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Autore: Kary91    10/05/2015    3 recensioni
[One-Shot| Haymitch&Vick Hawthorne|Missing Moment "Mockingjay"]
E poi, da quando i ragazzini erano così taciturni? Normalmente i marmocchi Hawthorne facevano un gran baccano; specie la più piccola, l’esserino petulante che chiedeva sempre di potergli toccare la barba. Vick e invece se ne stava in silenzio, fissandosi i palmi delle mani senza vederle davvero.
“Ci assomigli…” borbottò a un certo punto.“A tuo fratello. Gale” specificò, ricordandosi che c’era un altro figlio maschio fra lui e il primogenito.
“Rory gli assomiglia di più” ammise Vick, indirizzando un’occhiata meditabonda al fratello. “E anche a papà. Io, invece, ho preso dalla mamma.”
“Non è mica una brutta cosa” obiettò Haymitch, aggrottando le sopracciglia. “Tua madre sa il fatto suo.”
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Haymitch Abernathy, Rory Hawthorne, Vick Hawthorne
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'Figli del Giacimento - The Hawthorne Family.'
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Questa storia è stata scritta per l’iniziativa “Ready, Set, Prompt!” indetta dal gruppo Facebook The Capitol”. Il prompt scelto è “Una verità che fa male”.

La one-shot è ambientata durante Mockingjay, durante la spedizione di Gale, Katniss, Peeta e compagnia a Capitol City; i notiziari hanno appena trasmesso le immagini della squadra colpita dal primo baccello, annunciando la morte di Katniss, Peeta e Gale (mentre in realtà sono morti solo Mitchell e Boggs). Keynes è il nome che ho scelto per il fratellino di Haymitch scrivendo la one-shotHey, Mitch e che ho riproposto anche qui. Stessa cosa vale per Lyra, che è il nome della sua ragazza di quando era giovane.

 

He’s not coming back.

333

 

 

L’unità della famiglia Hawthorne era piuttosto piccola, se si teneva conto del numero di persone che ci vivevano.

Haymitch attraversò la stanzetta con aria accigliata, ancora turbato dalle immagini che aveva visto al televisore qualche ora prima, al Comando. Le riprese dei Pacificatori nella Capitale avevano mostrato un’esplosione di melma letale nel punto in cui si trovava la squadra speciale dei Ribelli. Al notiziario, la voce squillante di una Capitolina, ancor più irritante di quella di Effie Trinket, aveva annunciato la morte dei componenti che era riuscita a riconoscere. Katniss Everdeen, la ragazza in fiamme. Peeta Mellark, o ciò che era rimasto di lui. E ancora Boggs, Hawthorne e un pugno di addetti alle riprese, che stando ai Capitolini non erano ancora stati identificati.

 

La presunta morte del simbolo della ribellione aleggiava fra gli abitanti del Distretto 12 come un fantasma dalle fattezze indefinite. Non era stata confermata, né smentita da nessuno, al Comando, nonostante la Coin fosse certa che la squadra si fosse nascosta da qualche parte e che presto sarebbero giunte loro notizie.

Le parole del notiziario erano costellate di dubbi e incongruenze, ma c’era comunque una piccola percentuale di possibilità che fossero reali. Era una verità che faceva male, ma che doveva comunque essere tenuta in colpo.

 

Per quello, Haymitch si era recato nell’unità degli Hawthorne. Si sentiva intorpidito, svuotato da tutto, e non aveva voglia di trascorrere il suo tempo in compagnia di soldati interessati solo all’aspetto bellico della vicenda. Preferiva restare con chi, come lui, stava vivendo quelle ore nell’attesa di saperne di più al solo scopo di poter riprendere a respirare regolarmente. O a dannarsi, in caso quelle notizie fossero state confermate.

Aveva raggiunto l’unità degli Hawthorne principalmente per controllare come stesse Hazelle, e scambiarci due chiacchiere. Non aveva dimenticato la pazienza sconfinata con cui la donna si era presa cura della sua casa – e di lui – prima dei Giochi, ignorando il suo caratteraccio e la sporcizia che regnava indiscussa nella villetta.

 

Quando arrivò, tuttavia, trovò l’unità vuota; c’era solo uno dei ragazzini, seduto a gambe incrociate sul letto. Lo riconobbe come il più piccolo dei tre fratelli maschi: Vick, se non errava.

 

Cercò di attirare la sua attenzione, ma il ragazzino continuò a fissare il nulla di fronte a sé, assorto da chissà quale pensiero.

 

“Sto parlando con te” borbottò ancora il mentore, dandogli un colpetto sulla spalla.

