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Autore: EliseBoydTurner    11/05/2015    1 recensioni
Poi, che Ronald Radke fosse un figlio di puttana lo sappiamo tutti dall'alba dei tempi, da quando è venuto al mondo e l'hanno catalogato subito come figlio di satana.
Ma questo, oh, questo.
Non me lo sarei mai aspettato, nemmeno dal figlio di satana.

Mannie (Max/Ronnie)
Walks' back bitches.
Genere: Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Max Green, Quasi tutti, Ronnie Radke
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: questi fatti non sono accaduti veramente, i personaggi in questione non sono di mia proprietà, y'know, mai successo, vbb ciau.

Bitch-ie

-Che cazzo stai facendo?
Era la prima frase dopo anni di silezio. Tempo in cui, per altro, mi ero immaginato tutto fuorchè questo. Mi aspettavo qualcosa di più romantico: una riconciliazione pacifica, un caffè, qualsiasi cosa. Ronnie Radke, poi, effettivamente non aveva mai bevuto il caffè. Negli anni di convivenza non ero mai nemmeno stato sicuro che bevesse analcolici, ma andava bene così. Finchè era il suo sorriso a svegliarmi, andava bene così.
Cos'era cambiato da allora?
L'avevo visto l'ultima volta quando era uscito di prigione. Non avevamo più il rapporto che c'era sempre stato e questa cosa mi obbligava moralmente a fare qualcosa, qualcosa di inaspettato. Mi ero presentato sotto casa sua, nonostante inizialmente fossi vagamente scettico al rivederlo e pensassi più che altro a mandargli un messaggio, una email, qualcosa di terribilmente distaccato. Il tutto ovviamente prima che mi prendesse una sbronza che, mentre dopo un concerto Craig, l'unico sobrio, stava riaccompagnando a casa le altre teste di cazzo, mi ha fatto decidere di farmi mollare a otto km a piedi circa dal mio appartamento solitario con le luci soffuse e la puzza di ascelle sudate che arriva fino al camino.
E' stato allora che, tra un rutto e l'altro, mi è balzata in mente quell'idea a dir poco tremenda di presentarmi sotto la reggia Radke, per altro a mani nude. Avrei voluto portargli una birra, un regalo di ben tornato, ma ero stato anche troppo spavaldo a venire lì ubriaco e quel "a mani nude" avrebbe solo peggiorato le cose.
Consapevole di ciò, feci tre passi scoordinati nella neve di Vegas, mentre l'acqua iniziava a formarsi cautamente dentro le vans all black. Mi stavo avvicinando silenziosamente alla porta quando un giovane amstaff nero mi vide in lontananza e mi corse incontro. Strano, non ricordavo nemmeno che Ronnie avesse cani, o almeno finchè stava con me.
Quello stronzo mi abbaiò addosso, per fortuna una lunga catena gli circondava il collo, così, mentre svegliava il vicinato, mentre quel piccolo bastardo aveva tutta la mia attenzione, poco vicino a lui si aprì una porta.
-Charlie?
Realizzai di aver barcollato un po' troppo. La porta di casa era totalmente a sinistra.
Charlie, il cane, abbozzò un espressione cordiale nei confronti di Ronnie, che probabilmente vidi per la mia situazione mentale di allora, che tuttavia cambiò una volta tornato a fissarmi, abbaiando e ringhiando, facendo uscire tanta saliva spumosa dalle fauci.
Ronnie era vagamente cambiato. Era più muscoloso, più tatuato e più grosso. Si era tagliato i capelli. Non era truccato, e quanto mi vide scoppiò a ridere, forzando il cane a rientrare nella cuccia.
-Hai sempre avuto paura dei cani, mh?
Non risposi -che era un sì lui lo sapeva-, indietreggiai di qualche centimetro ancora scombussolato. Non riuscivo a parlare, ero nervoso.
Lui, tutto il contrario, mi venne incontro quasi noncurante di tutto quello che avevamo passato insieme. Come se nel primo incontro di due ex amanti che si rivedono anni dopo la rottura non ci dovesse essere alcun imbarazzo.
-Ciao Maxie- disse una volta che fu a un metro scarso da me -Cosa ci fai qui?
Tentai di sorridergli di rimando, ma la luna rifletteva su di lui illuminando il mezzo sorriso da furfante da Radke, quello tipico, quello che un tempo faceva guardandomi dopo aver fatto l'amore:-Ciao, Ron...
Ero terribilmente a disagio e la cosa non migliorò quando mi chiese perchè alle tre di notte fossi venuto sotto casa sua, e non lo fece ulteriormente quando effettivamente si fece anche due domande su come sapessi dove fosse la sua nuova casa.
-Non lo so...-risposi, guardandomi intorno vago.
-Senti- era visibilmente scocciato dal mio silenzio e dal buio -qui non è granchè parlare, ti va di salire?

