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Autore: InuAra    18/05/2015    8 recensioni
ULTIMO CAPITOLO ONLINE!
Con due bellissime fanart di Spirit99 (CAP. 4 e 13)
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Cosa succede se il mondo di Ranma incontra il mondo di Shakespeare? Rischia di venirne fuori una storia fatta di amori, avventura, amicizia, gelosia, complotti. Tra fraintendimenti e colpi di scena, ne vedremo davvero delle belle!
DAL CAPITOLO 2
Ranma alzò lo sguardo verso il tetto. “Akane. Lo so che sei lì” “Tu sai sempre tutto, eh?” A Ranma si strinse il cuore. Ora che era lì, ora che l’aveva trovata, non sapeva cosa dirle. Soprattutto, non poteva dirle nulla di ciò che avrebbe voluto. “Beh, so come ti senti in questo momento” “No che non lo sai” “Si può sapere perchè non sei mai un po’ carina?” “Ranma?” “Mmm…”  “Sei ancora lì?” “Ma certo che sono qui, testona, dove pensi che vada?” Fece un balzo e le fu accanto, sul tetto. “Sei uno stupido. So benissimo che sei qui perchè te l’ha chiesto mio padre” “E invece la stupida sei tu”, si era voltato a guardarla, risentito e rosso in viso, “E’ vero, me l’ha chiesto, ma sono qui perchè lo voglio io! Volevo… vedere come stai…ecco…”
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome, Un po' tutti
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Un piccolo riassunto per riportarvi nel vivo della storia:
Medioevo giapponese - Akane, figlia di Soun-sama, signore delle terre dell'ovest, non è mai uscita dal palazzo, dove è cresciuta accanto a Ranma, un giovane orfano che lavora come paggio al servizio di Soun Tendo.  A vegliare su di loro ci sono i due anziani consiglieri, Obaba e Happosai, e gli immancabili confidenti, Ryoga, amico, nonchè servo, di Ranma, e Ukyo, ancella di Akane. Soun si risposa con una giovane nobildonna, Kodachi, e al fratello di lei, Kuno Tatewaki, promette in sposa la principessa Akane, che rifiuta categoricamente i suoi corteggiamenti. A poco a poco Ranma e Akane si accorgono di essere innamorati e, sfidando i problemi di classe, si dichiarano. Decidono quindi di sposarsi di nascosto e scappare in Cina, in attesa di tempi migliori, ma immediatamente dopo il matrimonio e la prima notte di nozze vengono scoperti e divisi. Ranma viene prima imprigionato e poi esiliato e Akane è tenuta sotto stretta sorveglianza, pur con un discreto raggio di azione. Obaba fugge a sua volta dopo essersi presa l'intera responsabilità del matrimonio segreto. Partendo per la Cina, Ranma promette ad Akane che le scriverà spesso e che farà di tutto per ricongiungersi a lei. Tra una lettera e l’altra, passano i giorni e Kodachi sembra tramare nell’ombra alle spalle della principessa e degli ignari compagni. Nel frattempo Ranma approda in Cina.
 
 


 
CORRADO
Che vantaggio vi potrà mai venire
da questa vostra grande scontentezza?
 
GIOVANNI
Il massimo vantaggio,
perché è la sola cosa che ho di mio.
(...)
Questo può rivelarsi un nutrimento
per la mia scontentezza; quel pivello,
(...)
se posso seminargli degli intralci
sulla sua strada, proverò piacere.
 
Much ado about nothing – William Shakespeare
 
 


 
 
Scovare la locanda Ko-Lun non fu un'impresa facile, tra la folla di commercianti e marinai che pulsava negli stretti vicoli del porto, gli affari più o meno leciti, i carri, il via vai dei facchini. Ma quando Ranma finalmente la trovò, scoprì che anche in quell'angolo sperduto del mondo c'era qualcuno pronto ad accoglierlo a braccia aperte.
 
La locanda, semplice e sobria, a confronto di molte bettole in cui si era imbattuto nel tragitto dal porto, sorgeva su una piccola collina, ed era raggiungibile da una stradina in salita che si apriva leggermente in un piccolo spiazzo, lontano dalle caotiche  vie principali quel tanto da poter godere di una certa quiete.
 
Non c'era anima viva.
 
Dopo tutto quel brulicare di gente, quello scambiare parole incerte di una lingua non sua, che pure stava imparando in fretta, gli sguardi curiosi, quelli altrui che indugiavano sui suoi lineamenti stranieri e quelli suoi, che divoravano ogni colore, ogni odore, ogni straordinaria differenza della vita che qui lo attendeva, quella piazzetta deserta lo fece di colpo piombare in un senso di vuoto e di smarrimento.
 
Era forse il primo momento da quando era cominciato il viaggio del suo esilio che si fermava davvero.
 
E nell'immobilità di quell'istante si sentì solo.
 
Ogni attimo libero che aveva avuto fino ad allora si era messo a scrivere ad Akane.
 
Era stata sempre con lui.
 
Akane  sulle sartìe.
 
Akane nelle notti di luna.
 
Akane tra una chiacchiera e l'altra dei marinai a bordo di quella nave.
 
E, col pensiero di lei, non aveva mai smesso di parlare, di aiutare sul ponte, di pescare, di affaccendarsi ovunque fossero richieste due braccia giovani e forti.
 
Ora, col suo misero fagotto sulle spalle, guardando oltre i tetti disordinati di quella città straniera, tutto gli sembrò ostile e gli parve impossibile ripercorrere la via del ritorno che si era fatta in un batter di ciglia impervia e lontana.
 
I suoi piedi improvvisamente stanchi non avrebbero mai trovato la forza di muoversi da lì.
 
Era come se il suo cuore nuotasse nello sconforto.
 
La paura e la tristezza gli caddero di colpo sulle spalle.
 
*Ma a chi voglio darla a bere? Al mio solito ho guardato avanti a me e non ho pensato a cosa avrei fatto una volta qui. Non ho pensato a nulla, ho persino riso... Che idiota! Il solito spavaldo incosciente... Così avrebbe detto Ukyo. Ukyo... Ryoga... Cosa state facendo? State vegliando su di lei? E lei... mi aspetterà? Akane, ce la farò a tornare da te?...*
 
"Ranma?"
 
