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Autore: beagle26    08/05/2015    6 recensioni
Damon e Elena non potrebbero essere più diversi, e, soprattutto, hanno un pessimo tempismo.
Eppure non possono fare a meno l'uno dell'altra.
Eppure le loro vite correranno per anni su binari paralleli.
Riusciranno prima o poi ad incontrarsi?
AU - AH
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Un po' tutti | Coppie: Damon/Elena
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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  1. Too Late
L’amore non esiste, ma esistiamo io e te
e la nostra ribellione alla statistica
un abbraccio per proteggerci dal vento
l’illusione di competere col tempo
e non c’è letteratura che ci sappia raccontare
i numeri da soli non riescono a spiegare
l’amore non esiste, esistiamo io e te

 
-L’amore non esiste-  Fabi, Silvestri, Gazzè
 
 
La prima cosa che nota è un intenso profumo di fiori. Rose, ranuncoli… forse fresie.
Elena non lo sa – non se ne intende affatto– ma è più che sicura che la sua migliore amica le abbia nominato almeno una di queste varietà durante una delle loro innumerevoli sessioni di preparativi telefonici, vale a dire interurbane eterne, trascorse a parlare di liste da stilare, inviti da imbustare e ridicoli segnaposto a forma di farfalla che ha finito per sognarsi anche di notte.
E poi chiacchiere, voli di fantasia e risate da mal di pancia, che negli ultimi due giorni si sono trasformate abbuffate di confetti buttati giù assieme a qualche rarità enologica sgraffignata senza troppi riguardi dalla fornitissima cantina dei Salvatore.
Un toccasana per la linea in vista del grande giorno.
 
Fuori è un afoso pomeriggio di metà luglio e il caldo penetra fin dentro le spesse mura della chiesa. Le ospiti, nei loro abiti color crema, si fanno aria con ventagli di preziosa carta color crema, abbinati alle composizioni floreali dello stesso identico colore che abbelliscono ogni angolo della piccola chiesa di Mystic Falls, gremita fino all’ultimo centimetro disponibile.
Quando un centinaio di paia di occhi le si incollano addosso, a Elena viene un mezzo attacco d’ansia.
Va tutto bene, continua a ripetersi, e un po’ si fa coraggio: infila un passo dietro l’altro sulla corsia immacolata, incorniciata da una fila di lumini sparpagliati lungo l’intero percorso con calcolata casualità.
Tiene lo sguardo fisso di fronte a sé e si esibisce in un sorriso che fa di tutto per risultare spontaneo, ma dentro di lei si agita una confusione che la fa sentire come se fosse tornata indietro di anni. Emozioni difficili da raccontare, ma non da nascondere per una che fa pratica da una vita intera, si accavallavano l’una sull’altra fino ad annebbiarle il cervello. Tutta quella tensione la fa sentire stupida e fuori luogo, così decide di entrare nella parte e concentrarsi solo e unicamente su Stefan,  che la sta aspettando dal lato opposto della chiesa, davanti all’altare di marmo che oggi sembra più imponente che mai.
Lo sposo è elegante e fiero nel suo semplice abito blu scuro. Il gilet grigio perla, la cravatta lucida fermata da uno spillone e la rosa bianca all’occhiello sono gli unici dettagli che lo distinguono dal resto degli invitati, oltre alla luce particolare che gli illumina le iridi verde chiaro: è probabile che si tratti di pura e semplice felicità.
 
Elena ha sempre detestato essere al centro dell’attenzione e ora si ritrova a ringraziare mentalmente Caroline, imbattibile in fatto di stile, per averle consigliato quell’abito. La fa sentire più sicura mentre percorre la navata, consapevole del fatto che, di tutti quegli sguardi, soltanto uno è causa del suo disagio.
Quando raggiunge Stefan,  ha una paura ingiustificata di sbirciare oltre le sue spalle. Ancora una volta si sente stupida e infantile, ma lui la distrae baciandole affettuosamente le guance e trattenendo la sua mano per un istante più lungo del solito.
“Sei emozionato?” gli sussurra lei, determinata a ritornare nel suo ruolo.
“Diciamo che me la sto facendo sotto”.
“Diciamo che te la sei cercata”.
Gli scocca un’occhiata furba e complice come a sottintendere il grosso guaio in cui si sta cacciando per aver deciso di sposare un’adorabile maniaca del controllo che risponde al nome di Caroline Forbes. Lui ridacchia, sciogliendosi un po’.
Ora, su quell’altare, è Elena a sentirsi sull’orlo di un precipizio, ma cerca di non darlo a vedere, impegnando le mani nel sistemarsi il lungo vestito grigio perla che ha calpestato inavvertitamente con il tacco della scarpa.
Subito dopo, l’attacco della marcia nuziale richiama tutti all’ordine e, come da copione, la folla si volta in massa verso l’ingresso.
 