Casa Radke era poco più piccola di quanto sembrasse da fuori. Certo, per un solo, grosso pesce era anche troppo, ma Ronnie non si accontentava mai di nulla quando si parlava di spazi.
-Piccola- sussurrai una volta entrato, sperando di rompere il ghiaccio che fino a poco prima avevo fatto attenzione a raffreddare e conservare bene bene.
-Meglio della tua, poco ma sicuro- si accese una sigaretta e me ne porse una che accettai volentieri -Allora? Come stai?
-Non c'è male- c'erano molte cose che avrei voluto dirgli, ma mi uscì -Volevo solo vederti. So che sei uscito da tempo, ma... mi sembrava carino. Potrà anche sembrare strano, ma è tutto qui.
Ronnie rise e mi strizzò l'occhio:-Hai bevuto, vero?
-...Sì, ma l'avrei fatto comunque.
-Oh, beh, certo. Ci mancherebbe altro. Sei cambiato, sai Max? Ti ricordavo più basso.
-Ti ricordavo più magro.
Alzò un sopracciglio e si toccò l'avambraccio, passandoci sopra l'indice come se toccasse un kimono di pura seta:-Non ho avuto molto da fare, sai, per quegli anni.
L'argomento "è colpa tua se sono andato in prigione" era giusto quello che non volevo toccare. Sentii un brivido freddo percorrermi la spina dorsale mentre i suoi occhi nocciola mi avevano ipnotizzato per quella che sembrava la millesima volta in quindici anni.
Spezzai la tensione nel miglior modo che mi venne in mente. Gli parlai di come andava la band e di quanto volessi uscirne, di come non mi piacesse più il genere che facevamo e di come mi mancassero i vecchi tempi.
Ora non ricordo se lo pensassi veramente, ma lui adorava essere adulato, perchè era tutto ciò che faceva lui stesso nel tempo libero e non. Iniziò a sorridermi, alzando spesso entrambe le sopracciglia e mordendosi continuamente il labbro inferiore.
Quando ebbi la sensazione che non mi stesse più ascoltando, gli dissi che era tardi e che forse sarebbe stato il caso di tornare a casa, essendo anche senza macchina, e mi alzai.
Lui fu scosso da una strana forza interna e mi disse:-Perchè non ti fermi qui?
Mi girai per guardarlo in faccia e, aspettandomi quel mezzo sorriso, lo trovai. Mi asciugai il sudore dalla fronte con un gesto veloce e quasi impercettibile del braccio.
-Ron...- risposi, senza guardarlo in faccia -Credo sia leggermente...
-Fuoriluogo?- lo sentì alzarsi e fare qualche passo verso di me -Lo hai detto anche tu che è tardi. Non voglio farti tornare a piedi da solo.
Si avvicinò e mi mise le braccia intorno alla vita:-Lo sai Max che, infondo, ci tengo ancora.
Da nervoso e tremolante tornai immobile per un attimo.
Deglutii.
Sentii le sue labbra passarmi sul collo e arrivare lentamente alle guance, mentre col naso mi accarezzava gli zigomi. Io, intanto, per rendere il momento più erotico, sudavo e ansimavo portando odore di alcol in tutta la stanza.
Riesco a sentire dal respiro quando Ronnie è eccitato e riesco a sentire dal respiro quando Ronnie è stanco di non essere contraccambiato. Quando Radke vuole, Radke deve prendersi quello che vuole. E lo fa. Sempre.
Per questo questa volta mi girò e mi baciò, tenendomi il volto tra le mani e lasciandomi distruggere ogni tipo di fermezza che io pensassi di avere prima di entrare da quella porta.
-Rimani a dormire?- mi richiese stringendomi di più sui fianchi, mentre con l'altra mano mi teneva il mento in alto.
-Rimango a dormire- sospirai, mentre mi lasciavo andare verso la sua camera da letto.
Non avevo previsto questa fine, però.

