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Autore: Bea28    16/05/2015    0 recensioni
é una One-shot su come Peeta dopo la ribellione ritorna da Katniss e cosa succede dopo. é molto toccante, poichè Peeta è il personaggio preferito.
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Bea28, la vostra Pazza Figlia di Atena
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bimba Mellark, Bimbo Mellark, Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non sono il Peeta che conoscevi…

Ero ritornato al 12, da qualche settimana e non uscivo più da casa, avevo paura di avere un episodio e ucciderla.
Ero barricato in casa per mio volere, distruggendo sedie, tavoli e l’unica consolazione era sperare che lei era viva, felice con un altro che non poteva spazzare quella vita con un attimo di pazzia.
Disegnavo, ecco cosa facevo quando non stavo a ferirmi.
La disegnavo morta, viva, sposata con dei bambini, che cantava o cacciava, oppure che mi uccideva con un ghigno malefico.
Ciascun Peeta che c’era nel mio cervello, la voleva: chi morta, chi vicino a sé. La volevo, non potevo negare, ma per il suo bene non mi avvicinavo, non rispondevo quando mi chiamava dalla sua cucina, o bussava alla mia porta lacerata dalle mie unghie.
Anche se ero molto fragile la notte, e volevo correre da lei e abbracciarla, rassicurarla dagli incubi, lasciarla  piangere sulla camicia che usavo per dipingere nella mia stanza, dove avevo solo una luce, per non vedere il mostro che ero e per dipingere l’essenziale.
Volevo solo lasciarmi morire, non arrampicarmi su falsi ricordi, in cui Snow mi salvava da lei, o che lei uccideva tutta la mia famiglia.
Non dormivo molto, anzi per niente, credo che avevo delle occhiaie giganti, non sapevo bene in che stato ero, avevo distrutto tutti gli specchi a pugni nudi, Hamitch ha dovuto ripulirmi le ferite, e togliermi i pezzetti di vetro, borbottando qualcosa che avevo capito solo in parte: una faccenda su le pazzie della gioventù.
L’ho visto invecchiato, con i capelli bianchi, la barba non fatta da giorni, le guance incavate, mi ha fatto quasi ritornare il Peeta vecchio, quello che non vuole che le persone si distruggano a causa sua.
Il Peeta nuovo voleva la stessa cosa, ma non diceva nulla, se volevano soffrire, lo facevano, ecco cosa pensava.
Lui cercava i miei occhi, continuando a fasciare le mani, ed io continuavo a guardare il vuoto immaginando come potesse essere bello stare con i propri familiari, senza attacchi, o voci che ti bisbigliano delle bugie.
Dopo che se ne era andato a casa sua a bere, sicuramente, io ero andato in cucina, non sapevo il motivo, ma rivedere Hamitch mi aveva messo una voglia di cucinare il mio pane.
L’unica cosa rimasta del vecchio Peeta: sporcarsi le mani, non di sangue, ma di farina e altri ingredienti.
Cominciato, non avevo più smesso fino a che le sue urla, non si erano fatte sentire ed io mi ero tenuto al bancone, per non andare da lei, e consolarla.
Di focaccine al formaggio ne avevo preparate molte, e mi facevano pensare a lei, quando potevo restarle vicino, le notti insieme per gli incubi, prima di questo mostro.
Erano state le quattro e dieci, quando ero uscito di casa, per la prima volta da quando ero ritornato al 12.
Mi ero avvicinato a casa di lei, le avevo messo le focaccine al formaggio sul davanzale della finestra, e avevo messo il pane davanti alla porta di casa di Hamitch. Poi ero ritornato nel mio rifugio/prigione.
Da quel momento ero passati otto giorni e d’ogni mattina presto mettevo il pane e le focaccine al formaggio alle rispettive persone, e ogni giorno lei veniva a bussare, io mi mettevo dietro la porta per sentire i singhiozzi che cercava di nascondere e il mio nome sussurrato.
La notte del nono giorno non avevo potuto lasciar stare il mio nome urlato a squarciagola, come le grida di una madre che non hanno salvato il suo bambino, oppure una donna che davanti agli occhi le viene ucciso l’uomo che ama…
