THE PUPPET MASTER
Apro lentamente gli occhi. Buio.
Li chiudo. Li riapro. Quando i miei occhi si abituano al buio mi metto a sedere
e mi guardo attorno. Mi trovo in una stanza di forma irregolare dal soffitto
basso. Non c’è nemmeno una finestra. Solamente una luce soffusa entra
dalla porta che si trova proprio davanti al letto in cui sono seduta, a qualche
metro da me.
Scendo dal letto. Un dolore acuto
si propaga nella mia testa. Mi tasto la nuca: è fasciata. Sembrerebbe proprio
che qualcuno l’abbia fasciata. Ma chi?
Ignorando le fitte di dolore alla
testa, mi dirigo verso una scrivania piena di pinze, forbici e fili di ogni
genere. Pezzetti di legno sono sparsi per la scrivania. Lì per terra c’è
qualcosa. O meglio, qualcuno. Questo qualcuno è coperto da una pezza,
accasciato a terra, immobile.
La curiosità mi spinge ad
avvicinarmi a quel qualcuno. Sollevo la pezza quel tanto che mi permette di scorgere due occhi gialli che mi fissano senza
espressione. Riabbasso immediatamente il lembo della stoffa e mi allontano di
qualche passo. Nel farlo inciampo in un pezzo di legno e cado a terra. Il cuore
mi martella forte nel petto. Cerco di calmarmi. La figura è ancora lì,
immobile. Mi avvicino ancora e rialzo nuovamente la stoffa riscoprendo gli
occhi gialli e i ciuffi marroni che circondano il volto legnoso della figura.
Una marionetta. Il mio cuore rallenta i battiti. Era solo una semplice
marionetta.
Ad un tratto la porta si spalanca
con un cigolio sinistro. Mi volto di scatto.
-Allora ti sei svegliata-, dice
quel qualcuno apparso sulla soglia.
La luce mi abbaglia e mi copro con
un braccio gli occhi.
-Chi sei?-, gli chiedo quando i
miei occhi si abituano alla luce. La mia voce mi è completamente estranea.
Sembra che non parlo da un secolo.
La figura non risponde.
Il mio corpo trema lievemente
anche se sento la pelle bruciare.
Intanto la figura mi si avvicina
sempre di più, fino a che le nostre fronti si sfiorano. Mi scruta intensamente
con il suo sguardo ambrato e i suoi capelli rossi mi solleticano il viso.
-Vai a letto…hai ancora
bisogno di riposare-, mi dice poi.
Mi alzo a fatica e mi dirigo verso
il letto. Rabbrividisco al contatto dei miei piedi nudi con il pavimento. Mi
infilo sotto le coperte e mi metto a sedere. -Non hai ancora risposto alla mia
domanda-, dico. Il ragazzo mi porge una fialetta dal contenuto misterioso. Lo
guardo interrogativa.
-Bevi-, mi dice soltanto. Io obbedisco.
Mi sento troppo stanca per ribattere.
Il liquido mi brucia la gola.
Nuove fitte si propagano nella mia testa. Poi tutto si fa nero.
*********
Quando mi sveglio è ancora buio.
Trovo il ragazzo seduto alla
scrivania che scolpisce una figura in legno. Una lampadina illumina la sua
creazione.
Mi alzo a sedere. Una veste bianca
è adagiata sulla sedia che funge da comodino.
Do un occhiata
fugace al ragazzo: sembra così impegnato nel suo lavoro da non accorgersi
nemmeno della mia presenza. Così mi svesto e indosso velocemente l’abito.
Sembra fatto apposta per me: mi
lascia il collo interamente scoperto, ha le maniche lunghe, è stretto in vita e
arriva alle ginocchia in morbide pieghe di candida seta. C’è anche un
maglioncino nero, lì vicino. Lo indosso e abbottono i due bottoni neri.
Poi mi metto gli stivaletti neri
accanto al letto: sono davvero comodi.
