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Autore: L u c i n d a    11/05/2015    2 recensioni
[Prima classificata al contest "Dieci trame per dieci concorrenti" indetto da S.Elric_ sul Forum di EFP]
"...Si era trovato mille altre volte da solo con lei, eppure sentiva di non aver mai condiviso così tanto con quella ragazza come in quella giornata. Era la prima volta che concedeva a qualcuno il privilegio di socchiudere la porta del proprio mondo, e questo lo faceva sentire più nudo di quanto non fosse mai stato. Il muro che lo proteggeva stava venendo lentamente sgretolato, facendolo sentire a disagio come non mai..."
Sprazzi di quotidianità tra due anime simili e opposte al tempo stesso. La nascita di inspiegabili sentimenti che faranno crollare ogni convinzione.
Istinto, timidezza, fraintendimenti, gelosie, la scoperta dell'amore in tutte le sue sfaccettature.
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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Being animals every day

(Essere animali ogni giorno)

 

 

* Raccolta di flashfic *

 

 

 

 

 

 

 

Prima classificata al contest ‘Dieci trame per dieci concorrenti’ indetto da S.Elric_ sul Forum di EFP

Nome autrice sul Forum: Esther.EFP

Nome autrice su EFP: L u c i n d a

Titolo: Being animals every day

PacchettoPop corn

                   Citazione: Alex Britti “Una su un milione”

                   Prompt: patatine fritte

GenereFluff, Sentimentale, Slice of life

Note autrice: Questa breve raccolta è stata una sfida personale. Il pacchetto rimasto al momento della mia iscrizione al contest mi ha subito dato l’ispirazione per questo esperimento, e la tipologia di personaggio richiesto è comune alla maggior parte delle persone che frequento nell’ambito universitario, motivo per cui non è stato affatto difficile immaginarmi una possibile storia.

Dato che il personaggio in questione doveva essere uno sfigato, fanatico di fumetti, film, videogame e di qualsiasi cosa lo facesse fuggire dalla realtà, l’ho fatto rientrare, generalizzando, nella categoria nerd. Naturalmente nerd non è solo questo, è uno stile di vita molto più complesso, difficile da descrivere nella sua totalità in questa piccola introduzione. Dal punto di vista sentimentale, tuttavia, mi sento di dividere questi ‘esemplari’ in due categorie: quelli con una vita sociale molto attiva e quelli isolati dal resto del mondo. La prima categoria se la cava più o meno egregiamente in amore, mentre per la seconda, probabilmente, avere una ragazza non rientra nelle loro attuali priorità.

Il mio protagonista, ovviamente, rientra nell’ultima categoria.

La sfida, quindi, è stata proprio questa: far conoscere l’amore a chi non l’ha mai sperimentato, far conoscere quei sentimenti nuovi, strani e inspiegabili a chi innamorato non lo è mai stato. Il pacchetto sembrava adattarsi alle mie intenzioni fin troppo bene.

Quella che leggerete, quindi, è una raccolta di piccoli momenti di quotidianità tra due coinquilini, le flashfic saranno legate insieme da una trama e da titoli particolari. Ho volutamente evitato di descrivere fisicamente i due personaggi e ho volutamente assegnato loro dei nomi comuni perché vorrei che li vedeste come persone reali, ragazzi qualsiasi che potremmo incontrare ogni giorno all’università e, perché no, potrebbero persino rispecchiare noi stessi con le nostre indecisioni e le nostre paure.

Il titolo Being animals every day è una metafora che vuole paragonare certi aspetti dei nostri comportamenti all’ingenuità e all’istintività di alcuni animali, ma, come avrete modo di scoprire, gli esseri umani hanno un modo di amare tutto loro, fatto di dolcezze, complicità, litigi e fraintendimenti.

Prompt e citazione sono stati usati in due momenti particolari della storia che, ovviamente, non intendo rivelare in queste righe.

Spero che queste flashfic, a volte fin troppo brevi per sprigionare tutte le emozioni che avevo in mente, siano comunque capaci di comunicarvi qualcosa.

Buona lettura :)

 

 

 

 

 


 

#1

Cats are on the sofa

(I gatti stanno sul divano)

[Parole 467]

 

 

 

 

 

Morbido, pigro e asociale.

Era così che Luca soleva definirsi quando era costretto a parlare di sé.

Niente donava più estasi di un riposino sul divano e niente era più appagante del trascorrere intere giornate a oziare. La solitudine era il suo habitat naturale, così come il degrado del suo aspetto e l’incuria della sua piccola stanza, talmente disordinata da non sapere dove poggiare i piedi.

Frequentava l’università, a suo dire, ma nessuno l’aveva mai visto seguire una lezione. Fare lo studente fuorisede lo aveva lentamente risucchiato in un vortice oscuro.