La mattina il risveglio fu lo stesso di ogni mattina di qualche anno fa. L'odore di Ronnie era pungente e come un serpente velenoso mi mordeva le spalle per svegliarmi.
Aprire gli occhi e vederlo lì dopo tutto quel tempo, con un mal di testa incredibile e gli occhi ancora socchiusi, mi faceva sentire amato di nuovo.
Mentre già programmavo come uscire da quella casa senza farmi male al cuore (ovvero: non uscirne) Robert mi chiamò esortandomi a uscire di casa, avevamo una breve riunione. Nulla di importante, alla fine, ma comunque una riunione.
A malincuore dovetti comunicarlo a Ronnie che, mentre con le mani giocava ad accarezzare il mio corpo conoscendone ogni più piccolo segreto, abbozzò un "mmh" e col naso appoggiato sulla mia fronte mugolò:-Ortiz rovina tutto.
Mi stampò un bacio in fronte e mi guardò rivestirmi mentre si accendeva la prima sigaretta della giornata, in totale disinteresse dal resto del mondo. Prima di andare mi girai e lo guardai negli occhi, mimai un bacio e gli dissi di chiamarmi il prima possibile.
-Lo farò.- Rispose facendomi arrivare il fumo addosso.
Uscii da quella porta col suo odore sulla pelle, non riuscii a smettere di annusarmi le mani fino a casa.

Non lo sentivo da allora.
Quel pezzo di merda non aveva la minima idea di cosa significasse "chiamare" e aveva ben troppo presente cosa significasse "chiavare".
Avevo più o meno rimosso la cosa, quando ero in tour. I tour modificano sempre le tue idee sulla vita, sul mondo e sulle cose. Lo fanno anche i viaggi in generale, ma i tour sono qualcosa di diverso, ti fanno cambiare dentro ogni volta e, per un musicista, significa doversi abituare ad un continuo cambiamento delle tue emozioni. Magari l'anno prima piangevi ogni volta prima di ogni concerto, l'anno dopo sei impassibile prima, dopo e durante.
Quelle cose che non cambiano mai, però, rimangono, ed è per questo che quella mattina Bryan, in modo distaccato, mi aveva lanciato un tabloid del cazzo di fianco al lavandino mentre mi lavavo i denti con una foga pari a zero.
-Forse è meglio che tu gli dia un'occhiata.- bisbigliò impassibile mentre si spazzolava i capelli.
-Che cazzo..?- avevo sussurrato tra me e me avvicinando la copertina ai miei grandi occhi socchiusi.
La copertina era piena di colori e parlava di cose terribilmente inutili per la società, mi chiedevo perchè Monte avesse comprato questo squallore e me lo chiederei tutt'ora se non avessi abbassato gli occhi proprio in quel momento.
"Ronnie Radke married? pag 73"

Erano passati anni, ma io non ero rimasto ignorante riguardo alle faccende di Ronnie.
Aveva formato una nuova band, i Falling in Reverse, che non ero esattamente sicuro fossero meglio di noi. In ogni caso, molte donne erano entrate e uscite dalla sua vita, come molte persone in generale e credo anche lui stesso svariate volte, ma non c'entrava solo quello che poteva sembrare uno scoop del cazzo o una balla giornalistica.
Qui c'erano dati veri, e al di là del matrimonio, che poteva anche non essere vero, c'era anche un'altra notizia.
Ronnie stava per diventare padre.
Ronnie stava per sposarsi.
Ronnie stava per ricevere un pacco regalo di calci in culo.
Poi, che Ronald Radke fosse un figlio di puttana lo sappiamo tutti dall'alba dei tempi, da quando è venuto al mondo e l'hanno catalogato subito come figlio di satana.
Ma questo, oh, questo.
Non me lo sarei mai aspettato, nemmeno dal figlio di satana.

Spalancai la porta come un tornado e corsi a prendere il telefono, mentre i tre ragazzi, avendomi sentito, corsero e mi guardarono perplessi. Craig fu l'ultimo dei tre ad arrivare, mi guardò un attimo e sbuffò:-L'ha scoperto.
Bryan annuì guardandomi con compassione, il tutto mentre io, furioso, cercavo incessantemente quel numero sul telefono, bestemmiando sottovoce e digrignando i denti ogni tanto.
Craig nel frattempo sorseggiava una tazza di caffè fumante:-Che c'è, non te lo aspettavi?
Lo fulminai con lo sguardo e prima che potessi sputare tutto quello che avevo da dire si scusò, seguito dagli altri due, e chiuse la porta.
Io riuscii a trovare il numero e a cliccare sull'icona del telefono senza spaccare lo schermo,

