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Autore: Chloe R Pendragon    11/05/2015    3 recensioni
Questa è la storia di Laurel, Sterminatrice di demoni, e di Dylan, ragazzo che sembra sapere più di quanto non voglia dare a vedere. L'amore trasforma cacciatori in prede e angeli in demoni, si sa, ma può un sentimento tanto nobile salvare un cuore infernale?
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Terza classificata al contest "Storie nei Dipinti" indetto da Melinda Pressywig sul forum di EFP.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Descent into hell



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Laurel sedeva al bancone di un bar di periferia, il viso appoggiato sulla mano destra mentre osservava con occhi vacui il bicchiere ormai vuoto. Era il terzo che si era scolata...o forse era già al quarto cicchetto? Ma in fin dei conti, che importanza poteva avere? Certo, l’ideale sarebbe stato restare sobria, tuttavia non era semplice per lei, dal momento che la sua vita era sospesa sull’abisso degli Inferi. Mentre la mano sinistra iniziava a giocherellare con la borsetta abbandonata sul bancone, la sua mente vagò tra i ricordi degli ultimi tre mesi della sua vita, quando ancora non sapeva...
Tutto era iniziato proprio in quel bar di Brooklyn, in una giornata di metà novembre: lei era andata lì alla ricerca di informazioni su un Demone Alpha, uno dei dodici figli di Lilith, quando si era imbattuta in un ragazzo straordinario. Capelli neri arruffati, grandi occhi dorati, incarnato pallido, fisico asciutto, ma soprattutto un sorriso incantevole: Laurel non avrebbe mai dimenticato l’istante in cui si era voltato verso di lei e quelle labbra si erano piegate verso l’alto, illuminando il suo volto come una supernova. Quelle iridi avevano iniziato a brillare come calde braci, la pelle era diventata simile alla neve baciata dal sole: era stato un vero e proprio spettacolo della natura.
«Buongiorno, straniera![i]» aveva esclamato allegramente, senza mai distogliere lo sguardo dal suo; riscuotendosi dalla trance in cui era caduta, la giovane Sterminatrice aveva ricambiato il sorriso con ostentata naturalezza.
«Buongiorno, straniero!» aveva risposto con tono suadente, per poi proseguire: «Perdona la schiettezza, ma sono qui per lavoro. Sto cercando un uomo...»
«Beh, l’hai appena trovato!» Nonostante i modi affascinanti e il sorriso magnetico, quella battuta era stata una vera e propria caduta di stile, cosa di cui si era accorto lui stesso. «Pessima trovata, vero? Scusami... Come si chiama quest’uomo?»
Laurel aveva dovuto trattenere una risata di fronte all’imbarazzo del ragazzo, domandandosi segretamente se fosse possibile essere tanto bello quanto imbranato. Per metterlo a suo agio, aveva deciso di fargli un cenno d’assenso e di prendere la foto che le era stata affidata da Goubard, il capo dell’Organizzazione Anti-Demoni per cui lavorava.
«Si chiama Jonathan Fletcher, lo conosci?»
Nel vedere quel nome e quella foto, gli occhi del ragazzo erano stati attraversati da un lampo indescrivibile, tuttavia quando aveva risposto la sua voce era rimasta calda.
«Mi dispiace, straniera, ma mi sono trasferito a New York da poco...»
La ragazza non se l’era bevuta, sfortunatamente non aveva avuto il tempo di replicare, poiché lo sconosciuto si era rivolto al barman chiedendogli un bicchiere di Georgia Moonshire ed era uscito dal locale come una furia: la fine di quella conversazione era stata il principio della loro sventura.[ii]
Da quel giorno si era recata quotidianamente in quel bar, certa di poter scoprire qualcosa in più sul giovane misterioso e sull’ultima falsa identità del Demone Alpha, Jonathan Fletcher. Quando lo aveva rincontrato erano passate due settimane, durante le quali Laurel aveva chiesto con maggiore insistenza informazioni su entrambi; quella volta aveva raccolto i lunghi capelli in uno chignon disordinato e aveva indossato un tubino nero abbinato a una piccola tracolla nera, al collo l’immancabile rosario bianco.
