[N.B.:
Durante la narrazione
si può incappare in alcuni accenni su Surana, ma anche
Aeducan o
Mahariel e Tabris, la verità è che dopo aver
finito il prologo di
ciascuna origine, non ho più potuto fare preferenze su un
singolo
Custode, per me sono tutti lì, tutti insieme ad affrontare
il mondo
ciascuno a modo suo. Scusate per il disguido.
N.B.2: Non mi
piaceva l'idea di usare “Custode GrigiA”
è deliberatamente al
maschile, mi sembrava un poco più solenne.]
Dopo
l'Unione arrivano anche i sogni.
Era
stato un sollievo udire quelle parole da Alistair stesso, davanti al
fuoco scoppiettante del piccolo accampamento, oramai mesi prima.
Si
era sentita immediatamente più sicura Ashra, incredibilmente
sollevata a differenza degli altri nuovi Custodi, ed anche se Surana
poteva intenderne facilmente il motivo, rimaneva confusa da quella
soddisfazione che danzava sulla punta della sua lingua mentre
confermava agli altri di aver sognato l'orribile orda di prole oscura
e l'Arcidemone.
Era un vero
sollievo per lei, quasi una sorta di liberazione sognare quelle
creature mostruose ma materiali invece di rischiare spiacevoli
incontri nell'Oblio con il suo
demone, il tentatore così interessato a lei e che con aria
quasi
imperiosa e solenne le aveva annunciato che la vera sfida non si
sarebbe mai conclusa, come avrebbe potuto tormentarla e corromperla
se non poteva più sibilarle nell'orecchio?
Ricordava bene come
si era sentita durante la sua prova, quando non solo aveva convinto
lo spirito del valore ad aiutarla, ma aveva anche svelato l'inganno
del demone, così forte, così viva e, tristemente,
così
piena di sé,
che soddisfazione
aveva provato e fatto provare a quella creatura?
Si era sentita
al sicuro da se stessa nel momento in cui il rituale era stato
portato a compimento, salva e protetta, ingenuamente convinta che
l'essere un Custode Grigio l'avrebbe resa definitivamente immune da
quell'orribile piaga, il pericolo costante che s'accompagnava alle
sue doti di maga, ma
il
demone era astuto, paziente e, forse, questa sua condizione l'aveva
deliziato ed annoiato al contempo, sciocca, sciocca Amell.
Quasi
un anno oramai la separava dalla sfida, da quel suo glorioso
risveglio che segnava il suo passaggio dallo stato di apprendista a
maga vera e propria, e Wynne certo non aveva mancato di farglielo
notare, domandandole come si sentiva in quel momento.
Che avrebbe
dovuto rispondere, e cosa la donna avrebbe voluto realmente sapere?
Non una parola fuori posto era uscita dalle sue labbra né
tanto
meno da quelle di Amalia, oh dolce piccola elfa, quanto le era cara e
con quale gioia l'aveva vista risvegliarsi accanto a sé dopo
l'Unione.
Non aveva detto niente a nessuno, aveva sviato ogni
ragionevole sospetto, cambiando discorso e parlando esclusivamente
con lei in via privata.
Ricordava bene quando, di ritorno dal
Circolo, l'aveva
presa in
disparte, trascinandola in una delle tante stanze del castello di
Redcliffe, raccontandole con estrema cura ciò che era
accaduto,
offrendole il suo sostegno, comprendendo poi il suo silenzio.
Lui
non poteva...
E
lei non avrebbe dovuto indugiarvi.
Non poteva concedersi una cosa
simile, che senso aveva poi? Quanto poteva esser sciocco agitarsi a
quel modo quando si trattava di un qualcosa che non avrebbe dovuto
poi tanto sfiorarla?
I racconti riguardo l'unico templare
sopravvissuto, ad
opera
dell'indelicato lord
Aeducan la dilaniavano interiormente, avrebbe voluto spaccare
il cranio a
sua
altezza e
avrebbe voluto non
essersi proposta per vegliare su Connor e Redcliffe mentre gli altri
si occupavano di Kinlock Hold.
