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Autore: _only_ hope_    18/05/2015    1 recensioni
Nel bel mezzo del deserto, un gruppo di medici dell'esercito opera senza sosta.
Solo la notte sembra portare un po'di pace.
Dal testo:
Il comandante si avvia di corsa fuori dal campo da calcio improvvisato assieme a due soldati: la donna li guarda, dapprima confusa, ma subito capisce e li segue. L'elicottero atterra ad una decina di metri dalla tenda base e subito un uomo in divisa scende, seguito da quattro sottotenenti sanguinanti che reggono due barelle e da un paramedico.
Genere: Guerra, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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IMPARARE A CONOSCERSI


È una giornata calda e afosa, non soffia un filo di vento e saranno almeno quaranta gradi al sole: molto probabilmente all'ombra di un albero verde e rigoglioso la temperatura sarebbe più sopportabile, solo che in quel posto le uniche ombre presenti nel raggio di una cinquantina di metri sono quelle degli omaccioni in divisa mimetica che corrono dietro ad un pallone nel bel mezzo del deserto e quella di una donna che cammina verso di loro.

"Posso unirmi a voi?" la sua voce fa bloccare uno o due soldati e di conseguenza anche tutti gli altri, incluso quello che era in possesso di palla, che per ultimo sbuffa e si volta nella sua direzione:

"Sicura di esserne capace, Mallory?" le risponde, il tono tra lo scocciato e il canzonatorio. Lei alza gli occhi al cielo e si avvia nella sua direzione:

"No, ma visto che questo è l'unico modo in cui ci si diverte, quaggiù..." ribatte, ora di fronte a lui, per poi rubargli il pallone e mettersi a correre. Tutti ridono, finché non si rendono conto del fatto che lei sta per fare goal: a quel punto i difensori cercano di bloccarla e la partita ricomincia tra urla di divertimento. Nessuno poteva immaginare che lei fosse così capace nel gioco del calcio: è una femmina, dopotutto. Una folata di vento rimette tutti sull'attenti circa cinque minuti dopo: alcuni inizialmente sorridono per il sollievo, ma poi ricordano che nel deserto il vento non esiste, se non di notte, qualche rara volta. Sicuramente, però, non soffia così forte.

Il comandante si avvia di corsa fuori dal campo da calcio improvvisato assieme a due soldati: la donna li guarda, dapprima confusa, ma subito capisce e li segue, raggiungendoli solo alla pista di atterraggio. L'elicottero si ferma ad una decina di metri di distanza dalla tenda base e subito un uomo in divisa scende, seguito da quattro sottotenenti sanguinanti che reggono due barelle e da un paramedico.

"Che è successo?"

"C'è stato un attentato nella piazza della città, vicino alla caserma: è l'Inferno, laggiù! Questi due sono piuttosto gravi: sul posto non avevano i mezzi per stabilizzarli, quindi abbiamo deciso di portarli qui."

Subito i chirurghi traumatologici dell'esercito corrono a prepararsi: pochi minuti dopo alcuni stanno visitando i feriti, mentre gli altri salgono sulle camionette per andare a prestare soccorso in città.

Il campo medico base si trova in mezzo al nulla, a circa dieci minuti di automobile da tutte e tre le principali città che si trovano nei dintorni. È composto dalle tre tende che fungono da dormitori dei medici-soldati, dalla tenda uno, la più grande, la quale ospita il pronto soccorso, e da una quindicina di tende più piccole, alcune delle quali fungono da camere da letto per i pazienti, altre da sale operatorie improvvisate. Il tutto è facilmente smontabile: in sette anni il campo intero si è spostato ben quattro volte, andando a collocarsi nei luoghi in cui c'era più bisogno dei suoi servizi. Solo i feriti più gravi arrivano lì, gli altri vengono curati sul posto in tende montate al momento sui luoghi delle sparatorie o degli attentati. Inoltre, altri piccoli campi sono presenti nelle città più grandi.

In questo momento quasi tutti i medici che sono ancora alla base si trovano nella tenda uno: alcuni sono all'opera sui feriti, altri attendono istruzioni.

"Samuelson, letto 5. Michaels, tu sul luogo dell'attentato: i ragazzi stanno preparando un contrattacco per questa notte, vogliono tre medici preparati di rinforzo. Luisen, Hook, con lui." il comandante, un uomo dal volto duro e dai profondi e imperscrutabili occhi blu, dà ordini a destra e a manca: a tutti trova una mansione e la ricorda sempre perfettamente. La sua memoria fotografica gli è indispensabile per coordinare il reparto.

