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Autore: FallinParadise    15/05/2015    1 recensioni
E se, stavolta, i diversi fossero gli etero?
E se, in questa nuova visione del mondo, fossero loro i veri emarginati?
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"E' un errore, Maddie. E' nato guasto, rotto, amare una donna per un uomo non è normale, lo capisci? Ne era consapevole anche lui, per questo sei anni fa è scappato dal laboratorio, sapeva di dover morire prima o poi".
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"Mia madre dice che da piccolo i tuoi padri ti affidarono a lei... dice che sei pericoloso e che non dovrei fidarmi di te".
"Guardami" le disse, passandole un fiore sotto al mento. "Se avessi voluto farti del male lo avrei già fatto. Sono o non sono guasto?".
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Il loro mondo era perfetto. Un mondo al disopra del sottomondo in cui Maddie era nata e cresciuta, nascosta ai magnifici raggi del sole ed alla delicatezza delle gocce di pioggia. Si sentiva finalmente libera da ogni ideale e prototipo, libera da ogni giudizio e predizione. Finalmente, dopo sedici lunghi anni, Madeleine si sentiva finalmente se stessa davanti quell'occhio bianco. Guasta, ma accanto all'unico ragazzo che avrebbe mai potuto amare. Letteralmente.
Genere: Fantasy, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
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Prima di cominciare...

Chiarisco alcuni aspetti fondamentali che poi verranno ampliati, altrimenti non seguite il discorso.
Tre tipi di nascite: Totalium - Halfier - Digenic.
Due mondi: Sopra (disabitato) - Sotto (popolato).
Due sessualità: Omossessuale (riconosciuta) - Etero (da eliminare).

Gli oggetti che troverete con nomi strani poi verranno spiegati, tranquilli, come verrà ampliato il discorso paesagistico.
Buona lettura!



La mattina sembrò arrivare più tardi del solito per Madeleine.
Stesa nel suo letto con la pancia volta all'insù non faceva altro che pensare a quanto bello sarebbe stato conoscere la sua Afrodite. La mamma aveva avuto Cloe, la sua generatrice; zio Carl aveva Max; Elliot aveva Emmett; Lucy aveva Mary... e lei? Lei aveva una coperta e tanto freddo, solo quello. La mamma le diceva sempre di aspettare, di avere pazienza... ma cos'era questa pazienza di cui tanto parlava? Maddie era sicura di non avere neanche quella.
Voleva Cloe... le mancavano i suoi abbracci ed il modo in cui le pettinava i capelli prima di dormire, raccontandole dolci storielle che narravano la vita della gente ancora Totalium. Avrebbe voluto conoscere una persona come quelle, un giorno, ma mamma Elena le diceva sempre che quelle persone erano ormai tutte estinte.
Che brutta parola, pensò quella volta, non ne conosceva neppure il significato.
Sapeva solo di essere una Halfier, cosa significasse restava un'incognita.
A pensarci bene, tutto del suo modo era un grosso punto di domanda.
Per esempio... le storie di Cloe parlavano sempre di donne grasse e piene di bambini, ma com'era allora che lei di donne così non ne aveva mai vista neanche una?
Forse avrebbe dovuto chiedere ad Elena, lei diceva di saper creare i bambini.
Si alzò dal caldo giaciglio e si spostò alla cieca nella grande cameretta destinata da sempre unicamente a lei. Si alzò sulle punte per aprire la porta, si tolse le ciabatte per non fare rumore sul marmo e sgattaiolò verso camera della mamma.
"Ehi" sussurrò da fuori, notando la leggera luce che entrava dalla finestra. "Che sei sveglia già?". Nessuno le rispose, come infondo aveva sospettato che sarebbe successo. Mosse poco a poco piccoli passi verso il grande letto in bianco fino a che le fu possibile distinguere la chioma rosea tra le lenzuola.
Quella era un'altra cosa che non riusciva a capire... la sua mamma, Elena, aveva i capelli rosa e gli occhi violetti. La sua creatrice, Cloe, aveva i capelli ricci ed azzuri con due immensi occhi blu. Si sarebbe aspettata di somigliare almeno un pò ad una delle due, di avere magari un nasino a patata oppure la fronte un po alta, eppure la gente che incontrava lungo la strada con la sua mamma non faceva altro che dire quanto bella e perfetta fosse. In tutta risposta la mamma diceva che era stata Cloe a volerla così. Ma così, come? Aveva i capelli marroncini con una strana ciocca sull'arancione lungo il lato sinistro e gli occhi azzurri 'come il cielo' a detta della creatrice, anche se il cielo lei lo aveva sempre visto quasi trasparente -o meglio, non lo aveva visto affatto.
Prese un respiro profondo e si arrampicò sul letto, dal lato che una volta ricordava essere di Cloe. "Mamma" bisbigliò quasi nel suo orecchio. "Devo farti una domanda, svegliati". Elena arricciò il naso e si girò verso la piccola, sorridendo leggermente davanti la sua faccina perplessa. "Non potevi proprio aspettare, vero? Tra poco sarà ora di alzarsi e di andare a scuola e a lavoro, dovresti saperlo".
"Ma io devo chiedertela ora questa cosa o poi me la dimentico".
Elena si appuntò mentalmente di iscrivere la figlia ad un corso di multilinguismo; "Sentiamo questo dubbio esistenziale che hai, dai".
"Come nascono i bambini?".
Lei sorrise e si mise a sedere con la testa poggiata sul muro beige. Sapeva che prima o poi la domanda sarebbe arrivata ed aveva una risposta pronta... ma non per una bambina di cinque anni. Si aspettava che ne avesse avuti almeno nove o dieci, ma di certo non avrebbe potuto non rispondere. "E' il mio lavoro, Madeleine".
"Ma questo lo so! Voglio sapere come!".
"Come?" rise Elena "Come... vediamo se riesco a spiegartelo per bene".
Prese Maddie da sotto le braccia e la mise a sedere sulle sue gambe: "Nel mio studio c'è un grande computer. Su quel computer io scrivo tutte le cose che voglio abbia il bambino quando sarà nato, poi prendo una madre, la faccio stendere sul mio lettino e dopo cinque mesi se ne va via con un fagotto da stringere".
"Fagotto? Cloe diceva che i bambini restano in pancia della mamma per nove mesi... ma io non sono nata da te, sono nata da Cloe, è lei la mia creatrice... mi ha detto una bugia! Perchè?".
"No piccola mia, no. Il modo di nascere è diverso da persona a persona... i Totalium però nascono come ti ha detto Cloe. Tu sei nata come ho detto io ed i Digenic nascono in un altro modo ancora... che ne dici di parlarne un altro giorno? Con più calma, magari poi ti porto anche al mio studio, ci stai?".
E Maddie annuì.

