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Autore: M4RT1    13/05/2015    2 recensioni
56th Hunger Games | Distric 8 | OC!Characters
Leandro "Tim" Tiraz ha diciotto anni e si prepara per l'ultima Mietitura della sua vita, in piedi sotto il cielo plumbeo del suo Distretto. Non sa che una minuscola possibilità in quel mare di bigliettini può togliergli anche il diritto di guardare le nuvole.
Dal II Capitolo:
Tributo, già. [...] Come Teseo. Lui combatté contro il Minotauro, io soccomberò sotto i miei coetanei. Lui uccise un mostro, io non sono riuscito neppure a guardare il mio migliore amico negli occhi.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het, Slash | Personaggi: Altri tributi, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Avviso ai lettori: i personaggi presenti in questa storia sono stati creati da me e restano di mia proprietà, così come l'Arena. Non mi appartiene invece il contesto generale, di proprietà di Susanne Collins, autrice della saga "Hunger Games". ©

 

E se il cielo scompare

 
Credo negli esseri umani
Credo negli esseri umani
Credo negli esseri umani che hanno coraggio,
Coraggio di essere umani
 
["Esseri umani" - Mengoni]
 


 
Non ricordo di aver indossato la divisa - eppure ce l'ho: maglietta beige chiaro, giacca impermeabile nera, pantaloni resistenti e scarponi; in tasca, il portafortuna del mio Distretto è fresco e rassicurante: un ditale di ferro, semplice e consunto, che è appartenuto a mia nonna. Non ricordavo nemmeno di averlo, fino a poche ore fa, prima che Lauren me lo infilasse nella giacca con un mezzo sorriso.

Prima che tutto finisse e tutto iniziasse - prima che scoprissi di essere stato mandando sotto terra. E ora eccomi qui, immobile in un cerchio di Tributi che si guardano intorno sconvolti e respirano affannosamente: qualcuno probabilmente soffre di claustrofobia e non ha speranze neppure di superare il conto alla rovescia. Siamo a meno trenta, adesso: una caverna enorme ci ospita, scura e pericolosa nella sua penombra; la Cornucopia è proprio al centro, ha il corno puntato in alto e l'apertura pochi metri più a sinistra della mia posizione: potrei addirittura arraffare un'arma, e poi- e poi cosa? 

Rym è dieci posti dopo di me, la prima a destra. Ha il volto pallido, quasi luminoso nella penombra di quella luce fioca che illumina questa Arena del cavolo: sembra fuoco, ma non vedo torce. E comunque meglio così, perché moriremmo bruciati o soffocati se ci fossero.

Meno venti. Mi rendo conto di non averla nemmeno salutata, stamattina: è perché ero ansioso? No, non riesco a mentirmi: è perché ci saremmo ritrovati comunque insieme, qui, solo che adesso non posso fare a meno di pensare che siamo nemici.

Meno quindici. O Alleati? E se lei volesse fare squadra con me? Mi volto di nuovo, cerco il suo sguardo: ha gli occhi fissi nella Cornucopia, tutto il resto sembra essere scomparso. Eppure, attorno a noi si diramano almeno dieci cunicoli- no, non dieci: dodici. Come i Distretti. Il ché vuol dire che non ci sarà modo di scappare da soli, una volta terminato il Bagno di Sangue.

Meno cinque. Osservo bene quello che la Cornucopia mette a disposizione: coltelli, accette, spade, frecce, archi, piccole mine, zaini dal contenuto ignoto. Uno di questi è praticamente ai miei piedi, forse riuscirei a prenderlo anche adesso, mentre...
E poi suona l'inizio. Non ho il tempo di pensare che è la fine di tutto, che i Giochi sono cominciati e, al Distretto, Sam e i miei genitori saranno incollati allo schermo; non ho nemmeno il tempo di rendermi conto che tutti sono già diretti alle armi e io sono ancora sulla pedana, lo sguardo fisso su quello zaino. Semplicemente, lo prendo e corro lontano.

