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Autore: Adeia Di Elferas    16/05/2015    5 recensioni
La 3-E sta preparando l'ultimo e fatidico attacco al tentacolare Korosensei. Mentre tutti i ragazzi sono impegnati nel mettere a punto i dettaglio del piano più ingegnoso e complesso mai ideato tra le pareti di un'aula scolastica, due di loro sentono più degli altri il peso della responsabilità e lo stress: i due migliori cecchini della classe.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Rinka Hayami, Ryunosuke Chiba
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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  Chiba aveva appena finito la sua serie di bersagli, colpendoli tutti, perfino quelli più lontani.

Rinka lo fissava ammirata e, nello stesso tempo, vagamente invidiosa. Lei riusciva a colpire i bersagli mobili meglio di chiunque altro, ma le mancava la sicurezza che ostentava lui nel colpire un obiettivo molto lontano.

Chiba appoggiò un momento il fucile ad alta precisione alla spalla e si concesse un momento per guardare il lavoro fatto.

I suoi capelli neri vennero smossi da un breve soffio di vento estivo, e così Rinka ebbe modo di vedere bene i suoi occhi. Sembravano determinati, ma tristi.

“Forza, tocca a te adesso.” disse Karasuma, facendo segno a Rinka di cominciare a tirare.

La ragazza non se lo fece ripetere. Prima di cominciare, si sistemò il codino dietro la nuca e poi prese la pistola e puntò. Fece un cenno con il capo, e Karasuma attivò il sistema di lancio bersagli con cui si era esercitata anche il giorno precedente.

Mentre colpiva ogni singolo bersaglio, senza lasciarne scappare nemmeno uno, sentiva su di sé gli occhi del compagno di classe. Chissà lui cosa pensava.

Erano entrambi di poche parole, più inclini a dimostrare il proprio valore coi fatti, piuttosto che con tante chiacchiere.

Quando era stato chiaro a tutti che loro due, Chiba e Rinka, erano i due cecchini migliori della classe, a lei non era affatto dispiaciuto.

Adesso, poi, che si stavano preparando per il piano finale, quello che avrebbero messo in atto sull'isola, passava molto tempo con lui, per mettere a punto i dettagli della parte che avrebbero dovuto portare a compimento insieme.

Trovava il piano veramente ingegnoso e anche Chiba sembrava aver gradito la puntigliosità con cui tutto era stato previsto. Però c'era una cosa che non le piaceva poi molto. Colpire Korosensei alle spalle.

Le sembrava una cosa vile, anche se, di certo, per loro sarebbe stato un grande vantaggio. La genialità stava proprio lì, nello sbucare all'improvviso, quando meno Korosensei se lo sarebbe aspettato, e fare fuoco, colpendolo alle spalle...

“Va bene. Per ora basta così. Andate a riposarvi.” ordinò Karasuma, mentre Bitchsensei lo chiamava da lontano con un gesto della mano.

Rinka abbandonò la pistola, stanca, per quel giorno, di fare pratica.

Chiba, invece, teneva ancora il fucile in spalla, standosene un paio di metri distante dalla compagna di classe. Aveva il viso rivolto al terreno e sembrava abbattuto.

Rinka avrebbe voluto chiedergli perchè, e forse lui avrebbe voluto risponderle. Invece, nessuno dei due aprì bocca.

Si limitarono a sospirare entrambi, poi Chiba si decise ad abbandonare il fucile e seguì Rinka sotto un albero, per prendere un po' di fresco all'ombra delle fronde verdi e rigogliose.

 

“Direi che basta.” sussurrò Chiba, quando ebbe finito di posizionare il fucile in braccio al manichino che doveva impersonarlo.

“Aspetta...” bisbigliò di rimando Rinka. Prese la cuffia nera di Chiba, che gli spuntava dalla tasca dei pantaloni.

Il ragazzo la osservò in silenzio, mentre lei la metteva sulla testa del manichino.

Rinka guardò con aria critica il suo lavoro di perfezionamento per qualche secondo, poi annuì: “Ecco, adesso ci siamo.”

Chiba non trovò nulla da aggiungere, e le fece segno che era meglio andare.

Mentre scendevano tra la vegetazione, stando attenti a non cadere, Rinka avrebbe voluto chiedere a Chiba come si sentiva, e forse lui avrebbe voluto risponderle. Eppure, anche quella volta, nessuno dei due parlò.

Non temevano di farsi del male, erano quasi certi che Korosensei, alla fine, nemmeno messo alle strette, avrebbe fatto nulla di male a loro, ai suoi studenti.

Anche se, nel profondo, sapevano che era pronto a far sparire la Terra e con lei l'Umanità intera...

Il peso della responsabilità cominciava a opprimerli, rendendoli sempre più tesi e ancora più taciturni del solito.

Se avessero fallito... Il mondo sarebbe stato ancora in pericolo di vita. Ma se avessero fatto centro? Veramente sapevano cosa significava, uccidere?

Come se entrambi stessero pensando la medesima cosa contemporaneamente, alzarono lo sguardo uno sull'altra e per un breve secondo la loro comprensione davvero non ebbe bisogno di parole.

 

Chiba si stava assicurando la bombola d'ossigeno alla schiena, tirando tutti i lacci possibili.

Si era messo una muta da sub, molto professionale. A vederlo così, dimostrava di più della sua età, Rinka dovette riconoscerlo.

Era snello e i suoi muscoli scattavano sotto la sottile plastica della muta come quelli di un puma che è pronto a sferrare l'ultimo attacco.

Rinka, invece, aveva preferito stare leggera. Niente muta. Aveva scelto indumenti comodi, che metteva spesso e che conosceva. Se quella notte doveva finalmente diventare un'assassina, voleva farlo a modo suo.

Guardarono l'orologio. Era quasi ora.

Una volta pronti, restarono in silenzio una accanto all'altro. L'aria della sera aveva un profumo travolgente, ma nessuno dei due se ne rendeva davvero conto. I loro cuori battevano all'unisono, rapidi e inquieti. I loro sguardi correvano da un angolo all'altro, senza posa. Le loro mani cercavano ora le armi, ora le bombole, per assicurarsi che tutto fosse lì, pronto.

Quella notte avrebbero salvato la Terra, o avrebbero subito un sconfitta clamorosa. Quella notte avrebbero conosciuto la delusione di non essere riusciti nel loro intento, o avrebbero sentito il sapore dell'uccidere.

Rinka non sapeva decidere quale cosa fosse la peggiore, tra le ultime due. Voleva uccidere Korosensei. Era un mostro che li avrebbe davvero uccisi tutti, nell'arco di pochi mesi. Dall'altro lato, però...

Rinka avrebbe voluto chiedere a Chiba come si sentiva, se era teso, se aveva paura, di sbagliare o di riuscire, poco importava di cosa, e Chiba, forse, avrebbe voluto rispondere di sì, e avrebbe voluto essere rassicurato e preso per mano.

Alla fine, questa volta, Rinka parlò, ma non disse quello che aveva pensato. Bisbigliò solo: “Mano salda.”

Al che, Chiba, quasi sorpreso che la sua compagna d'impresa gli avesse rivolto quella frase, rispose: “E sangue freddo.”

Con quelle ultime parole, Chiba indossò gli occhialini da sub e sistemò il boccaglio. Pure Rinka aprì la valvola dell'ossigeno e iniziò a respirare con la bocca.

Lentamente, tanto vicini che quasi si sfioravano, i due entrarono in acqua, senza fare rumore.

   
 
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