Una voce calda e dolce lo riportò alla realtà.
 
"Tu sei... Ranma, vero?"
 
Qualcuno che conosceva la sua lingua lo stava chiamando per nome.
 
Si voltò di scatto.
 
Dietro di lui una donna non più giovane ma ancora molto bella, gli occhi grandi e rassicuranti, ferma nell'atto di entrare nella locanda con un cesto di biancheria tra le braccia, gli sorrideva, il capo voltato verso di lui.
 
"Sì, tu devi essere Ranma, la descrizione di Obaba non lascia spazio a dubbio alcuno"
 
Posò il grande cesto con grazia e si avvicinò al ragazzo che la guardava senza sapere cosa dire.
 
Lo raggiunse e quando fu distante da lui poco più di un metro, si inchinò.
 
"Benvenuto"
 
"Ehm...grazie...", si inchinò a sua volta, "e... sì, Ranma è il mio nome"
 
Vergogna, amarezza, imbarazzo in quella risposta appena sussurrata, che si tingeva di tutto il senso di colpa che per la prima volta lo metteva di fronte alla sua immagine: un esule, un traditore, un poveraccio.
 
La signora, che  aveva visto tanto durante la propria vita, e, cosa più importante, sapeva osservare davvero, colse il tono del vinto nelle parole di quel ragazzo, e fece qualcosa di inaspettato. Sciolse l'inchino e con naturalezza lo abbracciò.
 
Qualcosa si squagliò dentro di lui.
 
Non si sentì più così sbagliato.
 
Si abbandonò a quell'abbraccio di madre, così avvolgente e protettivo, e lacrime silenziose bagnarono lo yukata della signora, le prime lacrime versate da un uomo non più bambino che aveva perso tutto, lontano da casa e dalla sua donna.
 
La signora Nodoka aveva il potere di cancellare ogni stanchezza e di ristorare anima e corpo con pochi gesti premurosi.  Ranma se ne accorse da quel primo incontro.
 
Non fu mai menzionato lo sfogo del ragazzo tra le braccia di quella sconosciuta. Anzi, dopo aver trovato quella nicchia di muta confidenza, Ranma ritrovò dignità e sicurezza.
 
Tutto gli sembrò più facile e riacquistò un po' di speranza.
 
Entrando per la prima volta in quella che sarebbe stata per un po' la sua nuova casa, non senza essersi caricato il cesto pieno di lenzuola e strofinacci freschi di bucato, Ranma si voltò a guardare il tramonto su quello che gli parve di nuovo un panorama bellissimo.
 
Al suo ingresso i pochi avventori seduti chi a un tavolo chi al bancone lo squadrarono curiosi.
 
"Signori, questo è Ranma! Consideratelo come se fosse il mio figlioccio. Viene dal mio Giappone e voglio che lo accogliate con gli onori che merita!"
 
La dolcezza della signora Nodoka era sempre contagiosa, e un suo ordine era accettato di buon grado da ognuno dei suoi ospiti abituali, che semplicemente la adoravano.
 
Due sole persone, un po' in disparte, guardarono l'uno con sospetto l'altra con superiorità la scena patetica di quel ragazzotto venuto da fuori che, ansioso di farsi benvolere, stringeva mani e dispensava saluti.
 
Ben presto Ranma avrebbe fatto la loro conoscenza.
 

***
 

Notte fonda.
 
Una luna malata illuminava appena le finestre della principessa, sbiadendone i contorni.
 
Il palazzo dormiva e lui si prendeva l'impudenza di violarne l’immobilità, fissando insistentemente quelle finestre.
 
Cosa avrebbe dato per possedere quelle finestre, quel palazzo, tutte quelle ricchezze... E cosa avrebbe dato per mettere le mani su quella pelle così bianca, lasciarle scorrere lentamente lungo le forme, per poi afferrarne le carni e prendere quello che era suo di diritto. In quanto uomo e in quanto nobile.
Ma aveva deciso di giocare d’astuzia e sapeva aspettare. Però voleva vincere e per riuscirci doveva liberare la sua strada da ogni ostacolo, anche il più insignificante.
 
"Kuno, mio buon signore. Sono qui, come mi avete chiesto"
 
Si scosse dalla lascivia di quei pensieri. Per quanto il suo servo personale fosse il capro espiatorio prediletto della sua ira, doveva ammettere che avesse abilità eccezionali: non lo aveva in alcun modo percepito avvicinarsi.
 
Ed ora era lì, in ginocchio, capo chino.
 
"Sasuke", sussurrò a sua volta, "Se già sei di ritorno, suppongo che tu abbia trovato chi stavamo cercando..."
 
"Sono qui, mio buon signore, appena fuori da Palazzo Tendo. Attendono vostri ordini"
 
Un'ondata di eccitazione gli accelerò il battito.
 
"Molto bene"
 
E con un ghigno malcelato volse un ultimo sguardo tagliente verso le finestre di Akane, prima di aumentare il passo in direzione del grande cancello.
 
Quella sciocca avrebbe avuto tutto il tempo per capire che una donna quando è sola non va da nessuna parte. L'avrebbe sicuramente capito esaurendo da vedova l'ultima lacrima per la morte di quel verme, Ranma, o come diavolo si chiamava.
 
Questo pensava Tatewaki Kuno mentre si affrettava a raggiungere i due migliori sicari delle Terre dell'Ovest per dar loro  l'ordine di portargli su un vassoio una ben precisa testa col codino.
 
 

***

 
 
Si scostò distrattamente i capelli dal volto, in un gesto misurato ed elegante.
 
Voleva guardarlo meglio.
 
Non capiva cosa avesse di straordinario.
 
La signora Nodoka parlava di lui ormai da giorni, come di un ragazzo 'virtuoso, ricco dentro e fuori'.
 
"Ma se non lo conoscete...!", aveva ribadito lui.
 