 
***

Raggiungo l'imboccatura di uno dei cunicoli mentre l'aria comincia a riempirsi di grida e lame. Sento il suono appiccicoso di scarpe che calpestano qualcosa di liquido, annuso un odore peggiore della polvere, tocco pareti umide e fredde. All'improvviso, nel buio le mie dita affondano in un'apertura: scava la parete di destra ed è poco profonda, ma credo di potermici nascondere dentro ed è esattamente quello che faccio. Da dove mi trovo, ho una visuale parziale della Cornucopia: vedo un paio di Tributi combattere a spada sguainata, il ragazzino del Cinque correre dalla mia parte - è quasi arrivato alla mia altezza quando il Tributo femmina del Distretto Uno lo raggiunge e gli taglia la gola con un coltello, lasciandolo a terra agonizzante. Poco lontano, una sagoma fugge in un altro dei cunicoli, inseguita da un paio di adolescenti che forse, se si fossero incontrati a scuola, sarebbero diventati suoi amici. E' questa la follia dei Giochi: la gente impazzisce, uccide, non si rende conto di cosa sta facendo. E poi, come se non bastasse, muore.

Il Bagno di Sangue dura quasi un'ora. Più di una volta Tributi in fuga mi sfilano davanti, urlando o piangendo o zoppicando; qualcuno è armato, altri no, ma in ogni caso è troppo buio per ricordare le faccie dei fuggitivi. Per fortuna nessuno si rende conto di me e io non mi muovo, raggomitolato nell'insenatura con lo zainetto stretto tra le mani. Resto lì fermo, dicendomi che dovrei afferrare quella pietra accanto a me e tirarla sulla testa chi passa - sarebbe un ottimo modo di uccidere, se solo avessi il coraggio di farlo. Ma non lo faccio. Alla fine, il cannone rimbomba otto volte: otto Tributi sono già morti, sedici sono ancora in vita. Io sono tra quelli. Io respiro, ho paura, provo sensazioni e vedo quadrati di terra sprofondare portando con sé i corpi dei defunti per poi riemergere, pochi secondi dopo, vuoti e puliti come se nulla fosse successo. Come se quelle persone non fossero mai esistite.

Per un momento mi domando cosa succederebbe a restare qui per sempre, a guardare gli altri farsi la guerra al posto di farla ai nostri aguzzini, a contendersi pane e morte tutti i giorni finché la Capitale non si annoierà, anche quest'anno. Poi mi rispondo che non posso, perché ho la mia famiglia e Sam e no, non posso permettermi di non provarci nemmeno. Devo combattere.

"Posso farcela" sussurro. Mi risponde il buio.

Quando trovo il coraggio di uscire, la Cornucopia è vuota e devastata, la caverna silenziosa; se ne sono andati tutti. Dopo essermi sommariamente guardato intorno, arrischio un paio di passi in avanti: rimbombano forte per la caverna, spaventandomi, ma nessuno accorre. Probabilmente saranno tutti in cerca di un rifugio, adesso. Dovrei cercarne uno anch'io, forse, ma la verità è che mi sembra tutto così assurdo che non sento nemmeno l'urgenza di salvarmi. Per la prima volta mi ritrovo a pensare che no, non può essere, non possono davvero rendere legale un massacro del genere - ora uscirà qualcuno e mi dirà che è tutto finto e che chi morirà in realtà si ritroverà sano e salvo da un'altra parte, magari nella capitale stessa; e forse non potrà vedere più la sua famiglia, ma sarà vivo. E anche se una parte di me sa che non è così che vanno le cose, le mie mani si rifiutano di tremare, i miei piedi non riescono ad andare veloci per salvarsi. Non c'è nessuno, non c'è niente, siamo tutti ragazzini, come possiamo ucciderci? Eppure sta già succedendo.

 
***

Lo zaino non è malaccio: dentro ci sono un paio di bottiglie d'acqua, una confezione di frutta essiccata, qualche pezzo di carne e una corda.