Vick trasalì e sgranò gli occhi, sorpreso.

“Cercavo tua madre” spiegò Haymitch, guardandosi nuovamente attorno. Lo straniva trovare quell’ambiente così vuoto e silenzioso.

Vick gli sorrise debolmente, ma il suo sguardo continuò ad apparire distante: sembrava preoccupato.

“È uscita con mia sorella, ma dovrebbe tornare tra poco” spiegò, giocherellando con un lembo del lenzuolo.

 

Haymitch squadrò il bambino con aria perplessa; tra i tre figli maschi di Hazelle, lui gli era sempre sembrato quello meno musone e anche il più simpatico, per via dei suoi modi di fare pacati e disponibili. In quel momento, però, non sembrava poi così diverso dai due fratelli maggiori. Aveva perso quell’aria solare e gentile che lo caratterizzava di solito.

E poi, da quando i ragazzini erano così taciturni? Normalmente i marmocchi Hawthorne facevano un gran baccano; specie la più piccola, l’esserino petulante che chiedeva sempre di potergli toccare la barba. Vick invece se ne stava in silenzio, fissandosi i palmi delle mani senza vederle davvero.

A un certo punto suo fratello più grande, Rory, entrò all’unità e gli rivolse la parola un paio di volte, ma il minore sembrò accorgersene a stento. Sembrava in attesa di qualcosa, qualcosa che né la sua famiglia, né Haymitch sarebbero stati in grado di dargli.

Il Mentore sbuffò e si sedette di fianco al ragazzino.

 

“Ci assomigli…” borbottò a un certo punto.

Vick distolse finalmente lo sguardo dalle sue mani, per voltarsi verso di lui.

“A tuo fratello. Gale” specificò Haymitch con un movimento vago della mano, ricordandosi che c’era un altro figlio maschio fra lui e il primogenito.

Il bambino tornò a fissarsi i palmi.

“Rory gli assomiglia di più” ammise, indirizzando un’occhiata meditabonda al fratello: anche lui era fin troppo silenzioso, rispetto al solito. Si era seduto sull’altro letto e stava sistemando delle pedine su una scacchiera tutta sbeccata. “E anche a papà. Io, invece, ho preso dalla mamma” aggiunse ancora Vick, indicandosi il naso spruzzato di lentiggini.

“Non è mica una brutta cosa” obiettò Haymitch, aggrottando le sopracciglia. “Tua madre sa il fatto suo.”

Vick gli rivolse un secondo sorriso triste, prima di annuire.

 

La stanza piombò nel silenzio, interrotto solo di tanto in tanto da qualche pedone che cadeva sulla scacchiera del ragazzo di mezzo.

Dopo un paio di minuti, Rory sbuffò e buttò giù le pedine con un gesto brusco della mano. Raggiunse la porta e se la chiuse alle spalle con un tonfo, facendo trasalire Vick.

 

Haymitch borbottò qualcosa a denti stretti; quei due Gale-Hawthorne in miniatura non stavano facendo altro che alimentare il suo nervosismo. Se Hazelle non fosse rientrata entro un paio di minuti, si disse, se ne sarebbe andato. Avrebbe potuto infilarsi nelle cucine per cercare di scroccare a Sae la Zozza un po’ di alcool. Sempre che ce ne fosse, di alcool, in quella prigione mal celata che chiamavano Distretto.

 

“Non tornerà, vero?”

La voce di Vick lo sorprese all’improvviso.

Haymitch tornò a fissare il ragazzino, aggrottando perplesso le sopracciglia.

“Toh, allora ce l’hai ancora la lingua” osservò, abbozzando un sorrisetto ironico.

“Mamma non vuole parlarne, ma io le ho viste le immagini al notiziario” proseguì Vick, ignorando il suo commento. “Ho visto la foto di Gale e quella Capitolina che lo dava per morto. Non tornerà, vero?”

 

Haymitch sostenne a fatica lo sguardo insistente di Vick; una tristezza nuova velava i suoi occhi, nascosta sotto il tipico strato di determinazione presente in tutti gli Hawthorne. La determinazione di chi è alla ricerca della verità, rincuorante o dolorosa che sia. La stessa verità di cui era in attesa lui.

 

Haymitch sospirò, rimpiangendo in quel momento più che mai la mancanza della fidata bottiglia fra le mani; non era la prima volta che si trovava a dover rispondere a una domanda simile, sentendosi incapace di dare una risposta decente.

