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Autore: Shaileen    12/05/2015    2 recensioni
Breve quadro sulla vita mondana di Severus Piton, con la partecipazione dei Malandrini.
Un attimo, in cui Severus e Sirius abbandonano i giudizi e i rancori, in pochi, pochissimi secondi di umanità.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: I Malandrini, Severus Piton, Sirius Black
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Contesto generale/vago
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You can listen to me


Può essere facile per molti, andare a scuola. Può essere difficile e noioso per tanti altri. Insomma, chi te lo fa fare? Be', la società. Sì, non si scappa. Così, anche quell'adolescente dai capelli neri e lisci, nascosto dietro di essi e dietro la sua corazza, fu di nuovo costretto a varcare la soglia di quel castello, per un altro anno, il sesto. Ancora uno e poi basta, pensava. Ancora uno e sarò libero. A pensare in questo modo, una vibrazione d'odio e orgoglio gli rimbalzava nella pancia, tanto da fargli serrare i pugni e da renderlo ancor più ingobbito. La gente che gli stava attorno, tutti loro, non capivano, non erano degni, erano soltanto ottusi e senza ingegno. E lui ne aveva abbastanza.
La sera del primo settembre, Severus Piton si accinse come ogni anno a sedersi al tavolo di Serpeverde, tra coloro i quali sembrava avere una certa oscura affinità, non che alla fine gl'interessasse molto. Lo faceva soltanto per non dover rispondere ad inopportune domande sul perché se ne stava sempre per conto proprio. Scelse di sedersi tra i più corpulenti e alti dei suoi compagni, così che facessero una sorta di cornice attorno a lui, tanto da nasconderlo al tavolo dei Grifondoro. Almeno la prima sera, preferiva essere lasciato in pace.
Checché Severus pensasse di Hogwarts e del corpo insegnanti, non poteva fare a meno di percepire che una nota di calma si propagava nel suo essere, nel vedere Albus Silente seduto tranquillo al tavolo dei docenti, intento a spalmarsi con gusto della crema di formaggio su una fetta di pane di farro. Parlava amabilmente con i colleghi e sembrava che niente e nessuno avrebbe potuto distruggere quella sua sicurezza di fondo, quella sua fiducia nella vita, che anche il più stolto dei ragazzini della scuola sarebbe riuscito a scorgere. Subito dopo, tuttavia, si ritrovò a detestare tutto ciò, a detestare quella traccia di luce nel suo sguardo blu, che rimbalzava dietro quegli occhialetti a mezzaluna sempre in bilico sul suo naso; detestava il fatto che un tale uomo esistesse, un uomo che senza ombra di dubbio non era mai stato corrotto dall'oscurità. Sempre pronto a dare una seconda opportunità a tutti. Severus si sentì le viscere ingarbugliate e si concentrò sul suo pasticcio di carne.
Arrivati alla fine del banchetto, Silente si alzò come di tradizione, lanciando il suo discorso sulle pance satolle degli studenti, che di buon grado e pigramente accolsero le sue istruzioni, in rispettoso silenzio. Se un uomo riesce a conquistare l'attenzione di un gruppo di adolescenti di diverse età, ogni anno, con un discorso a fine banchetto composto per due quinti da istruzioni e regole, forse già solo per questo doveva essere considerato formidabile. Se solo lui - Severus - avesse avuto la metà della presenza di spirito di Silente, non avrebbe di certo avuto problemi a imporre la sua volontà su un certo gruppetto di detestabili ragazzi... Non potendo farne a meno, durante il grattare generale delle panche e delle sedie dopo la fine del discorso, gettò un'occhiata fugace al tavolo di Grifondoro, cercando una saetta rossa in mezzo alla folla di nere vesti, e non tardò a trovarla. Disprezzandosi subito dopo per quell'atto di debolezza, tentò di individuare anche quell'odiato casco nero di capelli scarmigliati, che sicuramente non sarebbe stato lontano; infatti, non mancò molto che James Potter raggiunse Lily Evans. Con una smorfia malcelata, distolse lo sguardo da quel volto tronfio, sebbene sembrasse che dopo l'estate fosse diventato leggermente più serio. Ma davvero aveva pensato che quel Potter avrebbe potuto essere serio? Chiedendosi se non stesse impazzendo, si riscosse ed andò a passo di marcia verso i sotterranei, scansando la fiumana di persone con l'agilità di chi ha imparato a sgusciare in mezzo alla gente anche nelle sale più dense. Raggiunse la sala comune dei Serpeverde, entrò nel dormitorio ancora vuoto e si mise a sistemare le sue cose, senza aspettare i suoi compagni e senza aver voglia di parlare con nessuno, tanto per cambiare. Si sedette sul letto e guardò le profondità del lago nero, sentendosi ancor più tetro e lugubre di quelle acque. La cosa lo fece sentire più sicuro di sè.