«Salve, straniera! Finalmente ci rivediamo...» aveva detto allegramente, guardandola con quegli occhi magnetici; le era parso più sicuro di sé stavolta, a partire dall’andatura decisa fino al tono di voce determinato. In quell’occasione aveva indossato una camicia nera molto aderente e un paio di jeans scuri, mentre i capelli erano tirati indietro: aveva assunto un’aria più matura, oltre che più intrigante, forse per via dell’interesse che la ragazza aveva dimostrato.
«Salve, straniero! L’ultima volta mi hai piantata in asso, o sbaglio? Non hai neppure detto il tuo nome...» aveva risposto lei con la voce più suadente che possedeva; non avrebbe commesso lo stesso errore, non le sarebbe sfuggito facilmente.
«Dylan, molto piacere, miss...»
«Laurel... Basta con i convenevoli, andiamo al sodo, ok? Cosa s...»
«Una partita a biliardo!» l’aveva interrotta scaltramente, «Per ogni palla che manderai in buca, risponderò a una tua domanda e viceversa, ci stai?»
La Sterminatrice non se l’era fatto ripetere due volte: senza rispondere, si era alzata dallo sgabello e aveva raggiunto il tavolo da gioco, per poi predisporre il tutto per la partita senza togliergli gli occhi di dosso. Quella sì che era stata una serata paradossale: le sue intenzioni erano rivolte al lavoro, eppure una parte di lei aveva avuto ben altri interessi... Da bravo gentiluomo, aveva concesso a lei la prima mossa, così lei aveva assunto una posa alquanto provocante per intrigarlo e metterlo più a suo agio. Il colpo che era andato per primo a segno era stato di Dylan, che non aveva perso tempo per fare la sua domanda.
«Da dove vieni?»
«Manhattan...» aveva risposto elusiva, cercando di stuzzicare ancor di più la sua curiosità e spingerlo a sbottonarsi ulteriormente. Non solo intimamente, era stata costretta ad ammettere tra sé... Anche la seconda palla era stata imbucata da Dylan, così come la terza, e la quarta... In breve tempo, il ragazzo era riuscito a scoprire che Laurel aveva comprato da poco un attico nei pressi di Central Park, che aveva un debole per le moto e che seguiva un corso di arti marziali; dal suo canto, lei non aveva ancora cavato un ragno dal buco, la fortuna non era stata dalla sua parte.
«Maledizione...» aveva imprecato a denti stretti, cosa che non era sfuggita all’avversario; questi aveva ridacchiato sommessamente e aveva volutamente fatto una stecca, così da cederle il turno.
«Ho la sensazione che ti serva un aiuto...» aveva risposto all’occhiata interrogativa della Sterminatrice, avvicinandosi e cingendole la vita con un braccio.
«Non mi serve il tuo aiuto, grazie...» aveva cercato di opporsi lei, infastidita da quella piacevole sensazione che il contatto tra i loro corpi le aveva infuso.
«Non vuoi sapere perché sono scappato dal locale l’altra volta?» le aveva sussurrato all’orecchio, solleticandole il lobo col suo fiato rovente; quel calore si era diffuso in ogni singola cellula, annebbiandole la mente e lasciandola in balìa del ragazzo, che frattanto l’aveva guidata passo-passo fino a colpire il pallino bianco per mandare in buca la palla numero sei[iii].
«Perché sei scappato dal locale?» gli aveva chiesto cercando di apparire decisa e di riacquisire un briciolo di autocontrollo.
«Perché non avrei saputo resistere alla tentazione di baciarti...» le aveva soffiato con voce carezzevole, per poi farla voltare e costringerla a guardarlo negli occhi, mentre alle sue spalle aveva mandato in buca l’ennesima palla. «E adesso chiedimi perché sono qui...»
«Perché sei qui?» aveva sussurrato come imbambolata, incapace di sfuggire a quel gioco pericoloso al quale aveva erroneamente ceduto.
«Perché l’unico modo per liberarsi di una tentazione è di abbandonarvisi[iv]...» le aveva detto un istante prima di baciarla con trasporto, scatenandole dentro un vero e proprio inferno. Era stato come se i sensi di Laurel si fossero risvegliati tutti all’unisono, facendole scoprire il sapore della passione: quel bacio era stato intenso, magnifico, sorprendente...perfetto! La Sterminatrice non aveva potuto trattenersi dal ricambiare quel seducente idillio, facendo danzare la sua lingua insieme a quella di Dylan e lasciando che le mani di entrambe scorressero lungo le curve dei loro corpi.
