Mentre
osservava
il vociare allegro della gilda da dietro
il bancone, delle volte si chiedeva come sarebbe stato avere una vita
normale. Delle
volte, invidiava la spensieratezza dei suoi compagni, il loro semplice
vivere.
Si
ritrovava a guardarli, a osservarli, finché tuttavia,
il suo sguardo cadeva inevitabilmente su di un’asciutta
schiena, temprata dagli
allenamenti e contorniata da una lunga chioma rossa.
Mirajane
ripensava raramente al passato.
Forse
perché lo portava costantemente con sé.
Come un
pesante fardello, nascosto dietro una maschera
sorridente.
Una maschera in cui lei riusciva sempre a vedere attraverso.
Non aveva
senso. Non importava se per anni non avevano
fatto altro che litigare, lottare o prendersi a male parole; quello
sguardo,
come il sole al calar del tramonto che si tingeva di scuro, riusciva
sempre a
trapassarla.
Delle volte
le sembrava di aver vissuto due vite diverse,
i cui rintocchi erano stati scanditi dalla morte di Lisanna.
Eppure
quella schiena, quelle spalle larghe, quel fisico
tanto fortificato, che talvolta pareva così fragile, era
divenuto una costante
nella sua vita. Un appiglio a cui aggrapparsi, un rifugio contro il
mondo.
Odiava
essere debole.
Per questo
l’aveva sempre ammirata.
Era bella, era forte.
Il
contrario di lei che non riusciva a sopportare quello
straziante dolore senza trovare rifugio nell’alcool.
Lei invece
era sempre lì, sempre con la schiena ritta e
lo sguardo duro, sempre forte, tanto che col tempo Mirajane
l’aveva vista
divenire irraggiungibile.
Ma ora ne
aveva bisogno. La rivoleva indietro.
Dinanzi a
lei, tra le sue forti braccia, non c’era nulla
da cui doversi difendere, nulla da salvaguardare, nessun falso sorriso
da
mantenere.
Era uno di
quei rari momenti in cui si concedeva un po’
di conforto.
Contro quelle forme, contro quella carne, così viva,
così solida, che, ne era
certa, non sarebbe mai stata abbattuta da nessuno.
E di contro
Elsa la teneva tra le braccia, stringendo
quella persona così fragile che sarebbe bastato un eccessivo
soffio di vento
per mandarla in frantumi, ma allo stesso tempo così bella,
così gentile, così
dolce.
Era sempre
stata una persona forte, quanto lei.
Ma quando
l’aveva vista così… rotta,
così in frantumi,
aveva giurato di proteggerla per sempre.
Di
proteggere quel delicato fiore, che poi forse così
delicato non era, di schermarlo dalle intemperie del mondo.
E se
sembrava realmente che fosse Mirajane l’unica ad
aver trovato in lei un appiglio per andare avanti, Erza si trovava a
negare con
forza, perché era lei ad esser stata salvata da
quell’angelo dai capelli dai
riflessi lunari.
Erano le
sue profonde iridi blu ad averla calamitata, ad
averla attirata fuori dal baratro.
Non
importava che fosse stato tanto prima.
Era lei che
per la prima volta nella sua vita si sentiva
importante, speciale, per qualcuno. Addirittura, protetta.
Entrambe
conoscevano le debolezze dell’altra, non avevano
bisogno di fingere.
Quand’è
che tutto quello era diventato amore? Quand’è che
il semplice trovare conforto nella reciproca presenza, il bisogno, si
era
evoluto in un desiderio?
Quand’è
che avevano iniziato ad arrossire sotto il guardo
l’una dell’altra? E il loro cuore a battere
così velocemente in sua presenza?
Col tempo
era divenuta ‘casa’. Era diventata un posto a
cui tornare.
Quand’è che le sue labbra si erano posate prima
delicatamente poi con passione
crescente sulle sue?
Era
divenuta una routine ormai.
Prima di
ogni missione, che fosse facile o difficile,
semplice o complessa, da sola o in gruppo, Erza passava a salutarla,
rifugiandosi nei locali sul retro dove nessuno poteva anche solo
scorgerle.
La
stringeva dolcemente a sé, per poi baciarla con
trasporto.
Non era mai
stato un bacio veloce, fugace, uno dei tipici
baci degli innamorati per augurarsi una buona giornata.
Era sempre
una cosa importante; un qualcosa che Mirajane
non aveva mai compreso fino in fondo, ma a cui era ben felice di
prestarsi.
Poi quelle
parole, pronunciate sempre con un sorriso
sulle labbra, un sorriso concesso solo a lei –
Sayonara, Mira
–
Arrivederci,
Mira.
Era sempre
stato così. Era sempre stato un
‘arrivederci’.
O forse era
semplicemente stato il sogno di una farfalla.
Il vento
ululava forte quel giorno, insinuandosi tra gli
stipiti di porte e finestre.
A ciò andava aggiunta anche la pioggia scrosciante che
batteva a ondate contro
i vetri ormai fradici.