Mentre distribuisce le mansioni, però, si dà anche da fare: è pur sempre un medico. Poco dopo, mentre cammina di fretta con le braccia piene di unità sanguigne e fluidi, va a sbattere contro una persona, e subito il pungente profumo della cannella giunge alle sue narici: non ha dubbi, si tratta dell'unica donna del campo, quella a cui ha rivolto prima la parola, l'ultima arrivata.

"Spostati, Mallory!" le intima: diavolo, è un'incapace! Quando lei non accenna a muoversi neppure di un millimetro lui sbuffa. "Dovevi suturare il sottotenente, ricordi?!" continua, spazientito. La vede annuire, ma rimanere immobile.

"Che aspetti ad andare, allora?!" lei alza una mano, facendogli segno di zittirsi e aspettare un attimo: lui sospira, ma alla fine decide di lasciarla fare, dato che ha già notato il ferito utilizzare la sparapunti da solo. Ad un certo punto sente un tonfo e si volta: a terra in un angolo è steso il colonnello sceso per primo dall'aereo, svenuto.

"Dannazione, lo sapevo!" sente la bionda esclamare, poi la vede correre verso l'ufficiale mentre lega velocemente i capelli biondi in una coda. Subito punta la piccola pila che era infilata nella tasca della sua maglietta mimetica negli occhi dell'uomo: lo stava osservando da alcuni minuti, ha notato prima il suo viso senza espressione, poi il fatto che continuava a portarsi una mano alla testa in stato confusionale. L'infermiere con cui aveva parlato le aveva detto che era semplicemente sotto shock, e ora si chiede perché lo abbia ascoltato e non sia intervenuta prima: le pupille dell'uomo quasi non reagiscono alla luce della piccola lampadina. Alza la testa e incrocia gli occhi preoccupati del comandante Nicholson:

"Che fai lì impalato?! Ho bisogno di guanti, tavolo, attrezzi e anestesia pronti nella tenda sette! Due minuti e sono lì." esclama in modalità chirurgo esperto e autoritario, e subito nota con la coda dell'occhio alcuni compagni eseguire i suoi ordini.

"Che è successo?" chiede intanto l'altro, aiutandola a posizionare il colonnello sulla barella che un infermiere ha appena portato.

"Il nuovo macchinario per eseguire le TAC arriverà solo la settimana prossima, quindi lo saprò solo quando gli avrò aperto il cranio!"

"Come, scusa?" è palesemente sorpreso: sa che lei è un neurochirurgo, ma nessuno prima di allora aveva solo tentato di operare un cervello, laggiù!

"Ti muovi o vuoi farlo morire?" lo risveglia lei, facendolo annuire e mettere al lavoro.


È calata la notte nel deserto e gli unici rumori che si sentono sono quello delle cicale che friniscono e il lieve russare di alcuni medici-soldati. Lo strano odore della sabbia le riempie le narici, unito a quello del pollo fritto cucinato dal giovane Riggles: il cibo che mangia lì ogni tanto le ricorda casa sua.

Mallory è in cima alla collina che circonda in parte il campo, seduta con le ginocchia al petto e il mento appoggiato su di esse. E pensa: pensa al fatto che si era quasi dimenticata come fosse operare un cervello in mezzo al nulla e alla cieca, si era quasi dimenticata quanta adrenalina le desse. Pensa anche che forse preferisce il cervello al cuore, perché quando sceglie il cuore fa sempre un po'male, poi arriva alla conclusione che probabilmente è troppo stanca, sia perché sa benissimo che razionalità e emozioni convivono -non molto pacificamente, ma lo fanno- nel cervello, sia perché l'associazione tra un cervello aperto nella tenda sette e il suo ben chiuso nella sua scatola cranica non ha alcun senso. Una voce risuona nel silenzio della notte e la distrae dai suoi pensieri:

"Che ci fai lassù, Mallory?" a sentirlo sorride tra sé e sé mentre scuote la testa: stupido uomo.

'Mi nascondo...' gli risponde mentalmente, ma alla fine decide di provocarlo:

"La pianti di chiamarmi Mallory?!" esclama, e nonostante il buio riesce a vedere la sorpresa riflessa nei suoi occhi color del mare. Le ricordano tanto quelli di suo fratello...

"Chiami tutti per nome eccetto me: è snervante!" continua, poi fa un respiro profondo. "È perché sono una donna, vero?"

È lì da sole tre settimane, ma ha notato che il comandante la tratta sempre con i guanti: non le urla contro, non la chiama per cognome, non la manda a curare i feriti sul campo di battaglia, non si comporta con lei come fa con tutti gli altri.

