Lo stava facendo- lo stava facendo ancora! Lui mi- mi stava irritando, di nuovo!
“Thomas, cristo santo, smetti di ridere immediatamente e vieni ad aiutarmi!” ripetei per la milionesima volta; ma naturalmente lui poteva solo stare la e ridere.
Ah, come si divertiva.
Non riusciva nemmeno a spiccicare parola, tante erano le risate che si stava facendo.
“Thomas- Thomas Andrew Felton, ti ho detto aiutami, cazzo!”
“Okay- okay Dan, ce- ce la posso fare” ripeteva, interrompendosi di tanto in tanto per ridere ancora.
Quando finalmente mi aiutò concretamente, cominciò: “Dan, ma come- voglio dire, il tuo piede la’ dentro.. come c’è finito?”
A quel punto se avessi potuto avada kedavrarlo con un’occhiata sarebbe andato sei metri sotto terra in meno di un minuto.
Mi affrettai ad andare in cucina, per evitare le sue domande, ma naturalmente mi venne dietro.
“Dai Dan, dirmelo-- voglio saperlo come hai fatto perché i piedi, di solito, non vanno a finire dentro i cessi da soli”
Credo volesse dirmi altro, ma naturalmente era ancora troppo occupato a ridere.
Vaffanculo Thomas Felton!
In ogni caso, non ho la ben che minima intenzione di fare il maleducato, quindi mi presenterò: sono Daniel Jacob Radcliffe, meglio conosciuto come ‘Dan’, sono un venticinquenne alto poco più di un metro e una chewing-gum e sono sposato da due anni con il coglione di prima.
Su di lui non c’è un granché da sapere comunque, l’interessante della coppia sono io. (e anche quello affascinante ma, ehi, non ditelo a Tom)
Comunque, so che siete curiosi di sapere come ho fatto a trovarmi con un piede nel cesso, quindi ve lo dirò.
Stamattina dovevamo andare a prendere la nostra bimba all’ospedale, e con la fretta e l’eccitazione…  splash! ecco il mio piede che finisce dentro quel cesso maledetto.
In ogni caso, mi sono dovuto cambiare, ma ora siamo pronti ad andare dal baby.
“Tom, guida tu” dico, lanciandogli le chiavi.
“Non voglio guidare, guida tu!” dice, ri-lanciandomele.
“Tu vuoi sempre guidare, guida tu!” gliele lancio per l’ultima volta, giuro che lo avada kedavro sul serio eh.
“Non è vero che voglio guidare sempre, e poi guidare è una cosa da maschi” dice con disappunto.
“Guardati tra le gambe coglione, mi pare ci sia un apparato maschile o mi sbaglio?”
“Okay, hai vinto, guiderò io.”
Saliamo in macchina, e iniziano i discorsi intelligenti.
 “E’ un maschio o una femmina?”  chiede, ansioso.
“Sappiamo che è una bimba da tre mesi e anche di più, Tom.”
“E se è maschio?” scrollo le spalle.
“Guiderà lui, allora.” mi lancia un’occhiata di fuoco.
“Non può guidare, è un bambino!”
“Allora continuerai a guidare tu.” sorrido.
“Ma non voglio guidare!”
“L’ospedale è di là!”
“Visto? Guidi tu al ritorno.”
“Ma sta’ zitto.”
Inizia a fare inversione, a prendere strade che non stanno né in cielo né in terra e a quasi-appiccicarsi ad altre macchine e ai muri e.. sì, è qui che inizio a chiedermi perché l’ho sposato.
Finalmente entriamo nel parcheggio dell’ospedale, troviamo un posto decente e scendiamo.
Siamo uno più nervoso dell’altro, ed io ho delle scarpe che non ci ficcano niente col mio bellissimo outfit ma preferirei non parlare di questo.
Tutto il resto passa così in fretta che quasi non me ne accorgo nemmeno.
E’ stata un’emozione grandissima vedere questa bimba e sapere che d’ora in poi sarebbe stata mia figlia.
Abbiamo deciso di chiamarla Jade, e con Tom siamo andati al comune appena usciti dall’ospedale.
Jade è davvero stupenda, è paffuta e i suoi occhi sono grandi e chiusi ed è un piacere solo guardarla.
“Daniel dio santo, prepara qualcosa da mangiare è una giornata che giochi con la bambina, i genitori siamo due!”
“Jade ha fame”
“Anch’io, caro.”
“Ordina una pizza, io sto andando a prendere il latte in polvere”
Sbuffa, ma sorride comunque, ed è anche per questo che lo amo.
Mi alzo dalla poltrona, e sdraio la nostra bellissima bimba dentro la culla.
Faccio del latte, controllo che la temperatura sia perfetta, e lo porgo a Tom.
“Non ne voglio”
“Lo so, cretino, dallo a Jade”
Sorride, come un povero scimunito, e tentennando lo prende.
“Ne sei sicuro?”
“Tanto quanto sono sicuro di sopportarti ogni giorno, Thomas” sbuffo, sorridendo.
“Amarmi, volevi dire”
“Sì, sì, fa lo stesso”
Si gira a baciarmi e, per quanto sdolcinato e non-da-me possa sembrare, lo amo più di ogni altra cosa al mondo.
 
 
Tranne Jade.
 
 
Si Felton, ho trovato qualcuno da amare più di te.