Sono accovacciato nella stessa insenatura di prima, alla penombra dei fuochi invisibili e fisso i miei piccoli tesori con un misto di allegria e
disperazione: mi rendo conto che, a parte quella che custodisco gelosamente nelle bottiglie, non esiste acqua. Non ci sono fiumi, per quanto ho visto, ed essendo sottoterra dubito che ce ne siano dove non ho cercato.

"Trovate un corso d'acqua" aveva detto l'istruttrice.
"L'acqua non ve la faranno mancare" ha detto Kriss.

Eppure, pur spremendomi il cervello come un limone, non ho idea di dove possa recuperare qualcosa da bere. Certo, per ora ho le due bottiglie, ma dopo? Non è possibile sopravvivere senza liquidi, ne sono certo. Quindi l'acqua c'è. Devo trovarla.

La sera cala presto, lo capisco dalle luci che si fanno più flebili: le tinte del marrone, del rosso e dell'ocra spariscono, coperte da un velo di nero e grigio piombo. Le ombre si allungano - al Distretto sarà quasi ora di smontare: immagino che Sam abbia fatto di tutto per cambiare tavolo, prendere quello proprio di fronte al grande schermo che, tutti gli anni, funziona solo durante i Giochi. Per un momento sono lì, al mio posto, le forbici in mano e lo sguardo stanco ma - lo capisco solo ora - felice; perché per quanto la vita dei Distretti faccia schifo, è comunque una vita decente, fatta di sofferenza, privazioni ma anche gioie e risate. Mentre ci penso, mi sporgo piano al di fuori del mio rifugio: il pavimento è pieno di pietrine acuminate che mi pungono dita e ginocchia, ma non ci bado - ci sono ben altri problemi nell'Arena.
La grotta della Cornucopia, pochi metri davanti a me, è silenziosa e tetra. Mi rendo conto che non ho la minima idea di come sia fatto il resto di questo posto e prometto a me stesso che domani ci darò un'occhiata; poi però, prima che possa sdraiarmi con lo zaino a mo' di cuscino, il suono dell'inno nazionale mi fa sobbalzare. Okay, dire sobbalzare è un eufemismo, perché ci manca poco che non mi strozzi per la paura, il cuore che batte forte e le orecchie che rimbombano - solo quando vedo il sigillo sulla volta della grotta mi calmo un po', appoggio la schiena alla roccia e osservo le facce dei Tributi morti oggi: Rym non c'è, per fortuna; invece, compaiono il ragazzino del Cinque, entrambi quelli del Sei, uno del Nove, uno del Dieci e i due del Dodici - otto ragazzi che non hanno nemmeno fatto in tempo a vivere i Giochi. Ma forse è stato meglio così, forse è meglio così e basta.

Mi sdraio. Forse, se mi volto con il viso dalla parte del muro, la giacca a vento si confonderà con le ombre e nessuno mi noterà. Sì, deve essere così. Poggio lo zaino per terra, le bottiglie d'acqua strette tra le braccia, e mi sdraio: è tremendamente scomodo, soprattutto dopo le nottate passate a dormire sui cuscini perfetti della capitale - ma ho sonno e chiudo comunque gli occhi. Immagino la telecamera che inquadra il mio viso - sarò orribile, ma a chi importa? - e i miei genitori che vanno a letto a casa, tra le solite lenzuola consumate e i cuscini bassi; forse anche Sam sarà a casa, ormai. Mi ritrovo a immaginarmelo in camera, la stessa camera che abbiamo condiviso tante volte e che ha udito le nostre fantasie, i nostri giochi, le nostre chiacchiere e le risate, oltre che le risse e le lamentele e i brontolii: in effetti, la vita. Mi addormento immaginando di essere lì con lui.


 
N.d.A: Scusate per il ritardo, ma sono stata vittima di una terribile congiunzione astrale (trasloco - niente internet - esami). A presto! 
Una precisazione: la citazione che ho inserito all'inizio è antitetica, perché naturalmente non c'è nulla di umano nel Bagno di Sangue.
 
  
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