Percorrendo la strada che portava a lavoro, Elena si sentì una stupida.
Lei, donna di grande successo, non era neanche riuscita a spiegare a sua figlia quale fosse il suo lavoro. O meglio, lo aveva fatto, ma in un modo così brutto che...
Storse il naso alla vista di due guardiani ai margini della strada che le facevano segno di avvicinarsi.
"Sì?".
"Dia il suo Valier ed un documento, prego".
La giornata non sarebbe potuta cominciare in modo peggiore.
Estrasse dalla borsetta un vecchio portafoglio contenente una serie di carte varie -a detta sua inutili- da dare all'uomo e prese poi il Valier dalla tasca anteriore dei jeans.
"Metta un dito qui" ed indicò una piccola rientranza sull'apparecchio elettronico che aveva appena consegnato. La schermata si aprì con un ologramma e tutti i suoi dati personali comparvero in pochi secondi dentro e fuori la mente del guardiano.
Il tutto si risolse velocemente con uno scocciato condedo dai parte dei due ed un "buona giornata" da parte di quello che l'aveva controllata.
Arrivò a lavoro dopo cinque minuti scarsi, per fortuna, ma non fece in tempo a prendere fiato che ricordò di avere un importante appuntamento con una coppia da poco arrivata dal Canada.
Prese a volo il camice bianco, lo infilò sopra i suoi vestiti, aggiustò gli occhiali ed indossò un raggiante sorriso di cortesia.
I clienti in questione erano tre e la aspettavano nella sala bianca da confronto.
"Salve, vogliate scusarmi per il ritardo spero. Qui c'è gente che non lascia mai in pace le brave persone!" disse, stringendo la mano ai due uomini che aveva di fronte. "Allora, ditemi pure".
"Siamo arrivati a New York la scorsa settimana per un problema che affligge il nostro piccolo James" cominciò quello sulla destra, decisamente più in carne rispetto al compagno. Portava una capigliatura alquanto stravagante, con una lunga cresta verde acceso dalle punte più scure, al contrario dell'uomo -per non dire vecchio- pelato alla sua sinistra. "Ci hanno parlato di resettaggio durante i primi tre mesi di produzione ma non era ancora nostro ed era compito della creatrice scegliere se tenerlo o meno e...".
"Un momento, fermi". Elena si alzò dalla sedia e si piegò con la schiena sulla scrivania. Guardò negl'occhi entrambi gli uomini dagl'occhi arancioni e aggrottò le sopracciglia. "Avete accettato di prendere a carico un bambino guasto? Ma perchè? Avreste dovuto portarlo prima a resettare, non di certo ora!".
Il pelato si strinse nelle spalle e si girò verso il più grasso con sguardo accusatorio; "Voleva un figlio a tutti i costi... ottenere il permesso per avere un Halfier è dura, lei meglio di chiunque altro dovrebbe saperlo, ci vogliono almeno sei mesi di pratiche, controlli e scartoffie varie da firmare. Avevamo trovato una donna disponibile che lo avrebbe fatto volentieri e quindi ci siamo voluti fidare di lei. Solo dopo abbiamo saputo che aveva già avuto a che fare con tre figli guasti prima del nostro, non ne avevamo assolutamente idea, ma ormai era tutto firmato e noi sapevamo di poter scegliere per il bambino fino ai diciotto anni di età".
"E allora perchè siete qui ora? Mi pare di aver capito che si tratti ancora di un bambino, no?".
"Si, si, ma volevamo un consulto con lei, Miss.Queen. Ci hanno parlato della sua bravura e delle ottime tecniche che usa e speravamo tanto di non dover ricorrere a quell'ultima soluzione... ci siamo affezionati al bambino, è della famiglia, non possiamo lasciare che lo distruggano senza neanche provare a salvarlo".
Elena sospirò e si decise a dare uno sguardo al diretto interessato. Vide prima i muri dannatamente bianchi e spogli, poi la libreria quasi piena, una foto di Maddie e solo dopo -molto dopo- arrivò al lettino. Il bambino in questione ricordava un barbone.
