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Autore: Crystal25396    19/05/2015    9 recensioni
"Aspettava da troppo tempo. Secoli spesi ad aspettare che Lui tornasse, che riemergesse da quelle acque scure sulle cui sponde ora sorgeva un enorme Castello. Il suo rifugio.
[...]
«Non se ne parla.» disse categorico a denti stretti.
«E’ il modo più sicuro per nasconderla, ma non posso fare niente senza il tuo aiuto. Ti prego.» lo supplicò il preside.
«No Albus. Ho creato quello specchio per non dimenticare. Non posso farlo, non voglio. Non sai cosa significhi avere un’età quasi millenaria e aspettare per tutto questo tempo.»
«Ti capisco, ma-»
«No, tu non capisci, non puoi capire!» gridò alzandosi di scatto e battendo violentemente le mani sul tavolo facendo esplodere tutti quei sentimenti che si erano accumulati dentro di lui.
«Stavo dimenticando il suo volto Albus, il suo volto! Se ve lo lasciassi lo dimenticherei totalmente e non voglio. Da solo non sono niente! Siamo due facce della stessa medaglia, non posso perdere anche quel poco che mi è rimasto di lui!»

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CROSS OVER: Merlin-Harry Potter
L'avvertimento "spoiler" riguarda l'ultima puntata del telefilm Merlin e la nota "Movieverse" è da attribuire ad Harry Potter.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Merlino
Note: AU, Cross-over, Movieverse | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
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TERZA CLASSIFICATA AL GIOCO "4 STORIE E... (UN ARBITRO)" INDETTO DAL GRUPPO FACEBOOK "IL GIARDINO DI EFP"


LO SPECCHIO DELLE BRAME
 
 


Quanti anni erano passati dall’ultima volta che aveva prestato il suo aiuto a qualcuno? Non lo ricordava nemmeno più. Si era ripromesso che niente gli sarebbe più interessato, che quello che accadeva agli altri non era un suo problema. Aveva vissuto troppo a lungo e visto troppe cose. Aveva pianto e aveva riso, aveva lottato e ogni volta aveva perso qualcosa. O qualcuno.
 
Era vecchio e iniziava a sentire il peso della sua veneranda età, come se dovesse portare sulle spalle un peso che ogni anno diventa più pesante.
 
Era stanco. Stanco di vivere quella vita così insulsa e piena di attesa.
Aspettava da troppo tempo. Secoli spesi ad aspettare che Lui tornasse, che riemergesse da quelle acque scure sulle cui sponde ora sorgeva un enorme Castello. Il suo rifugio.
Da quando Lui se ne era andato, quello era stato l’unico luogo dove era riuscito a sentirsi nuovamente vivo. Quel castello lo aveva visto nascere, aveva assistito al momento in cui la prima pietra era stata posta e aveva contribuito alla sua realizzazione, aiutando i quattro giovani che lo stavano costruendo. I quattro maghi che poi erano diventati suoi allievi.
 
Tosca era la più grande del gruppo. Amava prendersi cura degli altri e si era specializzata nelle magie curative, tanto che presto arrivò persino a superarlo. Sapeva tutto sulle erbe ed era diventata un medico eccellente. Gli ricordava tanto Gaius, il suo mentore, colui che gli aveva fatto da padre.
 
Salazar, invece, era il completo opposto. Sveglio e intelligente, era il più promettente dei quattro e aveva imparato presto non solo a controllare il suo potere, ma anche a creare pozioni molto efficaci. Gli era molto affezionato e gli si spezzò il cuore quando scoprì il suo interesse per le Arti Oscure. Le stesse che aveva cercato di spazzar via e che gli avevano portato via Lui.
 
Godric gli somigliava tantissimo. Era testardo e orgoglioso, ma con un gran cuore e un animo cavalleresco. Era molto portato per i duelli magici, il più abile dei quattro senza dubbio. Era così simile a Lui, che gli faceva male guardarlo, perché sapeva che non poteva esserlo. Lui non aveva mai accettato la magia, che gli aveva portato via più di una volta gli affetti. Prima sua madre, poi suo padre e sua sorella. E infine la sua stessa vita.
 
No, non poteva essere Lui. Avrebbe dovuto aspettare ancora, senza sapere quanto a lungo. Così, spesso si ritrovava a passeggiare sulle sponde del lago, nelle cui acque, da qualche parte, giaceva il suo corpo. Non parlava con i suoi allievi del suo passato, della sua storia.
Con nessuno di loro, tranne che con Priscilla.
 
La più piccola dei quattro, ma la più intelligente e la più saggia. Sapeva ascoltare e gli stava accanto nei momenti più difficili. Era l’unica con cui si confidava, con cui sentiva di poterlo fare, perché era come se il peso che portava sul cuore, con lei diventasse più leggero.
Era stato grazie a lei che aveva ripreso a sorridere e iniziato a cogliere un po’ di gioia anche nelle piccole cose, da quando Tosca curava con amore quel grande giardino che circondava il castello, a quando Godric e Salazar si divertivano a lanciarsi frecciatine e a battibeccare.
 