Ero uscito con i pantaloni della tuta e la camicia che usavo per dipingere ed ero corso alla sua porta, avevo cercato di aprirla normalmente, ma nulla, quindi avevo dovuto dare delle spallate e finalmente l’avevo spalancata.
Correvo verso le scale e le facevo due a due, non m’importava del dolore al ginocchio della gamba finta, era da giorni che non mettevo la pomata o toglievo la protesi: il dolore mi teneva ancorato alla realtà.
Quasi inciampavo sull’ultimo scalino per la velocità, ero entrato nella sua camera da letto e l’avevo vista.
Teneva le gambe al petto, stava piangendo mentre urlava il mio nome, aveva i capelli disordinati e delle occhiaie violacee, sotto i suoi occhi, era in mezzo a letto, con la schiena stava contro la parete.
Mi ero avvicinato lentamente, come se avessi paura di farle male, e appena si era conficcata le unghie nella carne, qualcosa era scattato in me, non pensavo a nient’altro che a lei, mi ricordava troppo me durante un episodio.
Mi ero seduto sulla sponda del letto e l’avevo unita a me abbracciandola, sussurrando parole di conforto che avevo dimenticato in quel limbo di sofferenza e vuoto in cui mi ero imprigionato.
 E avevo pensato:  lei mi aiuta a restare a galla, non posso morire, anche se la vedrò felice con un altro, mi basterà vedere la luce della vita in quegli occhi bellissimi, grigi, che esprimono tutto, oppure vedendo i rossi delle sue guance quando s’imbarazzerà, voglio restarle accanto anche da lontano, nascosto dietro un albero come ho sempre fatto da bambino.
Ad amarla e odiarla allo stesso tempo, e i suoi bambini avranno i suoi occhi, io sarò lo zio Peeta, quello della casa di fronte, lo zio dei 22 passi di distanza, lo zio fifone che non ha avuto il coraggio di ritornare com’era prima del tempo, per la ragazza che ha amato da quei teneri cinque anni.
I singhiozzi che scuotevano la testa sul mio petto, e le mani che si aggrappavano alla camicia piena di macchie di tempera, mi avevano ridestato dalle mie riflessioni.
Mi ero irrigidito subito, ma con un respiro tremante le avevo dato un altro abbraccio, non forte come una volta, ma speravo rassicurante.
-Pee...Peeta. Ti prego n... non mi la…lasciare qui da… da sola con i mo… mostri, ti prego.–
-Kat… Kat… Katniss- avevo detto a fatica, era da molto tempo che quel dolce e allo stesso tempo doloroso suono, non usciva dalla mia bocca.
-No, non ti lascio, ma devi capire che non sono il Peeta che conoscevi… -
Avevo detto con il cuore spezzato dalle parole che stavo pronunciando, e lei mi aveva stretto ancora di più, e insieme a Katniss avevo cominciato a piangere, le lacrime che avevo trattenuto dal mio ritorno.
 Non volevo capire che lei ha bisogno di me come io ho necessità di lei, anche se starà con un altro, avrà sempre bisogno (spero) ed io lontano, ma vicino, a 22 passi di distanza l’aspetterò, quando busserà alla mia porta, io aprirò.
Sarò lo zio dei dolci, quello con le occhiaie violacee sotto gli occhi per gli incubi, che lei non avrà più per le braccia che la terranno al sicuro.
Tuttavia, ha ancora bisogno di me.
 Così l’avevo rassicurata e l’avevo fatta distendere con la testa sul mio petto, mi aveva tolto la protesi, e aveva inspirato il mio profumo dalla camicia, poi mi aveva guardato negli occhi, ancora lucidi per le lacrime, e mi aveva detto con un piccolo sorriso sbocciato.
-Ma c’è sempre una speranza. Non eri qui, se il vecchio Peeta non era ancora in te,- e mi aveva toccato il cuore- e poi noi ci aiutiamo a vicenda. – il suo ottimismo mi aveva fatto nascere un dolce sorriso.
Poi si era rimessa sul mio petto, e avevamo dormito profondamente per la prima volta da molto tempo.  C’eravamo protetti a vicenda, sapendo che era un inizio, una nuova vita.

