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Autore: Erina91    15/05/2015    2 recensioni
-Una dottoressa di un ospedale pischiatrico; devota al padre, in crisi economiche, e pronta a tutto per aiutarlo.
-Un affascinante e carismatico giornalista della rete “five”, risoluto e ben inserito nell'ambiente di lavoro grazie alle positive conoscenze del padre.
-Troviamo un giovane uomo intelligente, bellissimo e dagli ambiziosi progetti. Perfettamente inserito e rispettato nell'alta società.
-Una misteriosa e seducente ballerina di danza moderna con un passato difficile, ridotto in miseria, salvata da un inquietante uomo.
-Una ragazza dalla bellezza africana, in passato vittima di razzismo da parte del patrigno.
Viene adottata da un ospitale famiglia, che gestisce un ristorante italiano.
-Un ex regbista trasferito in Francia a causa della separazione dei suoi genitori. Amante dei cibi deliziosi e conditi.
-Un uomo vissuto in Italia per diversi anni.
Conserva il ricordo di una bambina di cui era innamorato, celando i suoi sentimenti per lunghi anni.
-Una ricca ragazza appassionata d'arte e proprietaria di una galleria che gestisce con tanta cura.
Otto giovani adulti. Otto incontri dettati dal fato. Otto legami profondi.
Otto storie separate, eppure connesse. Questo per raccontare quando l'amore nasce grazie al destino di un incontro non premeditato ma estremamente rilevante.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Karin, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sakura, Neji/Hinata, Sasuke/Karin
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Ciao a tutti!!! sì, lo so che ho ancora un sacco di serie in corso.. ma, tranquilli, non le lascerò incomplete.
Inoltre, una di quelle non sarà tanto lunga.. sto parlando di "In una notte di Tempesta".
Ho deciso di pubblicare questo primo prologo subito. Mi è venuto in mente questo progetto solo da qualche giorno e ho iniziato subito a scriverlo per non aspettare troppo e rieschiare, così, di perdere l'ispirazione. Non so come sarà, ma per ora vi posso dire che credo sia una delle migliori idee che mi sia venuto in mente. Però, non essendo molto sicura di me, non vorrei dire una cosa per un'altra dato che questa sensazione potrebbe svanire anche nei prossimi capitoli di questa fanfic. Tuttavia, spero di no e spero di non deludervi.
Inoltre.. volevo dirvi che, oltre alle coppie che ho scelto e ho messo nell'impostazione, ci sarà anche la coppia ChoKarui (non l'ho trovata tra le scelte, purtroppo.. ç__ç quindi, ve lo dico qui). La storia è ambientata a Londra, come vedrete, e il primo capitolo sarà sottoforma di flashback.
Con il secondo capitolo, tornerò al presente e vi presenterò meglio i personaggi principali. Spero vi piacerà!
 


"When the wire starts to lift"



20 Settembre 1997
Tuoni e fulmini infestavano le tristi e cineree vie di Londra, la pioggia si infrangeva burrascosa sul calcestruzzo ormai fradicio e gli unici rumori che si avvertivano erano quelli degli pneumatici dei mezzi di trasporto che con gran rapidità passavano sopra le pozze formate della pioggia, schizzando rovinosamente.
Nonostante fosse primo pomeriggio, le tinte della bellissima capitale dell'Inghilterra erano cupe e spente, quasi spaventose, pochi passanti a ravvivarle e tanti di essi camminavano frettolosi, coperti da scuri ombrelli, e sembravano non curarsi della bambina di non più di otto anni che si trovava sotto un porticato malridotto, tutta infreddolita e assai mezza, con degli stracci addosso e priva di ombrello. Settembre era decisamente il mese peggiore per la povera Londra.
Solo un ragazzino, poco più grande della bambina, si era fermato davanti a lei guardandola dall'alto in basso, con espressione mogia, fissandola incuriosito.