Poi tutto era finito.
I suoi allievi erano diventati vecchi ed erano morti, lasciando a lui le redini di quello che avevano realizzato: la più grande scuola di magia e stregoneria mai esistita ora era proprio lì, in quell’immenso castello.
Divenne il primo preside della scuola, agendo sotto falso nome e facendo credere a tutti di essere morto quando poi lasciò il suo posto ad un altro mago. Continuò a vivere lì per secoli, nascosto da tutto e da tutti, sommerso da quella depressione che ormai lo aveva avvolto.
 
Stava iniziando a dimenticare.
In passato, Priscilla lo aveva aiutato a mantenere vividi quei ricordi nella sua mente, ma con la sua scomparsa, non solo lei, ma anche il volto di Lui aveva iniziato ad offuscarsi.
 
Per questo motivo creò lo Specchio delle Brame.
 
Era l’unico appiglio che aveva per far si che i suoi ricordi non andassero perduti o venissero logorati dal tempo.
Non voleva dimenticare.
Voleva ricordare le giornate passate con i suoi allievi, le confidenze fatte a Priscilla e il loro volersi bene, come fratelli. E poi non voleva dimenticare Camelot, la sua amicizia con Gwen e i cavalieri, le avventure avute con loro, il sorriso di Freya, i consigli del grande Kilgharrah, gli insegnamenti e l’affetto di Gaius, l’amore di sua madre… E Lui. Quello che più di tutti non voleva dimenticare. Il suo amico più caro, il suo Signore, il suo Re.  Artù Pendragon, re una volta e re in futuro.
 
Lo Specchio lo aiutò a mantenere vividi i ricordi e vi si specchiava ogni giorno. Lo aveva nascosto in una stanza che non veniva mai usata, lontana dagli sguardi incuriositi di studenti e professori. Solo i presidi che negli anni avevano guidato la scuola sapevano della sua esistenza e gli avevano consentito di rimanere lì. In fondo era stato il maestro dei Quattro Fondatori e quello specchio era l’unica cosa che lo aiutasse ad andare avanti.
 
Fino a quando quel ragazzino non scoprì quella stanza.
Era stato veloce a nascondersi dietro una delle enormi colonne e aveva visto il bambino, probabilmente del primo anno, rimanere incantato davanti allo specchio, con gli occhi verdi che lentamente si ricoprivano di lacrime.
«Mamma» lo aveva sentito mormorare «Papà….»
Era tornato la notte successiva con un suo amico, un bambino alto e magro dai capelli rossi, che vide nello specchio se stesso, con il distintivo da Caposcuola e la coppa delle Case in mano.
 
Quando i due bambini erano usciti dalla stanza, sapeva che avrebbe rivisto ancora quello con gli occhi verdi. Così aveva parlato con Silente, il preside della scuola.
 
«Dalla tua descrizione, direi che si tratta di Harry Potter» spiegò Silente incrociando le dita sotto al mento.
«Potter?» chiese «Questo spiega la somiglianza con James…» borbottò fra sé e sé. Silente gli lanciò uno sguardo incuriosito. Già, non aveva mai raccontato al preside del suo incontro con i Malandrini.
«Lui e il suo gruppetto di amici avevano scoperto della mia esistenza» raccontò «A quanto pare avevano creato una mappa di Hogwarts molto dettagliata che indicava chiunque si trovasse all’interno del castello e dove andasse. Una volta me la mostrarono. Davvero una magia niente male»
«Sì, erano tutti molto in gamba. Perfino il povero Peter Minus, il meno dotato dei quattro, riusciva a raggiungere livelli molto alti con il loro aiuto» ricordò Silente accennando un sorriso.
«Rimasero molto sorpresi quando scoprirono la mia identità e ancor di più quando dissi loro che ero stato io, fra le altre cose, a creare la Stanza delle Necessità. Credo mi considerassero la loro fonte d’ispirazione. Spero la loro vita sia stata migliore della mia…» disse pensieroso.
 
