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Autore: RevolutionVoltage    17/05/2015    2 recensioni
C'è una cospirazione in atto per la quale Mickey non riesce a passare un po' di tempo da solo con Ian. Ma quando è troppo, è troppo.
(aka Mickey è eccitato e il mondo continua a mettersi tre lui e il corpo del suo ragazzo.)
Genere: Comico, Commedia, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ian Gallagher, Kevin 'Kev' Ball, Mandy Milkovich, Mickey Milkovich
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Buonasera a tutti i fan di Shameless (e non, ovviamente).
Nulla, abbiamo cominciato a guardare questa serie tutte e tre. Ci siamo innamorate. Hamleys voleva qualcosa di scritto per il suo compleanno (o forse no, ma gliel'ho scritta comunque).
Questo è quello che c'è da sapere; come sempre, vi auguro una buona lettura. Spero che vi piaccia :)
Eeeee chiedo umilmente scusa per le enoooormi pause tra un post e l'altro. Have fun!
Revolution Voltage


ENOUGH IS ENOUGH!                                                                                 

 
Primo tentativo
A Mickey non servivano nemmeno un paio di minuti di strusciamento per sentirsi su di giri quando si trattava di Ian.
Gli bastavano il suo forte profumo, i suoi capelli rossi e la sua mera presenza nella stanza.
Quando poi Ian gli sorrideva con aria di sfida, come a chiedergli di osare essere se stesso per un’altra mezz’ora e di cedere ai suoi istinti, Mickey non ci vedeva più.
Gli saltava letteralmente addosso, senza freni o remore, incurante di chi avrebbe potuto vederli o di cosa avrebbero potuto dire.
Ed esattamente questa era la situazione in camera di Mickey Milkovich in quel pomeriggio d’inverno. Ian si era presentato lì cercando Mandy ed era, come sempre, finito premuto tra il corpo di Mickey e il muro di camera sua.
Entrambi ansimavano ed entrambi erano a dir poco eccitati.
-Se non ti sbrighi a levarti questa merda di dosso, te la strappo.- sussurrò aggressivo Mickey strattonando la casacca militare del rosso.
-Pazienza, campione.- rise Ian, spingendolo di qualche centimetro lontano da sé per potersi svestire sotto gli occhi affamati dell’altro ragazzo.
Il loro mantenersi a distanza durò molto poco dato che, una volta seminudi, nessuno dei due aveva particolarmente voglia di rimanere fermi a guardarsi.
-Muoviti, Gallagher. Quella troia di mia sorella non ci metterà ancora molto a trovare i tuoi dannati compiti di algebra.- disse agitato Mickey, voltandosi per dare le spalle a Ian e premendo il sedere sul bacino dell’altro in un chiaro invito a darsi una mossa.
Ian sorrise dell’impazienza dell’altro e gli posò una mano sul fianco, pronto a penetrarlo quando un crescente scampanellio fastidioso invase la camera.
-Porca troia!- esclamò Ian allontanandosi di malavoglia dal corpo dell’altro per raggiungere il suo cellulare nello zaino.
Mickey si voltò a guardare cosa avesse posticipato il momento del suo piacere e, con una smorfia, inveì.
-Cazzo, Ian! Metti giù quella merda o te la ficco su per il culo.- lo minacciò Mickey raggiungendo febbrilmente una sigaretta e l’accendino sul suo comodino, cercando di soffocare la sua impazienza e la sua eccitazione nel fumo.
-Chi ti dice che non mi piacerebbe?- rispose Ian senza alzare lo sguardo dallo schermo, come indeciso se rispondere o meno. -E’ Fiona.- gli disse.
-Come se me ne fottesse qualcosa, cazzo. Non fare lo stronzo, Gallagher. Vieni a scopare.- esclamò innervosito Mickey, tirando per la terza volta dalla sigaretta.
Ian lo ignorò.
-Pronto?-
Mickey gemette incazzato e si gettò di schiena sul letto, nudo con la sigaretta tra le labbra screpolate.
-Cazzo! Di nuovo?- chiese Ian a Fiona, l’espressione preoccupata e arrabbiata insieme.
-Lip non può?- chiese dopo qualche secondo, lo sguardo fisso sul petto di Mickey che si alzava ed abbassava ritmicamente.
Consapevole dello sguardo del rosso su di lui, Mickey portò una mano dietro la testa e si sforzò di sembrare disinteressato alla conversazione.