-poco più avanti c'è casa mia.- gli disse. -non dovresti stare qui da sola. E' pericoloso.-
La ragazzina si stupì di essere considerata da qualcuno e rimase in silenzio.
-tieni. Prendilo.- disse il bambino, lanciandogli un ombrello blu.
-e tu come fai adesso?- chiese lei timidamente.
-ne ho un altro, vedi?- alzò il dito per farle vedere l'ombrello che lo proteggeva dalla pioggia. -quello l'avevo portato solo per sicurezza.- aggiunse.
-grazie..- sussurrò la bambina.
-beh, ci vediamo.- gli fece un cenno di saluto, dandole le spalle.
Ad un tratto la ragazzina vide cascare dalla cavità dei pantaloni del misterioso bambino un portachiavi a forma di orsetto.
Sussultò e aprì l'ombrello correndo a raccoglierlo, inumidendosi le dita. Lo esplorò attentamente, rigirandolo tra le mani un paio di volte, scoprendo che con un semplice tocco si sarebbe aperto di scatto.
Le iridi della bambina si sgranarono colpite, trovando all'interno del portachiavi una rotonda cornice in cui si trovava la foto di una bella donna. Notò una tagliente somiglianza tra la donna in foto e il bambino che aveva appena incontrato: istintivamente, comprendendo che quella foto doveva essere davvero importante per il ragazzino, alzò lo sguardo dall'oggetto e fissò la strada davanti a sé, trovandola di nuovo spoglia e desolata; solo il ticchettio delle gocce di pioggia a farle compagnia. Il bambino ormai se n'era andato e quell'oggetto prezioso non sarebbe più stato suo.
Dispiaciuta per non essere riuscita a renderglielo in tempo, se lo nascose nella tasca dei jeans, sfilacciati e bucati, di una taglia più grande di lei.

Avrebbe conservato quel portachiavi con cura al posto di quel bambino, così come avrebbe stretto al suo petto l'ombrello che lui le aveva dato senza chiedere niente in cambio.




10 Dicembre 2000
Un ragazzino di poco più di dieci anni stava percorrendo le vie del quartiere Londinese di Westminster, all'angolo con Abbey Road.
Portava una cartella sulle spalle e procedeva a passo svelto.

La banchina pedonale_stranamente_quel giorno non era tanto affollata né chiassosa, nonostante la rara giornata soleggiata, anche se dal freddo pungente.
Il bambino si strinse nel suo cappotto invernale, infilando le mani in tasca in modo da ripararle dal freddo, poiché aveva scordato i guanti a casa.
Quando stava per girare l'angolo ed entrare in Abbey Road, avvertì delle grida giovani provenire da un lungo viottolo conosciuto per essere malfamato, pieno di immondizia e di gatti randagi pronti a saltarti addosso. Così, benché fosse spaventato, decise di andare a dare un'occhiata: i suoi occhi furono catturati da due uomini incappucciati che sembravano stringere insieme, con forza, un corpicino femminile e gracile, di una bambina della sua età.
Avevano portato la mano davanti alla bocca della ragazzina in modo da impedirle di gridare, ma lui l'aveva sentita appena in tempo.

Inizialmente rimase scioccato da quello scenario quasi inquietante e fu preso dalla voglia di scappare con la coda tra le gambe, rendendosi conto della situazione pericolosa in cui si era cacciato; però, dopo aver incrociato lo sguardo della bambina che lo implorava di salvarla con gli occhi umidi e impauriti, cercò di farsi coraggio. -Cosa le state facendo?- balbettò intimorito.
-e tu chi saresti moccioso!- esplose il più robusto tra i due uomini. -vai via da qui! Sennò farai una brutta fine!-
Il ragazzino rabbrividì,
ma non si arrese e prese in mano il suo cellulare per chiamare la polizia.
Appena i due lo videro tirar fuori l'oggetto elettronico, lasciarono andare la bambina e corsero via spifferando:
-visto? Te l'avevo detto che era meglio fare in un altro modo.- protestò da lontano, quello più mingherlino. -se avessimo preso quel moccioso, a quest'ora avremmo attirato troppo l'attenzione.- poi le frasi seguenti non le udì, perché erano già troppo distanti.
Si lasciò andare ad un sospiro di sollievo: era stato fortunato a scamparla.