Cosa le era passato per la testa?
Forse...
No, no.
Basta
riperterselo, basta pensarci.
E
lentamente i ricordi del Circolo per come lei lo conosceva riuscivano
a sovrastare le visioni dell'Arcidemone, le immagini di quella che
poteva essere la sua vecchia casa mentre loro marciavano su Denerim
in cerca di Genitivi opprimevano i suoi sogni, così come i
volti dei
superstiti e dei colpevoli, così come il volto di lui.
Ed
i sussurri, tutti quegli invitanti “se” prendevano
ad accarezzare
dolcemente ed in maniera suadente la sua mente.
Di
nuovo a casa, di nuovo tra quelle mura sicure, lungo i corridoi dei
piani superiori, le solite malelingue nella grande biblioteca, i
pettegolezzi più sciocchi ed ingenui, le insinuazioni su di
lei, su
di lui, su chiunque e qualsiasi cosa e, naturalmente, di nuovo lui.
Fermo nel corridoio, concentrato in quello che faceva
ed al contempo sereno, affatto minaccioso e per niente minacciato da
chissà quale spirito maligno ed oppressore.
Cullen.
Vorrebbe
chiamarlo, vorrebbe parlargli proprio come lui l'aveva invitata a
fare.
“Puoi parlare con me tutte le volte che vuoi.”
Ricordava
quelle parole come fossero state pronunciate appena qualche minuto
prima, rassicuranti ed anche cariche di quelli che
erano gli
ideali del giovane templare.
Era stata inappropriata appena
qualche istante prima, azzardando di suggerire un'udienza privata,
che le era saltato in mente? E lui era stato
gentile,
imbarazzato indubbiamente, ma pur sempre gentile.
Adesso
Ashra avrebbe voluto raggiungerlo, chiedergli aiuto, supplicarlo di
venire via con lei, di salvarsi, o forse semplicemente fare quello
che allora non aveva fatto, aprirsi con lui, lasciargli fare
ciò che
pensava fosse giusto e appropriato, farsi aiutare da lui, confessare
che quello sciocco e inopportuno tamburellare nel petto lo sentiva
anche lei.
Ed ecco infine che una più inesperta Ashra Amell,
l'Ashra fresca di Tormento raggiungeva il giovane templare, la
conversazione si ripeteva ma stavolta lei insisteva, sensuale e
tentatrice, dispettosa richiedeva la sua presenza altrove.
Il
Custode Grigio si ritrovò ad aggrottare le sopracciglia
castane, in
contrasto con la candida pelle del viso, nell'assistere a
quell'ardito scenario.
Nemmeno nei suoi sogni più roventi era
riuscita ad andare oltre quel sacro tabù, e non era forse la
perseveranza ed il senso del dovere dell'altro ad affascinarla
particolarmente? Perché spezzarlo adesso?
La risposta
macabramente si svelava mentre le labbra di quell'altra sé
andavano
a sigillarsi sulla bocca del templare, non era semplicemente
lei, ecco perché.
Piccole crepe si propagavano
dalle labbra lungo il viso
sicuramente più riposato e
vivace di quanto non fosse ora, raggiungendo le tempie, pulsando
vertiginosamente, rivelando uno strato sottocutaneo
di pelle
grigio-argentea, i capelli che parevano sfuggire alla forza di
gravità, sollevandosi e prendendo rapidamente fuoco, un
fuoco fatuo
violaceo ed impossibile.
Le vesti lasciavano spazio alla pelle
nuda e la colonna vertebrale si auto dotava di una lunga e minacciosa
appendice.
Un demone del desiderio.
Ed un demone che
rapidamente consumava il giovane uomo, visibilmente più
debilitato
da quel bacio ora vorace e quasi violento, letale.
A cosa
stava assistendo?
Doveva svegliarsi, doveva fermare
quell'essere, doveva...
Una risata divertita e familiare le riempì
le orecchie.