-D’accordo. Cristo! Ci vado io.- sbottò Ian al cellulare, piegandosi per raccogliere i suoi pantaloni dal pavimento e per infilarseli con gesti secchi e scocciati.
Chiuse la conversazione e gettò il cellulare alla rinfusa nello zaino.
-Problemi in paradiso?- domandò Mickey tra il sarcastico e il deluso.
-Carl ha fatto il coglione a scuola e hanno convocato un parente. Fiona è al lavoro, Lip ha una lezione che apparentemente non può abbandonare. Indovina a chi tocca andare?- chiese retorico Ian, infilandosi la maglia al contrario.
Mickey lo notò e decise di non dire nulla.
-Vado a farmi una sega, allora, stronzo.- Mickey si alzò dal letto, la furia e la frustrazione sessuale erano i colori predominanti nei suoi occhi. Camminò verso la porta della sua stanza e, sul percorso, mollò una spallata dolorosa a Ian che sospirò e se la massaggiò leggermente.
Prima di uscire da casa Milkovich e di sbattere la porta dietro di sé per far sentire a Mickey, nonostante fosse dall’altra parte della casa a masturbarsi, che se ne era andato, Ian pensò che non aveva senso che Mickey si arrabbiasse.
Non era colpa sua e di sicuro anche a lui sarebbe piaciuto scopare, quel pomeriggio, ma il suo fratellino aveva avuto altri piani.
Si prese un appunto mentale di farla pagare cara a Carl e si allontanò da casa di Mandy e Mickey.
In corridoio, intanto, Mandy sventolava dei fogli chiamando a gran nome Ian.
-Che cristo hai da urlare come una gallina?- le chiese Mickey uscendo dal bagno completamente nudo.
-E tu non ce l’hai un cazzo di paio di mutande?- lo fulminò Mandy -Dov’è andato Ian?- chiese alzando sotto lo sguardo del fratello di compiti di algebra del ragazzo.
-E io che cazzo ne so?- sbottò Mickey. Si voltò ed entrò in camera sua sbattendosi la porta alle spalle e, per sfogare quel minimo di frustrazione che ancora aveva in corpo, mollò un pugno alla parete sulla quale lui e Ian stavano per farlo qualche minuto prima.
Quando le nocche cominciarono a sanguinare, si rivestì e, soddisfatto, si accese un’altra sigaretta.
 
~
 
Secondo tentativo
Nemmeno tre giorni dopo,  Mickey e Ian sono chiusi in camera di Mickey con la scusa di scegliere un’arma per Frank.
A Frank non è mai servita un’arma e di sicuro, se gli servisse, non manderebbe suo figlio a cercargliela. Ian si chiede come nessuno in casa Milkovich abbia capito che era solo una scusa per rimanere in camera con il fratello maggiore della famiglia.
Tutti tranne Mickey, ovviamente, che l’aveva subito guidato in camera e, l’immancabile sigaretta rovinata tra le labbra, lo aveva spinto sul letto con forza.
-Vacci piano, amico.- aveva riso Ian alzando le mani in segno scherzoso di resa.
Mickey non stava ridendo. Tirava con nervosismo il suo tabacco e valutava se sarebbero stati capaci di essere abbastanza silenziosi dal potersi permettere una sveltina con tutta la sua famiglia seduta in salotto, a pochi metri da camera sua.
-Fammi fare un tiro, dai.- chiese Ian, alzandosi a sedere per togliersi il giubbotto. Mickey gli si sedette a fianco e gli posò il filtro sulle labbra, stringendolo sempre ossessivamente tra medio e pollice, fino a che Ian non esalò dal naso.
Allora si accorse che stava fissando con un po’ troppo fervore le labbra del rosso e distolse lo sguardo.
-In mano tua, eh! Mica sono qui per rubarti le sigarette.- scherzò Ian.
-Non si sa mai, con voi Gallagher.- rispose scontroso Mickey facendo l’ultima nota e spegnendo il mozzicone sul suo comodino. Lo lanciò per terra, tra i vestiti sporchi.
-Questa camera è un porcile.- osservò Ian, cominciando a slacciarsi i pantaloni ma continuando a far scorrere lo sguardo in giro.
