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Autore: sandragili    17/05/2015    0 recensioni
Sono passati tanti anni da quel viaggio, seppur breve e indefinito, a Milano. Non sono più quella ragazza, quella che veniva da un piccolo paesino di provincia in confronto alla grande metropoli. Non sono più la ragazza che alle orecchie aveva solo cuffie scadenti con musica demodè e profonda.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Sono passati tanti anni da quel viaggio, seppur breve e indefinito, a Milano. Non sono più quella ragazza, quella che veniva da un piccolo paesino di provincia in confronto alla grande metropoli. Non sono più la ragazza che alle orecchie aveva solo cuffie scadenti con musica demodè e profonda. Adesso i miei obiettivi sono altri, più definiti e tristi. Sento addosso l'incombenza dei doveri, delle necessità e degli schemi precostituti che la società ci impone. Mi ricordo, perchè il ricordo è il più grande dono degli dei, di quella mattina di afosa estate in cui si sarebbe decisa la mia vita.

-Passano tutti a questi cazzo di esami di stato!- diceva il mio compagno di classe, il più anziano di tutti, con la sigaretta in bocca. - Si, sarà vero, ma io non so niente Matt!- replicava invece la secchiona di turno, quella che, di generazione in generazione, si ripresentava spasmodicamente in qualunque classe: il cento e lode in tasca e un futuro definito. Io ero lì, a contemplare la magnificenza di un'altra tappa dell'adolescenza che andava via, winston in bocca, s'intende. Ero lì, consapevole più di tutti dello scorrere del tempo; consapevole che quello sarebbe stato il momento in cui si doveva smettere con i giochi al mare e le chiacchiere da cortile e iniziare, con le preoccupazioni che il tutto comporta, a pensare a quel che viene dopo, perchè sembra quasi che il futuro, fino a quel momento, non ci intacchi.
- Cazzo, la carta di identità! Paolo, come lo fai l'esame senza?- imprecava Sal, il più attento della comitiva. Paolo era il ragazzo sbagliato, trasandato, un po' intellettualoide di sinistra, senza documento il giorno dell'esame. Il futuro non lo aveva ancora toccato, non per ora almeno.

-Rappazzi- rieccheggia lontano dal corridoio.
Era il mio momento, Ungaretti lo sapevo e Montale difficile non era. Entro, mi siedo, attacco a parlare, divorando qualunque tentativo di interruzione, placando, colpo su colpo, la violenza del dubbio altrui. Incessantemente, per un'ora e mezza, testarono le mie capacità di memoria, perchè, per intenderci, la scuola italiana è solo questo. Ripensandoci non è stato poi così male, un 92 e tutti a casa. Il mio terrore non era finito, il mio terrore aveva solo avuto inizio.

Sembra strano, ai tempi gli esami di stato mi sembravano il muro invalicabile della conoscenza. Oggi, ripensandoci, li ritengo una quisquiglia, un colloquio informale di otto amici al bar. Eppure, nonostante lo stress di non riuscire di quegli anni, rimarrà in me un profondo ricordo di gioia, effimera e non più arrivabile. Di quando si gioiva delle piccole cose, delle estati in vespa, della granita della nonna di Chiara, delle sigarette fumate di nascosto in riva alla spiaggia. Erano anni di inanismo dopo tutto e tuttavia il mio entourage di amici-scappati di casa manteneva lo spirito sessantottino italiano, di ribellione e contestazione. Saremmo stati felici sul finire degli anni sessanta. 

-Clarissa, tieni il filo dell'acceleratore!- Urlava Paolo, destreggiandosi con quella minuscola opera d'arte tutta made in Italy: la vecchia, introvabile e fuori moda 50 special. 
Clarissa era una completa incapace, e nei movimenti e coi motori. Maldestra ma bellissima. Mediterranea, di quel mediterraneo particolare e raro. Chiarissima di carnagione e dal viso liscio, sembrava una biancaneve degli anni 2000. Diligente a scuola, eccessivamente puntigliosa ma incredibilmente sognatrice. 
A distanza di anni mi chiedo ancora come facesse a stare con quel burbero di Paolo, dedito solo a fare il Don Giovanni e a strimpellare le solite canzoni inglesi masticate plurime volte da plurime generazioni. 
-Clarissa, cazzo, l'acceleratore!;
Li trovavi sempre lì, fermi sulla strada che portava al mare a cercare, invano dato l'aiuto del passeggero, di arrivare in tempo ai bagni. La comitiva aspettava sempre loro, sempre ritardatari, sempre innamorati fino alle ossa. E loro non arrivavano mai, si perdevano a fare l'amore in spiaggia, da soli, con l'invidia di qualche amico che, ahimè, non era arrivato a conquistare nemmeno un bacio dalla timida Clarissa. 

Non so perchè ricordo ancora questi intermezzi altrui, pensare al passato però, so che mi fa bene. D'altronde è meglio ricordare gli altri che se stessi. 


 
  
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