Era un pomeriggio come un altro.
Il sole splendeva alto nel cielo, trapassando le chiome degli alberi in quei punti dove le verdi foglie si sfioravano appena, creando sprazzi di luce sul terreno erboso. Gli uccelli cantavano sereni, le cicale frinivano ricordando che era estate. Si poteva sentire lo scroscio dell'acqua del fiume che scorreva lì vicino, i passi svelti degli animaletti indaffarati, lo sbattere lieve delle ali delle farfalle colorate. L'armonia della foresta era racchiusa in quegli istanti di silenzio fatato, in quella luce attutita dalla fitta vegetazione, nei versi bassi e decisi delle creature del bosco e nel profumo dell'aria carica di natura.
Ma qualcosa spezzò quella tranquillità.
Passi veloci, accompagnati da un suono acuto e triste, che strideva con l'ambiente circostante. Gli animali che sino a quel momento erano stati impegnati nelle loro faccende, si spaventarono da quell'intrusione improvvisa, correndo di corsa nelle loro tane. La ragazza finalmente si fermò. Le gambe le cedettero, affidandosi alle ginocchia deboli. Singhiozzando, si lasciò cadere contro un tronco, liberando il suo pianto disperato nella foresta. Lì si sentiva al sicuro, sapeva di poter dar sfogo alla sua tristezza. Nessuno l'avrebbe giudicata stupida, nessuno le avrebbe detto che doveva essere forte.
Perchè ormai era sola.