In seguito a un attimo di rilassamento, tornò a guardare la figura della bambina tutta raccolta in se stessa, come quando una tartaruga si ritira nel suo guscio protettivo. Stava singhiozzando silenziosamente. Doveva essersi davvero spaventata.
Lui le si avvicinò. -tutto bene?- chiese gentilmente, ma lei si scostò brusca.
-non toccarmi..- fiatò tra i singhiozzi.
Il ragazzino, rispettando la sua richiesta, si tirò indietro ma rimase lì ad aspettare che si calmasse.
Quando il pianto si placò e cadde il silenzio, allora decise di parlare:

-chi erano quegli aggressori? Perché ti volevano?-
-non lo so. Non lo so chi erano.- farfugliò più volte, agitata. -mi hanno tirato all'improvviso in questo buio vicolo tenendomi ferma e poi..- non riuscì a finire, ripensando alla brutta esperienza. 
-va bene! Ho capito. Non voglio costringerti a spiegarmi.- sorrise rassicurandola.
-dove sono i tuoi genitori?-

-stavo tornando a casa.- raccontò.
-bene, anch'io. Vieni.. ti accompagno!- gli passò la mano per aiutarla ad alzarsi e lei esitò un po' prima di afferrarla, ma alla fine gliela prese.
-grazie di avermi salvata..- sussurrò impacciata.
Dopo quel giorno i due ragazzini non si incontrarono più.






16 Maggio 1998
Era una giornata primaverile in una Londra nuvolosa, nei pressi del Tamigi, dove i vari ristoranti emanavano un profumo delizioso e invitante e i turisti visitavano la zona euforici, divertendosi a fare shopping, e ridendo e scherzando. Una ragazzina di undici anni, dalla carnagione scura, stava spazzando la terrazza del ristorante “The Bingham”, dai prezzi dispendiosi, e che dava su una splendida vista del Tamigi.
La ragazzina era distratta e pensierosa. Quando il Maître di Sala si accorse della sua poca concentrazione si innervosì.
-tu! Mocciosa! Datti da fare con quella scopa!- brontolò severo, gridando, e umiliandola davanti ai clienti al tavolo. -non avrei mai dovuto prendere una ragazzina di colore a lavorare. La vostra razza è incapace.- continuò acido e astioso.
La bambina aveva scoperto tardi che il suo datore di lavoro e marito della donna che l'aveva adottata_che era morta_ era un autentico razzista, ma non avrebbe potuto lasciare il lavoro perché lo doveva alla donna che si era presa cura di lei prima di morire e perché non aveva altro posto dove andare oltre che lì; dove, per quanto fosse maltrattata, godeva di vitto e alloggio.
Un uomo grosso e robusto che si trovava lì di passaggio per prendere alcuni alimenti essenziali al grande mercato, per il ristorante che gestiva, aveva assistito a tale spregio e oltraggio; e, non sopportandolo, decise di intervenire immediatamente:
-mi scusi signore.- attirò l'attenzione del Maitre con il suo acuto “vocione”. -le sembra il modo di trattare una povera bambina che dovrebbe fare tutt'altro che lavorare?- da quanto era alto sovrastò il dirigente di sala, facendolo sbiancare dalla paura, che invece era basso di statura.
-lei chi è per dirmi come devo trattare i miei dipendenti?- tentò in tono tremante l'altro.
La ragazzina, rimasta sorpresa che qualcuno avesse preso le sue difese, rimase in silenzio a seguire la discussione tra i due uomini.
-nessuno. Non sono nessuno. Però non posso sopportare tali angherie e disprezzi.- lo fissò minaccioso. -per cui questa bambina verrà a lavorare per me e, soprattutto, verrà adottata da me!- annunciò subito, deciso.
La ragazzina sgranò gli occhi stupita e rimase senza parole, non sapendo come ringraziare l'immensa generosità di quell'omone.