Provvedeva di rado alla sua sopravvivenza, solitamente era troppo pigro per uscire di casa a fare la spesa e il suo aspetto trasandato di certo non lo invogliava a mescolarsi tra la gente. Faceva il bucato solo quando i cassetti si svuotavano, teneva il piumone anche d’estate per evitare la fatica di cambiarlo, e le lenzuola erano macchiate dalle troppe cene fast food consumate sul letto giocando alla play.

A salvarlo era la sua coinquilina, Chiara, che ogni tanto spalancava la porta della sua stanza e lo riportava alla realtà. Se Luca era sopravvissuto fino a quel giorno lo doveva a lei.

Chiara era pigra quanto lui e appassionata di manga e anime alla sua stessa stregua. Non era fastidiosa e nemmeno indiscreta, lo lasciava stare per settimane intere rivolgendogli un cenno soltanto se non potevano evitare di incrociarsi nel corridoio. Amava anche lei la solitudine, ma nonostante tutto aveva una vita sociale più movimentata della sua.

Ogni tanto, quando il fetore che proveniva dalla sua stanza era troppo forte per essere ignorato, Chiara decideva che era il momento di risorgere, a suo dire. Costringeva Luca a pulire e rassettare, come un sergente con il suo sottoposto, fino a quando la camera non ritrovava parvenze umane e il bucato non era steso a dovere.

Poi ordinavano una pizza e la mangiavano sul divano del loro piccolo salotto, utilizzato solo per quei momenti di rinascita che cadevano non più di una volta al mese.

Se ne stavano in silenzio a guardare la tv come due grassi gatti sazi e acciambellati, ognuno nel proprio mondo e coi propri pensieri. Litigavano raramente per i canali da guardare poiché avevano troppi interessi in comune per non trovare un accordo pacifico, era piuttosto sul chi dovesse prendere il telecomando eccessivamente lontano che cominciava una vera e propria diatriba puntualmente vinta da Luca.

A nessuno dei due dispiaceva quella vita. Era tutto all’insegna della pigrizia e della discrezione, anche quando scherzavano lo facevano in maniera contenuta, come se nessuno dei due volesse aprirsi all’altro più di quanto già concesso, come se le troppe attenzioni annoiassero quei felini viziati che erano diventati.

Così convivevano. Sopportandosi a vicenda e comprendendosi nel silenzio dei loro gesti.

Una convivenza strana.

Forse più profonda di quanto sembrerebbe.

 

 

 

 

 


 

#2

Mice read manga

(I topi leggono i manga)

[Parole 497]

 

 

 

 

 

Era un pomeriggio di luglio e il loro piccolo appartamento non trovava pace sotto il rovente bacio del sole.

Erano in piena sessione di esami.

Luca boccheggiava nella sua camera puntandosi addosso le eliche del piccolo ventilatore. Chiara, invece, studiava in biblioteca.

Da buon emarginato sociale quale si vantava di essere, Luca non lasciava mai la sua stanza, nemmeno se avesse potuto trovare refrigerio nei locali climatizzati degli edifici pubblici, preferiva farsi un quotidiano bagno turco e arrivare a fine giornata madido di sudore, ma per nulla al mondo avrebbe ampliato i suoi orizzonti sociali.

Luca soffriva nel periodo esami. Lo studio portava via quel tempo prezioso che quotidianamente dedicava alle sue passioni, e in quei giorni era sempre di pessimo umore.

«Male», rispondeva a Chiara quando gli chiedeva come stesse, «sono indietro di tre puntate di The Game of Thrones e non ho avuto tempo di comprare i nuovi numeri di One Piece e Naruto».

Lei lo guardava sempre con un sopracciglio alzato esortandolo a non lamentarsi, poi si chiudeva nella sua stanza e continuava a studiare.

Quel pomeriggio, però, Luca era più affranto del solito. Aveva messo le sue passioni sotto chiave lasciando sulla scrivania solo i libri di Analisi 1, impossibili da ignorare. Il caldo era atroce e la maglietta si appiccicava sulla pelle imperlata di sudore, in più gli esercizi non venivano.

Si alzò stizzito e intenzionato a sfogare sul cibo la sua frustrazione, ignorando il grasso crescere inesorabilmente su pancia e fianchi.

Fu la figura di Chiara ad arrestare la sua maratona verso la cucina. Era tornata a casa prima del solito e aveva anche lei l’aria distrutta, tuttavia le bastò uno sguardo per capire che Luca sentisse il suo stesso bisogno.

«Ci facciamo un kebab?», gli chiese, mentre già componeva il numero di telefono.

«Doppio», precisò il ragazzo.

«Tieni», aggiunse poi lei, facendo sventolare davanti ai suoi occhi la busta di plastica contenente gli acquisti fatti poco prima alla fumetteria di fronte a casa.

C’erano gli ultimi numeri di Naruto e One Piece, più gli ultimi di Nisekoi e Vampire Knight per la ragazza.

Luca la guardò riconoscente. Chiara sapeva trasformare le sue giornate più buie in qualcosa di accettabile.