"Ma è come se lo conoscessi, mio caro Mousse! La vecchia Obaba - tu sai quanto sono legata a lei - mi ha scritto di lui, descrivendomi nel dettaglio il suo buon carattere a palazzo e il carisma con gli amici, la sincerità d'animo e l'onestà, la bravura nelle arti marziali e la voglia di darsi sempre da fare... Un giovane così solerte e al contempo così sfortunato non si può non amarlo!"
 
Gli aveva regalato uno di quei suoi sorrisi caldi e disarmanti a cui lui non sapeva rispondere e, portandogli via il bicchiere ormai vuoto, si era allontanata considerando la questione conclusa.
 
Ma la questione non era affatto conclusa.
 
Dall'angolo un po' nascosto in cui era seduto scrutava quel ragazzo per carpirne il segreto.
 
Poteva avere all'incirca la sua stessa età, forse un anno in meno.
 
Ma a parte questo erano diversi come il solleone e la tenebra.
 
Quel ragazzo si muoveva in modo rozzo e spontaneo, scusandosi e sorridendo agli sconosciuti intorno a lui.  Al contrario i propri gesti erano sempre ponderati e fluidi e il suo volto il più delle volte imperscrutabile.
 
La voce di quel forestiero era squillante, chiassosa, disordinata. Lui parlava poco, a voce bassa.
 
Quel Ranma era vestito con una giacca rossa sdrucita dal taglio cinese, come se amasse travestirsi da straniero pur essendo giapponese, con un risultato piuttosto ridicolo e grottesco. Che cattivo gusto... Lui dal canto suo era avvolto da un completo casacca e pantaloni sobrio ma raffinato, nelle tinte dell'oro e del celeste. I paraspalle e i parabracci argentati davano al tutto un'aura di prestigio e forza, rivelando che chi li indossava era di fatto un guerriero.
 
Occhi verde smeraldo, carnagione fredda e lunare, lunghi capelli setosi color noce, Mousse era un guerriero dell'esercito cinese in congedo fino a nuovo ordine, ma pur sempre un guerriero, pronto al combattimento e alla strategia, uno dei migliori.
 
E non capiva come un ragazzo che non aveva sudato per meritarselo fosse considerato anch'egli 'uno dei migliori', forse anche migliore di lui: era considerato bello, bravo nelle arti marziali, ed era sposato nientemeno che con una principessa...
 
Si voltò non visto a guardarla.
 
Lei era lì, non troppo distante da lui, con un sorriso indecifrabile, gli occhi a sua volta puntati sul nuovo ospite, mentre con una mano giocherellava con una ciocca dei suoi morbidi capelli purpurei.
 
Sospirò di una rabbia rassegnata e ormai stanca.  Abitava in quella locanda ormai da un anno, non solo perchè non aveva una casa di proprietà, ma perchè lì c'era lei: Shan-Pu, la cameriera a servizio della signora Nodoka.
 
Un anno prima avrebbe detto di essere innamorato di lei.
 
Ora non sapeva nemmeno se si fosse trattato di amore. 
 
La piccola Shan-Pu ci sapeva fare col cuore degli uomini, come una gatta con un topino ignaro. Ci giocava e poi se li divorava. Una notte di passione e via. Pronta per un nuovo passatempo, una nuova preda.
 
Non era cattiva in sè, e non riusciva a odiarla. Anzi, standole vicino aveva imparato a conoscerla bene per quello che era: un'astuta ragazzina, divertente e senza morale. Bella da stordire, per nulla ingenua e con quell'accento un po' vezzoso, tipico del suo villaggio di origine.
 
Eppure, fosse stata diversa, chissà, forse l'avrebbe amata davvero... Ma forse sarebbe stato un altro a sua volta.
 
"Che ne pensi?"
 
La voce di lei l'aveva colto a bruciapelo, appena udibile, mentre continuava a tenere gli occhi puntati su Ranma.
 
"Cosa vuoi che ne pensi? Non è che ha appeso in faccia un foglio con l'elenco di tutte le sue doti... L'aspetto è piuttosto insulso..."
 
"Pale che ha sposato di nascosto la figlia di un plincipe. Tanto insulso non deve essele..."
 
Lo stava provocando, ma la lasciò fare. E lasciò che continuasse il discorso, fatto di sussurri e intriso di quella schietta complicità senza mezzi termini.
 
"Quello che sai di lui lo sai dalle parole di una vecchia che adora la sua principessina. Il fatto che lui l'abbia sposata significa solo che sa come entrare nelle grazie dei potenti e come accrescere la propria fama facendosi bello col nome di lei"
 
"Ma poi l'hanno bandito, povelino!...", proseguì Shan-Pu con un tono che poco aveva dell'empatia se non il suono.
 
"Shan-Pu, cara?"
 
Era arrivata la voce argentina della signora Nodoka a interrompere quel dialogo.
 
"Sì signola?"
 
"Vieni cara, accompagna Ranma nella sua stanza e preparagli un bagno caldo!"
 
Non se lo fece ripetere due volte.
 
"Subito signola!"
 
"Shan-Pu!...", la trattenne senza neanche sapere bene perchè.
 
Lei lo guardò sardonica.
 
"Che hai Mousse? Non licoldi? Padlona ci ha chiesto di accogliello con coltesia e di fale amicizia con lui, dato che è solo qui, e non ha nessuno. 'Se e quanto vale non lo dico io, ma sono sicula che lo dimostlelà!'", continuò, facendo il verso alla signora, "Beh, dico io, scopliamolo!"
 
Non gli lasciò risposta e corse via con un risolino infantile.
 
Sorrise anche lui, tristemente, per poi guardare con occhi cupi quel Ranma salire le scale.
 
Dietro di lui, Shan-Pu.
 

 
***

 
 
"Ni-hao!"
 
Gli avevano parlato della bellezza delle cinesi, e quella che gli si era parata innanzi dava invero credito alle dicerie.
 
"Piacere... ehm... il mio nome è Ranma e vengo dal Giappone..."
 
"So bene chi sei. Puoi chiamalmi Shan-Pu. Sono cameliela di locanda"
 
"Beh... piacere di conoscervi, Shan-Pu"
 
"Ah ah! Come siete educati voi Giapponesi! Dobbiamo salile ola, stanza è al piano di sopla..."
 