Dopodiché mi avvicino lentamente
al ragazzo osservando la sua creazione. E’ davvero bella. Mi somiglia.
Finalmente mi degna di uno
sguardo. Uno sguardo fugace, ma penetrante.
Intaglia gli ultimi tratti del viso
della giovane donna. Per aver fatto un così bel lavoro deve aver sicuramente
lavorato tutta la notte. Eppure sembrava che non ne avesse minimamente
risentito.
-Che fai ancora qui?-, mi dice
tranquillo rimirando la sua opera.
-Ecco…volevo sapere che cosa
mi è successo…come mai sono finita qui?-, chiedo.
Volevo spiegazioni. Le pretendevo.
-Ti ho trovava svenuta in una
foresta…eri ferita gravemente e ti ho portata
qui…-, risponde lui.
Ora ricordo: io e la mia squadra
abbiamo combattuto contro un temibile avversario quel giorno. Io era riuscito a
portare il nemico in un luogo lontano dal villaggio e poi l’avevo battuto
con il mio attacco migliore. I miei compagni invece erano andati a portare in
salvo gli abitanti del villaggio nel caso non ce l’avessi fatta. L’ unica cosa certa è che avevo salvato il mio
villaggio e quella era la cosa più importante.
-Quando mi hai trovato?-, chiedo
ancora. Sempre più curiosa.
-Circa 5 giorni fa…-,
risponde ancora una volta lui.
Ho dormito per tutto quel tempo?!
-Ti ringrazio molto di avermi salvata, ma perché l’hai fatto? Insomma, avresti
potuto tranquillamente lasciarmi lì…-, dico io confusa.
Lui non risponde.
-E’ meglio che vai, ora. Non
puoi restare qui…-, conclude il rosso.
Io non riesco a muovermi. Sono
bloccata.
-Non
c-capisco…perché…?-, inizio a dire io. Lui punta finalmente i suoi
occhi ambrati nei miei.
-Questo non è posto per una
ragazzina…vattene!-, mi dice leggermente adirato.
Io sono più confusa che mai. Non voglio andarmene da colui che mi ha salvata e qualcosa mi dice che anche lui non vuole lasciarmi andare. I suoi occhi lo tradiscono.
Ma ormai cosa posso fare?
-Non so ancora il tuo
nome…-, gli dico.
-Non ti interessa…-,
risponde. Gli occhi fiammeggianti.
-Comunque il mio è Yuki…-.
Lui riprende a intagliare
un’altra figura, senza badarmi.
Allora me ne vado, lanciandogli un
ultimo sguardo.
Ovviamente non se ne accorge, è
troppo impegnato a occuparsi della sua opera.
-Io sono Sasori…Akasuna no Sasori-, sussurra poi
continuando a lavorare il legno.
Ormai però me ne sono già andata.
Per sempre. O forse.
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Sono passati due anni dal giorno
in cui ti ho lasciata andare. Se non fosse per il mio
maledettissimo cuore, l’unica parte ancora umana, ti avrei già dimenticata. Invece no. Il mio cuore serba il tuo ricordo
gelosamente.
Tuttavia sono felice che te ne sei andata perché se fossi rimasta ancora un minuto di
più non ti avrei lasciata andar via. Ti avrei tenuto con me. Per sempre. Così
facendo però ti avrei reso la vita un inferno ed è per questo che sono contento
del fatto che te ne sei andata.
Perché io non sono quel che
sembro.
All’improvviso la porta si
apre e una zazzera bionda irrompe nella mia stanza, riscuotendomi dai miei
pensieri.
-Che vuoi?-, gli domando continuando
a lavorare un ciocco di legno.
-Abbiamo una nuova
missione…-, risponde il biondo avvicinandosi a me.
-Ah…e quando partiamo?-.
-Fra venti minuti…-, dice
lui ammirando la mia opera, quella di cui vado più fiero: la tua copia perfetta
intagliata nel legno. Non so perché la tengo, ma ogni volta che la guardo ho
una fitta al cuore e quando tento di gettarla via il mio cuore mi supplica di
non farlo, lanciandomi nuove fitte più acute e dolorose. Dannazione.