«A una condizione», aggiunse però la coinquilina, «domani verrai con me in biblioteca a studiare».

Luca arricciò il naso, stizzito, e annuì con un sospiro solo per disperazione. Nonostante gli sforzi fatti per avere un po’ di privacy, Chiara aveva ormai capito i suoi punti deboli riuscendo a manovrarlo a proprio piacere.

Le strappò il sacchetto dalle mani e prese a sfogliare Naruto in maniera concitata, senza nemmeno aspettare di collassare sul divano. Lei gli si sedette di fianco, lasciandosi sfuggire una risata nel momento in cui si soffermò ad osservare il suo viso concentrato.

«Chiara?», fece Luca, senza permettersi di staccare lo sguardo dalla lettura.

«Cosa», chiese lei, cominciando a girare pigramente le pagine di Nisekoi.

«Grazie», rispose, nascondendo il rossore dietro al piccolo manga.

Lei rise di nuovo.

Prego.

 

 

 

 

 


 

#3

Dogs play videogames

(I cani giocano ai videogames)

[Parole 498]

 

 

 

 

 

Il caldo di fine Luglio faceva sciogliere le membra fino alla completa liquefazione. Luca varcò la soglia di casa in un bagno di sudore, sul punto di scivolare sul pavimento e rimanerci fino all’autunno successivo.

Gli era toccato uscire di casa per dare un esame e, a parer suo, era andato in maniera talmente discreta che si sarebbe permesso di festeggiare anche se le previsioni si fossero rivelate sbagliate.

Era quindi passato dal ‘GameStop’ e aveva comprato un gioco per la play, con il quale intendeva trascorrere l’intera nottata.

Fece per entrare in camera quando notò la figura di Chiara stravaccata sul divano a fissare la tv spenta con una bacinella di popcorn in grembo.

«Ce la fai?», le disse, ispirato dal buonumore, «almeno accendila».

Chiara si voltò verso di lui con aria truce, facendolo subito pentire per quello che aveva detto.

«Chiedimi com’è andato l’esame di oggi», cominciò lei, facendo rammentare a Luca quanto quel giorno fosse importante per la coinquilina, alla quale mancava un solo esame prima della laurea. Il ragazzo ripeté la domanda.

«Male!», rispose Chiara, portandosi alla bocca una manciata troppo grossa di popcorn perché non schizzassero disordinatamente sul divano.

Luca rimase in silenzio non trovando niente di buono da dire. Era raro vedere Chiara giù di morale ed era strano sentirle raccontare di un esame andato male. Quella ragazza era una dannata secchiona e probabilmente era la prima volta che provava sensazioni da comuni mortali.

«Ho comprato World Racing 2 per PS2», disse infine, ricordandosi del cofanetto che stringeva in mano.

«Vecchiotto come gioco», commentò lei, senza scomporsi.

«Ma con un decente multiplayer offline», rispose Luca, sperando di cogliere nel segno. Sapeva quanto Chiara fosse appassionata a quel genere di videogames, e sapeva che quella versione era troppo vecchia perché potesse conoscerla. Si trovò a rivalutare i propri piani coinvolgendo la ragazza nelle prospettive degradanti di quella nottata, e la cosa non sembrava dispiacergli come normalmente avrebbe dovuto.

Lei lo guardò per un lungo attimo di indecisione, interrogandosi probabilmente sul motivo di quell’improvvisa gentilezza.

Accettò con un sorriso appena accennato.

 

 

*    *    *

 

 

Adrenalina, competizione, litigi e risate. La notte passò tra i rombi dei motori Mercedes e l’affascinante design delle scure berline, tra piste di sabbia e strade di città, tra vittorie e sconfitte, insulti e patatine fritte.

Luca si ridestò con il joystick ancora tra le mani e la play accesa con i risultati dell’ultima corsa, persa clamorosamente prima di collassare entrambi sul letto. Percepì il debole peso della ragazza schiacciargli l’addome e il calore dei suoi capelli sul braccio sinistro.

Guardarla fu inevitabile.

Non si era mai soffermato sui lineamenti di Chiara, né sul suo corpo formoso. Era la prima volta che aveva modo di vederla così da vicino, la prima volta che concedeva a qualcuno una tale confidenza.

Osservò il suo volto angelico e pensò a quanto fosse stato cieco a non accorgersi prima della sua bellezza.

Avvampò a quell’unico, casto, pensiero.

Si alzò di scatto.

Faceva improvvisamente caldo.

 

 

 

 

 


 

#4

Ants go to fairs

(Le formiche vanno alle fiere)

[Parole 498]

 

 

 

 

 

Il silenzio venne interrotto dalla vibrazione del telefono di Chiara. La biblioteca sembrò riacquistare i suoi contorni, così come il libro che aveva davanti.

Il messaggio era di Irene, l’amica con la quale non aveva mai mancato un appuntamento alle innumerevoli fiere del fumetto della città, la avvisava di avere un impegno proprio nel giorno in cui si sarebbe tenuta la più prossima, rischiando così di annullare l’unico sprazzo di felicità della ragazza in quel mese maledetto.