"Ah, sì, certo!"
 
Lo condusse nella camera, che profumava di pulito.
 
E chiuse la porta dietro di sè.
 
La ragazza sapeva bene che di solito a quell'ora la signora Nodoka  era impegnata a preparare la cena. Per un po' non avrebbe chiesto di lei...
 
"Ti piace qui?"
 
"Molto..."
 
"Ho... ho saputo di tua stolia... mi spiace molto...", chinò il capo, senza staccare gli occhi abbattuti da quelli di lui.
 
"Oh... grazie signorina, siete molto gentile...", era un po' in imbarazzo, ma in qualche modo si sentiva accolto da quei modi compassionevoli. E ricambiò l'attenzione con un sorriso, posando poi il proprio fagotto sul letto.
 
 
"Ti devi sentile solo, velo?"
 
La voce, inaspettatamente più calda e carezzevole, gli era arrivata dopo qualche secondo alle spalle mentre cominciava a disfare le proprie cose.
 
"..."
 
"Tanto, tanto solo, velo?"
 
 Allungò  una mano verso la spalla di lui.
 
Ranma bloccò quel movimento sul nascere.
 
"No. A dire il vero lei è sempre con me"
 
Vedendo gli occhi smarriti della servetta, si spiegò meglio: "Mia... moglie, intendo"
 
"Capisco...", rispose in modo atono. Una impercettibile fiammella violacea stava cominciando a brillare nello sguardo di lei.
 
"Ma salai stanco! Ti plepalo subito un bagno!", rilanciò con entusiamo.
 
"Grazie, perchè no?"
 
Calò un silenzio placido nella stanza, rotto solo dai passi della ragazza, dalla brace smossa per scaldare il recipiente e dallo scroscio tenue dell'acqua versata nella tinozza; cominciò distrattamente a slacciarsi uno dopo l'altro gli alamari della giacca, fermandosi di tanto in tanto perso in qualche immagine lontana.
 
Ancora una volta lei veniva a visitarlo nei meandri della sua mente.
 
*Akane... Chissà se in questo momento anche tu stai per fare un bagno... Ukyo starà controllando la temperatura dell'acqua con una mano e tu le starai dicendo: 'Non ce n'è affatto bisogno, Ucchan!' e ti butterai nella tinozza con la tua solita grazia, per buona pace della tua ancella...*
 
Sorrideva segretamente a quel pensiero, illanguidendosi nel figurarsela senza kimono, tra i vapori della vasca...
 
Si voltò con ancora quel sorrisetto ebete stampato in volto e quel che successe lo riportò di colpo alla realtà.
 
Shan-Pu, vicinissima a lui - possibile che non l'avesse sentita avvicinarsi?! - si era fatta scivolare ai piedi la casacchina che le copriva il busto ed era lì, col seno esposto senza pudore.
 
"Wo ai ni, Lanma"
 
"Ma cos-"
 
Semplicemente gli tappò la bocca. Gli si gettò al collo con un gesto ipnotico quanto fulmineo e afferrò le calde labbra di lui tra le sue.
 
Altrettanto fulminea fu, nonostante lo stupore, la reazione del ragazzo, che con fermezza la respinse, staccandola dal proprio corpo.
 
"Io non..."
 
Lei lo guardava interrogativa, ansimando appena.
 
Occhi sgranati, era rosso di vergogna.
 
"Temo... ci sia stato un fraintendimento... Non conosco ancora le vostre usanze... Ma... vi prego di non farlo più..."
 
"Pelchè no? Tu solo, io qui: che male c'è?"
 
"C'è che non provo nulla per voi, Shan-Pu... Sono sposato con una donna che... amo... e che io non trad-"
 
"Magali anche lei sola e-"
 
"No! Non potrebbe mai. Nè io potrei tradirla. Mai"
 
Qualcosa di pericoloso colse la cinesina nello sguardo di lui, qualcosa che la ammutolì, il brillìo lontano di una fiamma sopita, e tanta crudele fermezza.
 
Ranma sospirò profondamente. Per un attimo, solo per un attimo, si era sentito salire il sangue al cervello, neanche lui sapeva bene perchè.
 
Ritrovò immediatamente la calma.
 
Alzò lo sguardo. Era davvero bellissima. Non sembrava neanche di questo mondo. Aveva i capelli più lunghi del normale, di un colore insolito e intrigante, gli occhi un po' troppo scintillanti, il corpo perfettamente proporzionato, i lineamenti del volto dolcissimi, persino stucchevoli. La trovò perfetta.
 
Ma non era Akane.
 
Come spiegare a quella ragazza che quei dati oggettivi di perfezione estetica semplicemente non avevano valore per lui?
 
Provò a darle del tu, come si fa con una bambina, per spiegarle meglio.
 
"Cerca... di capire, Shan-Pu. Tu sei molto bella, e... ti ringrazio, ma io non sono l'uomo per te, ecco"
 
Shan-Pu capiva fin troppo bene.
 
Non c'era stato uomo che le avesse resistito per più di pochi minuti. Chiunque capitolava di fronte alla sua candida sfrontatezza. La fedeltà crollava miseramente di fronte alla bellezza e al bisogno fisico, questo aveva imparato negli anni. E lei, da ragazzina volubile e capricciosa quale era, otteneva sempre quello che voleva; e alla svelta le piaceva desiderare, agire, consumare. Aspettare? Assurdità. Combattere per qualcuno? Non si sarebbe abbassata a tanto, mai. Ma nessuno l'aveva umiliata tanto come in quel momento e fatta sentire così inutile, così impotente.
 
"Lo... lo comprendi?"
 
Lo guardò per un istante e poi schermendosi con un paio di sorrisi imbarazzati, raccolse la casacca e cominciò frettolosamente a rivestirsi.
 
"Ma sì, celto, chiedo scusa pel mio compoltamento. Shan-Pu stata tloppo impulsiva, cledeva di fale piacele a lagazzo solo, tutto qui..."
 
"E non c'è niente di male in questo, ma... spero che tu non ti sia offesa, non riguarda te..."
 
