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Autore: G RAFFA uwetta    11/05/2015    1 recensioni
Dal testo: "Una figura si staglia nel chiarore della pietra illuminata da mille sfacettature. Il lungo manto nero la ricopre mentre i bagliori del lago percorrono il tessuto ricamando le galassie infinite della volta celeste/ ... Il tempo è ormai prossimo. I due Soli hanno cominciato la danza d'amore fondendosi in un unico corpo mentre la Luna, gelosa di tanta bellezza, scaglia il suo dardo trafiggendoli."
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Shimw il Profeta

Il cielo limpido si acciglia ad est, leggere nubi come fiori di cotone si sfilacciano alla soglia della Guglia di Phann.

La vegetazione si erge a ridosso della strada maestra: alti guerrieri a protezione del lungo processo di anime recante doni e grondanti richieste. Il corteo si allinea lento calpestando la selce che riluce come i topazzi grezzi della Valle Kumku. Vesti marroni giocano con calzari di pelle, manti lucenti respirano alla brezza che scende sinuosa dall'alto monte dove vigilano i due Soli ormai adiacenti.

Una sottile linea spezza l'unione mentre una fitta ragnatela di raggi infuocati si discordano tra loro. La Luna scarlatta risale lungo la vetta come un dardo proteso la cui punta trafiggerà l'incauto guerriero.

Le scritture dicono che il giorno in cui i Soli smetteranno di brillare regnerà il Caos generato dalla Luna Rossa scatenando forze tali da impallidire il regno dei Padri.

A cornice del buio antro, vili mani hanno innalzato una facciata fiabesca ricca di colonne intarsiate, cariatidi di creature fantastiche sovrapposti su strati, rilucenti di fuochi perenni. La lunga scalinata che lo precede è interamente cesellata nella viva roccia, pietra nera e dura dal sapore antico, calda e accogliente sotto il dominio dei Soli. Un piccolo rigagnolo alimenta le varie fontanelle in sbuffi danzanti che borbottano verso il cielo, i loro fondali risplendono come pigre lucciole in una serata afosa.

Tutt'intorno è il silenzio, solo l'allegro ciarlare delle acque e il frinire delle foglie osa incensare quel vuoto che nessun essere vivente ha l'audacia di corrompere.

Oltre la soglia staziona un corridoio oscuro, un'anticamera del Purgatorio completamente immersa nel nulla. I sospiri del vento porgono domande e gli occhi ciechi dei peccatori rimembrano in sinuose e lattigginose figure le mancanze perpetrate. Nulla li prepara all'abbagliante splendore con cui li accoglie la grande Cava del Tamjoham completamente rivestita d'oro.

Le altisime pareti sono levigate in un elaborato disegno atto a riflettere l'unica fonte di luce che, come un strale, si catapulta sul terreno vomitato dal lungo canale al centro della volta. L'ambiente, perfettamente circolore, risulta disadorno lungo le scintillanti pareti interrotte solo dalle uscite; due ceste di vimini poste ai lati del portone fungono da pozzo per gli oboli. Elaborate scritte percorrono lo stipite come monito per l'avventuriero.

Il sentiero biforca seguendo il pianale su cui è appoggiato l'altare. Verzura rara ed esotica ricrea un eden che cinge un laghetto dalle acque cristalline e profumate al cui centro si leva una pietra viola, dono scagliato dai Padri sulla Terra. Passerelle di legno sovrastano il liquido tiepido e la tengono collegata al marmo nero dell'altare che gira tutt'intorno. Bracieri di rame puro sono posti sulle punte dell'Esalfa; una cornice ricrea due triangoli all'interno del pianale a simboleggiare l'unione cosmica di due entità.

Una figura si staglia nel chiarore della pietra illuminata da mille sfacettature. Il lungo manto nero la ricopre mentre i bagliori del lago percorrono il tessuto ricamando le galassie infinite della volta celeste.

Al centro di ogni passerella un bianco e ignudo eunuco regge il Calice Divino contenente una diversa mistura preparatoria; la scelta di tale bevanda segnerà l'esito della profezia.