Chiara si afflosciò sulla sedia osservando il soffitto. Mandava maledizioni a Irene e nel mentre pensava a chi avrebbe potuto coinvolgere al suo posto. Erano rimasti solo pochi amici a sopportare l’asfissiante caldo della città, e tra quei pochi solamente un paio avrebbero potuto apprezzare una fiera del genere. Inviò alcuni messaggi, rimanendo delusa dagli esiti negativi. Nella sua mente, tuttavia, un pensiero aveva cominciato a ronzare sin dal primo momento.

Luca.

Sorrise al pensiero di quella notte trascorsa a giocare a World Racing come due bambini sfuggiti al controllo dei genitori. Chiara non aveva mai avuto problemi a fare amicizia, ma quel ragazzo era diventata un’ardua sfida: l’aveva sempre sentito lontano anche se era fisicamente la persona a lei più vicina, e questo non l’aveva mai accettato.

Sospirò ripensando all’ultimo periodo della loro convivenza, forse un po’ più movimentata e complice del solito. Non erano ancora così in confidenza per definirsi amici, ma lei era decisa a far crollare quel muro che troppo spesso li separava pur essendo anime indubbiamente simili.

Verosimilmente Luca avrebbe potuto piacerle, si era detta, ripensando alla notte trascorsa nello stesso letto sfiorandosi a vicenda senza rendersene conto, ma non sapeva se definirla attrazione o semplice curiosità. Probabilmente lui non provava lo stesso in sua compagnia, tuttavia non le aveva mai negato quei periodici momenti di complicità, come se gli fossero indispensabili nonostante il suo credo misantropo e solitario.

Le dita si mossero veloci sul telefono, come se bramassero una risposta a quelle domande e a quegli improvvisi desideri.

“No. Non mi piacciono le fiere.”

Il solito asociale.

“Accompagnami solo per questa volta.”

“No. C’è troppa gente.”

Il solito sfigato.

“Ti prego. Non farmi andare da sola.”

“Scusa, ma non ne ho voglia.”

 

 

*    *    *

 

 

Chiara sbatté la porta della camera, amareggiata. Si sdraiò sul letto più delusa di quanto avesse voluto e si perse nel pallido soffitto.

Non era abituata ai fallimenti e, da quando aveva mancato quell’esame, sembrava che tutto le stesse lentamente crollando addosso.

Fu un bussare sommesso a farla trasalire.

«Cosa vuoi», domandò inacidita, mentre l’uscio si socchiudeva e la figura di Luca compariva sulla soglia.

«Senti…», cominciò.

«Non ti preoccupare», lo interruppe lei.

«Volevo dirti che…», riprese il ragazzo, ma non riuscì a continuare poiché Chiara aveva iniziato a parlargli di sopra.

«Davvero. Non ti preoccupare. Troverò un’altra soluzione, non importa se…»

«Ti ci accompagno a quella fiera», decretò lui in maniera spiccia, sovrastando le lamentele della coinquilina ed affrettandosi a richiudere la porta.

Chiara si ammutolì improvvisamente.

Sul serio?

 

 

 

 

 


 

#5

Bears like honey and chips

(Agli orsi piacciono miele e patatine fritte)

[Parole 497]

 

 

 

 

 

La gente era tanta.

Troppa.

Giravano in quella fiera da nemmeno dieci minuti e Luca si era già pentito dell’aver acconsentito a quella tortura. Il locale era caldo e impregnato della puzza di sudore, la folla si accalcava contro le bancarelle impedendogli la visuale e lo spintonava in ogni direzione con braccia e spalle appiccicose.

In quel padiglione c’era tutto il suo mondo, eppure non era mai stato in grado di goderselo appieno.

Chiara, invece, sembrava a suo agio quasi fosse a casa propria. Pur amando la solitudine, la ragazza non disdegnava affatto quelle occasioni movimentate, specialmente se aveva l’occasione di condividere le sue passioni con gente egualmente entusiasta. A Luca bastava guardare la sua espressione felice per stringere i denti e contenere la propria avversione per quel posto; in fin dei conti stava facendo tutto questo per lei, e non avrebbe avuto senso farle vedere quanto in realtà stesse soffrendo.

Si domandò se quella situazione avesse un senso.

Perché aveva bussato alla porta della ragazza per smentire il proprio rifiuto?

Non riusciva a spiegarselo con esattezza, ma sapeva che da quella notte in cui avevano dormito nello stesso letto qualcosa era cambiato. Qualcosa in lui si era risvegliato. Adesso vedeva Chiara sotto una luce diversa, una luce più misteriosa e, per certi versi, più sensuale.

«Mangiamo qualcosa?», fu proprio la ragazza a ridestarlo dai suoi pensieri, stringeva tra le mani i suoi ultimi acquisti e lo guardava con un’espressione soddisfatta. Luca contemplò il suo viso per alcuni secondi prima di assentire.