-qualcosa in contrario sulla mia decisione?-
L'altro uomo, quello più piccolo, scosse la testa concitatamente.
-nulla..- affermò arreso, troppo impaurito dalla prestanza di quel uomo.
-vieni signorina!- la invitò sorridendole.
La bambina lasciò cadere a terra la scopa usata per spazzare e corse da quel signore che l'aveva salvata, sotto gli occhi impietriti dei clienti del locale.
-domani prenda ferie. Andiamo a firmare i documenti di adozione.- ordinò severo quell'uomo robusto.
Non aspettò nemmeno la risposta del suo ex capo e le mise una mano attorno alle spalle sorridendole.
La bambina lo fissò stupita e ammirata.

-perché l'ha fatto signore?-
-perché ho un figlio della tua stessa età e non posso vedere ragazzini come voi trattati in questo modo. Inoltre, odio gli atteggiamenti razzisti.- spiegò semplicemente, tornando a guardare fiero la strada davanti a sé.
-grazie..- fece un mezzo sorriso la bambina.
-ah proposito.. come ti chiami?-
-Karui.- rispose timidamente.
-bene, Karui, benvenuta nella famiglia Akimichi.- le fece un occhiolino.
La ragazzina arrossì a tanta gentilezza e cortesia: nessuno le aveva mai sorriso in quel modo_a parte la sua madre adottiva_.



24 febbraio 1997
I fiocchi di neve scendevano candidamente durante quel gelido inverno, posandosi con leggerezza su un prato di una villetta di Kings Road, nel quartiere di “Chelsea”, nel distretto commerciale Londinese, nel quale i personaggi più conosciuti avevano poggiato i loro piedi.
Gli arbusti del parco della villa erano diventati di un delizioso bianco e il piccolo laghetto dalla parte opposta si era ghiacciato a causa delle temperature sotto zero.
Una bambina di 8 anni, agghindata di tutto punto, indossava un vestitino latteo con un pizzo a balze in fondo ed un fiocchetto azzurro, acconciato dietro, ad unire i due ciuffi davanti per scoprire la graziosa fronte e infine un cappotto rosa a riscaldarla.
Un bambino poco più grande la stava osservando, con un'espressione da pesce lesso, scorrazzare qua e là nel giardino della villa, con le guance di un tenue rosato e un dolce sorriso. Un sorriso che spesso rivolgeva anche a lui, nel tentativo di coinvolgerlo nei suoi giochi, in principio senza successo.

Ma quel giorno, grazie alla neve o alla rara felicità che la bambina emanava, accettò il suo invito e iniziò a rincorrerla come non aveva mai fatto.
-guarda che ti prendo, sai!- esclamò.

La ragazzina scoppiò in una fragorosa risata.
-vediamo.- disse insicura, aumentando la velocità della corsa.
Ma la piccola vivacità di quella bambina si sarebbe spenta quello stesso pomeriggio.
Infatti, dopo essere rientrata nei meandri della villa, udì una conversazione che la ferì:
-io e mio figlio ci trasferiremo tra un paio di giorni.- annunciò una voce glaciale provenire da una porta socchiusa.
-ma tornerete a trovarci, giusto?- quella era la voce di suo padre.
-no, non ci vedremo più. Come stabilito anni fa dai nostri padri.-
La bambina, in seguito a quella notizia sconvolgente, scoppiò a piangere disperata correndo nella sua camera: quel bambino era l'unico che le faceva un po' di compagnia in quell'immensa e seriosa villa, dove si sentiva rinchiusa e trascurata dalla sua convenzionale famiglia.
Non aveva mai visto la realtà fuori da lì, se non per andare a scuola o per altre situazioni particolari.
La sua famiglia aveva rigide regole che dovevano essere rispettate ad ogni costo, in modo da essere accettati pienamente all'interno del nucleo familiare.

Dopo quell'avvenimento che aveva distrutto completamente la sua felicità, la povera bambina decise di non andare a salutare il suo amico il giorno della sua partenza e da allora non lo vide più.






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Colgo l'occasione per dirvi che domani cercherò di aggiornare "tu, il mio disastro" e risponderò a tutte le recensioni di chi mi segue! ;D
Aspetto le vostre recensioni a questo prologo. Ringrazio tutti!!

 
  
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