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Autore: Ritalyyz    11/05/2015    2 recensioni
"Aveva tutto e anche se in cuor suo sapeva che quel tutto non era niente, sapeva anche che quel tutto gli bastava."
Gin vive all'ombra del suo passato. Vermouth è in balia di una vita che non le appartiene. Il loro conforto sta nella passione. Cosa succede se si mischia il Gin col Vermouth? Martini
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gin, Vermouth, Vodka
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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La strada, che costeggiava il parco di Haido, contava uno sparuto numero di auto lungo un marciapiede diroccato. Quel tratto di asfalto, che finiva diramandosi in piccole viuzze, era stato un tempo il ritrovo degli innamorati che imperniavano il loro amore su giuramenti solenni e su baci schioccati all’ombra di un salice. Che mera convinzione l’amore, un appiglio disperato per dare un senso alla propria esistenza, un buffo pretesto per palesare la propria felicità, un subdolo modo per giustificare il compiuto o  per non calarsi nel rimpianto. Per Gin l’amore era l’onere dei deboli, quel macigno che lui si era scrollato di dosso per temprare forza e prepotenza.
-L’odio sovverte i limiti, l’amore li pone-  Vermouth lasciò che il fumo della sigaretta imbrattasse i sedili prima che quella frase piombasse nei timpani del biondo. Pareva che la donna gli controllasse il sistema sinaptico, si dilettasse a stroncare  il flusso dei suoi pensieri esordendo con frasi che non tediavano mai.  
-Ti accompagno a casa- Le parole di Vermouth soffocarono nell’indifferenza prima ancora di divenire pensieri su cui Gin avrebbe rimuginato.
-Rilassati, speravo mi portassi a festeggiare, caro –
Eccola che riattaccava, riprendendo saldamente le redini di una conversazione che sembrava naufragata e che invece non era ancora salpata. Il suo tono era calato nel confidenziale appigliandosi ad un <> che gli faceva accapponare la pelle. Gin era sull’orlo di una crisi di nervi in bilico tra la sua strafottenza e la sua vanità, stizzito e spazientito da un comportamento che per lui sapeva di ridicolo. Non aveva intenzione di festeggiare, di osannare la donna per la quale era allocchito e incappato nella gelosia. Sapeva però che quella non sarebbe stata la prima e l’ultima volta.
/
Alle due di notte Tokyo viveva ancora il suo silenzio con risolutezza, ignara del sole che presto avrebbe sancito l’alba e tutto il caos che avrebbe intasato la città, infarcendo le strade di rumore e stipando negli uffici una calca di persone. Quelle stesse persone che si appagavano della quiete del sonno, al mattino si trascinavano riluttanti nella confusione di una vita frenetica, annaspando tra i mille impegni. Gin invidiava quella gente perché nonostante tutto sapeva ritornare a casa, affacciarsi a un mondo con non apparteneva alla solita routine: i sogni. 
Lui invece non sognava mai e non perché non voleva ma perché gli mancava una prerogativa basilare. Gin non dormiva. I suoi pensieri vagavano nell’oblio, si appigliavano a parole non dette, a omissioni, frasi spezzate o stroncate sul nascere e rimuginava, si imbestialiva, placava la sua ira esaurendo le  meningi in ragionamenti infruttuosi. Chi poteva tradire l’organizzazione, chi era una potenziale spia da scovare  e da far saltare il cervello.
 Quella sera, però, nel suo appartamento di un palazzo semivuoto, i pensieri veicolarono altrove. Si arrovellò sulla gelosia che gli aveva infervorato l’animo, demolendo ogni barriera di inflessibilità modellata negli anni. Voleva spaccargli la faccia a quel magnate e non si capacitava del perché. Il suo istinto da killer sebbene impulsivo quant’era non gli avrebbe accordato un’azione del genere, c’era dell’altro. Avrebbe tanto voluto trascinarsi via da quel macello e portarsi con se Vermouth. La voleva. Malgrado fosse tutto così irrazionale e sbagliato, malgrado fosse tutto un mero errore gettato li per caso, la voleva senza inibizioni.