Mickey si alzò, come se all’improvviso le lenzuola avessero preso fuoco, posò gli occhi gelidi sul corpo di Ian che, pian piano, veniva scoperto e gli chiese acido:
-Sei venuto per scoparmi o hai intenzione di denunciarci ai servizi sociali così che ci costringano a pulire e ripulirci?-
La risposta di Ian fu un fluido movimento con il quale si tolse maglione e maglietta contemporaneamente. Quando riemerse dal mare di stoffa, Mickey era in piedi davanti a lui, in boxer, fremente di posare le mani sul suo corpo.
Il rosso si sdraiò lentamente sul letto e gli sorrise, sensuale.
-Secondo te?-
-Taci.-
E con questo Mickey si lanciò sul corpo di Ian, lasciando le sue mani libere di scorrere su ogni centimetro di pelle, dimentico della sua famiglia che discuteva di alcool e puttane a pochi passi da loro.
Sì, la sveltina si poteva decisamente fare. Non si poteva non fare. Non quando Ian gli faceva girare la testa in quel modo.
Cercò di controllare la situazione, sedendosi sul bacino di Ian per farlo eccitare maggiormente ma i boxer gli erano decisamente di troppo.
In un gemito di frustrazione, si alzò dal letto per liberarsene mentre la porta di camera sua si spalancava e Kevin entrava come un uragano per poi bloccarsi immediatamente davanti alla scena e voltarsi imbarazzato, dandogli le spalle.
-Porca puttana, ragazzi! Mettete un calzino sulla maniglia o qualcosa!- esclamò coprendosi gli occhi con le mani anche se non poteva vederli, essendosi appena girato.
-Che cazzo urli, coglione?!- grugnì Mickey lanciandosi su Kevin per zittirlo mettendogli una mano sulla bocca. Ian, sul letto, rideva come un pazzo, la semi erezione libera sul suo stomaco.
-E tu che cosa cazzo hai da ridere? Porca puttana, siete uno più idiota dell’altro!- continuò Mickey nel panico, correndo a chiudere la porta, senza dimenticarsi di controllare fuori prima.
-Scusate non volevo interrompere… qualsiasi cosa stavate facendo, ma…- cominciò Kevin quando le risate di Ian scemarono leggermente.
-Non stavamo facendo nulla!- prese a giustificarsi Mickey, il cuore in gola ma l’espressione fissa in un’imperturbabile sicurezza malamente ostentata.
Quando sia Kevin che Ian lo guardarono perplessi e stupiti, si rese conto che non c’era nulla che potesse dire per rendere la situazione meno palese.
Sentì Ian sospirare, come se fosse stanco, e Kevin esalare un -Sì, comunque.- ben poco convinto.
Sentì la rabbia e la paura montargli in petto ma, anche se le tempie gli pulsavano dolorosamente, se ne stette zitto mentre Kevin si avvicinava a Ian che, nel frattempo, aveva avuto almeno la decenza di rimettersi boxer e pantaloni.
Mickey cercava di calmarsi, e di non esplodere, con respiri profondi, dentro e fuori, mentre si rivestiva, pezzo per pezzo.
-Tu e quello stronzo di tuo fratello avevate promesso di darmi una mano a scaricare le birre per l’Alibi! Nessuno di voi due stronzetti si è presentato stamattina.- lo stava sgridando Kevin. Ian non sembrava molto dispiaciuto, ma si apprestava comunque ad alzarsi e a rivestirsi.
-Io e V abbiamo dovuto fare tutto da soli, ma non pensare che faremo così anche per gin e vodka che arrivano fra mezz’ora. Quindi rivesti il tuo culo da checca e vieni a darci una mano, Ian. Adesso!-
Mickey fremette all’appellativo che Kevin aveva usato con Ian, completamente all’oscuro dell’affetto con cui era stato usato e, istintivamente, chiuse le mani a pugno, pronto ad agire nel caso Kevin avesse alzato le mani su Ian o su di lui stesso.
Ma nulla di ciò successe.
Ian rise e si rivestì completamente, mentre Kevin aspettava senza guardarsi troppo in giro, come se avesse paura di vedere altre cose che potessero sconvolgerlo.
Quando il rosso fu completamente rivestito, si avvicinò a Mickey che rimase paralizzato a guardarlo.
-Baciami e giuro che ti squarto, Gallagher.- gli mormorò a denti stretti in modo cattivo ma non convinto.