Senza sapere come né quando, la ragazza si era ritrovata nel suo letto, avvinghiata allo sconosciuto in un groviglio di mani e lenzuola: si erano amati con una tale passione da inebriare ogni fibra della sua anima e renderla dimentica di qualunque cosa. Mentre aveva accarezzato la sua schiena nuda, Laurel aveva scoperto la presenza di due terribili cicatrici accanto alle scapole, così definite da formare una “V”.
«Come te la sei fatta?» gli aveva chiesto in preda alla curiosità, sebbene nella sua mente si era affacciata l’ombra di un pensiero, talmente impalpabile da sfuggirle prima ancora di acquisirne la consapevolezza.
«Mio padre...» aveva mormorato il ragazzo, gli occhi dorati che avevano fissato il soffitto come se stessero cercando una risposta antica; «Non stava mai a casa, così mia madre si...consolava con altri uomini, oltre che con me...»
«Dylan...» aveva sussurrato lei, accarezzandogli il capo.
«Una sera mio padre è rincasato prima e ci ha beccati, così mi ha lasciato questo simpatico ricordo...»
Prima che lei avesse potuto dire qualcosa, qualunque cosa, lui le aveva dato un bacio a fior di labbra, per poi continuare a coccolarla. Da quel momento avevano trascorso ogni istante insieme, vivendo il loro amore con crescente trasporto; quel sentimento era stato talmente irruento da rendere Laurel completamente dimentica dei suoi doveri da Sterminatrice e della sua missione, almeno fino a quella mattina. Difatti la ragazza si era svegliata prima del suo compagno e aveva intenzione di fargli una sorpresa, acconciandosi come quel giorno “galeotto” per rivivere quelle magiche emozioni, quando le era arrivata una mail; aprendola, aveva visto che il mittente era un certo Goubard che la sollecitava a portare a termine l’incarico e le inviava le nuove informazioni sul caso “Kamael”.
Quando aveva visto la foto che ritraeva le nuove fattezze del Demone Alpha, il suo cuore aveva perso un battito: era Dylan! I ricordi erano riemersi con la violenza di un uragano, mozzandole il respiro e spingendola a fuggire dalla sua stessa casa. Quel mostro si era preso gioco di lei, l’aveva sedotta con l’inganno e l’aveva umiliata senza pietà: come aveva potuto essere tanto sciocca? Così era tornata in quel bar di Brooklyn per obliare il suo dolore. Erano passate due ore quando lui l’aveva trovata, ma lei non gli diede neanche il tempo di proferir parola: si fiondò fuori dal locale e lo attaccò con una raffica di parole appena la raggiunse.
«Ti sei divertito, Dylan? O preferisci il tuo vero nome, Kamael?» disse sottolineando ogni lettera di quel nome con crescente disgusto; quella frase sembrò colpire il demone con la violenza di uno schiaffo, ma per la Sterminatrice quello era solo l’inizio.
«Mi hai presa in giro, mi hai usata per soddisfare i tuoi sordidi piaceri, hai cercato di farmi fallire la missione, ma ora basta: non mi fregherai una terza volta!»
«Laurel, lasciami sp...»
«No! Non hai alcun diritto di chiedermelo, non dopo quello che mi hai fatto! Nessuna storia strappalacrime su qualche cicatrice o sulla tua “famiglia crudele” potrà rimediare...» gli puntò contro un dito, gli occhi nocciola che iniziavano a riempirsi di lacrime. Un fulmine squarciò il cielo colmo di nuvole, diffondendo nell’aria il suono potente di un tuono.
«Quella storia è vera, Lilith ha abusato più volte di me e Lucifero mi ha...»
«Non me ne frega un accidenti di te o di Lucifero!» esclamò spazientita la Sterminatrice, estraendo dalla tracolla un pugnale dalla lama argentata con cui esiliava i demoni nella loro dimensione originaria. Kamael lanciò uno sguardo mesto all’arma, poi posò le iridi dorate sugli occhi rabbiosi di Laurel, provando un ultimo, disperato tentativo di spiegarle le sue ragioni.