"Basta, non palliamone più!"
 
Condì il proprio sorriso con la dolcezza più zuccherosa che riuscì a trovare.
 
"Tla poco c'è cena di signola Nodoka! Lei molto blava anche in nostla cucina cinese! Non peldelti maiale in aglodolce, mi laccomando!"
 
"Non mancherò di certo!... Allora, come se non fosse successo nulla, eh?"
 
"Successo cosa?"
 
Risero assieme stemperando definitivamente l'imbarazzo.
 
"Grazie, davvero"
 
Era contento di aver messo a posto una situazione così scottante in così poco tempo. Forse addirittura aveva guadagnato un'amica.
 
"Pel così poco!..."
 
Chiudendo dietro di sè la porta della stanza di Ranma l'ultimo radioso sorriso si smorzò di colpo sulle labbra della cameriera.
 
*La paghelai cala pel avele lespinto Shan-Pu* 
 


***


 
"Ah ah ah!!!!"
 
"Che avete da ridere, Akane-san?!"
 
Stupita dallo scoppio cristallino della risata della sua padroncina, Ukyo non poteva però fare a meno di ridere a sua volta, nonostante si sforzasse. Era sempre un piacere vederla di buonuomore, il caschetto di capelli all'indietro, gli occhi socchiusi a godere della brezza leggera.
 
Si trovavano perse tra le tegole del vasto tetto di Palazzo Tendo, in una mattina di ozio e di sole, in fuga da tutto.
 
Da dove erano accoccolate potevano vedere chiaramente l'arrivo di Daisuke. Toccava a lui quel giorno recapitare la tanto attesa lettera di Ranma.
 
"Allora? Cosa vi ha fatto ridere tanto?"
 
"Questo rotolo che sto leggendo è davvero spassoso..."
 
"E' la pergamena che vi ha dato Ryoga?"
 
"Sì, proprio quella!"
 
"Spero non vi sia niente di sconveniente!", arrossì preoccupata l'ancella.
 
"Tutt'altro! E' anzi molto istruttiva!"
 
"Lo spero bene! Dice che l'ha avuta dal dottore che aveva bisogno di fare spazio nella sua libreria... Di che si tratta?"
 
"E' la storia di un viandante e di alcune avventure che lo portano a viaggiare per terre conosciute e luoghi mai raggiunti dall'uomo..."
 
"Beh, deve essere molto divertente"
 
Annuì, con gli occhi lucidi dal riso.
 
"Qui dice che le donne cinesi non solo sono incredibilmente belle, sono paragonabili alle dee"
 
Calò il silenzio.
 
" 'Hanno lunghi capelli di seta’ ", lesse senza battere le ciglia, troppo eccitata, " ‘e occhi profondi e umidi, corpi sinuosi, lunghi, sodi. Belle come delle dee' "
 
"..."
 
" 'Delle dee', Ucchan"
 
"Oh, andiamo! Sono solo assurdità! E anche se questa storia fosse vera, Ranma non potrebbe mai dimenticarsi di voi!"
 
Era esplosa di fronte all'entusiasmo sempre meno vero e sempre più stonato della sua amica e principessa.
 
La scosse per le spalle.
 
"Finitela adesso! Non avete niente di cui preoccuparvi!"
 
La maschera di tranquilla ironia scivolò via dal viso di Akane, che la guardò bisognosa di conferme.
 
"Lo... lo pensi davvero?"
 
"Come è vero che mi chiamo Ucchan e faccio le migliori focacce del Palazzo!"
 
Il volto della ragazza si distese, questa volta per davvero.
 
"Che sciocca che sono... Cosa vado a pensare..."
 
"E' normale, non siate troppo dura con voi stessa"
 
La stringeva a sè, intanto che le parlava come a una sorella.
 
"Lui è lontano e queste sono paure legittime, anche se inutili"
 
"Hai ragione, Ukyo... Per fortuna che ci sei tu qui con me. E... Ryoga!"
 
L'occhio le era caduto su due figurine in movimento all'altezza del loro orizzonte. Una di queste era Ryoga che le aveva viste e si stava sbracciando verso di loro.
 
Anche Ukyo si voltò nella sua direzione.
 
"Guardalo com'è contento di averci scovate", bofonchiò, cominciando timidamente a ricambiare il saluto.
 
"Guarda Ukyo! Con lui c'è Daisuke... La lettera di Ranma è arrivata! Le prime notizie dalla Cina!"
 
E senza pensarci oltre si scapicollò giù dal tetto, alleggerita del tutto e senza più il residuo di un brutto pensiero.
 
 

***

 
 
Rientrando nella sua stanza, dopo quella prima cena alla locanda Ko-Lun, Ranma si lasciò andare sul letto, stanco ma appagato.
 
La signora Nodoka l'aveva rimpinzato di numerosi manicaretti e l'aveva rassicurato sul futuro. Tra un boccone e l'altro, una carezza e una parola buona, si era a poco a poco sentito sempre di più a casa. Una casa materna e confortevole.
 
Shan-Pu era stata sorridente e riservata e aveva servito in silenzio lui e altri due ospiti seduti poco lontano, che chiacchieravano sommessamente alla luce calda e fioca di alcune candele.
 
A poco a poco la stanchezza era scesa sulle spalle del ragazzo, che aveva deciso di ritirarsi. La giornata era stata molto lunga anche per lui e aveva ancora una cosa da fare prima di abbandonare le palpebre al sonno.
 
Per questo non si era domandato, salendo la rampa di legno scricchiolante, dove fosse sparito prima di cena l'unico ospite a cui non si era ancora presentato, e non si era accorto che in quel momento, riparato dalla pesante tenda del sottoscala, qualcuno lo stava spiando con lo sguardo più torbido del buio che Ranma si stava lasciando alle spalle.
 
Si alzò dal letto e prese carta e inchiostro. Doveva scriverle, raccontarle quel suo primo giorno in Cina...
 
Solo una cosa avrebbe omesso: l'imbarazzante episodio di Shan-Pu.
 