Un piccolo fast-food li attendeva a braccia aperte nel corridoio antistante la fiera.

«Patatine fritte», dissero all’unisono quando fu il momento di ordinare.

«E’ l’ultima porzione», replicò il cassiere, indicando i sacchetti vuoti delle scorte terminate.

I due ragazzi si guardarono, stupefatti per quella notizia ed indecisi se iniziare una dura battaglia per ottenere il monopolio sull’ultima porzione o se cedere all’altro quel sacro privilegio.

«Prendila tu», si arrese per primo Luca.

«Assolutamente no», rispose Chiara, «mi hai accompagnato alla fiera, te la cedo con piacere».

Il ragazzo parve tentato di accettare.

«Le ho comprate l’altro giorno», ribatté infine, alludendo alle patatine, «sono nel freezer».

La ragazza scoppiò a ridere.

«In effetti anche quei waffle sembrano buoni», rispose, non potendo fare a meno di ringraziare quei tuberi surgelati per il tempo sicuro che gli avrebbero fatto trascorrere insieme dopo la fiera.

«Dal salato al dolce?», chiese Luca, scettico.

«Il salato lo mangiamo a casa, no?», rispose Chiara con un occhiolino, sperando che il ragazzo recepisse l’inconsapevole ed implicito messaggio.

«Vada per quei waffle», la appoggiò lui, lasciandosi sfuggire un sorriso.

«Miele, sciroppo o cioccolato?», domandò il ragazzo alla cassa.

«Miele!», esclamarono quasi in coro, ridendo dopo essersene accorti.

«Più dolce di così non si può», commentò infine il cassiere con un ghigno divertito.

I coinquilini si guardarono per un attimo prima di voltarsi nella direzione opposta a nascondere il rossore.

In verità, entrambi non vedevano l’ora di mangiare le patatine surgelate nel freezer di casa.

 

 

 

 

 


 

#6

Apes instinct

(L’istinto delle scimmie)

[Parole 498]

 

 

 

 

 

Tuberi dorati scoppiettavano nella friggitrice.

Luca osservava Chiara armeggiare col cibo senza poter fare a meno di pensare quanto quella giornata di fiera, in fin dei conti, fosse stata piacevole. Era da tempi immemori che non trascorreva un numero così considerevole di ore fuori casa, e la compagnia della ragazza probabilmente aveva contribuito a non far pesare eccessivamente quello strappo alla regola.

Adesso che finalmente erano a casa la sensazione che provava era strana: si era trovato mille altre volte da solo con lei, eppure sentiva di non aver mai condiviso così tanto con quella ragazza come in quella giornata. Era la prima volta che concedeva a qualcuno il privilegio di socchiudere la porta del proprio mondo, e questo lo faceva sentire più nudo di quanto non fosse mai stato. Il muro che lo proteggeva stava venendo lentamente sgretolato, facendolo sentire a disagio come non mai.

Non aveva più indirizzato un solo sguardo a Chiara da quando il cassiere del fast-food gli aveva rivolto quella battuta maliziosa, né era riuscito ad intavolare una discussione decente. Era diventato improvvisamente impacciato, insicuro e desideroso di richiudersi in se stesso a riparare i malfunzionamenti del suo scudo difensivo.

«Patatine pronte!», esclamò la coinquilina.

Luca sospirò, sforzandosi di mostrarsi contento.

«Non so cosa ti sia preso», riprese Chiara, «ma vedrai che Avengers e patatine fritte sono la cura perfetta».

La ragazza gli allungò il vassoio con le patatine fumanti e le diverse salse disposte ordinatamente lungo la cornice, l’odore appetitoso che emanavano lo catturò a tal punto da dimenticare per qualche secondo il motivo di tanta inquietudine. Afferrò il vassoio e si stravaccò sul divano.     

L’accesa diatriba su chi fosse l’Avenger più forte fu inevitabile.

«Quando si arrabbia non lo ferma più nessuno», affermava Luca, osannando la forza di Hulk.

«Ma per piacere!», ribatteva la ragazza, portandosi alla bocca una manciata di patatine, «non ha mai il controllo della situazione».

«Almeno non ha bisogno di armature per proteggersi», la provocava lui.

«Quell’armatura ha un sacco di funzioni!», protestava Chiara, difendendo il suo beniamino Tony Stark.

«Togligli l’armatura e potrei stenderlo persino io», ribatté Luca, puntando una patatina in direzione della ragazza.

«Con quelle braccine che ti ritrovi?», lo sbeffeggiò lei, ingaggiando duello utilizzando i tuberi al posto delle spade. Il ragazzo contrattaccò divertito.