Un volto altrettanto conosciuto
si aggiunse a quello spettacolo che stava osservando, camminando al
fianco di quella sbagliata coppia, lanciando uno sguardo divertito e
fissando lei che di quella visione era solo uno spettatore distante.
Topo.
O meglio, come aveva imparato poi, il
demone della superbia.
Un breve inchino da parte dello spirito,
un sorriso più macabro.
-Come ho già detto, mia cara, la
vera sfida non finisce mai, ti sono mancato?-
La maga si
ritrovò a digrignare i denti senza però proferire
parola alcuna,
cercando di mantenere lo sguardo fisso sulla nuova presenza, per
quanto difficile fosse distoglierlo dal macabro spettacolo che aveva
davanti agli occhi.
-Oh, fai pure, guardalo mentre lo
prosciuga, guarda il tuo templare mentre
assapora le
gioie dell'Oblio e mette da parte te, avrei forse dovuto cederti a
quel demone dell'Ira che abbiamo sconfitto insieme?-
Quelle
parole la fecero infuriare eppure cercò
di non concedergli
nulla, non avrebbe dovuto starlo a sentire, bensì
semplicemente scacciarlo come aveva già
fatto in passato.
Stavolta la risata del demone si fece meno umana e più
demoniaca
nonché vicina, la mano che si posava sulla sua spalla.
-Certo
che no, non si danno le perle ai porci.-
Fu rapida nel
prendere le distanze, pronta a combattere con le unghie e con i denti
se necessario.
-Perché non ti mostri nella tua vera forma
demone, perché non smetti di vestire questi panni umani?-
La
sua esortazione provocò il più divertito e
maligno dei sorrisi
sulla bocca dell'altro.
-Cosicché il mio aspetto ti possa
aiutare a non darmi retta? Astuta, sfortunatamente non a sufficienza,
ma non temere, non intendo combattere né darti
più pena di quanto
tu non ne stia già provando. Piuttosto dimmi, cosa provi nel
vedere
tutto questo?-
La creatura le indicò lentamente lo
spettacolo cui l'aveva sottratta, lasciandole spazio e sistemandosi
appena poco distante da lei.
Cosa provava?
Ah negava la
risposta perfino a se stessa, come sperava il demone di poterla
ottenere?
Sbuffò con un mezzo sorriso per poi provare un immenso
disgusto nel sentire pollice ed indice dell'altro, di
“Topo” come si era fatto
chiamare la prima volta,
solleticarle la punta del mento.
-Così testarda e piena di
te, come sei deliziosa mia cara, e riesci ancora a domandarti
perché
vorrei essere nel tuo corpo.-
-Non
è affar tuo, sparisci demone, non ti offrirò mai
un lascia passare
per il mio mondo.-
Stavolta il riso dell'altro si fece più
freddo e distante.
-Non ho certo bisogno di un tuo lascia
passare, troverò in ogni caso il modo di raggiungere il
vostro
mondo, forse, però,
tu hai bisogno di me piuttosto?-
E finalmente il Custode Grigio ebbe l'occasione di smorzare
la sua tensione, abbandonandosi a sua volta ad una
risata.
-Tu non puoi darmi niente ed io non ho niente da desiderare.-
Mentre lo affermava, un ansimo
da parte del
demone del desiderio che in quella visione aveva preso il suo posto
tra le braccia di Cullen, le fece semplicemente gelare il sangue. Si
rese subito conto di stare apertamente mentendo,
del suono
tremolante che la sua voce aveva avuto nel mettere insieme quelle
poche parole, delle dita che lentamente andavano a
chiudersi a
pugno e di quel buco al petto che doleva più di mille colpi
di
freccia.
L'incarnazione della Superbia rimase in opportuno
silenzio, lasciandola crogiolare in quella rivelazione.