Il sesto anno si rivelò arduo e ostile per molti studenti, ma non per lui, la cui mente acuta e brillante sosteneva e sorpassava la montagna di compiti, lasciandolo libero di vagare per il castello durante le ore in cui i ragazzi del sesto anno studiavano. A dirla tutta, non è che vagasse per il castello, piuttosto si rintanava in biblioteca o, essendo ancora settembre, si nascondeva dietro l'ombra di alberi e cespugli, dove poteva sentire qualcuno arrivare con largo anticipo ed eventualmente sgattaiolare via senza farsi vedere.
In un sabato soleggiato decise di accoccolarsi all'ombra dei suoi alberi preferiti, nascosto dietro una barriera di cespugli; se si sedeva su uno dei massi lì intorno, poteva vedere distintamente gli studenti seduti sulla riva del lago, intenti a prendere il sole e a chiacchierare. Aveva anche un'ampia visuale sull'odiato faggio sotto cui quegli inutili ragazzi passavano il loro tempo. Questo pomeriggio non era diverso dagli altri. Severus li ignorò, tornando a scarabocchiare sul suo libro di Pozioni. Era incredibile quanto maghi ''dotati'', come avrebbe dovuto essere Borragine, essendo l'autore di un testo scolastico, fossero talmente mediocri, da procurargli quasi la nausea.
Era così intento a rivedere febbrilmente la procedura del Distillato della Morte Vivente, che si era momentaneamente estraniato dal mondo esterno. Fu quando ormai le voci erano divenute molto chiare e vicine, che sussultò, le mani tremanti, suo malgrado.
- Dai, quest'anno ci siamo, me lo sento, uscirà con me e farò colpo su di lei - tuonò una voce spavalda e fiera.
- Sono sicuro che ce la farai, sei perfetto per lei, James! Perfetto per lei, James! Cioè, Ramoso. Ramoso, sei perfetto - squittì una voce, quasi ansante.
- Scusa, non ho ben capito quello che sarebbe Ramoso, potresti ripetere? - chiese la voce più profonda del gruppo.
Severus si inginocchiò per vedere meglio, quel tanto che bastava per scorgere il quartetto che passeggiava, senza essere a sua volta visto. Riuscì a notare Remus Lupin sorridere per la faccia confusa e turbata di Peter Minus, che non era sicuro di aver colto il sarcasmo nella frase di Sirius Black.
- Comunque, amico, secondo me è una causa persa - borbottò Sirius, dando una pacca sulla spalla di James Potter. James, d'altro canto, si fermò di botto, improvvisamente greve. Sirius alzò le sopracciglia. - Sì, insomma, dai. Non ti guarda nemmeno -
- Cambierà idea, Black. Cambierà idea - bofonchiò James, tra i denti. Sirius alzò le spalle. - Piuttosto, sei più cupo del solito, lo sai, vero? Sei più tombale del tuo elfo domestico... - cominciò James, ma s'interruppe, intercettando lo sguardo di Lupin.
- Be', sai, dev'essere una cosa ereditaria - commentò Sirius sprezzante.
- Dai, sediamoci - propose Lupin.
Si sedettero, e Severus si spostò un po' più in alto, per spiare meglio.
- Come ti va, da quando sei scappato di casa, allora? Ti diverti? - chiese Minus.
Sirius lo guardò in tralice.
- Un mondo, naturalmente! - intervenne James - Dato che sta accampato nel mio giardino - (a Minus brillarono gli occhi) - per cui, francamente, davvero non capisco perché quel muso lungo - sentenziò.
Sirius esitò, poi alzò lo sguardo sugli amici, soffermandosi su quello comprensivo di Lupin.
- Be', è bello, lo sai, ci divertiamo così tanto insieme, Ramoso. Ma...Sai com'è, è la mia famiglia. E la odio, capite? Non dovrebbe essere così. Sono oscuri, sono brutali e disgustosi - finì con la voce quasi spezzata. - E questo non è bello. Non è bello non avere dei genitori normali, a posto, come i tuoi, James. -
James strinse le labbra. - Non è colpa tua. Almeno ci sono io che ti accolgo, eh! E poi c'è di peggio. Guarda Lunastorta, ad esempio - ridacchiò.
- Grazie tante, Potter - ribatté Lupin, dando una spinta a James, facendogli perdere l'equilibrio. Tutti quanti risero e Sirius abbozzò un sorriso.
- Dai, non è da te comportarti così, Felpato. Un sacco di ragazze non aspettano altro che vedere la tua faccia nei corridoi, per migliorare la propria giornata, non puoi deluderle così. A proposito, ho visto Evans laggiù - (Severus s'irrigidì involontariamente) - e penso che ora passeggerò casualmente proprio sotto il suo albero - detto questo, si issò sui gomiti e si rimise in piedi, spazzolandosi via l'erba dalla veste. Peter Minus scattò su senza esitazioni, pronto a vedere come ci si comportava con le ragazze. Remus esitò, guardando di sottecchi Sirius, lo sguardo perso sull'acqua che rifletteva la luce del sole.
