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Autore: frejhejt    11/05/2015    0 recensioni
Kessidy non era mai stata superstiziosa, né ha mai amato particolarmente storie su creature soprannaturali. Viveva la sua vita giorno per giorno, senza mai lamentarsi né aspettarsi qualcosa di meglio. Era felice di ciò che aveva. Ma il destino a volte tira brutti scherzi, facendoti capire di essere destinata a ben altro e tu non puoi che essere trascinata nel vortice di eventi terrificanti che ormai sono diventati la tua vita.
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era notte fonda, le tre inoltrate. Le nuvole coprivano le stelle e l'unica fonte di luce proveniva dalla luna piena, ma persino quella era coperta dalle nuvole. Quella notte era insolitamente buia persino per gli standard del minuscolo paesino nascosto dalle nuvole nella parte più dispersa del Minnesota, Big Falls. Quella notte Kessidy stava tornando a casa da sola, neanche la musica a farle da compagnia come faceva di solito. Il telefono le era morto a metà serata, suo padre infatti doveva aver già chiamato il Poligono a quest'ora alla ricerca della sua figliola dispersa. Da quando sua madre era misteriosamente scomparsa, il padre era diventato praticamente ossessionato dalla sicurezza della figlia. Il fatto della preoccupazione eccessiva del padre dava parecchio fastidio a Kessidy ma era comunque suo padre, sua moglie era scomparsa e mai più ritrovata, quindi era più che comprensibile e Kessidy cercava di non dare al padre occasioni per guadagnarsi un infarto. Era completamente consapevole del fatto che si sarebbe dovuta sorbire una ramanzina appena varcata la soglia di casa, magari il padre le avrebbe anche proibito di uscire per un giorno o due, ma insomma, era abituata. 
Il fresco venticello scompigliava i capelli biondi e lunghi di Kessidy rinfrescando la sua nuca imperlata di sudore e la ragazza rallentò il passo, godendo di quel silenzio rilassante che concludeva benissimo quella serata. La strada era deserta, neanche una macchina in vista, ma la cosa non era tanto strana per Big Falls. Era praticamente un villaggio, più che una città. Poteva infatti vantare di una cifra spaventosa della popolazione, 236 persone abitavano quel piccolo pezzo di terra dimenticato. L'unica cosa per la quale era famosa era il panorama, le numerose cascate (da qui il nome della città), e i campi sconfinati. La città era appunto sommersa dall'acqua, dal verde e dalle nuvole. In quella città non sarebbe mai cambiato nulla, era così all'epoca del nonno di Kessidy ed era la stessa adesso. Non c'era mai nulla di nuovo. Si conoscevano tutti, quelli che abitavano lì erano persone che avevano generazioni di antenati vissuti lì. Si cresceva in comunità, il che non era mai dispiaciuto a Kessidy. Non era come tutte le sue coetanee che sognavano di darsela a gambe e lasciare Big Falls appena ne avrebbero avuto l'occasione. A lei non dispiaceva affatto quel villaggio, lo amava, in effetti. Non si immaginava una vita fuori da quel posto. La sua vita era già programmata. Probabilmente avrebbe sposato William, quel ragazzo con cui era amica da piccola, avevano un mese di differenza, e pian piano la loro amicizia si era evoluta in qualcosa di più, nonostante i due non avessero mai mostrato all'altro più affetto del dovuto, più affetto di quanto dovrebbe esserci tra due semplici migliori amici. Bene ecco, un bel giorno uno dei due si sarebbe dichiarato e dopo qualche mese si sarebbero sposati e poco dopo sarebbero arrivati i figli, un maschio seguito da una femmina. Magari avrebbero anche comprato quella casa al confine della città che Kessidy amava tanto. La sua vita sarebbe andata bene, era felice di quel piano. Era felice di pensare che avrebbe visto gli occhi verdi di William ogni mattina prima di andare al lavoro, era felice anche se sapeva che la sua vita era già stabilita, non trovava niente di male nella stabilità e sicurezza nel suo futuro. Svoltò l'angolo e si ritrovò a cento metri da casa proprio mentre pensava agli occhi verdi di William che conosceva come le proprio tasche. Quegli occhi famigliari che le davano quel senso di sicurezza e protezione che tanto le mancava. Fu quasi arrivata a casa quando sentì degli schiamazzi nel vicolo sulla sua destra e subito dopo dei passi che si avvicinavano. Per un motivo ancora sconosciuto a Kessidy, affrettò il passo. In teoria non succedeva mai nulla in quel paesino, in pratica non sarebbe mai successo nulla. Quel posto era tutt'altro che pericoloso. Ma i campanelli d'allarme scattarono comunque, facendole aizzare le orecchie per qualsiasi suono che potessero caprate. Passato qualche secondo sentì una voce famigliare chiamare il suo nome. Si girò e a pochi passi di distanza vide il volto di Jake illuminato da un lampione, il suo "ex". Si reggeva a malapena in piedi e la puzza di alcol riempiva l'aria che c'era tra di loro. 

-Kessy, piccola, dove vai così tardi da sola? - la sua voce era schifosa e il disgusto era scritto chiaramente sul viso di Kessidy. 