Mi rispose quella voce che non sentivo ancora da anni, stanca e distaccata:-Pronto?
-Che cazzo stai facendo?
La sua sonora risata dall'altra parte mi fece partire ancora di più, tirai un pugno al muro davanti.
-Mi aspettavo di sentirti molto prima.
-Vuoi anche fingere di essere etero, ora?
-Etero?- continuò a ridere -Ma fammi il piacere, sono il cazzo che voglio senza che tu debba dirmelo.
-Come si chiama lei?
-Crissy. E uhm, lei mi ha richiamato dopo che le ho chiesto di rimanere, sai.
Questo no.
-Potevi farlo tu- digrigno i denti.
-Maxwell, siamo stati insieme quindici anni. Non sono io a richiamare, sei tu a richiamare, mh?
-Sei un pezzo di merda.
-Sono solo troppo orgoglioso per richiamare le puttane.
Le puttane..?
-Ah sì- continua -Hai sentito bene, le puttane, quelle come te. Ops.
Fu allora che ebbi una sorta di piccolo brivido caldo sulla spina dorsale. Quella frase mi aveva fatto incazzare ancora di più, e al contempo mi aveva fatto anche vagamente eccitare. Ero troppo su di giri e dissi qualcosa senza pensarci troppo su.
-Come la vuoi chiamare?
-Ancora non lo so. Tu Maxie come vorresti chiamarla?
Presi fiato, ero vicino all'esplodere:-Te ne sbatti il cazzo di me, vero? Lo hai sempre fatto.
Lui smise improvvisamente di ridere:-Non dire stronzate.
-Non le dico. Non lo sono.
-Ti ho amato fino allo sfinimento, ti ho amato anche quando mi hai mandato in galera e mi hai lasciato solo a patire per due anni, non te lo sarai mica dimenticato questo, non puoi.
Deglutii e chiusi gli occhi, pronto a stare zitto per almeno un altro po' di tempo.
-Max, il fatto che tu mi ami ancora mi fa solo terribilmente ridere.
-...Auguri, allora.- presi ancora fiato, avevo le tempie gonfie e stavo piangendo dal nervosismo.
-Auguri a te, richiamami.
Lo sentii scoppiare a ridere di nuovo e riattaccai violentemente, sbattendo il telefono sul tavolo e non spaccando lo schermo per poco. Scoprii guardandomi intorno che alla fine i ragazzi erano stati troppo curiosi e avevano lasciato la porta semi aperta. Vedevo la guancia scura di Robert spuntare e i suoi occhi color pece fissi su di me.
Spalancai la porta, sbattendola, e buttai il tabloid dalla finestra del camper in corsa.
Mi ficcai le mani nei capelli e rimasi a fissare il telefono, aspettando un'altra sua chiamata, magari in cui mi diceva che mi amava e che mi perdonava per tutto. Che sarebbe corso da me, che aveva già preso la macchina.
Bryan entrò e mi mise una mano sulla spalla girando il telefono. Scoppiai a piangere e mentre mi asciugavo le lacrime vidi Craig e Robert avvicinarsi a me con un caffè e dei biscotti.
Craig mise la mano sulla spalla che Monte non occupava. Mi sussurrò qualcosa che io non riuscii a percepire -o forse semplicemente non volevo farlo- mentre gli altri due annuivano.
Rimasi così ancora per un po', anche dopo che gli altri cambiarono stanza, fino al concerto della sera stessa.

Dopo aver suonato appoggiai il basso sul letto e presi il telefono silenziosamente dal tavolo, senza farmi notare.
Avevo ricevuto un messaggio sul tardi, verso la fine del concerto e quindi pochi minuti prima.
"Non volevo sfotterti così. Scrivimi appena lo leggi. So che sei arrabbiato e lo capisco, sono pronto a buttare tutto all'aria se tu lo vuoi. Vediamoci appena finisci il tour, ti amo piccolo. RJR."
Abbozzai un sorriso, da lui non me lo sarei mai aspettato.
Scrissi una cosa abbastanza breve e gliela inviai, dopodichè misi via il telefono e lo riesumai la mattina dopo.

Non ho mai ottenuto risposta, non lo sento da allora.
Forse quel "Troia." non era la risposta che si aspettava.

 

***

Un po' tanto che non ci si sente, uhm?

Insomma, qualche giorno fa ho riletto tutte le mie Mannie (tutte. Dalla prima all'ultima.) e sono impazzita. Volevo scriverne un'altra, volevo finire The Day I Started Breathing (però non ricordo la password dell'altro profilo lel quindi ormai è andata) però posso giurarvi che qualcosa rinizierò a scrivere, ogni tanto, su questo sito. Mi ero dimenticata la sensazione meravigliosa di scrivere, soprattutto di scrivere fanfiction, soprattutto di scrivere su loro due.

Ci risentiamo, allora 

Eli-

  
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