-E’ molto bella…-, mi
dice. -Una delle tue opere più belle…la farai diventare una marionetta?-.
Io smetto di stuzzicare il
pezzetto di legno che tengo fra le mani, mi alzo e comincio a prepararmi per la
missione.
-Ho forse detto qualcosa di male, Sasori-sempai?-.
Sasori. Akasuna
no Sasori. E’ stato tutto quello che ti ho detto prima di non
vederti più. Forse non l’hai nemmeno sentito.
-Sempai?-. La voce del biondo mi scuote
dai miei pensieri.
-Che c’è, Deidara?-, gli chiedo scocciato.
-Mmm…ultimamente sei strano,
sai?-.
Non mi sorprende. Non faccio altro
che pensare a una stupida ragazzina.
-E’ tardi…ci conviene
andare prima che faccia buio…-, dico brusco.
Lui mi guarda di sbieco.
-Non guardarmi così o ti ammazzo-,
gli dico uscendo dalla stanza.
Il biondo mi segue dopo un attimo
di incertezza, emettendo una risatina di scherno.
Per tutta risposta grugnisco e lui
smette di ridere. Bene, vedo che ha capito che faccio sul serio.
************
-Yuki-chan, il the è pronto. Può servirlo
agli ospiti…-, dice una donna dai lunghi capelli ramati raccolti in uno
chignon alto.
-Certo…-, dico io prendendo il vassoio che mi porge la donna e dirigendomi
dagli ospiti in salotto.
Fregi rosa a forma di fiore ornano
il mio raffinato kimono viola. Una fascia violacea mi circonda la vita
terminando dietro in un fiocco. I capelli corvini sono raccolti in uno chignon
da cui spuntano due bastoncini decorati con ornamenti d’argento. Due
ciocche corvine ricadono sul davanti, mentre la frangia copre le sopracciglia
sottili. I miei occhi splendono alla luce soffusa del corridoio che percorro.
Questo è un giorno molto
importante. I miei genitori hanno invitato quello che dovrebbe essere il mio
futuro sposo. Non voglio sposarmi, ma ho acconsentito lo
stesso la visita del mio futuro marito. Cos’altro
potevo fare?
Quando entro nella sala degli
ospiti e vedo il mio futuro marito, inorridisco per un attimo.
Non avrei mai permesso a un
vecchio bramoso di avermi tutta per sé.
Il mio cuore appartiene ad
un’altra persona da oltre due anni. Non ne ho mai fatto
parola con nessuno, neppure con la serva dai capelli ramati a cui voglio un
gran bene. Ho cercato in tutti i modi di dimenticare quello che mi è successo
quel giorno e ciò che provo, ma ogni volta che lo faccio mi viene un groppo in
gola e avverto una dolorosa fitta al cuore.
-Yuki-chan, ti presento Kosuke
Narashi-, dice mio padre, Nobushi,
mentre appoggio il vassoio sul tavolino e mi metto in ginocchio sul cuscino
adagiato sul pavimento, accanto a mia madre.
Kosuke mi guarda compiaciuto. -Si, è carina proprio come me l’hai descritta, Nobushi…-. Poi sorride alla mamma.
Lei ricambia con un sorriso appena
accennato. Un sorriso che non aveva nulla a che fare con la gioia o la
soddisfazione. Un sorriso fatto solo per cortesia nei confronti del vecchio.
Io abbasso lo sguardo per non
incontrare quello del vecchio, cercando di rimanere impassibile.
Dopo circa un’ora, cariche
di sorrisi e commenti su di me da parte di Kosuke, il
padre mi congeda. Io do la buonanotte a tutti. Ormai si sta facendo tardi e il
sole è tramontato da un pezzo.
Prima di ritirarmi nella mia
stanza, sento dire da Kosuke che tornerà fra una
settimana per decidere la data delle nozze. Rabbrividisco.
