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Autore: RadioPotter    13/05/2015    0 recensioni
E' finita l'avventura della Pietra filosofale, e Albus Silente si reca ad incontrare un vecchio amico per discutere di una questione di vita e di morte.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Silente, Nicolas Flamel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Un tè? - Kiralya
 
“Che io sia dannato, Albus!" Quando le braccia del vecchio amico si serrarono intorno alle sue spalle, gli occhi di Albus Silente non poterono fare a meno di sciogliersi un poco. "Entra amico mio, entra e rallegra la giornata di un povero vecchio. Ho dell'ottimo infuso di mirto che aspetta solo di essere provato".
Erano ormai le quattro del pomeriggio quando il preside di Hogwarts bussò alla porta di Nicolas Flamel. L'enorme casa dell'alchimista sorgeva sul declivio di una verdissima collina nella campagna irlandese, a miglia dall'abitazione più vicina. Un cielo blu di zaffiri accarezzava le pareti di pietra e legno massiccio, avvolte e cullate da un infinito oceano d'erba. Era bellissimo. Ed Albus Silente non poteva fare a meno di chiedersi cosa sarebbe rimasto di quella incredibile bellezza, una volta conclusa la sua visita.
"Allora Albus" Nicolas si sedette su una elegante poltroncina in salotto. "Cosa ti porta in questo angolo di mondo?" La sua voce era intelligente e colma di gentilezza. Mentre ampolle, libri e manufatti provenienti da mille vite lo fissavano cupe come rapaci sui propri trespoli, Albus osservò incerto il suo interlocutore. Le piccole lenti a mezzaluna sul suo naso diventarono improvvisamente di piombo.
Nicolas Flamel vestiva una soffice tunica cremisi arricchita di preziosi disegni evidentemente incantati, poiché cambiavano continuamente forma, intrecciandosi e intersecandosi fra loro. Portava una corta barba d'argento e neve, e occhiali tondi sul suo naso affilato. Le onde del tempo avevano continuato a infrangersi per secoli sui due profondi occhi di smeraldo incastonati nel suo volto scavato, formando innumerevoli increspature. Un sospiro, un battito di ciglia, e un assordante silenzio.
"Nicolas" iniziò Albus con voce grave "non è facile da dire..."
"Ah, Albus..." l'alchimista lo interruppe subito, scuotendo pigramente la testa, "se c'è una cosa che ho imparato negli anni è che, a volte, ciò che per forza deve essere detto, non per forza deve essere udito…" si protese, allungando uno sguardo ammiccante, "… e, a volte, anime gentili accettano tacitamente di portare sulle loro spalle il pesante fardello di coloro che amano..."
Un caldo silenzio riempì come miele le fratture lasciate dallo stupore. "Minerva?" rispose Albus, in un incerto mormorio. Nicolas annuì.
"È venuta qui pochi giorni fa. Mi ha parlato di come Tu-Sai-Chi... beh, sembra che ci sia andato molto vicino, e mentirei se dicessi di non sentirmi in parte responsabile, Albus. E poi il ragazzo..." Questa volta furono le carezze del vento fuori dalla luminosa finestra a inghiottire il silenzio. Un sorriso lontano increspò le labbra dell'alchimista. "Non riusciva a smettere di piangere, povera Minerva..."
"Non avrei mai voluto venire, non in questa circostanza... e certamente non avrei voluto che Minerva si prendesse carico di un simile peso" sospirò ancora Albus Silente, abbassando la testa "Io... non so bene cosa dire Nicolas..." Aveva la gola secca, e la malinconia iniziò ad annegargli il cuore.
"Sai Albus" iniziò l'altro "quando tu nascesti, io avrei già dovuto essere polvere da secoli... ho visto più cose di quante qualunque mago o strega possa mai sperare di vedere in cento vite.
"Ho presunto di saper parlare ogni lingua, e di aver percorso ogni sentiero. Ho sposato le epoche, ho cavalcato il tempo. Ma la verità Albus, è che non sono secoli di vita a rendere libero un uomo... non è la prospettiva di un'esistenza pressoché infinita, non è ambire all'impossibile conoscenza di ogni cosa, e di sicuro non è una piccola pietra livida come il sangue, e che del sangue ha il sapore. È un segreto più grande di chiunque di noi, e credo di averlo compreso appieno solamente riflettendomi nelle lacrime di una grande, sensibile strega, seduta dove ora siedi tu, Albus... ho vissuto per secoli, ma non per questo ho vissuto più di qualunque altro uomo" sospirò lentamente. "So che intendi ciò che voglio dire, amico mio." Sorrise ancora l'anziano alchimista, e si appoggiò piano allo schienale della poltroncina, guardando i propri pensieri volare fuori dalla grande finestra del soggiorno.
"Buffo come l'abbia scoperto solo alla fine della mia vita" mormorò, senza distogliere lo sguardo dalla vetrata "buffo come la mia mente si sia realmente aperta solamente alla chiusura ultima della mia esistenza." Spostò la mano verso un tavolino rotondo appena sotto la finestra, indicando un'alta, strana ampolla colma di un liquido ambrato, venato di riflessi sanguigni. "Durerà abbastanza per permettermi di sistemare i miei ultimi affari..." disse Nicolas Flamel, come soppesando ogni singola parola. "Ah, e prima che mi dimentichi, ho un piccolo dono per te, Albus" sorrise ancora. "Una piccola, grande cosa che possa sempre ricordarti un vecchio amico." L'alchimista si alzò con eleganza, e si avvicinò ad uno dei tanti scaffali di mogano che costellavano le pareti del soggiorno. Tornando a sedersi, stringeva tra le delicate dita d'avorio una minuscola boccetta di vetro, sigillata da un tappo di sughero. "È l'ultima scheggia della pietra, troppo piccola per rappresentare una qualche minaccia, ma sufficientemente grande per conservare un ricordo..." mormorò, porgendo al suo vecchio, caro amico l'ampollina, grande appena un centimetro. All'interno dell'ampolla, una minuscola, sottilissima scheggia riluceva di incredibili riflessi vermigli sotto i raggi del sole irlandese. Venature di tenebra, sangue e madreperla percorrevano la superficie della gemma, talmente bella ed eterea che sembrava quasi la materializzazione di un sogno. Sembrava la scaglia di un drago antico, con quei bordi taglienti che graffiavano l’aria coi loro bagliori.
Mentre una lacrima scivolava silenziosa lungo la guancia di Albus Silente, fermando la sua corsa sulle labbra increspate da un sorriso, la gentile voce di Nicolas Flamel tornò a rompere quel silenzio senza tempo. "Allora amico mio" disse, ridendo con gli occhi "lo vuoi o no quel maledetto té?”




Questi luoghi e personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Joanne Rowling; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
   
 
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