Troppe
volte ho guardato quegli occhi fingendo di non vedere in essi niente se
non disprezzo e rancore, mentre, dietro i miei occhi fissi e
forzatamente inespressivi, la mia anima lacrimava silenziosamente.
Guardavo quei capelli spettinati e li odiavo per quello che mi avevano
negato, e non mi capacitavo di trovarmi di fronte quegli occhi e quei
capelli nella stessa persona.
Amore e odio congiunti per sempre a testimonianza della mia codardia e
del mio terribile passato.
E ogni lacrima che verso è un urlo disperato, e l'odio che
alberga in me è l'eco di ciò che scelsi di
essere.
Arrivai a Hogwarts sperando di trovare un po' di calore per il mio
animo, ma nei sotterranei, dimora dei Serpeverde, trovai l'illusione di
possedere l'amore infinito rubando la gioia di chi amava la vita, e
quando mi resi conto di sbagliare fu troppo tardi.
Anche la mia speranza d'amore era stata rubata per sempre, ed io avevo
indicato la strada al ladro.
Piansi tutte le lacrime che avevo, e scelsi di amare a distanza, nel
silenzio, ciò che di quella speranza restava.
Quando rividi quegli occhi verdi … oh Merlino! Avrei
voluto piangere ancora, e ancora una volta non poter piangere
più. Ma il piano era più grande di ciò
che avevo immaginato e dovetti fingere di non aver più
bisogno, di non aver mai avuto bisogno, del loro timido brillare.
“Paga pegno”, pensavo fra me e me. E pagai.
Sguardi rancorosi, fiducia negata, insolenza. Ed io accettai tutto
perché sapevo che, anche se a me veniva negato, il sorriso
di quello sguardo dispensava ancora amore.
Che sciocco fui.
Un pomeriggio camminando lungo il corridoio che porta alla Sala Grande,
vidi Harry inginocchiato col volto rivolto verso il pavimento come se
cercasse qualcosa e gli chiesi:
“Ha
perso qualcosa, Signor Potter?”.
Lui alzò il viso e, fissandomi, rispose:
“Sì, ma quel che cerco io non tornerà
più”.
Avrei preferito una risposta più insolente per la quale gli
avrei fatto pulire venti calderoni, ma quella mi lasciò
spiazzato.
Harry si sollevò e mi disse: “Lei conosce una
formula magica che ci permetta di riportare alla mente i ricordi
perduti, professore?”.
Io lo guardai negli occhi e, vedendo in essi il desiderio di essere
amato, risposi: “No, ma se guardandosi allo specchio la
mattina fisserà con maggior attenzione i suoi occhi non
avrà più bisogno di cercare signor
Potter”.
Questa volta fu lui a restare senza parole. Ed io andai, lasciandolo
solo.
Non provavo più odio per quei capelli, che non erano del mio
nemico, e non provai più amore per quegli occhi che non
erano della mia amata. Provai dolcezza per Harry, per i suoi capelli,
per i suoi occhi e, perché potesse ancora a sorridere, non
mi voltai a osservare la sua sagoma che, immaginavo, diventava sempre
più piccola in lontananza.
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