L’idea che fra poco mi sarei
sposata e avrei passato il resto dei miei giorni accanto a quel vecchio mi fece
gelare il sangue nelle vene.
Appena arrivo in camera mia mi
slego i capelli ed esco un attimo in giardino per prendere una boccata
d’aria.
E’ inverno. L’aria è
gelata, ma non m’interessa. Se non posso concedermi a te, che cosa mi può
importare di una folata di vento gelido?
Alzo gli occhi alla luna: è così
bella e così sola. Nemmeno le stelle le fanno compagnia questa sera.
Cammino piano lungo il vialetto
del giardino, lasciando che l’aria fredda mi sfiori le guance.
Le foglie degli alberi sono cadute
da un pezzo, lasciandoli freddi e spogli.
Al centro del giardino c’è
una grande quercia. Qualche grossa radice spunta dal terreno. Mi siedo su una
di queste e contemplo il cielo senza stelle.
*******
-…allora, ricapitoliamo: io
resto qui di guardia e tu vai in perlustrazione…se dovesse accadere
qualcosa…-.
-So badare a me stesso, Deidara-, dico io calmo. Apparentemente
calmo. In realtà non vedo l’ora di togliermi dai piedi questo
rompiscatole e concludere velocemente la missione.
-Mmm…ok, allora aspetto
qui…-, dice il biondo.
Io non me lo faccio ripetere due
volte e scavalco la muretta del retro dell’abitazione.
Ho lasciato Hiruko
nel covo perché in questo tipo di missione non ne ho bisogno: devo muovermi
velocemente, con cautela e in assoluto silenzio e Hiruko
me l’avrebbe di certo impedito. Per catturare una ragazzina indifesa non
avevo certo bisogno del mio rivestimento legnoso.
Quando scorgo delle guardie, le
uccido in fretta e furia senza far rumore.
Poi avanzo piano seguendo il
vialetto di pietra, nascondendomi dietro a degli alberi ormai spogli.
Ad un tratto scorgo una fanciulla
seduta di spalle fra le radici di una grande quercia.
E’ buio e non riesco a
intravederne il volto.
Mi avvicino furtivo.
Appena le sono abbastanza vicino
le cingo forte il collo e le punto un kunai in gola.
Ha la pelle calda e profumata. Sa
di fragola.
Stranamente la fanciulla non cerca
di liberarsi. Poi però mi sferra un pugno allo stomaco legnoso. Io
indietreggio: non tanto per il dolore, ma per la potenza del colpo.
Prima che io riesca a fare
qualsiasi movimento, la ragazza si sfila un kunai
dalla fascia che porta in vita e si mette in posizione di attacco aspettando la
mia prossima mossa.
*******
E’ lui! E’ proprio
davanti a me…come potrei non riconoscerlo?
-S-sasori…-, dico abbassando il kunai e avvicinandomi piano.
Alzo lentamente una mano e gli
sfioro una guancia. E’ dura. Sembra fatta di legno.
Lui si allontana di scatto da me.
Io ritiro la mano.
Sembra sconvolto, ma nel giro di
qualche secondo torna ad essere una maschera impassibile.
-Perché sei venuto qui?-, gli
sussurro.
Lui non risponde subito.
-Dovevo ucciderti-, mi dice. Io trattengo
per qualche secondo il fiato.
-Hai paura?-, mi chiede.
-No, non ho paura di te-, gli
rispondo calma e sicura, guardandolo dritto negli occhi.
Lui sorride. -Non avresti dovuto
dirmelo…-, mi dice calmo, ma con una strana nota nella voce.
Ad un tratto mi sento afferrare la
vita. Poi spicca un balzo. Mi sta portando via!
Durante la corsa mi cinge le
spalle e le gambe per riuscire a saltare meglio.
Mi sento così bene fra le sue
braccia forti. Abbandono la testa sul suo petto e chiudo gli occhi. Lui non
sembra farci caso.