Elena pensa che, per quanto il termine radiosa sia abusato e banale, non esista altra parola per descrivere la sua migliore amica, illuminata dalla luce del pomeriggio estivo nel suo abito bianco, commossa e bellissima mentre, sottobraccio alla madre, raggiunge il suo sposo. Lei, che è sempre stata terrorizzata dal futuro, vorrebbe possedere anche solo un briciolo della sicurezza dei suoi amici che oggi si giurano amore eterno. E vorrebbe commuoversi con Care mentre scorge l’espressione di Stefan che la aspetta all’altare per legarsi a lei per tutta la vita.
Però non lo fa.
Si sente in colpa Elena, ma è consapevole di non aver aspettato altro.
Un momento solo per sé, per trovare il coraggio di voltarsi alla sua sinistra. Verso il testimone dello sposo.
Damon è lì, in piedi, accanto a suo fratello, e la sta già fissando da un po’.
Elena si scopre a chiedersi se lui abbia mai pensato a lei. Se gli è mancata.
Poi Damon sfodera un sorriso sbilenco, uno di quei sorrisi da canaglia che ama ostentare dopo una battuta delle sue.
E finalmente, Elena ha l’impressione che tutte le sue paure vengano cancellate, come da un colpo di spugna.
Dopo tanto tempo, si sente a casa davvero.
 
 
 
