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Autore: Lechatvert    19/05/2015    1 recensioni
Nel cortile, la Vipera Rossa impugnava la lancia con sicurezza, e con la stessa sicurezza pretendeva che lei imparasse da lui, che lei si muovesse sui suoi stessi passi da danzatore. Obara ci provava, a imitare quell’eleganza: il suo corpo acerbo e tozzo di ragazzina si rifiutava di obbedirle, le costole che spuntavano sotto la carne magra e tirata sembravano sgraziati segni di un’armonia che non le apparteneva.
Obara restava all’ombra a fissarlo, a studiare ogni suo movimento con gli occhi di una figlia che vede suo padre cambiare.
{ S05E06 ─ I am Obara Sand, daughter of Oberyn Martell. }
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Obara Sand, Oberyn Martell
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Berenice




pelle dura, cuore volubile


Yeah let's be clear, I'll trust no one



uo padre aveva lo sguardo severo e la pelle dura; Obara l’aveva morso in continuazione, da quando lui l'aveva raccolta, ma lui non se n’era mai lamentato. Sedeva spesso nel cortile del palazzo, passava la giornata a mangiare arance, tranquillo eppure burrascoso come il mare che nel bel mezzo di un giorno sereno annuncia la tempesta.
Lei era la bambina, lui l’uomo che l’aveva raccolta dal niente per portarla nel tutto. Un tutto un po’ vuoto e che sapeva di diffidenza, aveva pensato il primo giorno, ma tutto sommato ci si poteva abituare. Nessuno la picchiava, nessuno si aspettava di fare lei una prostituta di basso borgo.
Nel cortile, la Vipera Rossa impugnava la lancia con sicurezza, e con la stessa sicurezza pretendeva che lei imparasse da lui, che lei si muovesse sui suoi stessi passi da danzatore. Obara ci provava, a imitare quell’eleganza: il suo corpo acerbo e tozzo di ragazzina si rifiutava di obbedirle, le costole che spuntavano sotto la carne magra e tirata sembravano sgraziati segni di un’armonia che non le apparteneva.
«Imparerai prima di diventare donna», le assicurava ogni volta suo padre, insistente.
Con la stessa insistenza, Obara s’impettiva e si mostrava offesa. «Non sono una donna», dichiarava. «Sono un guerriero.»

C’erano giorni in cui voleva solo lottare, giorni in cui le dita dolevano troppo per prendere in mano le armi. C’erano giorni in cui raggiungere quell’uomo le pareva impossibile, in cui la sua fama di guerriero veniva prima di quella di padre, in cui Nymeria le tirava i capelli e lei le graffiava il viso, feroce, difendendo l’unica cosa che mai le era appartenuta: la certezza di essere la figlia di Oberyn Martell, di un Principe, di un guerriero.
Non sono una donna”, pensava mordendola. “Sono un guerriero.”
Suo padre la sgridava sempre, quando si comportava così. Chiudeva la mano attorno al suo braccio magro di fame e la scuoteva, a volte la schiaffeggiava e poi la lasciava da sola nelle cucine a tagliare le verdure per la cena.
Con i coltelli che le cuoche le davano, Obara imparava a tagliare la carne.
«Non sono una donna; sono un guerriero.»

Poi , un giorno, era cresciuta. Si era svegliata nel suo letto e sanguinava, avvolta in un gran senso di vergogna e di rabbia. Era una donna, ora, e non un guerriero.
Suo padre la aspettava comunque nel cortile, con l’armatura di pelle addosso e quel suo sguardo imbronciato e severo a scurirgli il viso imperlato di sudore. «Fammi vedere come ti muovi», le aveva detto quel pomeriggio, e Obara aveva annuito debolmente, piegata in due dai dolori del primo ciclo.
Nonostante tutto, aveva lavorato bene.
La Vipera Rossa aveva annuito, dopodiché non aveva impiegato che il tempo di una risata per disarmarla con un lesto colpo di lancia e l’aveva congedata con la scusa di avere un regno da governare per conto del fratello.
Quel giorno, Obara l’aveva guardato andare via senza proferire parola: nei suoi occhi, forse per errore, aveva letto l’emozione di veder crescere un figlio.
Non sono una donna”, aveva pensato, osservandolo allontanarsi con la lancia ancora in pugno. “Non sono neanche un guerriero. Sono la figlia di Oberyn Martell e combatto per Dorne.”
E da allora, più o meno, aveva sempre cercato di tenerlo bene a mente.

Seduta a gambe incrociate tra la sabbia delle rovine, osservava suo padre cacciare i suoi serpenti, e intanto pensava a come l’aveva visto invecchiare. Da giovane uomo a vecchio guerriero, in un certo senso, eppure nessuno mai aveva dubitato del suo valore .
«Ho sentito dire che l’ultima volta hai lasciato Approdo del Re dopo che Rhaegar Targaryen ti ha preso a calci nel culo», disse, sogghignando piano mentre con un sasso affilava la punta della sua lancia.
Oberyn smise per un istante di cacciare vipere e si voltò a guardarla con lo stesso ghigno beffardo dipinto sul viso. «Certo che sei davvero povera di spirito, se pensi che mi sia davvero fatto buttare fuori a calci da Approdo del Re», rispose.
Obara ridacchiò, alzando le spalle con noncuranza. «Le storie che ti riguardano sono molto meno eroiche di come le racconti, quando escono dalla bocca di altri.»
«O meno divertenti.»
«O meno interessanti.»
Restarono un momento in silenzio, dopodiché suo padre la squadrò con attenzione, piegando il capo di lato mentre se ne stava lì impalato in mezzo alla sabbia, del tutto simile a uno di quei serpenti che andava tanto cercando per i suoi veleni.
Arrivato il mezzogiorno, Oberyn Martell era ancora preso a cacciare sotto al sole delle sabbie, mentre Obara restava all’ombra a fissarlo, a studiare ogni suo movimento con gli occhi di una figlia che vede suo padre cambiare.
Fantasma, eroe, principe, cavaliere, salvatore, maestro, padre, alleato. Pelle dura e cuore volubile, amante di aria, seduttore di soli.
Tante erano le ombre di quell'uomo, tante erano le braccia che l’avevano sorretta e l’avevano resa forte.
Non sono donna, né guerriero”, pensò, tornando a lavorare sulla sua lancia. Non lo sapeva nemmeno, cosa doveva essere, e forse non le interessava affatto. Sapeva cos’era suo padre, più o meno, e sapeva che lui non le chiedeva d'essere niente che lei non volesse diventare. Tanto le bastava.


But your blade it might be too sharp
I'm like a rubberband until you pull too hard




N
ote

Stasera volevo scrivere altro, ma poi parte quella canzone che non lascia spazio a ciò che si vuole fare veramente bé, bisogna adattarsi.
Questo era qualcosa che volevo buttare giù da un po' di tempo, ma che per un motivo o per l'altro ho sempre ignorato. Stavolta, ho accontentato l'inconscio (?).

   
 
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