*********
Appoggia lentamente la testa nel
mio petto e chiude gli occhi. E’ così carina…
Maledizione. Sono uno stupido. Perché faccio
questi pensieri mielosi? E perché l’ho presa in braccio? Dove la sto
portando?
Mentre formulo questi pensieri
intravedo un boschetto.
Mi fermo lì e la faccio scendere.
Mi guarda.
La guardo.
Si avvicina.
Mi avvicino.
Non ha paura, anzi sembra contenta
di rivedermi. Forse lo sono anche io.
Ad un tratto i suoi occhi brillano
più del normale.
Sembrano due smeraldi brillanti.
-Lo sai che sono pericoloso,
vero?-, le chiedo piano.
Lei non risponde.
-Avrei potuto ucciderti-, insisto
io.
-Ma non l’hai fatto…-,
mi risponde finalmente. La sua voce è ridotta in un sussurro.
-Posso sempre farlo…-, dico io guardandola in volto.
Lei si avvicina pericolosamente al
mio viso.
-Fallo, allora-, mi sussurra
all’orecchio.
All’improvviso una folata di
vento ci investe scompigliandoci i capelli. Poi ritorna tutto tranquillo, come
se la natura fosse in attesa della mia risposta.
Io non mi muovo.
La guardo divertito.
Mi sta sfidando.
********
Alzo fiera il mento e lo guardo
dritto negli occhi, in attesa di una sua mossa.
Non so perché, ma sono certa che non
mi farà nulla di male. Forse potrei sbagliarmi, ma che importa? Se dovesse
uccidermi, l’ultima cosa che vedrei sarebbe il suo volto. E questo mi
renderebbe felice.
Ad un tratto appare dietro alle
mie spalle.
Estrae il suo kunai
e mi cinge il collo.
-Credi che farò quello che mi
ordina una ragazzina?-, sussurra mentre passa lentamente la fredda lama sul mio
collo e la spalla nuda.
Resto impassibile mentre un rivolo
di sangue mi macchia la pelle dorata.
Poi, con mia grande sorpresa,
calca le sue labbra sulla mia pelle, seguendo la sottile linea rossa del taglio
che mi ha provocato con il kunai.
Rabbrividisco.
Sento scorrermi fuoco nelle vene.
La pelle scotta.
-Che cosa vuoi fare?-, sussurro
piano io.
Lui si allontana di scatto. Io mi
volto verso di lui.
All’improvviso si mette a
piovere.
Piccole gocce d’acqua gli
rigano il volto perfetto.
-Non mi lascerai sola di
nuovo…-, dico. Lo scrosciare della pioggia copre le mie parole.
Lui però si avvicina e mi domando
se ha sentito.
Mi accarezza piano il volto. Poi
mi prende nuovamente in braccio e mi porta via.
*******
C’è una grotta scura lì.
Bene, ci riparerà dalla pioggia.
Mi chiedo solo perché sto facendo
questo. Deidara mi starà aspettando.
Entro nella grotta. Faccio per
appoggiarla quando mi accorgo che si è addormentata.
Ormai è tardi.
Non posso lasciarla sola.
Così l’avvolgo nella mia
cappa rossa e nera e mi sdraio con lei a terra.
Il vento gelido penetra nella
piccola grotta.
La stringo forte.
Il profumo dei suoi capelli è
inebriante e m’impedisce di pensare coerentemente.
Sento il suo lieve respiro sul
collo.
Anche se non ho bisogno di dormire
chiudo lo stesso gli occhi abbandonandomi al suo dolce tepore.
-Sasori…-, sussurra lei nel sonno.
Sento una stretta al cuore. Che
devo fare?
*******
A quest’ora avrebbe già
dovuto concludere la missione. Insomma, catturare una ragazzina indifesa è così
difficile? Forse è meglio che vado a controllare. No, lui odia essere aiutato.