Più tardi passeggia sull’erba, scrutando i lunghi tavoli rivestiti di lino bianco alla disperata ricerca di una tartina con sopra qualcosa di commestibile, ma tutto quello che trova sono vassoi colmi di pesce crudo. È allergica a quella roba, ma Care sostiene fermamente che il sushi sia la scelta più à la page per un buffet di matrimonio che si rispetti.
“Ehi Gilbert! Eccoti finalmente! È da stamattina che ti rincorro”.
“Rebekah! Anche tu qui? Non ti avevo proprio notata, scusami”.
In realtà l’ha vista fin troppo bene, e come non avrebbe potuto? Di certo la più giovane dei Mikaelson non passa inosservata.
Il fatto è che non ha nessuna voglia di affrontare una cavalcata lungo il triste viale dei ricordi con la più snob e antipatica delle sue ex compagne di classe del liceo.
La bionda la scruta dall’alto al basso ed Elena si aggiusta automaticamente i capelli dietro le orecchie. Anche se ormai è molto più sicura di sé rispetto a un tempo, chissà perché Rebekah ha sempre il talento innato di farla sentire fuori posto.
“Dì un po’, hai messo su qualche chilo per caso?”
“Può darsi…” nicchia lei, indifferente, lisciandosi il vestito sul ventre piatto.
“Sei venuta sola? Care mi ha detto che stai con un tizio...”
“Liam. Doveva lavorare” taglia corto la mora. Ma l’altra non molla l’osso e prosegue con il suo interrogatorio.
“Allora, come ti trovi a Manhattan? Com’è che non ti ho mai vista in giro?”
Elena non può fare a meno di cogliere una sottile ironia nel modo in cui la ragazza pronuncia quelle parole, ma è abbastanza consapevole di sé stessa da rimanere tranquilla, mentre le spiega qualcosa di cui con ogni probabilità l’altra è già a conoscenza.
“In realtà sto a Greenwich Bekah, in Connecticut. Lavoro per il quotidiano locale. Sai, alla cronaca” spiega con pazienza.
L’altra la osserva con malcelata compassione e le fa dondolare sotto il naso il suo bicchiere di champagne.
“Alla cronaca? Capirai, che lavoraccio. Cosa mai potrà accadere in una cittadina come quella?”
Elena ci pensa un po’ su. “Beh… forse hai ragione. Ma mi piace” ammette candidamente.
“E che ne è stato del tuo sogno di scrivere per il New York Times? Al liceo non parlavi d’altro…” la incalza la bionda, alzando gli occhi al cielo.
Elena vorrebbe rispondere che la vita a volte segue un corso imprevedibile. Che dopo essersene andata da Mystic Falls ha dovuto ridimensionare le proprie ambizioni, ma ci sta provando con tutta sé stessa. Vive da sola, paga le bollette, fa del suo meglio per diventare la donna che desidera essere.
Invece dice solo “Oh guarda, stanno servendo il fritto!”, avventandosi su un vassoio di gamberi fumanti che le fanno venire l’orticaria solo a guardarli, ma in questo momento le sembrano un ottimo diversivo.
Mentre si riempie il piatto con quella robaccia, allunga lo sguardo fino a un gazebo poco più in là.
Damon se ne sta lì, in disparte, sorseggiando un bicchiere pieno di quello che ha tutta l’aria di essere whiskey, in barba all’orario.
I primi bottoni della camicia sono slacciati, la cravatta scura è allentata e l’espressione sul suo viso sembra un po’ troppo ombrosa per uno che dovrebbe essere lì per festeggiare le nozze del proprio fratello. Ma del resto, Damon è Damon.
Per tutto il pomeriggio ha desiderato parlargli, scoprire se davvero nulla è cambiato fra loro.
Prima, durante le foto di rito con gli sposi, lui le ha sfiorato inavvertitamente un braccio.
“Durerà ancora molto questa agonia?” le ha sussurrato a mezza bocca, tradendo la sua solita impazienza, senza preoccuparsi di abbassare la voce in modo sufficiente da non farsi beccare dalla neo-signora Salvatore, che non ha perso occasione di far notare quanto si sia pentita di aver concesso al marito di sceglierlo come testimone.
Poi ci sono stati gli scherzi da organizzare insieme a Bonnie, quel triste rituale che è il lancio del bouquet, il vestito di Care che si è impigliato ad ogni dannata pietra del giardino di villa Lockwood, richiedendo il suo tempestivo intervento in qualità di damigella d’onore. Così ogni occasione di prendere da parte il suo migliore amico e parlargli è sfumata in un nulla di fatto. Di nuovo.
Lo osserva da lontano. Ha investito così tante aspettative su questo loro incontro e ora…
“Cosa non gli farei!”
Elena per poco non si strozza con il vino. Rebekah, che deve aver intercettato lo sguardo dell’amica, le sibila nell’orecchio con voce un tantino sovraeccitata.  Intanto in sottofondo l’orchestrina jazz selezionata da Caroline per l’evento si lancia in un’improbabile versione della Macarena per scaldare la folla.
“Aspetta che Care senta questa roba e vedrai… pianterà una grana che-”
“Dì un po’ siete ancora amici voi due?” insiste l’altra, vanificando il suo tentativo di cambiare argomento. Elena non può fare a meno di notare che Rebekah sta letteralmente divorando il ragazzo con gli occhi.
Riflette un attimo. “Suppongo di si” dice alla fine.
Rebekah ormai non la degna più di uno sguardo. “È sempre sexy da morire, non pensi?” sospira, facendo ondeggiare il flûte.
“Già…”
“E a letto è una bomba” aggiunge.
“Ehm… non lo metto in dubbio. Ti va un gamberetto Reb?”
“Che cosa? Mi stai dicendo che voi due non avete mai…”
La mora tossicchia, imbarazzata.  “Credo di aver bisogno di qualcos’altro da bere. I gamberi mi hanno messo una sete… puoi scusarmi solo un attimo?”
Elena si allontana alla velocità consentitale dai trampoli che la sposa ha selezionato appositamente per lei e agguanta in fretta e furia un calice pieno dal vassoio che un cameriere in livrea bianca le ha piazzato sotto il naso. Il suo sguardo torna a posarsi quasi inconsapevolmente su Damon , che continua a starsene in disparte.
“Aspetti… ne prendo un altro”.
 
