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Autore: Haifeng    09/05/2015    0 recensioni
Amore, sangue, terrore, morte,
Una storia intrigante, piena di colpi di scena che vi faranno gelare e palpitare il cuore.
Questa è la vita di una giovane ragazza, sconvolta da un semplice luogo: un bar.
Questa è la storia di una ragazza costretta ad affrontare sfide, misteri e sogni strani.
La lotta contro un amore assassino, che si nasconde dietro l'angolo.
Genere: Drammatico, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest, Triangolo
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Entrai in quel bar decadente e mi si lacerò il cuore.
Alcool, droga, azzardo: routine normale, per quei ragazzi.
Così giovani e così pieni di problemi.
Reprimono la loro tristezza nell’alcool, la loro miseria nell’azzardo, la loro voglia di pace nella droga.
Stanno mandando a puttane la loro vita.
Non sanno più chi sono.
Non riescono più a badare a se stessi, si cacciano spesso nei guai.
Tutti, con i cappucci in testa, coprono gli occhi spenti e i vari lividi.
“Benvenuta nei bassifondi”, disse uno di loro, sputando a terra.
Mi sedetti in un tavolino in fondo al locale, abbastanza appartato per non farsi notare e abbastanza strategico da osservare tutto e tutti, o quasi.
Dietro di me c’era un angolino con un sofà malridotto e, a pochi centimetri, c’era una porta, che si apriva in un intervallo tra i dieci e i trenta minuti, a seconda delle persone che vi entravano.
Decisi di non pensarci, almeno non ancora. Mi concentrai su ciò che accadeva davanti ai miei occhi.
All’inizio fu tutto calmo, fin troppo. La situazione iniziò a scaldarsi da lì a poco.
A un tavolino c’erano quattro ragazzi che giocavano a Poker e il loro montepremi non consisteva in soldi, ma in bustine contenenti diversi tipi di droghe. Sul tavolo c’erano bottiglie di Vodka e Whisky vuote: erano fin troppe per solo quattro persone, ma cosa mi aspettavo da un posto così?

Che cosa porta una bella ragazza, e presumo anche di buona famiglia, in un posto così? –disse un ragazzo, avvicinatosi abbastanza da scorgere i suoi intensi occhi blu. Era bello, lo devo ammettere. Aveva un fascino particolare, raro, misterioso; persino quando prese la sedia e si sedette bruscamente era dannatamente bello.
Cosa ti fa pensare che io sia di buona famiglia? Il fatto che non vesto sopra la cinta, oppure perché sono più lucida di tutti voi messi assieme? Non potrei essere capitata qui per sbaglio? –dissi con tono sarcastico, accennando un sorriso.
Carina questa. –sorrise. –Comunque piacere, io sono Francesco. Il figlio del proprietario. E tu sei…?
Maya. –dissi secca, senza emozioni.
Maya, Maya, Maya… –disse scuotendo la testa, –troppo intelligente per essere finita qui per sbaglio. –fece una pausa. – Ci dev’essere un motivo ben preciso, altrimenti non saresti mai entrata qui. E giuro, lo scoprirò, a costo di impiegarci tutta la mia vita.
Uhm, come mai tutta questa voglia di scoprirlo? Sei tremendamente annoiato o cosa? – dissi.
Non sono annoiato, per niente. È solo che… –si bloccò e iniziò a fissare la porta dietro di me.
È solo che…? – ripresi io. – Continua, per favore. Sono curiosa.
Niente. –disse lui, con tono freddo e distaccato. –Devo andare. È stato un vero piacere conoscerti Maya.
Rimise la sedia al suo posto e varcò la soglia della porta dietro di me.
Mentre si allontanava, notai che non era vestito come tutti i ragazzi di quel locale, con felpa e cappuccio.
Indossava una canotta nera sgualcita con uno smanicato di jeans scuro, il tutto abbinato sopra un paio di jeans stracciati e consumati. Il classico ragazzaccio descritto nei film, pensai e feci una risatina sotto i baffi.
Stetti in quel posto un’altra mezz’ora e poi me ne andai, lasciandomi dietro tutto, e con “tutto” intendevo Francesco e quella misteriosa porta. Arrivai in centro, vicino la vetrina del mio negozio preferito, Chanel, e mi sentii come se non mi fossi mai mossa.

Tornai a casa, feci una doccia e mi misi a letto. Mi addormentai facilmente e quietamente, ma il mio sonno non sarebbe stato tanto lieto.

Ero per strada, vedevo tutto, ma nessuno vedeva me.
Sangue, occhi rossi, risate malvagie e urla disperate.
Una ragazza si accasciava a terra sanguinante, con un pacchetto di Tiffany ancora tra le mani.
La guardai meglio e sobbalzai. Quella ragazza ero io.
E mi ritrovai accasciata a terra, con le guance umide e dolori acuti al ventre. Mi sforzai di ricordare qualcosa, qualsiasi cosa, ma non mi veniva nulla in mente. Il dolore mi offuscava la mente, perciò chiusi gli occhi. Quando li riaprì, non ero più sanguinante e sul pavimento di una strada; ero su un letto morbidissimo, in una camera lussuosa. Le pareti erano color crema e tutti i mobili erano di legno bianco, pregiato e laccato. I pomelli delle porte erano d’oro massiccio e la grande finestra centrale affacciava su uno splendido lago.
Sentii la porta aprirsi, lentamente, e apparve un ragazzo. Mi venne incontro e mi prese delicatamente per il girovita. Mi aprì la zip del vestito e me lo sfilò delicatamente, mentre io gli strappai bruscamente la maglia. Mi strinse a sé e iniziò a baciarmi; dalla guancia scese verso il collo, finché non ci ritrovammo uno sopra l’altro, a baciarci sempre con più forza e passione.
Ci fermammo un secondo e lo guardai dritto negli occhi: mi meravigliai, erano neri.
Mentre lo fissavo, sentii qualcosa di caldo colarmi sull’addome. Spostai lo sguardo e vidi che era sangue.
Rivolsi spaventata lo sguardo in alto, in cerca di quel ragazzo, ma non era più sopra di me. Giaceva a terra, sanguinante. Mi portai una mano alla bocca e incominciai a singhiozzare. Scesi dal letto intenta a raggiungerlo, ma più andavo avanti, più la sua figura si allontanava. Mentre correvo, iniziai a precipitare nel vuoto. Era tutto buio e percepivo la gravità che mi schiacciava.

<<Sebastian>>, dissi.

E mi svegliai, piangendo.

 

   
 
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