Andarono avanti a guardare i film fino a notte fonda, fino a quando le palpebre non divennero pesanti e le  patatine fredde. Chiara osservò Luca afflosciato sul bracciolo del divano e non riuscì a resistere all’impulso di andargli più vicino: la sua pelle diafana sembrava liscia, i capelli morbidi e le labbra calde. Posò lo sguardo sul suo viso per imprimersi ogni dettaglio nella mente, come se quella fosse l’unica occasione che avrebbe mai avuto per guardarlo senza doversi giustificare.

Trasalì quando incontrò le sue iridi verdi fissarla sgomente. Si irrigidì al tocco delle sue dita sulla schiena e si sciolse nella vergogna al contatto fugace con le sue labbra.

L’aveva baciata.

Scappò in camera in preda al batticuore.

 

 

 

 

 


 

#7

Silent fish

(Pesci silenziosi)

[Parole 498]

 

 

 

 

 

Erano trascorse due settimane da quella giornata in cui le convinzioni di Luca erano crollate all’unisono.

Il ragazzo aveva vissuto più tempo fuori casa in quei giorni che nel resto della propria vita, spinto dalla vergogna e l’impaccio che ormai provava ogni volta che incrociava la figura di Chiara e il suo sguardo imbarazzato.

Ancora non aveva compreso il motivo che lo aveva spinto a fare qualcosa di così istintivo e inusuale, non aveva capito perché provava determinate sensazioni in  presenza di quella ragazza, né perché la vista di lei china ad osservarlo nella penombra avessero ridestato in lui un desiderio più grande persino del ferreo autocontrollo di cui tanto si vantava.

Aveva agito in maniera avventata, e adesso non aveva idea di come fare per recuperare la situazione.

D’altronde per lui era una novità. Non aveva avuto nessuna esperienza di quel genere prima di allora e questo lo spaventava talmente tanto che probabilmente sarebbe stato capace di rinchiudersi nel suo guscio mandando all’aria ogni cosa.

A salvarlo, probabilmente, erano stati quei giorni trascorsi fuori casa cercando di evitare Chiara. Mentre vagabondava da una fumetteria all’altra e partecipava ad ogni improbabile torneo di Magic e Yu-Gi-Oh aveva, per osmosi, socializzato con qualche anima tra cui una ragazza dal fisico ossuto e i capelli turchini, il cui mazzo di Magic l’aveva sbaragliato diverse volte senza alcuna pietà.

Lei si chiamava Anna, veniva da una storia finita male e stava sfogando tutta la sua frustrazione in quei tornei occasionali.

Non seppe dire come si fossero trovati in una pizzeria a raccontarsi i reciproci problemi, né il motivo per cui Luca si sfogò con lei, conosciuta da appena una settimana, sapeva solo che quelle giornate erano state oltremodo deprimenti e che non sarebbe riuscito a sopportare quella condizione ancora per molto.

Chiara era il suo unico pensiero, la sua unica frustrazione.

Diversamente da quanto si sarebbe aspettato, Anna si offrì di aiutarlo sperando che quella buona azione potesse funzionare come terapia al suo amore finito male e, nonostante Luca nutrisse dei dubbi a riguardo, non osò rifiutare un aiuto tanto benefico e inatteso.

Fu grazie ad Anna che il ragazzo riuscì a compiere i primi passi per costruire la propria autostima, grazie a lei riuscì a prendere più dimestichezza con i propri sentimenti, riuscendo nell’impresa di controllarli ogni volta che incrociava la figura della coinquilina, e grazie ai suoi consigli riuscì a riavvicinarsi, lentamente, alla normalità delle loro giornate.

Chi poteva immaginare, d’altronde, che un bacio fugace sarebbe stato motivo di un tale sconvolgimento nella loro quotidianità? Chi si sarebbe aspettato una reazione così drastica da parte di Chiara, che adesso gli parlava appena nonostante le avesse rivolto più volte le scuse per l’accaduto?

I silenzi delle loro giornate lo trafiggevano come se fossero aghi acuminati.

Che cosa le costava affrontare l’argomento una volta per tutte? Accidenti.

Se era questo l’amore tanto osannato dai poeti di ogni epoca, si sentì preso in giro. Dov’era la felicità in tutto quel casino?

Dove?

 

 

 

 

 


 

#8

Spider’s web

(La tela del ragno)

[Parole 499]

 

 

 

 

 

Il sole del mattino era caldo. Agosto non perdonava i pochi avventurieri rimasti in città, e Luca era uno di questi, troppo impegnato a studiare per potersi permettere qualche giorno di riposo e fare ritorno nella sua terra natia.

«Tra due settimane parto», disse Anna, mentre sorseggiava il caffè, «mi hanno presa per l’Erasmus».

In quel periodo l’appuntamento con Luca era quasi quotidiano,  un po’ per i tornei di Magic e un po’ perché avevano preso a frequentare insieme la biblioteca cittadina, cercando di non rimanere a casa da soli in preda alle rispettive paranoie. Luca, quindi, non poté fare a meno di sentirsi felice per la ragazza, sostenendo che, per la sua delusione amorosa, quell’opportunità all’estero sarebbe stata una terapia certamente più efficace che aiutarlo nei suoi impacci amorosi.

