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Autore: HabbyandTsukiakari    12/05/2015    2 recensioni
[One-shot] [KiriJeanne] [Romantico/Drammatico/Introspettivo] [Autrice: Tsukiakari]
Tratto dal testo:
"[...] Pensava a lei.
Lei, che udiva la Voce di Dio, che aveva avuto la forza e la determinazione di guidare l’esercito. Lei, che nonostante fosse una ragazzina, aveva trovato il coraggio di indossare la candida armatura, che di puro aveva ben poco, prendere una spada in mano, che di sacro aveva ancora meno, e scendere in prima linea per la battaglia. Che definire “santa”, ai suoi occhi, era tremendamente incorretto.
Lei, che aveva vinto.
Lui, che aveva perso.
Aveva perso lei.
Non era colpa sua, non era colpa di nessuno. Era solo destino. E si sa che il destino riserva molte sorprese.
Tuttavia sentiva un vuoto. Un vuoto doloroso e silenzioso.
[...]
La battaglia infuriava. Il fragore delle spade e gli urli lancinanti riempivano l’aria. Jeanne non poteva fare niente. Non sarebbe stato come le altre volte, glielo aveva detto Kami-sama.
[...]
'Ti prego, fammi vedere Ranmaru un ultima volta…'"
Buona lettura!
Tsukiakari
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jeanne D'Arc, Kirino Ranmaru
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ranmaru si lasciò cadere sull’erba. Il vento scompigliava i suoi capelli rosa raccolti nei soliti codini e le foglie verdissime dell’albero vicino a lui. Appoggiò la schiena su di esso e fissò il cielo, azzurro e profondo, dove fluttuavano poche ed effimere nuvole bianche, trascinate via dal vento. Ma quasi non faceva caso al cielo. Pensava a lei.
Non avrebbe mai potuto dimenticarla, neanche volendo. Le era rimasta sul cuore, impressa come un marchio, e gli mancavano terribilmente i suoi meravigliosi capelli biondi, la sua voce timida ma allegra, il suo sorriso spensierato e innocente, i suoi occhi di smeraldo. Ricordava ancora com’era tenera quando pronunciava il suo nome, e il suo profumo, e la chiacchierata sulla torre, e le sue caramelle, la cui dolcezza scompariva di fronte a quella di lei.
Pensava a lei. Lei, che con il suo carisma lo aveva portato a scoprire qualcosa che solo lui poteva fare, e come fosse stato un cretino ad essere geloso di Shindou.
Lei, che udiva la Voce di Dio, che aveva avuto la forza e la determinazione di guidare l’esercito. Lei, che nonostante fosse una ragazzina, aveva trovato il coraggio di indossare la candida armatura, che di puro aveva ben poco, prendere una spada in mano, che di sacro aveva ancora meno, e scendere in prima linea per la battaglia. Che definire “santa”, ai suoi occhi, era tremendamente incorretto.
Lei, che aveva vinto.
Lui, che aveva perso.
Aveva perso lei.
Non era colpa sua, non era colpa di nessuno. Era solo destino. E si sa che il destino riserva molte sorprese.
Tuttavia sentiva un vuoto. Un vuoto doloroso e silenzioso.
Era passato tanto, tanto tempo da quando l’aveva vista per l’ultima volta. Eppure la ricordava ancora. Un ricordo che lasciava tanta amarezza, ma anche qualcosa di dolce e unico, indescrivibile, come quando sei sotto una coperta mentre piove, guardi il cielo morbido di nuvole e ti senti al sicuro.
Grazie al Mixi Trans riusciva a sentire ancora la sua aura, calda, tenera, sincera e pura, come un raggio di sole in quel mondo così crudele e ingiusto. Ma averla lì accanto a sé sarebbe stata tutta un’altra cosa.
Si mise una mano in tasca e ne tirò fuori una carta di caramella rosa chiaro, tutta spiegazzata. La strinse forte. Nonostante fosse così rovinata e segnata dal tempo, Ranmaru le si aggrappò con tutte le forze. Era l’unica cosa concreta che gli restava di lei, in un certo senso gli dava la certezza che non fosse stato tutto un sogno. Era in momenti come questi che si rendeva conto di amarla. Una lacrima gli rigò la guancia sinistra e cadde sulla carta. La strinse di nuovo e si sentì un po’ meglio.
 