Ian gli sorrise con quel suo sorriso sghembo e Mickey dovette ricorrere ad ogni sua forza interiore per non distogliere lo sguardo; poi Ian gli diede una manata sulla spalla e dopo avergli sussurrato un debole -Scusa.-, filò fuori dalla camera.
Kevin lo seguì a ruota con un distaccato -Milkovich.- e si chiuse la porta alle spalle, lasciandolo solo nel freddo silenzio della sua camera senza Ian, ma ancora più importante, senza qualcuno da scoparsi per sfogare la sua eccitazione ancora fortemente presente.
La domanda che suo padre volse a Ian sull’arma acquistata e la sua risposta inventata di sana pianta furono enormemente coperte da un urlo di frustrazione che scaturì dalla gola di Mickey non appena ebbe realizzato che Ian lo aveva lasciato sul più bello già due volte quella settimana.
In preda alla rabbia e alla frustrazione, scaraventò per terra la sua scrivania e si sedette sul letto, tremando.
Una volta usciti di casa Ian e Kevin, Mandy decise di azzardarsi nella camera del fratello.
Si alzò dal tavolo, dove suo padre e dei suoi amici ex detenuti si stavano giocando alcune prostitute a poker, e camminò fino alla porta di Mickey.
Poggiò l’orecchio al legno e, quando non sentì altro che silenzio, si arrischiò a bussare.
-Che minchia c’è, ora?- la raggiunse una voce decisamente alterata e astiosa.
Mandy si sentì attaccata e si pentì immediatamente di aver provato, anche solo per un attimo, compassione per quello stronzo di suo fratello.
Indignata, spalancò la porta.
-Perché non ti scopi qualche puttana invece di stare qui col pisello in tiro a pensare a Ian e a trattare di merda chi vuole aiutarti?- gli disse calma e gelida, come solo una donna incazzata sa fare.
Mickey era seduto sul davanzale, la sigaretta tra le labbra e una gamba a penzoloni. Si voltò verso di lei con uno sguardo assassino.
Allungò la mano sulla sedia, unica superstite del suo sfogo rabbioso di qualche momento prima, afferrò un oggetto a caso e lo lanciò verso la sorella.
Mandy, sorpresa, fece appena in tempo a chiudere la porta e sentì l’oggetto schiantarsi contro il legno vecchio e la voce isterica di suo fratello raggiungerle le orecchie.
-E tu perché cazzo non ti fai i cazzi tuoi, puttana!-
Mandy sospirò, ripartendo alla volta del tavolo da poker.
-Frocio.-
 
~

Terzo tentativo
Questa volta nulla potrà staccare Ian da suo corpo. Dovranno passare sul suo cadavere.
Mickey aveva fatto capire a Ian, la mattina dopo che Kevin si era presentato in camera sua negandogli la sua settimanale scopata col rosso, che era invitato, per così dire, a casa sua quel pomeriggio. Testuali parole “Trova una scusa che regga per entrare in casa mia perché voglio il tuo uccello nel mio culo da troppo tempo.”
Dopo che Ian gli aveva fatto notare la sua grande finezza, Mickey l’aveva salutato con un freddo cenno del capo e si era allontanato per lasciare che l’altro entrasse a scuola.
Le ore scolastiche erano volate e Ian era entrato dalla finestra della camera di Mickey perché era tutto il giorno che il sangue gli affluiva alle parti basse solo al pensiero di quel pomeriggio e lui non voleva rischiare di entrare dalla porta d’ingresso di casa Milkovich con un’erezione. Sarebbe sicuramente stato così fortunato da essere accolto dal padre di Mickey, con il quale non aveva buoni rapporti passati, e avrebbe dovuto affrontarlo con decisamente troppo poco sangue al cervello per non ingarbugliarsi o tradirsi.
Li avrebbe scoperti e malmenati una seconda volta. Ian non poteva permetterlo.
Così si era arrampicato sulle tubature sporgenti dei muri e si era infilato furtivamente in camera di Mickey esattamente alle 3.30 di quell’assolato pomeriggio di gennaio.
Lo aveva trovato a sfogliare una rivista d’armi, seduto a gambe incrociate sul pavimento stranamente più pulito del solito. Stava confrontando la pistola che aveva in mano con un modello sul catalogo e, a giudicare dalla sua espressione contrariata, non era decisamente venuto a capo della sua matassa.