-Sai
che avresti potuto evitare ogni cosa, tu sei forte, tu sei in grado
di fare tutto quello che vuoi, e
sei molto meglio di
quel demone del desiderio, non è così? Puoi
lenire le sue ferite,
solo tu e nessun altro.-
Non doveva ascoltarlo, non doveva
guardare, doveva anzi lottare,
combatterlo... ma il
demone era decisamente più esperto di lei, più
saggio, più
insidioso, non poteva non rendergliene atto.
Un
battito di ciglia e si ritrovò lei stessa tra le braccia del
templare, così vicina alle sue labbra, quelle mani sul suo
corpo
così reali e salde.
-Assaggiando le tue labbra scorderebbe
le torture, saprebbe di non dover temere più i propri sogni
perché
la realtà è molto meglio. Cercherebbe solo la
tua bocca
e non cadrebbe nell'inganno del demone del desiderio, lo
avresti soltanto per te, come potrebbe mai
desiderare altro
quando sei il meglio che possa trovare?
Non hai bisogno di me per averne la conferma.-
Guardava
rapita quelle labbra, gli occhi scivolavano sull'armatura da
templare, senza mancare di indugiare su quella leggera barba
che aveva, che sensazione avrebbe provato nel
sentirla contro
la propria pelle?
-Qual'è il tuo punto, Topo?-
Sentì il demone ancor più vicino per poi
intravvederlo con
la coda dell'occhio, il sorriso sulle labbra.
-Ti
ammiro, lo sai, sei semplicemente deliziosa ed invitante, la tua
conoscenza e la consapevolezza che hai di essa, vederti infelice
nuoce a me come a te, il problema è che ciò che
brami ha assaporato
qualcosa che questo mondo non possiede, l'incarnazione del desiderio
concentra in sé ogni genere di piacere del resto, temo che
stavolta tu abbia realmente
bisogno di me se ciò che
vuoi è liberare il tuo cavaliere dall'armatura scintillante.
Io
posso spezzare la morsa invisibile che lo attanaglia e allontanare il
demone da lui, chi meglio di me del resto può
sapere come
funzionaneo queste cose?-
-Pensi di potermi soggiogare
alla tua volontà con una promessa che non manterrai?-
-Indubbiamente no, ti ho scelta per un motivo, tu puoi
controllarmi, puoi piegarmi al tuo volere e farmi fare ciò
che vuoi
senza quelle che consideri spiacevoli conseguenze, sei perfettamente
consapevole che se voglio posso trovare un modo diverso, non
è così?
Sei più forte degli altri, più
furba, non potrei mai
piegarti. E' la tua superiorità a tentarmi. Non parliamo di
noi
adesso, parliamo di lui piuttosto. Guardalo ora,
tu puoi averlo.-
Ashra si ritrovò quasi a sussultare
schiudendo le labbra nel sentire l'abbraccio del templare farsi
più
consistente, intimo in un certo senso, per la prima volta nella sua
vita si ritrovava a litigare con le proprie reazioni corporee,
sentendo i brividi ripercorrerle la schiena e le guance pizzicare.
Forse avrebbe perfino potuto baciarlo a quel punto, travolta
dall'eccitazione di quella situazione, disperata per via della
realtà, bisognosa anche di una piccola carezza.
Un bacio che
avrebbe potuto fare? Non stava stringendo un patto con il demone
né
tanto meno il demone la stava ora cedendo ad un altro, avrebbe dovuto
semplicemente trattenersi dopo, null'altro.
Un assaggio, proprio
come lui le aveva suggerito, sapeva quando fermarsi dopotutto e...
Oh ci era quasi riuscito, il suo sguardo risalì lungo il
viso
del templare solo ed esclusivamente per sondare degli occhi vitrei,
terribili, portatori di vuoto.
La maga sorrise ponendo le mani
sul petto del templare.
-Sbagli a starmi attorno, e sì,
avresti dovuto lasciarmi ad un demone dell'ira, forse ad uno del
desiderio a questo punto, sono
soltanto una sciocca,
non sono degna del tuo interesse caro Topo.-
Una
pausa, un respiro profondo, il capo che si chinava lasciando che le
morbide ciocche castane le ricadessero sul viso, un attimo e subito
si riprese.