Quindici anni dopo…

Sono passati quindici anni da quel giorno, e posso dire che ho sbagliato su un mio pensiero: lei non ha scelto altre braccia cui aggrapparsi la notte, ed io non sono stato lo zio dei 22 passi o dei dolci. Oh, no… sono il marito della donna che ho sempre amato, i 22 passi li ho dimenticati, adesso le sono accanto e per sempre.
La mattina dopo quella riconciliazione, abbiamo sentito il rumore della porta d’ingresso sbattuta, che ci ha fatto svegliare dal nostro sonno ristoratore, e poi un Hamitch sorpreso, il quale vedendoci abbracciati ha cacciato un urlo di gioia e si è lanciato verso di noi, stritolandoci, borbottando qualcosa, come: Io lo sapevo!
Poi come se non fosse successo nulla, se era andato a casa sua, chiudendo la porta di sotto più piano( nei suoi limiti da ubriaco).
Noi ci siamo guardati, e abbiamo cominciato a ridere, come non facevamo da tantissimo tempo.
 Poi il trasferimento a casa di Katniss, le piccole litigate finite con baci di pace, le giornate passate al lago, e la ricostruzione della città, con la panetteria, nella quale lavoriamo io e Katniss. Il matrimonio con tutto il 12, e la fetta di pane, nel nostro camino.
Non ho quasi più attacchi, e se li ho, sono davvero veloci a passare, certo con un abbraccio di mia moglie o un suo bacio, tutto passerebbe. Abbiamo conquistato molto dalla fine della guerra, non abbiamo avuto più a che fare con i giornalisti, tranne qualche episodio, ma ci siamo tenuti per mano e come le altre volte, lo abbiamo superato insieme, c’indicano ancora quando andiamo per gli altri distretti, e quando siamo andati a Capitol City per un’intervista con Ceaser, e lui ha scorto la fede, la perla nera che le ho regalato nei 75 Hunger Games, messa su una fascia argentea, ha cacciato un urlo di felicità e ha cominciato a parlare di come lui me l’aveva detto nella Prima Edizione, all’intervista, di come non mi poteva scappare la Ragazza di Fuoco, abbiamo riso con gli spettatori( delle donne sono svenute dalla notizia del matrimonio), e ci siamo baciati davanti al pubblico di Panem, come se non ci fosse nessuno, guardandoci negli occhi, leggendo l’amore reciproco dell’altro, Katniss era in fiamme per il bacio davanti alle telecamere, era bellissima.
Le oche di Hamitch, quelle che si chiamano proprio: Katniss e Peeta, hanno fatto delle ochette, ma non solo loro due.
Anche i veri Peeta e Katniss, cioè io e mia moglie, hanno sfornato dei bambini, la prima: Willow Mellark, e suo fratello Rye Mellark. Due pesti che non avranno paura di morire negli Hunger Games, perché non li vivranno come l’hanno vissuti i loro genitori, ma è finito tutto.
Siamo felici e questo non lo credevamo possibile prima.
Non potevo credere possibile un “vero” bacio di Katniss, o l’abbraccio di mia figlia, oppure preparare il pane con mio figlio (che ha un talento da vero fornaio, come Willow lo ha con la caccia).
Siamo una grande famiglia, la quale ha passato tempi bui, ma dopo il dolore c’è la felicità e ce la stiamo godendo, con gli altri: Annie e il suo bambino, Johanna, Hamitch e i distretti.
 
                                                                                                                 Peeta Mellark
 

… ma c’è sempre una speranza.

Bea28

   
 
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