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Autore: Draconiana99    08/05/2015    0 recensioni
Dopo una lunga pausa riaprii gli occhi, una forte luce mi accecò facendomi forzatamente voltare la testa di lato con una smorfia di sofferenza stampata nel volto.
E mentre i pensieri affondavano sulle domande del perché tutto ciò fosse successo, perché proprio a me, mi addormentai in quella fredda e inospitale, ma ormai familiare gabbia.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dopo una lunga pausa riaprii gli occhi, una forte luce mi accecò facendomi forzatamente voltare la testa di lato con una smorfia di sofferenza stampata nel volto.
“Un alieno, non c’è che dire. Le sue orrende mani che al contatto con l’acqua si palmano come papere, le pupille si rimpiccioliscono fino a sparire quando è immersa in un liquido… Un mostro direi.”
Quell’orrenda voce.. Era senza dubbio quella del re, che con un odio sconfinato nei miei confronti si rivolgeva al resto del villaggio con termini affettuosi parlando di me.
Ero ancora accasciata a terra, con le mani nella mota, il collare collegato con delle catene sorrette dal soldato dietro di me, quando la luce che fino a un momento prima mi accecata fu oscurata da un’imponente ombra. Il figlio del re rimase immobile davanti a me ad osservarmi con disgusto. Prima si mise di fronte a me inginocchiato a guardarmi più da vicino, così non esitai a rivolgergli lo sguardo. Fece un’ espressione di sorpresa, poi una smorfia, e così non esitò a scagliarmi vicino uno sputo che cadde vicino alle mie mani infangate.
Io guardai lo schifo restante a terra, senza aprire bocca.
“Che fai, ora sei pure diventata muta?”
“Smettila Christopher, sennò diventa più aggressiva del solito e ti rovina il bel viso che mamma ti ha fatto.”
Mi limitai a uno sguardo fulminante verso il re, quella sera non mi andava di spiccicare parola, ne di dimenarmi troppo.
Il re mi ricambiò con un’espressione vendicativa e di potenza.
“Soldato, la rimetta dentro, l’abbiamo fatta divertire abbastanza per oggi.”
Con uno strattone mi fece strisciare fino alla mia ‘casetta’, riattaccando le catene a una sbarra della gabbia, lasciandomi almeno la libertà di entrare o uscire a mia scelta da quell’affare.
Adesso mi trovavo più lontana dalla folla, tra il resto del villaggio e il bosco circostante.
Molti ancora mi continuavano a osservare, compreso il re, che con un’espressione di soddisfazione mi guardava da lontano sul suo enorme e lussuoso trono.
Io non accennai uno sguardo, alzandomi in piedi e entrando nella gabbia.
Quella sera come tutte le altre, avevo un’imponente rabbia che mi saliva dentro, avrei tanto voluto staccarmi da quelle enormi e orrende catene, andare in faccia al re e urlargli contro tutto l’odio che provavo verso di lui e verso tutto il villaggio.
Nelle altre occasioni mi limitavo a qualche strattone alle catene e al soldato o qualche piccolo urlo disperato, ma quella sera no, c’era qualcosa che mi bloccava, che mi teneva a bada, e mi andava di starmene da sola tranquilla.
Così, accovacciandomi in un angolino della gabbia mi sono messa a cercare di ragionare sul fatto di quanto tempo fossi imprigionata lì.
Cercai di sforzarmi. Forse erano due anni. No, uno. Dopo un po’ arrivai alla conclusione di cinque sei mesi. Solo pochi mesi dunque, circa metà anno. Eppure mi sembrava un’eternità, una vita che ero prigioniera di quell’odioso re, di quella gabbia stretta e di tutto il villaggio..
La mia mente si fissò sul ricordo di quel dannato giorno, in cui mi resi conto di che poteri possedevo, ai miei occhi insignificanti, ma a quanto pare, fondamentali per il resto del villaggio, che appena li svelò, mi condannò alla diversità e alla schiavitù.
E mentre i pensieri affondavano sulle domande del perché tutto ciò fosse successo, perché proprio a me, mi addormentai in quella fredda e inospitale, ma ormai familiare gabbia.
  
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