«Così non ci sarà più competizione ai tornei», ghignò il ragazzo, mostrandosi contento di quella notizia, anche se in verità il solo pensiero di non potersi più appoggiare ad Anna e ai suoi consigli preziosi lo faceva finire in una sorta di inspiegabile spaesamento.

«Hai ragione, mi mancheranno», ridacchiò lei, divertita. «La mia partenza, comunque, significa una sola cosa: dobbiamo muoverci».

«Muoverci in che senso?», domandò Luca, improvvisamente preoccupato dall’espressione calcolatrice dipintasi sul volto della ragazza.

«Hai detto che Chiara studia alla biblioteca dell’università, giusto?», chiese Anna, trovando risposta nell’assenso di lui. «Andremo lì anche noi oggi».

 

 

*    *    *

 

 

Passi pigri echeggiavano nel lungo corridoio della biblioteca universitaria. Il silenzio era innaturale e gli innumerevoli banchi erano occupati da sporadici studiosi per cui l’estate non era motivo di una pausa meritata.

Luca seguiva Anna inconsapevole dei piani della ragazza e, più si addentravano nei corridoi di quel luogo pubblico, più si sentiva a disagio, temendo di non riuscire a controllare il suo impaccio a dovere semmai avessero realmente incontrato la sua coinquilina.

«Dimmi perché siamo qui», sussurrò all’amica dai capelli turchini. 

«Per farci vedere da Chiara», spiegò Anna, mettendo a nudo il suo piano finale. «Se conosco abbastanza le ragazze preziose, il solo vederci insieme dovrebbe bastare per smuovere la situazione».

«Io non ti seguo», controbatté il ragazzo, spaesato. Lei si voltò a guardarlo, stupita per quanta ingenuità nascondessero le iridi verdi di Luca.

«Come reagiresti se vedessi Chiara con un altro ragazzo?», domandò, sicura di aver fatto centro nell’osservare l’espressione corrucciata di lui.

Si mossero silenziosi come due predatori alla ricerca della loro vittima. Luca si guardava intorno scrutando i volti dagli interstizi delle scaffalature mentre Anna lo osservava con una punta di divertimento.

«Eccola», sussurrò infine, riuscendo a malapena a pronunciare la parola sconvolto com’era dagli improvvisi battiti accelerati del proprio cuore.

La ragazza gli intimò di mantenere la calma e di seguirla con naturalezza. Passarono davanti al tavolo di Chiara soffermandosi a chiacchierare del più e del meno, poi si sedettero in un tavolo poco distante e si misero a studiare.

«Ci ha visti?», chiese Luca, seduto di spalle rispetto a Chiara.

«Ci sta guardando», rispose Anna, sorridendo per la riuscita del piano, «è fatta».

 

 

 

 

 


 

#9

Bull’s rage

(La rabbia del toro)

[Parole 498]

 

 

 

 

 

Chiara se ne stava chiusa in camera. Nella sua testa la confusione non dava tregua ai pensieri, e l’indecisione l’aveva bloccata in quel limbo che le stava ormai logorando la serenità.

Non sapeva cosa avesse provato quando Luca l’aveva baciata, era stato qualcosa di talmente veloce e fugace che aveva quasi dimenticato l’adrenalina di quell’attimo. Era stato lo stupore per quel gesto, piuttosto, a farla scappare via con la confusione addosso.

Non poteva immaginare che il ragazzo condividesse quell’attrazione che aveva improvvisamente colorito la loro quotidianità, non aveva mai lontanamente pensato che un tipo come lui potesse interessarsi a lei.

Aveva trascorso quelle settimane incapace di comportarsi come se non fosse successo nulla, incapace di nascondere l’imbarazzo e il caos dei suoi pensieri, incapace di affrontare l’argomento perché affatto sicura di quello che avrebbe voluto.

Si era spesso domandata se quel debole che aveva per Luca fosse bastato per cominciare una storia con lui. Erano strane le sensazioni in sua presenza, come se rispetto alle esperienze precedenti ci fosse qualcosa di nuovo che non sapeva spiegare.

Era come se le loro personalità si completassero, erano simili ma opposte al tempo stesso, erano due anime libere e irrequiete che avevano trovato la serenità nella convivenza, nella quotidianità di ogni loro gesto e nella comprensione che ricevevano l’una dall’altra nei momenti difficili.

Probabilmente ne era innamorata, ma ancora non aveva trovato il coraggio di dirglielo e, di certo, la sua improvvisa assenza da casa non faceva che rendere rare le occasioni in cui avrebbe potuto farsi avanti.

La vista della ragazza dai capelli turchini, poi, l’aveva spiazzata.

Che senso avevano avuto tutti i suoi dubbi e le sue indecisioni quando Luca aveva preso ad uscire con quella lolita dai capelli color del cielo? Era con lei che trascorreva tutte le giornate? E allora perché l’aveva baciata sconvolgendo la sua normalità?