«So di meritarlo, ma prima ti supplico...»
«Taci! Tu non puoi sperare di avere un’altra occasione, io non...»
«Mi sono innamorato di te!» esclamò il Demone Alpha spiazzando la ragazza, che sbatté le palpebre un paio di volte prima di scuotere vigorosamente la testa.
«No!»
«Sì, Laurel, è così! Mi sono innamorato di te, pur non potendo permettermelo, proprio come te...»
«No...»
«Sì, invece! Fin dal nostro primo incontro ho sentito qualcosa, così mia madre mi ha ordinato di sedurti ed eliminarti prima che fosse troppo tardi, ma il mio amore per te me lo ha impedito!»
«Smettila!»
«Sai che è così, Laurel!» gridò con tutto l’ardore di cui era capace, prendendole il volto tra le mani per incatenare i loro sguardi e le loro anime; la Sterminatrice avrebbe voluto opporsi, ma in cuor suo sentiva che le parole di Kamael erano sincere. Perché si era innamorata di quel mostro? Perché non poteva fare ciò che era giusto, cioè eliminarlo e tornare alla sua vecchia vita?
Le gocce di pioggia cadevano tutt’intorno, mentre quel silenzio imbarazzante la stava rendendo pazza; le mani di lui erano calde proprio come i loro spiriti indomiti, e quel calore la bruciava dentro e faceva luce intorno a lui.
«Rimandami indietro, Laurel...» la supplicò il demone, sperando che lei riuscisse a spezzare quell’impasse.
«I-io...non ce la faccio, Kamael...» mormorò la Sterminatrice con uno struggimento devastante.
«Allora proverò a baciarti se me lo permetterai...» si limitò a dirle con un sorriso mesto, lo stesso che apparve sul volto della ragazza.
«Prendimi adesso, Kamael, ho maledettamente bisogno di te» gli soffiò a un centimetro dal viso, un istante prima di baciarsi: fu un’effusione colma di passione e dolore, rabbia e amore, un bacio che sapeva di loro. Laurel si lasciò trasportare da quelle emozioni con ogni fibra del suo essere, abbassando la guardia per un attimo solo, che però fu fatale: Kamael le strappò il pugnale di mano e si trafisse all’altezza del cuore, svanendo in un cumulo di cenere sussurrandole una semplice frase sulla bocca.
«E così, con un bacio, io muoio...[v]»
La Sterminatrice sgranò gli occhi quando sentì il suono della lama che cadeva al suolo, le lacrime che si fusero con le gocce di pioggia sul suo volto; le gambe non riuscirono a reggere oltre il suo peso, così cadde in ginocchio sul marciapiedi e iniziò a gridare il nome dell’amato per interminabili minuti. D’un tratto il telefono prese a squillare nella sua tracolla e lei rispose con un groppo in gola.
«L’obiettivo è stato eliminato, capo» disse senza alcuna convinzione, completamente svuotata.
«Ottimo lavoro, Laurel, ora torna subito alla base: New York pullula di demoni e senza di te non possiamo rispedirli all’Inferno!»
«Sì, capo, arrivo subito...» chiuse il telefono con un gesto automatico, per poi sollevare lo sguardo al cielo, chiudendo gli occhi; lasciò che il ricordo di Kamael la riempisse, così da trovare la forza per rialzarsi e per continuare la sua battaglia contro i figli di Lilith, colei che aveva abusato del suo amato. Se non poteva vivere per l’amore, avrebbe vissuto per la vendetta, cullando un unico desiderio nei recessi della sua anima, un desiderio che l’avrebbe legata eternamente al Demone Alpha.
«Ci rincontreremo un giorno, amore mio, ma non ancora...[vi]»
 
[i] Riferimento al film “Mr & Mrs Smith”
[ii] Riferimento alla frase “La fine non è che il principio”, tratta dal film “La Mummia”
[iii] Nella Numerologia, il Sei è legato alla grazia, al carisma e a ciò da cui si è attratti e da cui si trae piacere
[iv] Citazione tratta da “Il ritratto di Dorian Gray” di Oscar Wilde
[v] Citazione tratta da “Romeo e Giulietta” di William Shakespeare
[vi] Citazione tratta dal film “Il Gladiatore”
  
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