Perchè farne menzione, in fondo? L'avrebbe solo preoccupata inutilmente e messa in allarme.
 
No, era molto meglio evitare tutta quella storia e fare finta che non fosse successo nulla.
 
Si rincuorò soddisfatto, e cominciò a scrivere.
 
 

***

 
 
 
Aprì gli occhi e per un attimo non ricordò di trovarsi in Cina, lontano da lei, in un letto a lui estraneo.
 
Inspirò l'aria del mattino e ritrovò la memoria, il fardello della distanza, e su tutto la voglia di mettersi in moto.
 
Si alzò di scatto e dopo essersi velocemente preparato scese nella sala comune, dove trovò una sfuggente Shan-Pu impegnata a rassettare, uscire, rientrare, portare biancheria e spostare cose.
 
"Buongiorno, Ranma, mio caro ragazzo!"
 
"Buongiorno a voi, signora!"
 
"Dormito bene?"
 
"Molto. Posso esservi utile?"
 
"Mangia qualcosa, caro, e poi, se proprio ci tieni, potrai darmi una mano a portare dentro le cassette di frutta. Tutti i giorni a quest'ora passa un contadino mio amico e me le lascia qua davanti"
 
Provò una forte simpatia per quella donna che da sola portava avanti quella grande casa, in un Paese non suo, sempre sorridendo e senza fare mai menzione alla fatica che certamente faceva per far quadrare conti, accogliere persone, coccolarle con piccole attenzioni e una cucina prelibata.
 
"Ma certo, consideratele già dentro!"
 
La prima giornata da ospite nella locanda Ko-Lun passò più veloce del previsto tra tante piccole mansioni, qualche parola e un senso di familiarità.
 
Ranma amava rendersi utile. Gli dava la sensazione di avere un posto nel mondo. A Palazzo Tendo come presso la signora Nodoka.
 
 

 
La sera non tardò ad arrivare e senza che si fosse accorto di nulla, il ragazzo col codino si ritrovò all'interno di una specie di festa di benvenuto.
 
Guardò alcuni festoni un po' sciupati ma allegri, una tavola coperta di vassoi carichi di vivande e più di uno sguardo amichevole su di lui.
 
Non si era accorto di nulla... doveva essere stato molto impegnato, o quantomeno con la testa davvero tra le nuvole, per non aver capito che si stava cucinando e addobbando la sala per una serata speciale.
 
"Spero non ti dispiaccia, mio caro. Ho invitato qualche amico per celebrare il tuo arrivo, anche se con un giorno di ritardo. Ieri sei piombato qui prima rispetto a quello che mi aspettavo e ci tenevo ad accoglierti come si deve"
 
Si inchinò sorridente e senza parole, tranne un 'grazie' un po' strozzato che trovò timidamente strada fuori dalla sua gola.
 
"Allora che la festa abbia inizio!"
 
La padrona di casa diede il via al piccolo gruppo di musici che aveva chiamato per l'occasione e una musica frizzante riempì ogni angolo della stanza, scandendo risate e brindisi, e facendosi largo tra il rumore delle ciotole e delle bacchette.
 
Il profumo aromatico di alcol e liquori impregnò a poco a poco il pianterreno, dove il caldo cominciò a salire e il frastuono a stordire i sensi rimasti.
 
Fu in questo stato che Ranma trovò la strada verso il piccolo tavolo un po' in disparte a cui era seduto quel ragazzo cinese così taciturno a cui ancora non si era presentato.
 
Gli porse un bicchierino di terracotta.
 
"Da quando è cominciata questa festa non avete detto una sola parola, amico!... Rispetto il vostro silenzio, ma almeno bevete un po' con me... Ecco qui... Un po' di saké della mia gente- non so come la signora Nodoka l'abbia recuperato- alla mia e alla vostra salute! Ah, Ranma... Il mio nome è Ranma"
 
Il ragazzo dai lunghi capelli continuava a guardarlo, il volto inespressivo, senza dire una parola.
 
Poi di colpo gli tese la mano.
 
"Perdonate il mio silenzio. Mi chiamo Mousse e abito in questa locanda da oltre un anno"
 
Rincuorato Ranma gli strinse la mano con foga infantile.
 
"E' un vero piacere, Mousse! Siete un soldato, vero? Avete tutta la mia ammirazione!"
 
Mousse annuì senza aggiungere una parola.
 
"Beh", fece Ranma, "Allora... Alla mia e alla vostra salute!"
 
Alzando il bicchiere, con voce pacata Mousse aggiunse: "Con tutto il rispetto mi piacerebbe brindare a qualcosa di più nobile di me o di voi..."
 
Rosso in viso per il caldo e il vino Ranma non capì bene le parole del giovane.
 
"Qualcosa di più nobile dite?", biascicò sorridendo un po' intontito, "Ma certo...! Qualcosa di più nobile... Ah, mi sembra ovvio... 'Un brindisi alla mia donna!'"
 
Stava per scolarsi il bicchiere quando ancora una volta Mousse lo interruppe, sarcastico.
 
"Ma che dite? Può una donna essere più nobile di un uomo?"
 
"Oh, ragazzi! Vedo che avete fatto conoscenza!", irruppe la signora Nodoka, allegra e chiassosa, "Di cosa state parlando miei cari?"
 
"Signora Nodoka", nel rivolgerle la parola Mousse le offrì a sua volta un bicchiere, che Shan-Pu, poco distante, attenta a ogni singola parola dall'inizio della conversazione, prontamente riempì con la caraffa che teneva in mano, avvicinandosi, "Il vostro ospite stava cercando di spiegarmi quanto è nobile la sua donna"
 
"Oh, sì, Ranma caro, parlaci della tua Akane, la giovane principessa Tendo!", si illuminò la padrona.
 
Ranma un po' confuso, cercò di mettere insieme una qualche risposta.
 
"Oh, beh, sì, mia moglie... Mia moglie è, a dirla tutta, la donna più bella, la più forte, la più onesta e la più fedele di tutte... sì, di tutte le donne giapponesi e cinesi messe assieme", concluse fieramente.
 