La battaglia infuriava. Il fragore delle spade e gli urli lancinanti riempivano l’aria. Jeanne non poteva fare niente. Non sarebbe stato come le altre volte, glielo aveva detto Kami-sama. “Ma perché?” aveva singhiozzato lei, nella sua semplice stanzetta semibuia, stringendo il suo ciondolo d’argento illuminato a malapena dai primi raggi dell’aurora. Lui non le aveva risposto, ma Jeanne sentiva che era necessario e basta. Nonostante tutto, aveva pianto, e molto. Tutto quel peso terribile sulle spalle, tutte le vite che volavano via, tutto l’orrore della guerra… ma non era solo questo.
Già, pensò. C’era anche lui. Aveva pensato a lui ogni singolo giorno da quando era partito. E aveva chiesto a Kami-sama anche questo, per quale motivo si era innamorata di lui. Neanche questa volta gli aveva risposto, lei aveva semplicemente percepito di nuovo che doveva essere così e basta. E Jeanne, con la sua grande fede, non aveva chiesto altro. Ma in fondo, non capiva ancora perché Kami-sama le avesse riservato tante sofferenze.
Però, a pensarci bene, conoscere Ranmaru era la cosa più bella che le fosse mai capitata. Quel ragazzo non solo era speciale, ma la faceva sentire speciale. La prima volta che aveva guardato quegli occhi di cristallo, era rimasta profondamente colpita da lui. “Sta cedendo alla gelosia” le aveva confidato Kami-sama, “ma non capisce che non ne ha motivo”. Jeanne si era promessa di riportare la sua anima in pace. E dopo quel giorno sulla torre, tutto era cambiato.
Le mancava terribilmente. Le aveva infuso la speranza, l’aveva rassicurata. Jeanne sapeva che senza di lui non avrebbe mai potuto rafforzare l’ardore dei soldati. Non sarebbe mai potuta arrivare dov’era in quel momento. Forse per ringraziarlo, forse per fare in modo che quello sforzo non andasse perduto, la ragazza aveva sempre dato il massimo.
Ma in quel momento, aggrappata disperatamente alla sua bandiera, non c’era davvero nulla che potesse fare. Strinse convulsamente il suo ciondolo protettore, pregando per i soldati, per la Francia, per Ranmaru, e anche un po’ per se stessa. Poi qualcosa la colpì alla testa e tutto si fece buio.
 
Era tutto pronto. Il boia Geoffroy Thérage aveva preparato il necessario per dar fuoco ai tizzoni. Jeanne sapeva quello che l’aspettava. E ancora pensava a lui. Mentre Thérage la legava al palo, Jeanne pregò disperatamente. “Kami-sama, Kami-sama, ti prego, salvami…” poi, disperata, sussurrò: “Ti prego, fammi vedere Ranmaru un ultima volta… ti prego!”. Calde lacrime le scorrevano sul viso, mentre si ritrovava di nuovo a stringere il ciondolo d’argento. Il calore delle prime fiamme cominciò a corroderle l’orlo della veste, poi i capelli già tagliati, poi la pelle…



Tutto si fece bianco. Un bianco abbacinante, che faceva male agli occhi. E poi, all’improvviso, un vortice di colori la avvolse fino a formare una specie di tunnel dai colori sgargianti e mutevoli. Si sentì catapultare in avanti, e vide un raggio di sole che sbucava da un’apertura alla fine del tunnel. Sbucò in un paesaggio verde brillante e azzurro cielo, davanti a una figura che ben conosceva.


Ranmaru sapeva che, anche se pallida, con i capelli quasi rasati e il bel viso pieno di lividi e segnato dalla sofferenza, quella davanti a lui era la sua Jeanne.
La strinse forte, istintivamente. Assaporò il suo profumo. Quanto gli era mancato il suo profumo. Lei sorrise. Quanto gli era mancato il suo sorriso…


“Addio” mormorò Jeanne. Lo amava, l’aveva sempre amato. Poi, consapevole che era giunto il suo momento, svanì, confondendosi col vento.

Ranmaru non poteva credere ai suoi occhi. Era stata solo un’illusione, solo un’illusione… eppure, sembrava tutto così reale! Gli pareva addirittura di percepire ancora l’aroma di pane fresco e caramelle… si accasciò di nuovo sul tronco dell’albero, e reclinò la testa sulla corteccia ruvida e inospitale, sconsolato.

Non si accorse di avere qualcosa d’argento al collo.
   
 
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