- Vieni? - chiese delicatamente all'amico.
Sirius inspirò ed espirò lentamente, quasi impercettibilmente.
- Dopo, vi raggiungo tra un quarto d'ora in sala comune -
- Un quarto d'ora? Non credo tu abbia capito bene, Black. Adesso vado da Evans. Sicuramente saremo in sala comune tra, come minimo, un'ora. O forse io non tornerò mai più, molto probabilmente adesso scapperemo via insie- -
- Sì, sì, dai, Ramoso, andiamo - rise Remus, spingendo via James.
Severus rimase ancora nascosto, guardando i tre allontanarsi. Poi spostò avido lo sguardo su Sirius, rimasto sdraiato sul prato, ancora immerso nelle sue elucubrazioni.
Era una preda troppo succulenta, per sprecarla così: Sirius, solo e distratto. Avrebbe potuto scagliargli un Levicorpus, senza nemmeno farsi scoprire. Era lì lì per alzare la bacchetta, quando per sbagliò appoggiò un piede su un mucchio di foglie secche, che scricchiolarono...
Sirius si voltò di scatto, sembrava quasi di vedergli le orecchie tese e il naso fremente, che annusava l'aria. Socchiuse gli occhi sospettoso e si avvicinò pericolosamente ai cespugli, dietro cui era rannicchiato Piton. Sarebbe stato proprio un bell'affare, farsi trovare in quella posizione, come un coniglio impaurito che si nasconde. Per cui, decise di gettare all'aria ogni precauzione, e recuperò una postura dignitosa, immergendo il naso nel libro, esattamente un attimo prima che la testa di Sirius spuntasse da sopra i cespugli e lo scoprisse.
- Mocciosus - ringhiò a bassa voce Sirius.
Piton alzò lo sguardo lentamente, con aria altera e imperturbabile, squadrandolo, poi lo abbassò di nuovo. - Black - rispose, rivolto al libro di Pozioni.
Potevano quasi sentire le ondate d'odio che nascevano dall'uno e dall'altro.
- Che cosa ci fai qui, come un animaletto timoroso, lontano da tutti? -
Severus digrignò i denti, cercando di mantenere il controllo. Non voleva guai.
- La stessa cosa che ci fai tu, molto probabilmente - rispose a bassa voce, sempre rivolto al libro.
Eppure sentì che qualcosa aveva fatto centro. Si voltò e colse l'espressione sgomenta di Sirius, che aveva realizzato che Piton aveva sicuramente ascoltato tutto. Tuttavia, non si abbandonò all'ira, questa volta, incredibilmente. Anzi, guardò Piton dritto negli occhi, per la prima volta dopo quasi sei anni, senza traccia di alcuna emozione negativa. Lo guardò in profondità, come se lo vedesse per la prima volta. Severus, suo malgrado, non riuscì a distogliere lo sguardo, sentiva che Sirius lo stava leggendo in un modo diverso da come si fa con la Legilimanzia. Così facendo, era come se Sirius avesse aperto un piccolo spiraglio anche in se stesso, facendosi leggere a sua volta da Severus. Rimasero così, per un tempo incalcolabile, fermi.
Era come se tra di loro si fosse instaurata una connessione: l'ingiustizia che Sirius sentiva su se stesso, a causa della propria famiglia, era dello stesso peso dell'ingiustizia che Severus sentiva verso il comportamento violento del proprio padre e verso la propria incapacità di lasciar entrare un po' di luce dentro sé, quel tanto che bastava affinché Lily capisse... Ma a questo punto la faccia di James Potter emerse nella sua mente, così Piton balzò in piedi.
Sirius si riscosse. - Tu - cominciò, ma non riuscì a finire la frase. Con uno strano sguardo, che somigliava sottilmente alla compassione (non alla mera pietà, ma qualcosa di nettamente più alto e nobile), rimase attonito di fronte all'altro, separati solo dai cespugli.
Piton non sapeva che cosa fare, quando scorse alle spalle di Black i suoi tre amici, che stavano già ritornando verso di loro di gran carriera. Sirius si voltò e li vide e, quando tornò a scrutare il volto di Piton, la traccia di quell'emozione tanto singolare da provare di fronte ad un Serpeverde - specie se questi era Severus Piton - era ormai un ricordo lontano, così come nello sguardo di Piton ormai era ritornata la consueta aura oscura ed ostile. Il terzetto in avvicinamento non fece in tempo a giungere, che Severus aveva già abbandonato la postazione, maledicendo se stesso e quegli inetti Grifondoro. Ora avrebbe dovuto cercarsi un altro posto in cui starsene in pace.
Ma che diavolo era appena accaduto?, si domandò, dirigendosi verso il castello.
   
 
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