"Ah ah, Ranma, caro! Hai davvero un'alta considerazione della tua sposa", sorrise la signora Nodoka, noncurante della gaffe in buona fede del suo giovane amico, e si diresse verso un gruppo di invitati che stava entrando solo in quel momento.
 
Dopo un attimo di silenzio fu la volta di Shan-Pu.
 
"Ma una donna così non esiste!"
 
"Oh sì che esiste, eccome!", le si oppose Ranma
 
Lo sguardo di Mousse si perse un attimo di troppo sulla cameriera che si stava divertendo a provocare Ranma. E Ranma, osservò poi, si stava ingenuamente cominciando ad innervosire.
 
"Non la vorrete certo paragonare alle donne qui in Cina!", continuò Mousse.
 
"N-no, certo che no", si stava perdendo in quei discorsi e aveva paura di offendere gli astanti, ma come poteva qualcuno mettere in dubbio la sua Akane?, "D-dico solo che mia moglie è una donna senza pari  e il mio non è solo il giudizio di chi… ehm… ama"
 
Mousse rise di gusto. E la cameriera gli fece eco.
 
"Tanto bella e tanto brava?! Ma da come ne parlate sembra troppo bella e troppo brava per essere una donna", uno sguardo fugace e orgoglioso fu lanciato a Shan-Pu, "Ne ho conosciute tante, io, di donne, e se anche fosse migliore di quelle che ho... omaggiato, certo non potrebbe superare tutte le donne del mondo. Per quanto un diamante possa brillare, al mondo ce n'è sempre uno che brillerà di più"
 
"Anche quell'anello, pel esempio, quello che tieni al mignolo", aggiunse maliziosa Shan-Pu, spalleggiando il compatriota, "è molto bello e lucente, ma non è il più bello del mondo nè il più lucente, palola mia!"
 
Ranma strinse senza pensarci l'anellino donatole da Akane, come a voler proteggere lei stessa, tapparle le orecchie da tutte quelle fesserie.
 
"E quell'anello, quanto vale allora?", lo incalzò Mousse, sornione.
 
"Quest'anello? Più di ogni altra cosa al mondo!", si accalorò Ranma, difendendo il gioiello al dito.
 
"Ah ah ah! Anche l'anello? Perciò, o più di lei vale un oggetto, o... la vostra donna è morta!"
 
Fu un attimo.
 
Ranma gli balzò al collo, tenendolo per il bavero della casacca dorata.
 
"Non osate dirlo mai più!”, gli urlò a denti stretti, “E non vi azzardate a parlare di lei in questo modo... Lei... niente e nessuno può comprarla, perché è un dono dei kami. Punto e basta!"
 
"Che sta succedendo qui", intervenne allarmata dall'altro capo del salone la padrona di casa.
 
"Ma nulla, cara signora!", gli rispose Mousse pacatamente dalla sua posizione, per poi rivolgersi al ragazzo che lo teneva saldo, "Ah ah, Ranma, come vi scaldate! Si faceva solo un po' di retorica, così,  per divertirsi! In fondo questo ‘dono’, i kami l'hanno dato a voi, no?", gli sorrise complice e rassicurante.
 
"Beh... sì", Ranma mollò lentamente la presa, disorientato.
 
"E allora voi ve lo tenete! Alla salute!", e si scolò finalmente il bicchiere, seguito da un imbarazzato Ranma.
 
La brava signora tirò un sospiro di sollievo vedendo le guance del suo protetto riprendere colore.
 
Shan-Pu si affrettò a non lasciare vuoti i loro bicchieri.
 
"Però", si bloccò Mousse leccandosi le labbra bagnate di alcol, "a pensarci bene, non tutto ciò che è nostro resta per sempre nelle nostre mani... Amico mio", si girò corrucciato verso Ranma, prendendolo  per un braccio "l'anello vi può essere rubato e la vostra donna può donarsi ad altri!... La natura umana è così fragile... Bastano un ladro e un seduttore… ed eccovi senza anello e senza sposa!"
 
"No, no, amico, non capite", lo tranquillizzò il ragazzo, apparentemente calmo, "Io vi dico che su questa terra non esiste un seduttore in grado di far perdere l'onore alla mia Akane. E Non ho dubbi che la Cina pulluli di ladri, ma io ho l'anello stretto al dito e qui rimane"
 
 
"Vedo che avete legato...", si mise timidamente in mezzo la signora, "Forse è il caso di fermarsi qui"
 
"Ma certo", sorrise Ranma, "Ringrazio questo gentiluomo, che mi tratta con familiarità, da amico"
 
Si strinsero platealmente la mano e la discussione sembrò finita lì.
 
Ranma fece per andarsene quando la voce di Mousse lo fermò.
 
"Però… da amico vi devo mettere in guardia... Sappiate che col tempo di un incontro, di una conversazione, si può guadagnar terreno su qualunque donna, anche la più fedele, che prima o poi tentenna e cede"
 
"E da amico”, scandì Ranma, rivolto al suo troppo loquace interlocutore, “io non posso che provare pena per voi, che avete conosciuto solo donne bugiarde e corrotte"
Fiero della sua risposta, Ranma bevve d'un fiato l'ennesima sorsata. Ormai aveva perso il conto.
 
Il cinese lo osservò porgere il bicchiere con mano malferma a una servizievole Shan-Pu, la quale, occhi fissi in quelli di Mousse, glielo riempì nuovamente. Il soldato comprese subito cosa lei gli voleva comunicare e, divertito, proseguì.
 
"Mi giocherei i miei averi contro il vostro anello, che ovviamente non vale tanto quanto. E non lo farei contro l'onore della vostra donna, ma contro questa vostra sicurezza.  Anzi: per togliere ogni offesa contro la sua reputazione, vi dico che otterrei le stesse cose con qualunque donna al mondo"
 
"Mi pare siate voi ad avere troppa sicurezza", lo fronteggiò Ranma, i cui muscoli vibravano tesi.
 
"Insomma, basta, ragazzi", intervenne la donna, "Come vi siete scaldati, cercate di calmarvi. Raffredate gli animi"
 
"Ma è vero che mi giocherei tutti i miei averi, per dimostrare che non parlo a vanvera", si giustificò Mousse, come di fronte a una madre che non voleva capire.
 