Magro, forse troppo per i suoi sette anni, vestito di abiti marroni e rannicchiato su se stesso. "Si chiama James, giusto?". I due annuirono e si voltarono a guardare. "Fatelo alzare, devo controllarlo prima di dirvi che si può fare".
Il più anziano scattò dalla sedia fino al lettino e tirò leggermente i capelli al figlio per farlo distendere.
Fu lì che Elena lo vide davvero per la prima volta.
Prese un profondo respiro e capì finalmente di star parlando con i genitori del caso più clinicamente famoso al mondo: Gregory James Louton.
Si diede ancora una volta della stupida per non esserci arrivata prima e fece il giro della scrivania per raggiungere rapidamente padre e figlio.
"Mi scusi signor Louton, solo ora ho collegato il bambino alle mie fonti, davvero molto desolata".
L'uomo le sorrise amaramente e si allontanò di poco per lasciare la dottoressa esaminare il corpicino assonnato.
Elena sapeva già che aveva; sapeva del fisico che non riusciva ad ingrandirsi, del modo assurdo in cui gli crescevano i capelli, del guasto di cui tanto si vociferava e -soprattutto- sapeva dei suoi occhi speciali. Al ricordo della foto vista una volta sulla copertina di un giornale non riuscì a fare a meno di esporsi: "I suoi occhi sono davvero come dicono? Possono realmente diventare per intero trasparenti?".
Il signore in verde, che fino a quel momento era rimasto comodamente seduto, fece una piccola smorfia. "Non trasparenti, signora Queen, solo bianchi. E neanche tutti e due, stiamo parlando solo dell'occhio destro. Dice che in quel modo riesce a vedere un mondo diverso, non ha idea di quante volte lo abbiamo sgridato per questo. Quando però non fa giochetti sono entrambi marroni, come quelli della creatrice ci hanno detto".
Elena non si sentì adatta a rispondere che la condizione dei suoi occhi era più unica che rara, anche perchè il problema per cui avrebbe dovuto esaminarlo era un altro.
Passò una mano tra i capelli rosso fuoco leggermente lunghi fino a toccare quello che stava cercando. "Questo è il 'ciuffo ribelle'?" citò, proprio come lo avevano chiamato loro in un'intervista.
"Sì, è lui. Come può vedere è cresposo, ruvido, attorcigliato e compatto. Inutile tagliarlo, continua a ricrescere in quel modo e dello stesso ed orrendo marrone scuro".
Lanciò un'altra rapida occhiata al corpo scheletrico e si disse che, almeno quella volta, aveva ottenuto un incarico finalmente degno di nota.
"Comincio con il dirvi che lo prendiamo ufficialmente in cura qui al San.District. Portate le sue cose qui e provvederemo noi alla sua ed alla vostra collocazione. Capirete di certo che il bambino adesso è una mia priorità e che quindi avrà tutti i controlli possibili per accertare la sua condizione anche internamente. Per quanto riguarda il guasto... tutto è fattibile, faremo quello che ci è concesso di fare con modifiche al suo sistema operativo, terapie e lezioni di comportamento. Introdurremo anche farmaci ormonali, di solito li sconsigliamo, ma qui c'è in ballo il tutto per tutto. La cura potrebbe durare anche fino ai suoi diciotto anni ma non temete, le spese saranno coperte dallo Stato fino al compimento dei sedici anni. Ora, se volete seguirmi, ci sono le ultime formalità da sbrigare".

Ma nessuno avrebbe potuto sapere che Gregory James Louton, all'età di appena dodici anni, sarebbe stato dato per disperso.




 

Il primo capitolo termina qui!

Spero di essere riuscita a presentare al meglio i personaggi principali e spero di essere riuscita ad attirare almeno un pochino la vostra attenzione... premetto che la storia non verrà aggiornata spessissimo per ora perchè c'è ancora scuola in corso e tutto.
Ah, dimenticavo, il mio nome rimarrà omesso.
Ringrazio chiunque abbia avuto voglia di leggerla e spero nella vostra collaborazione... a presto e grazie!
   
 
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