Preferisce agire da solo. Quindi è meglio lasciarlo in pace, altrimenti mi farà
diventare parte della sua raccolta di marionette.
Allora mi trovo un rifugio sicuro
e aspetto che torni.
E’ inutile preoccuparsi,
magari si starà divertendo torturando quella ragazzina.
Avrei voluto occuparmene io, così
l’avrei resa artistica facendola esplodere. No, il capo la vuole viva.
Meglio aspettare il ritorno del mio sempai.
*******
Quando apre gli occhi è quasi
l’alba.
-Sasori…Che cosa ci fai qui?-, mi
chiede con la voce ancora impastata dal sonno.
-Non lo so nemmeno io…Dovrei
andarmene sai?-, dico alzandomi.
Per un momento non dice nulla.
-Ti prego non andartene…-,
dice.
Una lacrima solitaria le riga la
guancia.
Io le asciugò la lacrima con un
dito.
Lei si butta fra le mie braccia.
-Devo andare…-, le dico in
un soffio.
Lei allenta la presa e mi guarda
in viso.
-Perché non mi porti via con te?-,
mi chiede.
Io non rispondo subito.
-Sono un assassino e faccio parte
di un organizzazione di assassini…-.
Faccio una pausa.
-Il mio capo vuole che ti catturi per
estrarre il demone a sei code che custodisci dentro di te…facendo questo
tu moriresti…-, concludo.
-Come fate a sapere che custodisco un demone?-.
-Il capo sa sempre tutto…-,
dico io. Non voglio sperperare altre informazioni preziose. Nemmeno a lei.
-Ti riporto a casa…-, le
dico.
-Non ce n’è
bisogno…conosco la strada…-.
Ti cerco con gli occhi, ma fai di
tutto per sfuggire al mio sguardo.
Non avrei mai dovuto amarti perché
adesso ho paura di perderti. Ecco perché non avrei mai dovuto salvarti quel
giorno di due anni fa. Odio farti soffrire, ma soffriresti ancora di più se ti
portassi via con me.
*******
Ti guardo avvicinarti a me. Voglio
fuggire da te per non soffrire più e dimenticarti, ma non ci riesco.
Intanto posi piano le tue labbra
sulle mie.
Adesso avverto ancora più forte la
paura di perderti per sempre anche se so che è inevitabile.
Non puoi restare con me, me ne
rendo conto. Ma cosa dirai al tuo capo? Non puoi certo dirgli che ti sei
lasciato sfuggire una ragazzina indifesa.
Quando il lieve contatto finisce
mi allontano piano da te.
-Addio…-, sussurro.
Non ho neanche la forza di
sorriderti per un ultima volta.
Mi volto e me ne vado sentendo il
tuo sguardo seguirmi finché non scompaio dalla tua vista.
Quando so che non puoi più vedermi
mi lascio cadere a terra in ginocchio.
Non una lacrima riga il mio volto.
Solo un vuoto che so che ormai non può essere più colmato.
Sfilo il kunai
dal mio kimono e lo rigiro fra le mani.
Sono stata una codarda a non dirti
quanto tu sei importante per me.
E sono una codarda per quello che
sto per fare.
Perché fuggire non serve a nulla.
Prendo il kunai
con due mani e lo infilo nel cuore.
Affonda facilmente nella tenera
carne.
Ignoro il dolore insopportabile.
Sangue caldo inonda le mie mani e
sporca il kimono.
Mi pulsa la parte colpita, come se
il cuore, nonostante è lacerato e straziato dal dolore, continua a battere.
La testa mi sta per scoppiare.
Comincio a vedere tutto sfocato.
Poi tutto si fa nero e le tenebre
mi avvolgono mentre cado in un sonno eterno.
FINE
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Allora, cosa ve ne pare? dopo tanti ritocchi e
ripensamenti, finalmente ho postato la ficcy. Spero
che vi sia piaciuta ^^
Innanzitutto ringrazio chi l'aveva
recensita prima che la ri-postassi:
babysweetangel