-Non credo siano affari tuoi, torna pure dagli amici tuoi. - disse girando sui tacchi e accelerando il passo verso casa sua. La compagnia di Jake non era una delle più gradevoli. 

-Hey hey hey, dove pensi di andare? - Jake le fu subito dietro e la afferrò per un braccio, più per mantenere l'equilibrio e non cadere a terra che per trattenerla ma la sua stretta era comunque salda e forte. 

-Lasciami andare, Jake. - Kessidy sputò il suo nome come se fosse una bestemmia, ci mise dentro tutto l'odio e il disgusto che provava per quella creatura sgradevole. 

-Secondo me, mi devi qualcosa dall'ultima volta che siamo stati così vicini. - dichiarò Jake e sul suo volto comparve un sorriso malizioso. 

-Io non ti devo un bel niente! Levati o sarò costretta a... 

-A cosa? Cosa vorresti fare, sentiamo? - la interruppe lui e lei rimase zitta mentre lui godeva della situazione che si era creata e quasi scoppiava di ilarità. In effetti, cosa sarebbe stata capace di fare? Il panico si impadronì di lei e la immobilizzò completamente. 

-Per esempio chiamare il suo ragazzo e lui si che potrebbe farti pentire di averla toccata anche solo con un dito. - esordì una voce sconosciuta e sicura di sé alle loro spalle. Entrambi si girarono nella direzione da dove proveniva la voce ma non c'era che buio. 

-Chi cazzo sei? - urlò Jake al nulla. Si udirono dei passi e alla luce del lampione uscì un ragazzo. Era alto e i suoi capelli neri come la notte. Era vestito di nero e portava occhiali da sole totalmente neri. Si sarebbe mimetizzato perfettamente con la notte se non fosse stato per la carnagione. Quella era bianca, sembrava quasi si illuminasse alla luce del lampione e saltava subito agli occhi. Sembrava essere uscito da uno di quei film vecchi in bianco e nero che tanto amava Kessidy. Jake assottigliò gli occhi e ripeté: - Ho detto, chi cazzo sei? 

-Stai toccando la mia ragazza, vorrei davvero tanto saperne il motivo. - disse il ragazzo ignorando del tutto la domanda di Jake. 

-La tua ragazza? - ripeté incredulo con la voce impastata dall'alcol. Si girò verso Kessidy con la sorpresa dipinta sul volto, sembrava quasi più sobrio ora. La ragazza si strinse nelle spalle non sapendo cosa dire. Era la prima volta in vita sua che vedeva quel ragazzo ma decise di fidarsi di lui, in fondo, cos'altro le rimaneva? 

-Beh? Sto aspettando una risposta. E ti avverto che odio aspettare. - la voce dello sconosciuto spaventò persino Kessidy, inutile dire che Jake era praticamente terrorizzato. Lasciò all'istante il braccio della ragazza e senza dire una parola se la diede a gambe, tornando di corsa nel vicolo dal quale era venuto. Kessidy restò immobile a fissare lo sconosciuto, quasi in trance. Quest'ultimo si mosse verso di lei con tanta eleganza che parve quasi volare. Quando fu a due passi da lei la guardò negli occhi e sul suo volto spuntò un sorriso che ispirava tutt'altro che simpatia. Non era quel genere di sorriso che ti fa sciogliere tutte le ossa che hai nel corpo e trasformarti in un mucchio di cuoricini. Era quel genere di sorriso che ti fa accapponare la pelle, quel genere di sorriso che quando lo vedi la prima cosa che pensi di fare è scappare. Ma Kessidy non lo fece. Rimase immobile e fissarlo, ancora in trance. 

-Beh, la mia ragazza ha un nome? - la sua voce non era una voce da bravo ragazzo. Era quella di un ragazzo sicuro di sé, un ragazzo che sa di poterti rubare e spezzare il cuore già al primo appuntamento. Kessidy rimase zitta. Lui alzò un sopracciglio che spuntò al di sopra degli occhiali neri. Anche il sopracciglio era nero come le piume del corvo, contro la sua pelle immacolata sembrava una macchia d'inchiostro ben definita su un foglio di carta. In effetti sembrava una macchia d'inchiostro, si, ma appena disegnata da un'artista che ci sapeva davvero fare. 

- Okaaay allora facciamo così. - il ragazzo porse il braccio a Kessidy - io mi chiamo Aaron. - la ragazza gli strinse il braccio automaticamente e appena la sua pelle venne a contatto con la sua, sentì come se una scarica elettrica le percorresse tutto il corpo risvegliandola dal trance in cui sembrava trovarsi. 

-Kessidy. - disse lei prima di rendersi conto dello sbaglio che aveva fatto. Dopo avergli lasciato la mano girò suo tacchi a scappò verso casa sua. Fece il giro della casa ed entrò dal retro. Si sentì al sicuro solo quando sentì il clic famigliare che produsse la porta una volta chiusa alle sue spalle. Non fece in tempo a far uscire un sospiro di sollievo che vide la luce accendersi nel corridoio e suo padre apparire all'uscita dal salone con un espressione rabbiosa sul volto. La serata non era ancora finita. 

   
 
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