"Lo so, ma-"
 
"Attento a scegliere la donna giusta, allora!", lo derise ad alta voce Ranma, "Bisogna trovarla, una donna sensibile al vostro aspetto!"
 
Mousse serrò la mandibola. Quello stupido ragazzo osava scimmiottarlo imitando i suoi modi austeri e misurati. E Shan-Pu stava ridendo sguaiatamente a quella battuta...
 
"Sceglierei la vostra, allora, che voi credete tanto fedele e pura!", lo freddò in uno scoppio d'ira, "Metto in gioco tutti i miei denari. Diecimila contro il vostro anello. Se posso entrare nel palazzo e parlarle a tu per tu, mi porto via l'onore che credete tanto saldo e vi dimostro come vanno le cose della vita. Diecimila contro il vostro anello!"
 
I suoi occhi bruciavano, le labbra gli tremavano impercettibilmente.
 
Ranma, impietrito, non sapeva cosa dire. Gli girava la testa. Le budella gli stavano andando a fuoco.

Shan-Pu aveva smesso di ridere, ma un ghigno furbetto sostava sul suo volto, in attesa.
 
"Ah, ecco un po' di saggia paura fare capolino!..”, si placò immediatamente il cinese, “Lo capite da voi, mio caro amico, che  non vale la pena giocarsi il vostro anellino. Avrà pure un valore, no? E la carne, la si può comprare anche a un milione al grammo, ma andrà comunque a male, prima o poi, che sia di donna o di tacchino. Voi tentennate, e fate bene! Io rinuncio alla scommessa. E siamo pari!"
 
" ‘C-carne’?!", Ranma sgranò gli occhi. Il sangue gli pulsava nelle tempie.
 
"Ah ah ah! Sì, 'carne'! Non vi piacciono proprio le mie metafore, eh?"
 
"Ma quest'abitudine di parlare tanto per parlare l'abbandonate mai? Io spero che ogni tanto parliate seriamente"
 
"Io sono molto serio quando giuro”, lo affrontò improvvisamente grave Mousse, “e quel che ho detto sulla vostra donna, posso farlo. E qui lo giuro"
 
Ormai la sfida era aperta. Stava ribollendo di rabbia: sarebbe stato un uomo senza onore se non l'avesse accettata.
 
"Ah sì?! Basta! Accetto!"
 
La signora Nodoka si accasciò su una sedia.
 
"E sia! Ci giochiamo questo anello! La mia donna è così pulita che la vostra bassezza di pensiero non la tocca. Volete perdere tutti i vostri averi? Benissimo: vi sfido. E sarete voi a vedere come vanno le cose del mondo quando è… l'amore, quello vero, quello che voi non conoscete, a muoverle!"
 
Lo guardava folle e spavaldo, e sicuro di sé come mai nella vita.
 
"Per favore, non la fate, questa scommessa!", gemette la buona signora.
 
"Ma è già fatta, cara Nodoka, è già fatta!", le rivelò Mousse, guardandola con un volto rassegnato ma raggiante. Poi si volse di scatto verso Ranma, "Allora: se non porto alcuna prova che me la sono… goduta con la vostra donna", Ranma deglutì, ipnotizzato da quelle parole, "vi tenete i miei denari e anche l'anello. Basta che voi mi presentiate come vostro amico, e che io possa stare un po' con lei"
 
"Accetto i termini, ma aggiungo altre condizioni", lo inchiodò con uno sguardo tagliente, voce bassa,  "se lei non si farà sedurre - e di questo sono certo - allora l'avete insultata col pensiero, e per questo la vostra seduzione merita una punizione", si scrocchiò  rumorosamente le dita, "Ci batteremo e io vi farò pentire di avermi sfidato"
 
"Qua la mano: affare fatto!"
 
Mentre si allontanavano per mettere l'accordo nero su bianco, si lasciarono alle spalle la padrona della locanda che scuoteva la testa amareggiata e impotente.
 
"Parto subito! Non voglio che la cosa si raffreddi e a me piace mangiar caldo", furono le ultime insinuanti parole di Mousse che Shan-Pu riuscì a cogliere; un brivido caldo le corse lungo la schiena nell'osservare da lontano la reazione smarrita di Ranma.
 
E mentre i rumori della festa tornavano a delinearsi intorno a lei, non più attutiti nè distanti, la cinesina dagli occhi languidi ridacchiò tra sé e sé: "Quella 'Akane'… non resisterà un secondo al fascino di Mousse!"
 
 
 
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Ciao a tutte e a tutti!!
 
Dopo un silenzio di oltre quasi tre mesi, sono tornata! E come purtroppo ormai di consueto vi chiedo… perdono!!
 
Lo so, non ci sono scuse per questo silenzio protratto nel tempo e in particolare mi scuso con le Ladies a cui sono sempre vicina col pensiero e col cuore! Vi avevo promesso che non sarei sparita e invece l’ho fatto. Davvero scusatemi…
 
Molte cose stanno cambiando nella mia vita e vorrei che le giornate fossero lunghe il doppio per fare tutto quello he devo e anche quello che vorrei!
 
Per quanti mi stanno odiando e che hanno aspettato in un mio segno e in un aggiornamento, se può minimamente giustificarmi sappiate che non tornare qua regolarmente è stata una terribile rinuncia e che scrivere mi è mancato moltissimo! Avevo sempre con me in testa questa storia ma non riuscivo a trovare mai il tempo.
 
Beh, basta con le scuse… Eccomi qui finalmente con questo benedetto nuovo capitolo! Mi sono sentita un po’ arrugginita ma alla fine sono riuscita ad andare avanti!
 
Se avrete ancora voglia di leggermi e soprattutto di dirmi cosa ne pensate, io sarò la più felice del mondo!
Ringrazio infinitamente tutti coloro che hanno avuto la pazienza di aspettarmi…
 
E un abbraccio infinito alle mie Ladies!...
A breve mi metto in pari sulle recensioni. Promesso!
 
InuAra - Lady Shakespeare ;-)
  
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