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Autore: frejhejt    11/05/2015    0 recensioni
Kessidy non era mai stata superstiziosa, né ha mai amato particolarmente storie su creature soprannaturali. Viveva la sua vita giorno per giorno, senza mai lamentarsi né aspettarsi qualcosa di meglio. Era felice di ciò che aveva. Ma il destino a volte tira brutti scherzi, facendoti capire di essere destinata a ben altro e tu non puoi che essere trascinata nel vortice di eventi terrificanti che ormai sono diventati la tua vita.
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era la sera del quinto e ultimo giorno della sua "punizione" e Kessidy sedeva sul davanzale della finestra di camera sua. Il davanzale era abbastanza grande, non che ci volesse tanto spazio per Kessidy, la statura della quale era come quella di una bambina di 13/14 anni massimo. Era bassina e magrolina quindi riusciva a stare nei posti più incredibili. Beh insomma, quel davanzale era il suo posto preferito, da lì vedeva i campi sconfinati che terminavano con le cascate e infine si confondevano con l'orizzonte, al di là della città. Capitava che passasse ore intere seduta lì sopra a guardare l'orizzonte senza accorgersene e senza guardare nulla in particolare. In quei momenti nella sua testa avveniva un via vai di pensieri di qualsiasi tipo. Non sapeva ben definire i suoi pensieri, per lei quelli erano i momenti di pace totale. Pensava alla sua vita, alla vita degli altri, a tutto ciò che la circondava. Lasciava vagare la sua mente senza una meta precisa. Spesso le venivano in mente gli occhi verdi di William, così familiari e così piacevoli al ricordo. Spesso quando si perdeva dentro di se, quando stava male, visualizzare quegli occhi era come una carezza per la sua mente. Solo che, pensandoci in quel momento, c'era qualcosa che non andava in quegli occhi. Le sembravano aver perso la loro intensità. Solo dopo capì che nella sua mente quegli occhi stavano diventando piano piano neri. Fino a diventare neri come la notte stessa. Come quelle notti senza luna ad illuminare la piccola e silenziosa cittadina di Big Falls. Sulle prime non capì di chi fossero quegli occhi, ma poi si ricordò. Aveva passato cinque giorni a cercare di scacciare dalla mente il ricordo del ragazzo spaventoso che l'aveva salvata dal suo ex. C'era qualcosa in quel ricordo. Qualcosa di inquietante sì, ma invitante e intrigante allo stesso tempo. Quel ragazzo era uno sconosciuto. E già di per sé era una cosa praticamente impensabile a Big Falls. Non c'erano forestieri in quella cittadina. Tutti i 236 abitanti si conoscevano e si vedevano ogni giorno sin dalla loro nascita. Kessidy aveva passato le prime due notti senza trovare pace. Appena si addormentava aveva l'immagine del ragazzo dipinta all'interno delle palpebre come se fosse stampata lì a fuoco e appena apriva gli occhi aveva l'impressione di non essere da sola nella stanza. La terza notte fece un incubo: si trovava in una specie di grotta, era totalmente buia, senza nemmeno un raggio di luce qualsiasi che filtrasse da qualche parte. Girandosi, però, intravide un'ombra che si muoveva nel buio e subito dopo una luce fioca come di un fiammifero illuminare debolmente la figura che prima si era mossa. Abituandosi al buio, gli occhi di Kessidy riuscirono a distinguere la figura slanciata di quel che sembrava un ragazzo. Ma c'era qualcos'altro, sembrava che una parte del ragazzo si fondesse con il buio dietro di lui. Si accese una candela e la ragazza ebbe la conferma dei suoi dubbi. La parte che si fondeva con il buio erano un paio d'ali, le ali erano più nere del buio stesso e le piume grondavano di sangue. Kessidy trattenne il respiro e fissò il viso del ragazzo. Era senza dubbio il ragazzo di quella sera, solo che il suo viso era il ritratto della disperazione. Infatti un pianto di dolore sordo distorceva il bel viso dello sconosciuto. Lo spettacolo di per sé era più che raccapricciante. La bocca del ragazzo, Aaron (da quel che Kessidy ricordava), si aprì ma non ne uscì alcun suono. Un singhiozzo però squarciò il silenzio intorno a loro.
- Scappa Kess, scappa. Non ti far ingannare dal mio viso e un paio d'ali. Non sono un angelo. O meglio sì, lo sono. Ma sono l'angelo del male. Il guerriero del diavolo. Non porto che male, per quanto io possa desiderare di fare del bene. Il male è ciò che sono. Dal male sono nato e il male porto. - detto ciò Aaron cadde in ginocchio e Kessidy si svegliò di soprassalto. L'impressione di non essere sola nella stanza era svanita, ma il sogno l'aveva turbata tanto da toglierle ogni briciola di sonno che avesse mai avuto.
In quei giorni aveva chiesto alle sue amiche se qualcuno avesse visto quel ragazzo ma nessuno sembrava sapere di chi parlasse. Strano. Era assolutamente impossibile che a Big Falls nessuno notasse un ragazzo nuovo e neanche ne avesse mai sentito parlare.
Sei diventata completamente fuori di testa. Pensò. Forse è solo frutto della tua immaginazione. Ha sempre avuto una mente un po' contorta, non sarebbe strano.
"Kessy sto arrivando" - il messaggio di Will la distolse dai suoi pensieri. Scese dal davanzale e andò al piano di sotto ad aprire la porta. Will aveva proposto di venire da lei per farle compagnia. Un film, popcorn e Will: era ciò che ci voleva per distrarsi e smettere di pensarci definitivamente.
La serata trascorse tranquillamente, come Kessidy si aspettava che andasse fino a quando Will non si girò verso Kessidy con una strana espressione sul volto.