Non era un evento atmosferico normale, però, ed Erza stava
assicurando gli
ultimi lacci della sua armatura; la missione di grado S
l’attendeva.
Mirajane
era lì ad aspettarla, come sempre, e alla
ragazza in armatura si scaldò il cuore al solo vederla.
- Mi
raccomando stai attenta –
Erza
sorrise, forse un po’ troppo esasperata, ma poi
assunse un’aria seria e compita al vedere
l’occhiata assassina che la demone le
stava rivolgendo.
- Mira,
stai tranquilla.
Ti
proteggerò a ogni costo –
- Non devi
proteggere me, ma te stessa – era stata la
replica, mentre una morsa le stringeva lo stomaco, dopo un attimo.
Poi lo
sguardo di Erza era tornato inaspettatamente grave
– Sayonara, Mira – e la donna dai capelli argentei
aveva sorriso.
Erza non
aveva mai voluto perdere la possibilità di dire
addio alla persona che amava.
Soprattutto se fosse stato per sempre. Era ben consapevole che,
nonostante
tutta la magia e le armature possibili, erano pur sempre umani.
C’era sempre
qualcosa che poteva andare storto in una missione, un imprevisto non
calcolato.
Sapeva bene che il mondo non era così benevolo come la gente
credeva.
Volse lo
sguardo verso il cielo ancora coperto, la
pioggia che tintinnava pesante sul suo volto e alzò
faticosamente un braccio
verso il cielo.
Tastò
il sapore ferroso del suo stesso sangue – Mi.. ra..
-
Poi,
il buio.
Mirajane
lasciò correre lo sguardo sulle arcate imponenti
e finemente rifinite dell’imponente chiesa di Fiore, per poi
passare oltre.
Il cielo
era terso e il forte vento che le faceva
ondeggiare la lunga chioma lo manteneva sgombro da nuvole. Addirittura
si
alzavano dei mulinelli di petali multicolore, che si rincorrevano tra i
tanti
blocchi marmorei.
Alcuni
spogli, altri ricchi di fronzoli.
Per la
Strauss era divenuto un luogo fin troppo familiare,
fin troppo doloroso.
Si fece
strada tra i piccoli sentieri di erba e ghiaia
che costeggiavano le immobili e immacolate lastre, fino a raggiungere
il posto
che desiderava.
I suoi
occhi ripercorrevano ogni volta quella scritta,
come a volerla rimarcare sempre più a fondo, come per
convincersi che non fosse
solo un sogno, da cui, in realtà, si era appena svegliata.
Che cosa
aveva fatto di male per meritarsi tutto quello?
Avrebbe
voluto nascere in una famiglia normale, e
crescere come una ragazza normale, e poi incontrare un ragazzo normale
e
diventare amici normalmente… Voleva innamorarsi in quel modo.
Vivere una
vita semplice. Pure senza magia.
E invece
era nata in una famiglia di maghi, era cresciuta
in una gilda di maghi, e aveva lasciato morire sua sorella e
così la ragazza
dai capelli scarlatti di cui si era innamorata.
Guardò
ancora una volta il suo nome spiccare sulla lapide
biancastra. Ormai non aveva più lacrime da piangere.
Quel giorno
mi dicesti – Sayonara
– e io attesi con speranza il tuo ritorno.
Ma avevo
dimenticato, si disse, mentre il vento infuriava.
Che Sayonara
significa
anche Addio.
-------------------------Angolino
dell’autore!
Questa fic, come avete già letto, è stata scritta
per il FT crack contest
indetto da Rhys89 sul forum di efp. Spero che rispetti tutti i canoni
da lei
previsti, ma anche se così non fosse, finalmente ho ricevuto
lo spunto per
buttare giù qualcosa su questa coppia che io adoro (anche se
mi piace
ugualmente la gerza (ma ce ne sono già troppe in questo
fandom..! xD)).
Lo
ammetto, più la leggo, meno
ne son convinta, ma era quello che avevo in mente, quindi non posso
recriminare
più di tanto.
Riguardo
al termine sayonara,
i puristi saranno felici di sapere che prima della storia ne ho
effettivamente
controllato significato, storia, ecc, e che NON
centra molto poco, con
quello che mi son permessa di usare, ma credo che la maggior parte di
noi abbia
sempre creduto che significasse semplicemente addio/arrivederci.
Prendetela come una licenza poetica..!
Spero
soprattutto che i
personaggi non siano OOC, soprattutto Erza. Invece per Mirajane ne ho
sempre
avuto questa visione triste, che nasconda il suo dolore dietro i suoi
sorrisi e
credo che ci siano alcuni momenti nel manga che me ne diano conferma.
Per
il resto è un what if
perché avviene prima dell’inizio del manga
(più o meno dopo la morte di Lisanna)
e soprattutto perché Erza muore. xD
In
finale, aggiungo solo che
ho avuto la possibilità di scrivere la fic
all’esatto contrario, cioè in uno
dei momenti più felici di una coppia, ma invece no, ho
scelto di essere
deprimente. Evviva! =_=
Cmq,
critiche e recensioni
sono ben accette :)