-Si assomigliano tutte, cristo santo!- aveva sbottato prima di lanciare tutto all’aria e alzarsi da terra. Solo in quel momento si accorse della presenza di Ian e, anche se solo leggermente, sobbalzò.
-Gallagher.- lo accolse quasi indifferente -La porta è troppo da fighetti per uno come te?-
-Non avevo voglia di inventarmi una scusa e dire a tuo padre ‘Buongiorno! Sono qui per metterlo in culo a suo figlio.’ non mi sembrava l’idea del secolo.- scherzò amaramente Ian.
-Già, forse sì.-
Ed era forse un mezzo sorriso quello che si era formato sulle labbra di Mickey Milkovich?
Ian trattenne il respiro e, quando gli sembrò che il momento fosse completamente svanito, tornò alla solita scena.
-Questa volta sono qui con tutte le intenzioni di andare a segno.- gli comunicò velocemente, cominciando a togliersi il cappotto e a lanciarlo sulla scrivania.
-Come scusa?- chiese Mickey fintamente confuso, accendendo una sigaretta con un accendino decisamente scarico.
-Sai, non siamo stati molto fortunati le ultime due volte che sono stato qui.- continuò Ian levandosi gli stivali pesanti. -Perché non ti spogli?- chiese perplesso, osservando che Mickey era rimasto immobile davanti a lui.
-Parla per te, amico. Io sono perfettamente soddisfatto. Se uno stronzo come te non si scomoda a finirmi il lavoro, non mi dispero mica, sai?- spiegò tranquillamente Mickey, cominciando ad aumentare la frequenza dei tiri e tenendo lo sguardo sulla punta della sigaretta che, lentamente, diventava cenere grigiastra.
Ian non rispose. Stette in silenzio e rallentò la sua opera di denudamento, le dita leggermente tremanti.
Mickey lanciò una breve occhiata a Ian e proseguì.
-Sono andato a farmelo succhiare da Angy, la prima volta. E ieri ho approfittato delle puttane che giravano per casa dato che il mio vecchio se le stava giocando a carte. Ne ho sfondata una fino a farla urlare.- rise Mickey spegnendo l’oramai terminata sigaretta e avvicinandosi a un Ian corrucciato e paralizzato.
-D’accordo.- disse all’improvviso il rosso, prendendo un respiro e denudandosi completamente. -Vorrà dire che devo fare del mio meglio per non lasciarmi surclassare da una troia per hobby e una per lavoro.- sorrise Ian mentre camminava sensuale verso Mickey.
Il ragazzo rimase come in trance, la bocca spalancata, a osservare l’ipnotizzante ondulare di Ian verso di lui.
Quando il rosso lo spinse, facendolo indietreggiare fino all’armadio, e crollò in ginocchio davanti al suo pacco, Mickey esalò un sospiro tremolante e fottutamente eccitato.
-Sei proprio una puttana, Gallagher.- disse con la voce instabile e il cuore in gola mentre Ian, concentrato, gli slacciava i bottoni dei jeans uno alla volta.
-Ho meno esperienza e più motivazione di una delle tue puttane.- disse Ian a bassa voce prima di mordere la zip dei jeans di Mickey e, facendo leva sulle ginocchia, scendere per aprirla, strusciando il naso sull’erezione ancora coperta dai boxer.
A questo punto, Mickey non respirava più, il corpo in corto circuito e le dita a correre freneticamente verso e attraverso le ciocche corte e rosse di Ian.
Mickey era sicuro che questa volta avrebbe ucciso e fatto a pezzi chiunque avesse osato interromperli, ma quando a farlo fu sua sorella, sangue del suo sangue, dovette a malavoglia rivedere le sue intenzioni.
-Porca puttana, Mandy!- urlò isterico Mickey spingendo via Ian e facendolo rotolare rovinosamente per terra. -Non si usa più bussare, cazzo?!-
Mendy non sembrava particolarmente sconvolta dalla scena che le si era presentata davanti.
Sorrise docile e poi, guardando Ian e ignorando il panico nel viso e nei movimenti del fratello, gli disse: -Ian.-
-Ciao Mandy.- salutò educatamente il rosso ancora nudo e ancora a terra.
-Come sta Lip?- chiese lei, sinceramente interessata.