Anni prima, un ragazzino molto simile a Vick – tratti tipici del Giacimento, qualche lentiggine sul naso, lo stesso sorriso gentile - l’aveva fissato con altrettanta intensità, supplicandolo di dirgli la verità.

 

“Non tornerai, vero?” gli aveva domandato suo fratello Keynes, la sera prima della sua ultima Mietitura. Stavano parlando di cosa sarebbe successo nel caso l’indomani fosse stato estratto.

Keynes aveva dieci anni e per la prima volta da che sapeva parlare, gli aveva chiesto di essere sincero; non voleva più che ammorbidisse la realtà con qualche favola o una bugia, per farlo sentire protetto e al sicuro.

Così, Haymitch l’aveva accontentato. Gli aveva risposto che no, probabilmente non si sarebbero più visti. Gli spiegò che avrebbe lottato, ma che forse i suoi sforzi non sarebbero stati sufficienti e che se fosse andata così sarebbe toccato a lui prendersi cura della madre. Anche se la signora Abernathy non era mai stata il genere di donna che si lasciava abbattere facilmente. Era come Hazelle, viva anche quando il dolore e la paura minacciavano di ucciderla ogni volta che apriva gli occhi la mattina.

 

Era stato sincero, e alla fine era tornato. Aveva smentito se stesso e la Capitale, superando le aspettative imposte sui ragazzi del suo Distretto. Al suo ritorno, però, non aveva più trovato Keynes: suo fratello era morto prima di poterlo riabbracciare. Era morto senza aver avuto la possibilità di difendere sua madre, senza aver potuto essere l’uomo che Haymitch aveva spesso sognato che diventasse.

Keynes se ne era andato; Lyra – la sua ragazza – se ne era andata.

 

Katniss e Peeta erano stati travolti da una purulenta ondata di gel, così come il ragazzo degli Hawthorne.

E ad Haymitch non era rimasta che la bottiglia, amante incapace di deluderlo, tenuta segregata da qualche parte, a debita distanza da lui.

 

“Beh, ragazzino” esclamò infine, tornando a voltarsi verso Vick. “Ti dirò la stessa cosa che un tempo avrei dovuto rispondere a un moccioso della tua età.”

Si chinò verso di lui con fare cospiratorio.

“So che sei convinto di voler conoscere le cose esattamente come stanno” proseguì, abbassando la voce. “Magari ti senti già grande e sei stufo di farti trattare da bamboccio, ma ci sono delle verità che non vorrebbero conoscere nemmeno gli adulti.”

Vick ascoltò con fare attento, gli occhi grigi lucidi di lacrime.

“Verità che fanno male” precisò Haymitch. E che ne faranno sempre, pensò ricordando le guance di suo fratello rigate dal pianto.

“Goditi la possibilità di non sapere finché sei in tempo” aggiunse, arruffando rozzamente i capelli di Vick. “Ma se ti va di ascoltare una supposizione, ti posso dire la mia: tuo fratello non è il genere di persona che si lascia mettere fuori gioco da un po’ di melma puzzolente.”

 

Il ragazzino si asciugò gli occhi con il dorso di un pugno e annuì.

“Grazie” mormorò infine, tendendogli la mano.

Un sorriso sincero gli piegò gli angoli delle labbra, restituendo al suo volto un po’ di serenità.

Haymitch lo fissò interdetto per un po’, prima di ricambiare la stretta di mano.

“Ci assomigli per davvero” ripeté ancora una volta, distogliendo lo sguardo.

 

Non si stava riferendo al fratello del ragazzino, ma a quello di qualcun altro.

Questo, però, a Vick non lo disse mai.

 



Senza titolo 1

Note Finali.

Come già avevo accennato in Hey-Mitch, avevo in programma da un po’ di scrivere su questi due perché nella mia testa Haymitch ha sempre rivisto un po’ il fratellino nei modi di fare pacati e un po’ da sognatore di Vick. Finalmente, grazie all’iniziativa piena di prompt ispirosi di The Capitol, sono riuscita a combinare qualcosa! Io e Haymitch non andiamo molto d’accordo, nel senso che mi piace tantissimo ma non ho molta dimestichezza con lui. Spero di non averlo reso OOC -\- Di Vick, invece, si sa poco o niente, quindi ho cercato di attenermi alla caratterizzazione che gli ho dato nelle altre storie della serie “Figli del Giacimento”. In questa one-shot, però, è un po’ più cupo e ‘Hawthornoso’ del solito, complice la preoccupazione per suo fratello.

Grazie mille a chiunque passerà a leggere questa storia <3

Un abbraccio e a presto!

Laura

   
 
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