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Autore: Emelyee    09/05/2015    2 recensioni
Un incontro casuale tra due persone che sembrano destinate a non vedersi mai più. Ma se così non fosse? Se il fato decidesse di voler far conoscere meglio Isabella ed Edward, giusto per farsi due risate?
Genere: Comico, Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Il finto fidanzato


 

«Amore, finalmente!», stampai un bacio sulla guancia al ragazzo di fronte a me e gli feci un enorme sorriso, prendendolo sottobraccio e appoggiando la testa sulla sua spalla. Lui mi guardò con gli occhi spalancati dalla sorpresa e fece per scostarsi, ma io lo strinsi più forte. «Shh, fermo. Non sono pazza, mi serve solo un piccolo aiuto», sussurrai a denti stretti. Il suo sguardo mi diceva molto chiaramente che credeva fossi scappata da qualche ospedale psichiatrico, ma non avevo il tempo di preoccuparmene.
Quell’uomo aveva cominciato a seguirmi quando ero uscita dall’appartamento di mia cugina Alice. All’inizio non ci avevo fatto caso, troppo occupata a riflettere sulla notizia che mi aveva appena dato, ma quando il suo volto aveva iniziato a riflettersi in ogni vetrina che incontravo sulla mia strada mi ero preoccupata. Avevo provato a fingere una chiamata con mio fratello, parlando del tutto casualmente del suo prossimo “pericolosissimo incontro di boxe”, ma lui non aveva fatto una piega e aveva continuato a piantonarmi. Avevo attraversato la strada, poi l’avevo attraversata di nuovo muovendomi a zigzag tra i taxi gialli e i camioncini delle consegne, e quando mi ero voltata, convinta di averlo seminato, lui era ancora lì.
Poi avevo visto quel ragazzo e il mio corpo aveva fatto tutto da solo.
«Ma che... e tu chi diavolo sei?», disse cercando di nuovo di liberarsi dalla mia stretta. Cercai di trattenerlo, ma evidentemente lui non aveva trovato una scusa per saltare tutte le lezioni di ginnastica al liceo, perciò avrebbe vinto facilmente se non mi fossi innervosita e non gli avessi dato un piccolo schiaffo sul bicipite.
«Mi chiamo Isabella, molto piacere di conoscerti. Ora potresti collaborare, per favore?», chiesi, agitata che la mia copertura potesse saltare, visto che l’uomo era ancora alle mie spalle.
«Collaborare a cosa? Se è uno scherzo non è affatto divertente», iniziò a guardarsi attorno in cerca di indizi su ciò che stava succedendo, ma fortunatamente non cercò di liberarsi un’altra volta. Chissà, forse credeva che assecondandomi sarebbe riuscito a riportarmi all’ospedale o da qualsiasi altro luogo pensasse fossi fuggita.
«C’è un tizio che mi sta seguendo da più di mezz’ora, devi solo aiutarmi a seminarlo e poi non mi vedrai mai più. Che ne pensi?», spiegai velocemente, appoggiando di nuovo la testa sulla sua spalla con aria serena.
«E chi sarebbe questo tipo?», chiese scrutando la folla con le sopracciglia aggrottate. Tesi l’indice e indicai l’uomo con i capelli biondo spento e la pancia alla nostra destra, notando che rimaneva sempre alla stessa distanza da noi.
«Senti, mi dispiace di essere stata così impulsiva, ma ero spaventata e poi ti ho visto e ho pensato che...»
«Non importa, è tutto a posto. Ora allontaniamoci e vediamo di farti mantenere la tua promessa di sparire, Isabella». Mi parve che pronunciasse il mio nome con una punta di ironia, ma decisi di non farci caso; al suo posto, anche io avrei reagito così, se non peggio.
«Sono d’accordo», concordai annuendo. «Il mio autobus si ferma lì tra dieci minuti». Gli indicai la fermata già affollata e sorrisi radiosa, come se stessi passando dei piacevolissimi minuti in compagnia del mio adorato fidanzato.
«Oppure potresti prendere un taxi», suggerì il ragazzo.
«Hai proprio voglia di liberarti di me, vero?». Lui annuì e sorrise. Forse, se avesse sorriso un po’ più spesso, quelle adorabili fossette sulle guance si sarebbero trasformate in rughe d’espressione e non sarebbe più sembrato così dannatamente irritante.
«Naturalmente. Non è mia abitudine passeggiare a braccetto con una ragazza che non ho mai visto prima», disse, accigliandosi.
«Beh, immagina la faccia dei tuoi amici quando glielo racconterai, allora; non smetteranno più di ridere». Il mio tentativo di addolcire la sua espressione fallì miseramente. Mi dispiacque non riuscire a rallegrare il mio salvatore; in fondo lo avevo costretto ad aiutarmi e ora lo stavo trascinando per le strade della città stringendolo come se stessimo insieme da anni. Doveva essere piuttosto irritato. Portò due dita alle labbra e fischiò forte, tanto che alcuni passanti si voltarono a guardarlo allibiti, ma ottenne il risultato voluto perché un taxi si fermò di fronte a noi.
«Prego», disse aprendomi la portiera e sostenendomi con una mano mentre salivo. Quando fui seduta mi voltai verso di lui e gli concessi il primo vero sorriso da quando lo avevo incontrato.
«Grazie, davvero. Probabilmente mi hai salvato la vita».
«Già. O forse era semplicemente un tizio che doveva fare la stessa strada che stavi facendo tu. Comunque sia, addio, Isabella». Mi sorrise, chiuse la portiera e si allontanò dal taxi giallo con le mani in tasca. Solo in quel momento mi resi conto di non conoscere il suo nome.



 
  
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