Uno schianto poderoso spezza il silenzioso mormorio dell'antro sacro. Pesanti porte scorrono lente lungo binari invisibili, vestali coperte da velli d'oro incoraggiano gli ultimi umani a lasciare il luogo.

Il tempo è ormai prossimo. I due Soli hanno cominciato la danza d'amore fondendosi in un unico corpo mentre la Luna, gelosa di tanta bellezza, scaglia il suo dardo trafiggendoli.

Con l'avanzare delle tenebre si affievolisce il fulgore dei riflessi, la pietra languisce e denuda i solchi scavati dalle carni del Profeta.

Quest'ultimo infatti, per essere tale, veniva inchiodato alla parete rovente e lasciato ad appassire per tempi indefiniti affinchè ne assorbisse le capacità. Solo lo Shamayim più meritevole ne era degno; il corpo purificato nasceva a nuova vita e il nome veniva inciso con colate d'oro e polvere diamantata sulla fronte.

Shimw, il verbo impresso, lascia che il tessuto pesante scivoli dalle gracili spalle e si acquieti ai suoi piedi in un morbido tonfo. Braccia scarne inerti sulla tunica carminia che accentua l'incarnato cereo, capelli ispidi accarezzano ribelli le gote, labbra esangui calpestate dal dolore, per occhi due voragini ingurgitate dal nulla, la pelle rugosa e secolare.

Gli eunuchi dal candore albino si inginocchiano alzando i calici con le efebe braccia.

Nella quasi totale oscurità i corrotti Sacerdoti, agghindati nella loro fastosa obesità, prendono posto lungo le pareti estraendo da nicchie nascoste degli scanni in legno pregiato.

Shimw, circondato dalla natura, cade genuflesso sulla fresca erbetta ai piedi della congiunzione delle passerele; vestali dai lunghi capelli ramati porgono i Calici Divini per la consueta cernita. Un leggero ansito del terreno fa ondeggiare gli assiti sospesi causando la fuoriuscita del prezioso liquido che si riversa sul volto proteso del Profeta. Le vestali, timorose per l'evento insolito, si ritirano velocemente lasciando la grotta al suo funesto destino.

Il viso umido di Shimw si deforma in una grottesca maschera di dolore. Contrae le dita schelettriche sul prato falciato di fresco strappandone ciocche di un verde intenso. I muscoli si tendono in scosse epilettiche sballottando la testa come un sacco vuoto. I dentri digrignano furiosi il malcontento masticando incomprensibili parole.

La terra sottostante gorgoglia mentre bolle di vapore denso scoppiettano sulle acque del laghetto.

Improvvisamente cala la notte, al centro il grande monolito pulsa imbizzarrito seguendo il ritmo galoppante del terreno. L'uomo a terra viene mosso da fili invisibili finchè tutto sembra tacere.

Un dolore sordo pulsa dietro gli occhi ciechi. Le ossa scricchiolano nel tentativo di contenere avvinghiati i muscoli. Il petto sobbalza alle stille di sofferenza che giungono inarrestabili. La bocca spalancata urla mute parole graffiando la gola riempiendola di umori ferrosi.

La mente drogata dal miscuglio di pozioni con uno strappo si stacca dalla realtà, si spoglia di tutte le iniquità terrene per vestire drappi canditi. Si avvolge di bianco splendore spaziando nell'immenso infinito, attraversando portali a spirali fluttuando in onde sinuose, catapultandosi in arabesche linee girovagando per galassie intonse, si tuffa in colori accecanti lasciando che le onde scivolino tra le dita come la sabbia per la clessidra.

La mulinante corsa si arresta alla foce della Vita: trasparenti acque smeraldine alimentano l'Oceano della Conoscenza in vorticose lingue di fuoco; l'aria satura gronda il Sapere in scintillanti gocce di rugiada; il fertile terreno germoglia pistilli di Saggezza; alacri volatili spargono i semi del Destino. In quel turbinare di colori un sol pensiero si condensa, si concretizza e si solidifica fino a divenire suono armonioso salmodiato da cori angelici.