Risollevò lo sguardo con determinazione, trovando la
forza di fare quello che fino a quel momento non era riuscita a fare,
solo poche parole fuoriuscirono
dalle sue
labbra poco prima che il suo piano si compisse.
-Mi
dispiace.-
Colpì il templare con tutta la propria forza e
con tutto ciò che poteva, nocche, magia, ginocchia, ogni
cosa, e
l'essere che fino a quel momento aveva agito come esatta copia
dell'uomo ora si esprimeva in versi innaturali, digrignando i denti,
cercando di svincolarsi dalla forma che aveva assunto per poter
reagire ai suoi attacchi e doveva fare in fretta Amell, oh se doveva
fare in fretta o non sarebbe mai riuscita nel proprio intento.
Uno
sbuffo annoiato le giunse alle orecchie, non certo proveniente da chi
la combatteva quanto piuttosto dal suo mandante che subito si
espresse con voce inumana, demoniaca.
-Basta così.-
Il
demone della Superbia ancora una volta agì in suo favore
come un
tempo aveva fatto nel tentativo
di abbindolarla, dando
il colpo di grazia a quello stesso spirito che era stato al suo
servizio, concedendole il tempo di respirare, recuperare le energie e
fissare gli occhi azzurri su di lui senza però proferire
parola
alcuna.
L'altro le sorrise, riprendendo la propria vera mostruosa
forma.
-Verrà un momento in cui cederai, oh se verrà, ed
io
sarò qui ad attenderti.-
Scossa,
sudata ma ancora padrona del proprio corpo il Custode Grigio si mise
a sedere lasciandosi investire dal buio che regnava nella tenda
divisa con Surana e Wynne.
Le ci volle del tempo prima di poter
riuscire a riprendere fiato nella maniera più cauta e
silenziosa
possibile, non volendo ricevere domande da parte delle due donne,
ritrovandosi a pensare che forse, il modo migliore per scacciare via
le orrende sensazioni che ancora la rendevano agitata, fosse quello
di
uscire e fare due passi.
Probabilmente
Mahariel era di guardia in quel momento, intenta a studiare il
mabari, o magari ad insegnare a Daeron quel che c'era da sapere sugli
Elvhen, cosa che al mattino avrebbe ribadito per Surana.
Il sol
pensiero la portò a volgere lentamente lo sguardo verso
l'amica, che
sembrava essersi fatta più vicina nel corso della notte, una
cosa
che riuscì a sollevarla e al contempo far tremare
incredibilmente.
Quante volte si era detta disposta ad ascoltare le sue paure?
Proprio
come lui. Proprio come Cullen.
Forse
avrebbe dovuto parlarle, almeno di questo, per provare insomma.
-Lo
hai sognato, non è così?-
La voce dell'altra seppur flebile
ebbe il potere di farla sussultare e quelle parole poi...
sentì gli
occhi pizzicarle, il cuore le doleva ma non aveva parole, non sarebbe
mai riuscita a spiegarle cosa era
avvenuto, cosa fosse successo.
Tornò a sdraiarsi senza dire
niente, semplicemente lottando contro quel bisogno di esplodere o di
far esplodere qualcosa per compensazione.
-Ti
ho sentita chiamare il suo nome Ashra, puoi dirmi tutto, lo
sai.-
Era semplicemente troppo eppure sapeva bene di doverlo
fare, sapeva bene di doverlo dire. Le parole avevano un certo potere
e forse per una volta avrebbero potuto aiutarla.
-Non
parlarmi più di quel templare, siamo Custodi Grigi ora, non
torneremo nel Circolo quando tutto questo sarà finito, non
lo
rivedremo e non c'è mai stato niente tra me e lui, tu questo
lo sai,
e mai ci sarà. -
Le diede immediatamente le spalle,
il cuore trafitto e le lacrime silenziose che lentamente le
prosciugavano l'anima, realizzando per la prima volta in vita sua
quanto doloroso potesse essere fare “la cosa
giusta”.