I tacchi affondano nell’erba, contribuendo a rendere la sua andatura più incerta. Elena non sa ancora bene cosa ha intenzione di dirgli.
L’ultima volta hanno litigato furiosamente.
È passato un secolo.
Sa solo che sente il bisogno scoprire se lui è ancora in grado di farla ridere. Ridere sul serio, di pancia. Negli ultimi tempi si è ritrovata a pensare che con lui nei paraggi si stava molto più simpatica.
Quando ormai è a metà strada, reggendo i calici tra le mani, Damon solleva gli occhi su di lei.
I suoi occhi cerulei, che si piantano sul suo viso facendola esitare per un istante. Ha l’impressione di poter distinguere ogni sfumatura di blu nello sguardo di quello che per anni è stato il suo migliore amico. Rimangono così, a fissarsi per un momento e poi… Damon distoglie l’attenzione da lei. Elena lo osserva frugare nelle tasche e estrarne il cellulare. Le lancia un’ultima occhiata prima di allontanarsi e rispondere.
 
 
 
“Ok, ok. Ti chiamo più tardi. Si, anche io”.
Damon sospira e infila il telefono nella tasca dello smoking. In sottofondo gli sembra di poter sentir suonare una compilation di musica indie. Scuote la testa. La sua neo-cognatina deve aver liquidato l’orchestra con un cazziatone dei suoi. Senza dubbio è tutta colpa della Macarena: non è chic.
Quando si volta, Stefan lo sta osservando in silenzio, le braccia incrociate sul petto.
“Qualcosa di importante?”
“Diciamo di si”.
“E ha a che fare con quel tuo viaggio fuori città?”
“Dì un po’ Stef, sei sposato da un paio d’ore e sei già diventato ficcanaso come Barbie?”
Stefan scrolla le spalle. Ha già fatto fin troppi brindisi, ed è troppo ebbro di gioia per potergli rispondere a tono. 
“È solo che…sei scomparso senza dire niente e così-”
“È tutto sotto controllo fratello”.
Damon taglia corto e il più giovane dei Salvatore abbozza un sorriso. Ha capito che non è il caso di insistere. Conosce suo fratello e sa che ama fare il misterioso. Non parlerà fino a che non ne avrà voglia e per oggi gli va bene così.
Quando intercetta la traiettoria il suo sguardo, la situazione gli sembra già più chiara.
Elena Gilbert è lì in fondo, ammutolita di fronte a Caroline che le sta parlando di… a giudicare dal modo in cui gesticola, deve trattarsi di qualche grave imprevisto.
Stefan sorride, rimirandosi la fede splendente, poi torna a studiare il fratello maggiore.
“Le hai parlato? Care mi ha detto che-”
“Stefan!”
“Ok, ricevuto. Ti offro un bourbon, ci stai?”
“Ora si che iniziamo a ragionare”.
E così si allontanano, camminando uno a fianco all’altro e lasciando le loro impronte sull’erba tagliata di fresco, mentre sopra di loro il cielo si sta illuminando dei colori accesi del tramonto.
“Stefan?”.
“Eh”.
“Sono felice per te. Dico sul serio”.
“Lo so”.
 
 
 