/
Gin sarebbe impazzito se non ne avesse parlato con qualcuno seduta stante. Impiegò pochissimo a raccogliere i cocci frammentati delle sue idee, assemblarli e trovare una soluzione. Prima che potesse ricomporsi del tutto,  Vodka si materializzò alla porta dell’ appartamento senza alcuna richiesta d’aiuto o preavviso che potesse annunciare il suo arrivo. Gin era seccato dalle improvvisate stuccate dell’amico che miravano a lasciarlo sorpreso o peggio inebetito ma per una volta ne fu sollevato e abbandonò la parte del capo cattivo.
-Com’è andata con lei, Aniki?-
Vodka sfoggiò un’invadenza che non gli si addiceva, una confidenza azzardata che scadeva nell’insolito. Era strano ma era una stranezza camuffata, dettata forse dalla goffaggine.
-Dimmi, come pensi doveva andare? Ah, puoi chiamarla per nome, non ti arrestano-
Gin, invece, esibiva la sua arroganza compiaciuto, scrollandosi di dosso il minimo di empatia avanzata  che poteva riesumare, accorto di prestare occhiatacce e ghigni beffardi all’omaccione e di incrostare le frasi con una punta di insolenza.  Vodka tentò di battere in ritirata ma Gin rincarò la dose.
-Non è successo niente dopo , Fottutamente Niente-
Il biondo sentì di aver elargito un’informazione superflua. A Vodka non importava sapere di un eventuale proseguo della serata, la sua domanda seppur ambigua rimandava semplicemente al piano, al magnate, all’omicidio. Cazzo. Di colpo la stanza perse di contenuto e a Gin sembrò di cadere in un vacuo spazio bianco, afoso. Si tolse prima il cappotto e poi la camicia senza un briciolo di lucidità. Vodka non colse e improvvisò una risposta.
-Volevi che succedesse qualcosa, capo?-
La sua ingenuità lo esasperava, l’avrebbe mandato a quel paese se il suo orgoglio virile non l’avesse placato. L’orgoglio modellò la rabbia comprimendola in uno sguardo che suggellò repentinamente la conversazione e stroncò ogni possibilità di replica. Allontanandosi, la stanza si riappropriò della sua forma e i contorni e le linee che prima parevano sfuocate, ora scandivano precisamente ogni oggetto. Anche le sensazione si ridefinirono e Gin pensò che il freddo fosse una sensazione, uno stato d’animo.
 Era a torso nudo e i capelli gli si adagiavano sulle spalle solleticandogli  l’addome, i pettorali erano vanto di una bellezza stipata dentro un cappotto, i bicipiti e tricipiti solcavano braccia possenti.  Se non si fosse trascurato cosi tanto, avrebbe tappezzato le edicole con foto in prima pagina per poi finire nell’oblio, nel dimenticatoio unanime di coloro che sono per sempre perché non furono mai (cit)
Vodka trainò avanti la conversazione in un altro modo, avanzando proposte, una delle quali parecchio allettanti.
-Ci facciamo un drink?. Un Martini che ne dici, Aniki-
Martini Era uno di quei rimandi impliciti camuffati dietro le frasi a doppio senso, un vaffanculo non detto ma stampato sulle labbra, un omissione più o meno importante. Martini : liquore a base di Vermouth e  Gin e non era una coincidenza che lo amasse cosi tanto.
Ripescò una bottiglia dal fondo di un monticello di polvere e come un comando programmato e meccanico, roteò il capo verso l’omone. Quello sorrise ed era un sorriso finto, impastato con qualcosa di insolito di indefinito, informe. Era un ghigno che soggiogava, spogliava, manipolava. Era il ghigno di una donna. 

 
Salve Ragazzi, Questo è il nuovo capitolo. Spero vi piaccia anche se ci ho messo un pò. Ringrazio Juuchan per avere la storia tra le seguite e tutti coloro che hanno recensito: Laix, Shinichi e ran amore, Zanexd22. Fatemi sapere cosa ne pensate :)



 
  
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