-Solito; avanti e indietro dal college. Sarà l’unico ad avere una laurea e noi lo aiutiamo come possiamo. Siamo tutti molto orgogliosi di lui, sai.- spiegò Ian, perfettamente a suo agio in quella posizione, come se, una volta che Mandy avrebbe chiuso la porta, sarebbe stato capace di riprendere esattamente da dove aveva lasciato. -Come sapevi che fossi qui?- chiese improvvisamente Ian, desideroso di imparare dai suoi sbagli per quando si sarebbe dovuto intrufolare nuovamente in camera di Mickey.
-Praticamente vieni qui ogni pomeriggio e in più deve esserti scivolata la sciarpa mentre ti arrampicavi qua fuori. Vai a recuperarla, poi. Se la becca mio padre ed è abbastanza sobrio da fare due più due, vi uccide entrambi.- gi spiegò Mandy indifferente.
-Grazie.- le disse subito Ian che, guardandosi intorno, si era effettivamente accorto della mancanza della sciarpa di lana che Debbie gli aveva regalato due Natali prima.
-Ma siete tutti impazziti, cazzo!- urlò sconvolto Mickey.
Quando Ian e sua sorella si voltarono confusi verso di lui, cercò di calmarsi e non commettere un duplice omicidio, ma fallì miseramente e si ritrovò a gridare ancora. -Vi sembra il momento di conversare?!-
-Cosa dovremmo fare, scusa?- chiese Ian con un’alzata di spalle.
-Tu dovresti stare qui a succhiarmelo e tu…- si voltò verso Mandy con un dito accusatorio a mezz’aria -…vedi di scavarti dalle palle. Siamo occupati.-
-Ho notato.-
Sia lei che Ian scoppiarono in una risatina mal celata. Mickey era sconvolto.
-Basta, ci rinuncio, porca troia!- sbottò staccando le spalle dall’armadio e riabbottonandosi i jeans fino al primo bottone, chiaramente arreso all’evidenza che non avrebbe goduto di e con Ian nemmeno quel giorno.
-Avanti, Mandy. Dì quello che devi dire e lasciaci che tuo fratello fa i capricci.- disse Ian lanciando uno sguardo eloquente a Mandy.
-Gallagher, ti giuro che se non chiudi quella fogna istantaneamente, ti soffoco!-
-Pensavo l’avresti preferita aperta, la sua fogna.- lo provocò Mandy.
-Sei ancora qui? Sparisci dalla mia vista prima che decida di farti rimpiangere di essere nata!- la minacciò in risposta Mickey oramai furente e fuori di sé.
-Beh, Ian. C’è Debbie alla porta. Dice che Liam sta male e né lei, né Lip, né Fiona possono portarlo dal dottore adesso.-
-Che problema ha la tua famiglia con lo lasciarci scopare in pace, Dio?!- chiese Mickey incazzato a Ian che, tuttavia, preoccupato per il fratellino malato, lo ignorò completamente.
-Cos’ha?- chiese il rosso, alzandosi in piedi e cominciando a raccogliere i suoi vestiti e a infilarseli in fretta e furia.
-E io che ne so! Dovevo solo riportare il messaggio.- disse Mandy -E l’ho fatto con estremo piacere.- concluse facendo l’occhiolino a suo fratello che ora sembrava lì lì per commettere una strage, i pugni chiusi lungo i fianchi e il volto funereo.
Detto questo, la ragazza girò sui tacchi e si allontanò, lasciandoli nuovamente soli nella stanza.
-Non penserai davvero di andare?- chiese sconvolto Mickey, avvicinandosi a Ian come un animale ferito.
-Mickey, mio fratello sta male. Ha bisogno di me.- scandì il rosso come se non si aspettasse che Mickey potesse capire una cosa simile.
L’altro soffocò violentemente l’Anche io ho bisogno di te che stava per sfuggire dal suo petto e si allontanò dal rosso per afferrare il suo cappotto.
Poi si diresse verso il comodino, aprì il primo cassetto e ne estrasse una Beretta scarica. Sotto gli occhi quasi annoiati e abituati di Ian, la caricò con sei proiettili e si mise un numero pari di cartucce per ricaricarla in tasca.
Senza dire un’altra parola e senza rivolgere un ulteriore sguardo a Ian, uscì dalla stanza, tremando di rabbia.
Ian lo seguì, dimenticandosi di essere entrato dalla finestra e che quindi uscire dalla porta sarebbe stato un grave errore.
