richiamo della navigatrice che aggiunse in un soffio. «Hai dimenticato il suo cappello…» Una fitta allo stomaco ed il respiro spezzato nel petto.
Il pirata portò lo sguardo alle pagliuzze bruciacchiate e disordinate, testimoni di grandi ambizioni ed eroiche imprese. Sorrise raddolcito, per poi afferrarlo ed avvicinarsi alla rossa che lo osservava con il fiato sospeso. In pochi attimi, il copricapo era adagiato sulla sua lunga chioma ramata, poteva sentirne la piacevole presenza. La mano di Shanks era ancora posata sul suo capo, ne avvertiva la lieve pressione... così rassicurante. Le lacrime presero a bagnarle il viso arrossato ed i singhiozzi esplosero sulle sue labbra. Alzò il viso ed incontrò quello sorridente dell'uomo.
Sospirò e si diresse alla porta con passo cadenzato. «Serve più a te che a me.» A nulla valsero le proteste della rossa per restituirglielo.
«A-aspetta!» urlò e lo raggiunse sulla porta.
La giovane si domandò cosa diavolo potesse volere ancora da lui, perché lo avesse di nuovo chiamato, il motivo per il quale gli avesse impedito di solcare quella soglia... nostalgia. Una fottuta nostalgia mischiata a semplice e dannata solitudine. Si sentiva sola come un cane, abbandonata dai suoi compagni, dal suo sogno, da se stessa, da lui.
Quante volte aveva urlato al cielo per mandare a quel paese quell'idiota di gomma? Tante.
Quante altre, invece, aveva supplicato di rivederlo? Un'infinità.
Quante di quelle sue richieste erano state ignorate? Troppe. Tutte.
«M-mi ma-manca... tanto» si era ritrovata a farfugliare, lo sguardo piantato al pavimento. A cosa si riferisse neppure lei stessa lo sapeva: a Rufy, al suo sogno oppure al mare... forse a tutto e niente. Magari alla sua vita, la vita dedicata a navigare in un sogno grande come l'intero oceano ed a seguire quello sconsiderato che aveva amato e che ancora amava.
«Perché non mi riporti quel cappello, un giorno?» le domandò, facendole alzare di scatto il  viso, e, in quell'istante, Nami si chiese se la stesse prendendo in giro oppure se avesse compreso più lui, in quelle poche ore, le sue paure ed i suoi desideri che lei stessa.
Abbassò il capo nuovamente, le dita serrate sulla tesa. Che cosa avrebbe fatto lui? Di certo l'eventualità di una nuova avventura lo avrebbe sicuramente esaltato, portandolo a non considerare le conseguenze ed i pericoli. Avrebbe accettato e basta, senza ripensamenti... avrebbe accettato.
«Sì!» Annuì energicamente con un sorriso sicuro e felice al contempo. Il pirata sogghignò e le diede le spalle, la mano alzata in segno di saluto. La rossa si appoggiò alla porta e vi rimase, fino a quando Shanks non scomparve dalla sua visuale nell'orizzonte in cui l’astro lucente stava ormai terminando il suo percorso.
Prese tra le mani il cappello del suo capitano, le lacrime si persero tra le trame della paglia. Quante volte aveva dovuto rammendarlo, quante altre le aveva dato la forza di lottare, la tenacia che le mancava e che possedeva lui? Si asciugò le lacrime con il dorso della mano, ridacchiò e se lo strinse al petto... un nuovo inizio, una seconda avventura, lo stesso sogno.
Diede un'occhiata al sole che sprofondava nel mare, infuocando con i suoi raggi le onde marine.
Una nuova sé e un vecchio cappello di paglia.
Si richiuse la porta alle spalle.
«Ehi, Rufy, mi manchi. Come sempre, ti amo... Ah, ho conosciuto Shanks: è proprio come me lo descrivevi...»




 

Ritorno insperato
Eh già, sono ancora qui! Uhm, forse questa shot meriterebbe delle spiegazioni: cosa mi è preso per scriverla, ad esempio. So solo che mi piace il genere Angst e, per quanto ami alla follia questa coppia (la mia eterna OTP ** <33) e desideri che vivano un'esistenza felice ed insieme, Nami che soffre per la morte di Rufy è così orrendamente malinconico che ci andava a nozze, con la mia voglia di scrivere qualcosa di struggente. Inoltre, un incontro tra la navigatrice e quel gran pezzo di figo di Shanks era d'obbligo! Mi sono sempre immaginata la scena, così mi son detta "perchè no?". Okay, spero solo che vi sia piaciuta e ringrazio con tutto il mio cuoricino (?) chi è giunto a leggere fin qui <3.
A presto (spero!). Un abbraccio,

Mimi

P.S.: per chi sta seguendo la mia Raccolta "Un Amore sparso per l'oceano" (sono One shot e Flash sulla coppia KiddLaw, per chi non lo sapesse) chiedo solo un po' di pazienza e mi scuso immensamente per il ritardo. Ho perso praticamente tutte le mie storie - mi sono rimaste solo quelle pubblicate ed alcune su altre coppie od altri fandom. Inoltre, ho dovuto imprestare per mesi il computer e me lo ritrovo solo ora tra le mani. Spero di riuscire ad aggiornarla presto, sappiate comunque che non l'ho abbandonata ;) Grazie a chi continua a seguirla e spero di non avervi annoiati! Mi scuso ancora per il ritardo.



 
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio! / Vai alla pagina dell'autore: Super Mimi_