Se prima la confusione l’aveva portata ad ammettere quanto fosse presa sentimentalmente da quel ragazzo, ora la rabbia le causava dei fremiti inspiegabili lungo il corpo, mentre il petto aveva preso a pesare come non mai.

Il rumore della porta di casa che si apriva segnò la fine della stasi in quel limbo doloroso. Spalancò l’uscio della stanza sul piede di guerra fermando Luca prima che riuscisse a scomparire nella sua camera.

«Spiegami che cosa significa», cominciò.

«Cosa?», chiese Luca, non riuscendo a rimanere calmo.

«Prima mi baci, poi mi eviti, poi esci con un’altra», cominciò lei a denti stretti, «non ho nessuna intenzione di farmi prendere in giro da te».

Il ragazzo rimase in silenzio, non sapendo cosa dire. Aveva pensato molte volte alle parole che avrebbe usato quando finalmente avrebbe potuto confessare a Chiara i suoi sentimenti, ma mai si era immaginato una situazione così tesa, né che la coinquilina fosse arrabbiata.

«Io…Eri tu ad evitarmi», rispose sulla difensiva, peggiorando inconsapevolmente la situazione, «Anna è un’amica».

«Certo. E io sono stupida!», concluse lei, rifugiandosi in camera con le lacrime agli occhi.

Perché diamine si era illusa così?

Perché?

 

 

 

 

 


 

#10

Love like humans do

[Amare come fanno gli esseri umani]

[Parole 496]

 

 

 

 

 

Era una mattina come altre, ma non a casa di Luca e Chiara, la cui anima era invasa da una burrasca che stentava a scemare. La ragazza se ne stava sdraiata sul letto dal pomeriggio precedente e nelle cuffie la musica era sparata a tutto volume. Musica rock, arrabbiata, così come arrabbiata era lei nei confronti di Luca.

Ancora non poteva crederci. Era andata da lui a chiedere spiegazioni e quello che aveva ottenuto erano state accuse e smentite non tanto credibili. Che avrebbe dovuto fare adesso? Era sempre più confusa.

Si decise a compiere qualche passo verso la cucina spinta esclusivamente dal bisogno di mangiare qualcosa. Non fu sorpresa di trovare la casa silenziosa. Si ritrovò stizzita al solo pensiero che Luca si trovasse insieme alla lolita dai capelli turchini, e dio solo sapeva quanto le mani le prudessero per quella situazione. Perché metterla in mezzo, maledizione, perché baciarla per poi rivolgere le attenzioni a un’altra?

Entrò in cucina puntando in direzione dei piccoli pensili quando qualcosa sul tavolo attirò la sua attenzione.

Per la sorpresa perse un battito.

C’era una rosa rossa poggiata sul piano, un mangia cassette come non ne vedeva da anni le stava di fianco e sopra quest’ultimo un foglietto a quadretti. Chiara si avvicinò al tavolo col fiato sospeso sbirciando il biglietto quasi con timore.

Perdonami, ma non sapevo come altro dirtelo.

Luca

Afferrò le cuffie del mangia cassette e fece partire il nastro con esitazione, come se avesse  paura di quello che avrebbe potuto sentire.

Era una canzone, la conosceva.

‘Una su un milione’ di Alex Britti.

“Accettami così

ti prego non guardare

nella mia testa

c’è un mondo da ignorare…”

Per la prima volta Chiara ascoltò quelle parole come se le appartenessero, come se rispecchiassero la sua vita e i suoi desideri, come se a parlarle fosse Luca.

Afferrò la rosa e cominciò ad osservarla mentre le parole scorrevano veloci come rivelazioni.

“Amo amo

è qualcosa di speciale

su e giù per lo stomaco

è come un temporale

Amo amo

è il sugo sulla pasta

finché non è finito non saprò mai dire basta…”

Chiara sorrise. Aveva sempre pensato che la metafora del sugo fosse una visione perfetta dell’amore, una visione buffa che rispecchiava quell’impossibilità di saziarsi di chi si ama.

Era questo, quindi, che Luca provava per lei? Era per questo che l’aveva baciata?

“Amo amo

è una semplice canzone

che serve a me per dirti

che sei una su un milione.”

Rimase in silenzio, stranamente felice. Si diresse in punta di piedi verso la stanza di lui, ravvivandosi alla meglio i capelli e stringendo la rosa nella destra.

Non ci fu bisogno di bussare. Luca era già sulla soglia ad aspettarla.

Si guardarono per qualche secondo, racchiudendo in quell’unico sguardo tutti i loro pensieri e le loro emozioni.

Sorrisero entrambi con imbarazzo prima di abbracciarsi. Un abbraccio semplice ed impacciato quanto gli avvenimenti che li avevano fatti avvicinare.

Il gesto che sanciva l’inizio del loro amore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L u c i n d a

 

   
 
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