Quando entrambi furono fuori e dopo che Mickey ebbe travolto, nella sua marcia incazzata, Debbie con un piccolo Liam piangente in braccio, Ian gli urlò dietro: -Dove stai andando, ora?- con tono annoiato.
-A trombarmi Angy, stronzo! In qualche modo dovrò sfogarmi!- gli rispose Mickey senza voltarsi e aumentando sempre maggiormente l’andatura fino a ritrovarsi a correre in direzione dei ponti della ferrovia.
Durante tutto il tragitto verso casa, durante il quale Debbie lo aggiornava sullo stato della salute di Liam, Ian non riusciva a fare altro se non pensare come avesse lasciato Mickey per tre volte consecutive sull’orlo di una sana e soddisfacente scopata fra uomini. E a quanto fosse pericoloso.
Quando, comunque, cominciò a sentire degli spari provenire dai ponti adiacenti casa Milkovich, prese a contarli, agitato.
36 colpi.
Sorrise.
 
~
 
Quarto tentativo
Mickey era chino sulla sua scrivania, intento a contare e ricontare i soldi che il lavoro sporco della famiglia Milkovich gli aveva fatto guadagnare, quando qualcuno entrò nella sua stanza e, senza un minimo di ritegno, sbattè la porta dietro di sé.
Se c’era una cosa che Mickey odiava era il rumore di una porta che sbatte e Ian lo sapeva bene; per questo, quando Mickey alzò lo sguardo sul bastardo che era appena entrato in camera sua, non si stupì di trovarsi faccia a faccia con quel rosso figlio di puttana che gli doveva tre cazzo di orgasmi.
Gli concesse mezza smorfia disgustata giusto per fargli capire che aveva preso atto della sua presenza nella stanza e tornò a contare.
-Indovina?- cominciò Ian con entusiasmo.
-Ti sembro forse un cazzo di indovino? Come sei entrato?- chiese Mickey prendendosi una pausa per accendersi una sigaretta.
-Fiona è al lavoro. Kevin e Veronica anche.- sorrise Ian come se i pianeti si fossero allineati e quello fosse il giorno del giudizio o cose simili.
-Ti ho chiesto come sei entrato.- insistette Mickey acido, ora portando nuovamente l’attenzione sulle banconote spiegazzate che gli stavano davanti.
-Lip è al college, Debbie e Carl a scuola.- Ian prese a ridere e Mickey provò il fortissimo impulso di riempirlo di botte. Impulso che forse un tempo avrebbe assecondato. Un tempo…
Quel giorno, invece, non commentò altro che non un furente -Come cazzo sei entrato, Gallagher?-
Quasi urlò in faccia al rosso che però non mutò d’umore neanche lontanamente e, mantenendo il suo ampio sorriso, rispose -Infine Liam è da Sheila!-
Ian battè le mani come farebbe un bambino in un negozio di caramelle e si avvicinò a Mickey poggiandogli le mani sulle spalle.
Mickey, dalla sua posizione seduta non poté fare altro che scuoterle infastidito mentre Ian indietreggiava sfilandosi il cappotto e lanciandolo per terra.
-Dio, Mickey! Mi ha aperto Mandy. Le ho passato tutto il compito di letteratura. Il minimo che possa fare ora è avvisarci se arriva tuo padre.- disse Ian scocciato come un genitore dal figlio capriccioso.
-Perché pensi che me ne fotta qualcosa?- chiese Mickey mentre segnava la cifra finale su di un pezzetto di carta sgualcito che poi infilò in un’anonima busta marrone insieme a tutte le banconote.
-Beh, l’ultima volta che tuo padre ci ha visto insieme non è andata molto bene. Hai rimosso?- chiese Ian ironico e amareggiato, tentando un secondo approccio fisico e riavvicinandosi a Mickey da dietro.
-Mi fanno ancora male gli zigomi, coglione. Dico della tua famiglia.- sospirò il ragazzo decidendo che avrebbe fatto a meno degli ultimi tiri di tabacco e spegnendo la sigaretta prematuramente sulla scrivania.
Gettò il mozzicone giù dalla finestra.
-Oh, loro!- esclamò Ian -Davvero non ci arrivi?- gli domandò con un’espressione accesa -Se tutti sono impegnati, nessuno verrà a cercarmi!- spiegò Ian abbassandosi a premere la fronte su quella di Mickey e posandogli le mani intorno al collo, le lunghe dita bianche a contatto con il pulsare in esponenziale aumento delle vene sulle quali erano poggiate.