Elijah Mikaelson racconta l’ennesimo aneddoto che non fa ridere nessuno. Ormai è scesa la sera ed Elena è terribilmente annoiata e forse un po’ delusa. Haley, seduta lì accanto, a giudicare dal modo in cui sbuffa deve condividere con lei lo scarso interesse per quelle ridicole freddure. Infatti si rivolge ad Elena, in cerca di un argomento di conversazione.
“Dì un po’ Gilbert, com’è che sei venuta da sola? Mi pareva di aver capito che e Greenwich stai con un tipo…”
“Liam. Doveva lavorare” ripete Elena, che ormai ha perso il conto di quante volte ha risposto a questa domanda.
Così continua a rigare la tovaglia con la punta del coltello, per poi lanciare un’occhiata mesta e distratta a Stefan e Caroline, seduti al loro tavolo e circondati da un enorme cuore di palloncini bianchi.
Lui le bisbiglia qualcosa all’orecchio, lei sogghigna. Sono il ritratto della gioia ed Elena non può fare a meno di sorridere.
E poi pensa al suo fidanzato perfetto. Perfetto come l’appartamento che ha trovato per loro, in quel delizioso quartiere residenziale. Un piccolo giardino, barbecue sul terrazzo, parquet di legno chiaro, una stanza in più perché chissà, forse un giorno…
Elena è così intenta a riflettere che non si accorge di essere rimasta sola al proprio tavolo.
Si guarda intorno, smarrita. La rediviva orchestra ha iniziato a suonare Time of my life e i commensali ne hanno approfittato per dileguarsi, risparmiandosi le storielle divertenti di Elijah per la torta nuziale.
“Nessuno può lasciare Baby in un angolo” dice una voce alle sue spalle.
Elena non ha bisogno di voltarsi per sapere chi ha parlato.
Si sente invadere da una sensazione ormai familiare. Paura e speranza si mescolano insieme quando cerca e ritrova gli occhi cerulei che ha inseguito per tutto il giorno. La giacca scura è sparita e Damon ha arrotolato le maniche della camicia bianca fino ai gomiti.
Sembra più rilassato rispetto a prima, ma c’è un’ombra sul suo viso, qualcosa di indefinibile che ancora persiste.
Elena abbassa lo sguardo, un po’ intimidita. Poi gli sorride.
“Attento a quello che dici. Potrei alzare l’asticella delle mie aspettative e pretendere che tu mi faccia volare sopra la tua testa come in Dirty Dancing”.
Damon alza gli occhi al cielo, come faceva tutte le volte che Elena lo costringeva a vedere quel film, ma alla fine le scocca un’occhiata divertita.
“Conosco delle mosse che nemmeno ti immagini”.
Dopo un istante di esitazione, Elena afferra la mano che lui le ha allungato con un mezzo sorriso.
Sull’affollatissima pista da ballo impiegano un po’ per trovare il giusto incastro, le dita affusolate di Damon che si scontrano con le sue prima di posarsi sui sulla stoffa leggera che le avvolge i fianchi. Lei fa scivolare le mani sulle sue spalle. Il tessuto liscio, leggermente umido, le scorre sotto i palmi aperti. Intreccia le mani dietro la sua nuca e si lascia avvolgere da quell’abbraccio.
Ora può osservarlo da vicino. I suoi occhi sono come quelli di Lily: splendidi e terribili. Ha tagliato i capelli più corti ed è ancora più bello di come lo ricordava. Oggettivamente bello, come amava definirlo, un modo distaccato per descriverlo senza dover per forza negare l’evidenza. Riconosce il suo odore buono, sente il suo respiro infrangersi leggero sulla pelle accaldata del viso.
Si sente bene, davvero bene, anche quando qualcosa si contrae al centro del suo stomaco. Una sensazione inconfondibile.
Intorno l’atmosfera è piuttosto goliardica, ma loro ondeggiano lentamente, ritrovando pian piano confidenza l’uno con l’altra.
All’improvviso, Damon la guida in un’improbabile piroetta e la attira a sé, facendola sbattere con poca grazia contro il suo petto. Ridono entrambi.
“Ok, lo ammetto, te la cavi quasi come Patrick Swayze” scherza lei.
“Nemmeno tu sei così male, Gilbert”.
 
I’ve had the time of my life
No I never felt this way before
Yes I swear it’s the truth
And I owe it all to you
 
Elena si ritrova a pensare a tutta la strada che hanno percorso insieme, uno accanto all’altra, senza riuscire mai ad incontrarsi.
Per tutto il giorno ha riflettuto su quello che avrebbe voluto dirgli.
Per tutto il giorno ha schivato una domanda che ora vorrebbe dannatamente sentirsi rivolgere.
Saprebbe esattamente cosa rispondere.
Tu.
La causa di tutto sei tu.
Ma Damon continua a stringerla in silenzio e lei non sa che forse, ora è troppo tardi.
 

 
 
***
Ciao a tutte e grazie a chiunque sia arrivata a leggere fin qui.
Per chi non mi conosce, sono Chiara e, dopo qualche tentativo precedente che non mi ha convinta del tutto, ho deciso di lanciarmi in questa nuova avventura!
Per chi mi ha già sopportata in passato, arieccomi :P
Purtroppo il tempo che posso dedicare alla scrittura si è notevolmente ridotto, ma siccome sono testarda come un mulo e credo fermamente nel potere del multitasking, ho deciso di provarci lo stesso e farlo prima di tutto per me.
Se qualcuna di voi avrà il coraggio e la pazienza di seguirmi, welcome on board!
Che ne pensate di questo prologo? Si colloca ad un certo punto della storia, dal prossimo capitolo ripartiremo da zero.
Non dico altro, solo spero vi sia piaciuto.
Un bacio a tutte <3
Chiara
 
  
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