"Solo perché sono una donna non significa che io sia fragile." conclude: dannazione, lei è tutto fuorché fragile, quell'uomo non sa quante ne ha passate nella vita!

Matthew si passa una mano tra i folti capelli neri, come fa sempre quando cerca le parole di risposta, poi sospira e la raggiunge in cima alla collina. Se ne sta lì in piedi per un po', mentre nota che ora Mallory non profuma più di cannella, ma di sudore, come tutti: intanto osserva le piccole luci del villaggio addormentato a qualche kilometro di distanza, immaginando i bambini dormire al sicuro tra le braccia dei loro genitori, dimentichi del fatto che là fuori la guerra infuria. Troppi civili sono morti senza che lui potesse fare nulla, ma, soprattutto, troppi commilitoni feriti sono deceduti davanti ai suoi occhi. Ha visto la vita sfuggire dai suoi amici e il suono delle bombe e delle mitragliatrici risuona nelle sue orecchie giorno e notte. È il comandante, deve essere sempre attento, non può crollare, non può permettersi neppure di confidarsi con qualcuno: deve essere duro come il marmo nei rimproveri e saldo come una roccia quando gli altri danno di matto. Non può fermarsi a piangere i morti o avere paura: se si ferma la gente muore, e lui deve riuscire a salvare quante più persone possibili. Tuttavia, alcuni volti non potrà mai dimenticarli.

"Non c'era qui una donna da quasi due anni." comincia a spiegare dopo un lungo silenzio. "Prima di te c'era un'infermiera che ha voluto andare in battaglia ed è morta senza che nessuno potesse fare nulla per salvarla. Prima ancora c'era un chirurgo traumatologico che è impazzita dopo aver accompagnato un'irruzione." il caldo sorriso di Beth, pieno di determinazione, viene a trovarlo tutte le notti, così come fanno le urla di Carolyn. Quest'ultima se la ritrova spesso davanti mentre grida che stanno cadendo le bombe e che lei sta andando a fuoco. Sospira: ricorda perfettamente quando le toglieva schegge immaginarie dal corpo o le buttava addosso un secchio d'acqua -di preziosa acqua!- per spegnere il fuoco. Senza contare che, purtroppo, lei non è stata l'unica a soffrire di allucinazioni: i visi di decine di commilitoni impazziti passano davanti ai suoi occhi.

"E tu non vuoi che io faccia la loro fine." conclude intanto Mallory per lui, e lo vede annuire.

"Mio fratello gemello è morto in mezzo al bosco quando avevamo undici anni: avrei potuto salvarlo con un massaggio cardiaco. Sono diventata medico: ho due specializzazioni, cardiochirurgia e neurochirurgia. Ho operato per lo più cause perse: sono abituata a perdere pazienti. Ho deciso di rendere le mie cause ancora più perse e mi sono allontanata da casa: sono stata nei Medici Senza Frontiere per anni, poi ho deciso di aiutare anche chi mi è più vicino, i miei concittadini. Non ho nessuno: non ho paura di morire o di impazzire. Almeno avrò salvato chi senza di me probabilmente non lo avrebbe fatto." lui la fissa, il suo mare bagna il prato di lei: non pensava che ne avesse passate così tante, né che fosse così forte.

"Però il colonnello-"

"Il colonnello era una battaglia praticamente persa già in partenza: gli ictus sono brutte bestie. Deve essere stato lo shock. Pensa che è sopravvissuto due ore sotto i ferri, è già tanto. La prossima volta farò meglio." Matthew sorride a se stesso e scuote la testa.

"Sei davvero una macchina." commenta, ma la vede scuotere la testa. "Cerco di pensare solo al sottotenente con l'emorragia ventricolare. Anzi, vado a controllarlo." esclama, balzando in piedi. Lui la guarda scendere la collina con i lacci degli scarponi stretti nella mano destra e decide di fermarla:

"Ehi!" lei si blocca e si volta.

"Domani parto per una missione di affiancamento ai soldati: di solito viene con me Samuelson, ma questa volta è bloccato qui. Ti aspetto alle cinque all'ingresso della tenda uno. Puntuale, Boots!" lei sorride e si porta una mano alla fronte, mettendosi sull'attenti. "Ricevuto, capitano!"

La osserva saltellare fino alla tenda due e scuote la testa, rassegnato: meglio sfruttare il suo entusiasmo finché ne ha la possibilità.

Sospira e si siede: ascolta i rumori della notte ad occhi chiusi, cercando di imprimerseli bene in testa. Da domani solo mitragliatrici e grida, almeno per un po'. Almeno avrà un sorriso amico a tenergli compagnia in mezzo al buio.


  
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