Ovviamente Mickey c’era arrivato, ma era più eccitante avere Ian in quello stato e così vicino a lui.
-Siamo soli?- chiese quindi Mickey cercando di fingere un’improvvisa realizzazione alla quale Ian non credette nemmeno un istante.
-Siamo soli.- confermò comunque, tra il divertito e l’eccitato. Sapeva perfettamente cosa sarebbe successo subito dopo.
E non rimase deluso. Mickey non aspettava altro. Ian era decisamente in debito con lui e sembrava anche esserne consapevole dato che sembrava più incline del solito a lasciargli prendere il controllo del bacio che si scambiarono subito dopo.
Non si baciavano spesso, non avevano tempo per le smancerie.
Solitamente qualcuno gli correva dietro o la paura di essere scoperti prendeva il sopravvento e si limitavano al minimo indispensabile per eccitarsi e lo stesso per venire.
Ma quella volta Ian gli aveva detto che non avevano tempi da rispettare e Mandy li stava coprendo dal padre. Poteva quindi permettersi il lusso di passare le labbra su quelle dell’altro ragazzo, godendo nel sentirle fremere sempre più man mano che il bacio diventava più spinto.
In men che non si dica, Mickey aveva spinto Ian sul letto e gli stava seduto sul bacino, muovendosi frenetico per dare il prima possibile sollievo a quel prurito che provava da giorni oramai.
Puntò gli occhi sull’espressione persa di Ian che, con gli occhi chiusi e la bocca aperta, deglutiva aria a vuoto, respirando affannosamente.
Mickey si concesse un mezzo sorriso perché, per quanto non l’avrebbe mai ammesso, quella era cosa più bella che avesse mai visto; aumentò la foga dei suoi movimenti, abbassando a sua volta le palpebre per concentrarsi meglio sulle sensazioni che finalmente poteva procurarsi tramite Ian.
Dopo poco la mano del rosso salì ai suoi fianchi e, mentre Mickey pensava fosse un qualche tipo di input per cominciare a spogliarsi, applicò una forte pressione perché smettessero di muoversi.
Estremamente infastidito, aprì gli occhi per cercare di capire meglio cosa fosse preso all’altro e trovò Ian sconvolto e un po’ impaurito.
-Che cazzo succede, ora?- sputò Mickey con voce pungente, ma comunque velatamente preoccupata.
-Mi… mi sono ricordato una cosa.- cominciò Ian chiudendo gli occhi in un espressione sofferta.
Appena Mickey realizzò cosa potesse essere, saltò giù dal bacino del rosso e prese a urlare.
-No, porca puttana! Non me ne frega un cazzo di chi sta morendo, di quale cauzione devi pagare o se la tua famiglia ha bisogno che tu vada al lavoro per guadagnare i soldi per l’ennesimo scaldabagno! Tu. Resti. Qui.- ringhiò furioso con uno sguardo che non ammetteva repliche.
Ian tentò di protestare, ma Mickey lo interruppe subito lanciando una mano sul suo pacco e stringendo in una presa ferma e promettente insieme.
-Gallagher, tu non ti muoverai dal mio letto fino a che non avrò avuto quello che mi prometti da giorni. Altrimenti ti stacco le palle a morsi e ci faccio un portachiavi. E’ chiaro?- lo minacciò disperato Mickey, avvicinando il viso al suo e digrignando i denti.
Ian sussultò un paio di volte – alla stretta e poi alla minaccia – ma subito dopo, prese a ridere.
E ridere a crepapelle.
Mickey era più confuso e arrabbiato che mai.
-Che cazzo ridi, stronzo? Pensi che sia una fighetta? Pensi che non lo farei?- sbraitò Mickey.
-Penso che tu sia incredibile. E che sto scherzando. Nessuna commissione, niente da fare. Volevo solo ridere della tua reazione.- sorrise Ian con quel sorriso sbieco che tanto faceva venire voglia a Mickey sia di baciarlo che di prenderlo a bastonate.
Mickey lasciò istantaneamente il pacco di Ian, confuso. Non era stupido, comunque. Ci mise molto poco a capire e, ributtandosi sul corpo dell’altro, passò le successive due ore a minacciarlo e baciarlo, insultarlo e adorarlo.
E a riprendersi i tre orgasmi che Ian gli doveva. Uno dopo l’altro.
 
 
 
 
  
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