- Kess... volevo chiederti una cosa. – esordì con la voce titubante. Oh oh, brutto segno.

- Dimmi. –

- Gira voce… - si fermò, trovandosi chiaramente a disagio. Ma Will non era mai a disagio. Non con lei, per lo meno. Inspirò profondamente e continuò il suo discorso. – Jake ha detto a Violet di averti incontrato con il tuo nuovo ragazzo giorni fa. La sera in cui ti si beccata la punizione, per precisione. Non che gli abbia creduto, come tutti gli altri d’altronde. Ma volevo comunque chiedertelo, visto che non mi hai neanche accennato a un incontro con Jake. Kessidy spalancò gli occhi e sentì formarglisi un nodo alla gola grosso quanto un pugno. Certo che non gliel'aveva detto. Come avrebbe spiegato il fatto che era uscita indenne da uno scontro con il suo ex ubriaco senza nominare il ragazzo misterioso?

- Si, l’ho incontrato. Ma non è successo nulla, sai che preferisco non parlare di lui. E per il fatto del ragazzo… Pensi che potrei mai tenere segreta una relazione qui, a Big Falls? – far vedere quanto fosse ridicola quella voce apparve a Kessidy la soluzione migliore e l’adoperò sperando che Will se la sarebbe bevuta.

- È solo che… davvero non capisco che cosa ne ricavi Jake dicendo certe cose. – disse lui quasi sovrappensiero. – Beh, non importa. – aggiunse dopo e la conversazione finì lì, visto che Kessidy non sapeva cos'altro aggiungere. Il film giunse alla conclusione e Will si alzò stiracchiandosi dal divano, liberandosi dal abbraccio di Kessidy nel modo più dolce possibile.

- Non vuoi rimanere? – gli chiese lei, con la voce assonnata.

- No, domani mattina ho gli allenamenti di basket per il campionato regionale, è meglio se torno a casa. –

- Come vuoi. Ti accompagno al cancello. – si alzò anche lei e i due si avviarono verso la porta. Percorsero il vialetto di casa sua uno di fianco all'altra in silenzio e solo quando furono fuori dal cancello del recinto di casa Will si girò verso Kessidy e abbassò la testa per guardarla dritta negli occhi. Da fuori la visione di loro due poteva sembrare abbastanza comica. Lei sembrava una bambina a tutti gli effetti di fronte a lui con la sua statura imponente da giocatore di basket.

- Hey Kess, sai quanto tengo a te, no? – le prese le mani tra le sue e quel contatto scaldò Kessidy pervadendo il suo cuore di una strana tranquillità, come le acque calme del mare dopo un maremoto. Quelle parole erano cariche di significato quanto di promesse, per lei. Sapeva cosa intendeva. Entrambi sapevano.

- Tanto quanto io tengo a te. – fu la sua risposta pronta. Dopodiché rimasero lì, fermi a guardarsi negli occhi. Per un momento nella mente di Kessidy balenò l’idea di avvicinarsi a lui e finalmente baciarlo, ponendo fine alla loro comune paura, quella di rovinare l’amicizia andando troppo in là. Sapeva che lui stava pensando alla stessa cosa e fu allora sicura che il momento era giunto. Erano pronti entrambi. Ma nessuno dei due osava ancora a muoversi. Gli occhi verdi di William iniziarono a guizzare nervosamente ora sugli occhi di Kessidy ora sulle sue labbra. Ed eccolo, finalmente Will iniziò ad avvicinarsi a lei con una lentezza esasperante. Le sue labbra furono quasi su quelle di Kessidy quando sentirono la terra tremare leggermente sotto i loro piedi e, come se si fossero appena risvegliati da una trance, si allontanarono di scatto l’uno dall’altra come se avessero appena commesso un peccato imperdonabile. I terremoti erano abbastanza abituali, dalle loro parti quindi nessuno dei due ci badò granché.

- Beh, ci vediamo domani, presumo. – disse di fretta Will, come se gli ultimi cinque minuti non fossero mai passati.

- Sì. – gli sorrise Kessidy di ritorno, imbarazzata quanto lui. Will le lasciò un bacio sbrigativo sulla guancia destra e si allontanò quasi correndo. Kessidy rimase lì, ferma sul marciapiede a guardare il punto dove poco fa davanti a lei c’era Will, cercando di fare mente locale su ciò che era appena accaduto. Ma qualcosa in lontananza attirò la sua attenzione. Era la sagoma di un uomo, dall’altra parte della strada a qualche metro da lei.Lo riconobbe subito. Vestiti neri, capelli neri e gli occhiali da sole neri nonostante fosse ormai buio. La pelle pallida quanto le prime luci dell’alba era esattamente come se la ricordava. Il ragazzo se ne stava lì, immobile, a fissarla. Le ginocchia di Kessidy iniziarono a tremare e prima che il ragazzo potesse fare anche solo un passo, lei girò sui tacchi e corse dentro casa, chiudendo la porta a chiave dietro di sé. 
   
 
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