La mente ritira la sua brama con inciso sulla lingua la melodia celestiale.

Nel buio più totale dal camino della volta si affaccia il carminio raggio lunare. L'aria spettrale si colora di sangue colpendo la pietra e scuotendola.

Il Profeta stancamente si eleva e, in un unico spasmo, elemosina la voce.

Nel dì che fu un dio cessò. Discese e visse tra i mortali. Di fronte alla meschinità ordì ai soli: fondetevi e alla luna: trafiggili. Creò il buio e il castigo si abbattè violento: mari infuocati baceranno le golose terre, fumi densi cadranno come pietre dai cieli, tremori e fenditure inghiottiranno gli stolti.

La voce rugosa di Shimw si spegne insieme alla morente pietra.

La debole luce rossastra danza sui muri d'oro rivelando i visi dei pasciutti Sacerdoti, gonfi uomini dediti al vizio. I visi rubicondi esprimono perplessità ed ignoranza, attendono confusi che il Profeta spieghi il significato e cosa in cambio vuole l'Oracolo.

Shimw dall'alto della sua posizione osserva compiaciuto il seme del dubbio serpeggiare tra gli stolti. Indietreggia verso il monolito combaciando il corpo alle gemelle fenditure.

Fumi tossici hanno prosciugato le acque del laghetto e infestato l'aria avvolgendo gli ignari corpi degli eunuchi facendoli vacillare come steli di grano piegati dalla brezza notturna. Mormorii spaventati si rincorrono mentre i primi vagiti scuotono la roccia. Crepe sgretolano l'intonaco dorato che piove come grandine. Vapori acquosi aprono feritoie, lame incandescenti frustano l'aria. Boati accompagnano la paura che dilaga tra le membra flaccide.

Al centro, immerso in una nuvola cardinalizia, il monolita sussulta sospinto dai ruggiti della cava.

Gli assiti di legno si sfaldano portando con se i corpi senza vita dei giovani uomini, in un turbinio di polvere il sottosuolo li inghiotte, li annega in quel mare di fuoco che lento ed inesorabile lambisce ormai il terreno. Urla animalesche sovrastano i tonfi dei massi che precipitano dal soffitto, anime in pena agitate come formiche spogliate del nido.

Shimw ammira l'imminente devastazione aggrappato alla culla che lo rese uno Shamayim.

Il gorgoglio dei tuoni cresce d'intensità accompagnato dal galoppo delle roccie frantumate.

Con un'assordante esplosione la pressione degli elementi libera la furia scagliando il monolito attraverso il camino della volta, ruggendo e dimenandosi sfiata dalla vetta seguito da un turbine di stelle cadenti.

Il cielo in penombra accoglie lo straordinario spettacolo mentre il monte lacrima schiuma densa ed incandescente. Dopo ore interminabili il terreno si acquietà. Un silenzio surreale cala tra le bruciacchiate fronde.

L'ira del Dio è scemata.

Un paesaggio fumante e desolato appare al dissidio dei Soli, la Luna mortificata si ritira nelle ombre dietro le alture all'orizzonte.

Tra le macerie del monolito si alza dolorante Shimw; scagliata a metri di distanza la roccia ha attutito il colpo lasciandolo leggermente stordito. Alza il volto verso l'alto lasciandosi accarezzare dall'aria tersa, i tratti del viso illuminati dal calore. La pelle memore si arrossa di felicità per la ritrovata libertà.

Con dita tremanti cerca nella sterpaglia un forte ramo nodoso. Si appoggia pesantemente consapevole che il corpo è vecchio, consumato dall'ingordigia umana. Costretto a vivere incatenato tra due mondi l'essenza si è disciolta lasciandolo un guscio vuoto.

Volge le spalle all'unica vita che ha conosciuto, forte di un carattere indomabile, si staglia verso l'orizzonte.

Una macchia scura sul Sole nascente.

 

   
 
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