«Quindi quel ragazzo è il figlio di James» ipotizzò scuotendo la testa e tornando al discorso che avevano iniziato in precedenza e per il quale si era recato nell’ufficio del preside.
«Esatto. Come sai, è famoso in tutto il Mondo Magico per aver sconfitto Voldemort quando aveva poco più di un anno, ma non ha mai conosciuto i suoi genitori e purtroppo la famiglia con cui è cresciuto non è stata molto amorevole con lui» spiegò Silente.
«Ha visto la sua famiglia nello specchio e sono sicuro che tornerà anche questa notte. Non vorrà lasciarsi scappare l’occasione di rivedere i suoi genitori. È normale, lo farebbe chiunque al posto suo» continuò lui.
«E vuoi che lo faccia io»concluse Silente al suo posto. In suo interlocutore lo guardò lieto che avesse capito l’antifona e sollevò leggermente verso l’alto gli angoli della bocca.
« Non posso permettermi di farmi vedere e non può continuare a venire tutte le notti. È troppo giovane per poter farsi già cullare dallo Specchio delle Brame»
Silente lo guardò pensieroso e dopo pochi secondi di silenzio, sospirò rassegnato.
«Va bene, ma a proposito dello specchio… Avrei un grosso un favore da chiederti, amico mio»
 
Incuriosito, fece segno al preside di parlare e lo ascoltò attentamente. Non mosse un solo muscolo per tutto il tempo e alla fine della spiegazione, si prese qualche minuto per riflettere, prima di sentir crescere la rabbia e la frustrazione.
 
«Non se ne parla» disse categorico a denti stretti.
«E’ il modo più sicuro per nasconderla, ma non posso fare niente senza il tuo aiuto. Ti prego» lo supplicò il preside.
«No Albus. Ho creato quello specchio per non dimenticare. Non posso farlo, non voglio. Non sai cosa significhi avere un’età quasi millenaria e aspettare per tutto questo tempo»
«Ti capisco, ma-»
«No, tu non capisci, non puoi capire!» gridò alzandosi di scatto e battendo violentemente le mani sul tavolo facendo esplodere tutti quei sentimenti che si erano accumulati dentro di lui.
«Stavo dimenticando il suo volto Albus, il suo volto! Se ve lo lasciassi lo dimenticherei totalmente e non voglio. Da solo non sono niente! Siamo due facce della stessa medaglia, non posso perdere anche quel poco che mi è rimasto di lui!»
 
Silente lo osservò in silenzio. Apparentemente quello che aveva davanti era solo un ragazzo depresso, con i capelli neri sempre in disordine e due profondi occhi azzurri, che nonostante quel colore luminoso, non brillavano più ormai da secoli. Occhi spenti, sempre persi nel vuoto, a fissare chissà cosa per chissà quanto tempo. Eppure, dietro quella creatura apparentemente così fragile, si celava la carica massima di tutta la comunità magica e non. Il più potente mago mai esistito, colui che guidò Re Artù nella costruzione del regno di Albione.
 
Non poteva fare molto contro un no categorico come quello, Silente lo sapeva e doveva aver immaginato una reazione del genere da parte sua. Sapeva che nonostante tutto il preside avrebbe comunque tentato di persuaderlo, ma niente riuscì a far cadere le convinzioni di quell’antico stregone.
 
Quella notte, però, Silente si recò ugualmente nella stanza dello specchio e come avevano immaginato, trovò Harry seduto a terra davanti al magico oggetto, con un’espressione decisa dipinta sul volto. Niente e nessuno lo avrebbero mai fatto allontanare da lì. Niente di niente. O quasi…
 
«Ancora qui, Harry?» domandò Silente facendo sobbalzare il giovane mago.
«Vedo che tu, come molti altri prima di te, hai scoperto le dolcezze dello Specchio delle Brame» disse avvicinandosi al bambino.
«Suppongo che tu ormai abbia capito cosa fa. Voglio darti un indizio: l'uomo più felice della terra guarderebbe nello specchio e vedrebbe solo se stesso, esattamente com'è»
 
«Allora» mormorò Harry convinto di aver capito cosa il preside stesse cercando di spiegargli «lui ci mostra quello che vogliamo. Qualunque cosa vogliamo»
 
«Sì... E no.» Rispose il preside scuotendo leggermente la testa e notando proprio in quel momento un’ombra dietro ad una delle colonne della stanza. A quanto pare, voleva verificare che avrebbe parlato con Harry.
 
«Ci mostra solo e soltanto i più profondi e i più tormentati desideri del nostro cuore» continuò a spiegare «Ora tu, Harry, che non hai mai conosciuto i tuoi genitori, li vedi lì, accanto a te. Ma ricordati questo, Harry: questo specchio non ci dà né la conoscenza, né la vita. Molti si sono smarriti davanti a lui. Hanno perso il senno. Ed è per questo che domani sarà trasferito in una nuova dimora.»
 
Dietro la colonna, a quelle parole, l’antico stregone si immobilizzò. In una nuova dimora? Che intendeva? Non aveva acconsentito al piano per proteggere la pietra, non potevano prendere lo specchio e sperare di usarlo senza il suo permesso e aiuto.
Stava quasi per uscire allo scoperto, quando delle nuove parole pronunciate dal preside lo fecero pietrificare nuovamente. Parole che sapeva, erano indirizzate a lui e non a quel bambino.
 
«Non puoi usare lo Specchio senza il mio aiuto» disse al preside quando furono finalmente soli nella stanza.
«Lo so bene. La tua magia è molto più potente di quella di tutti i professori di questa scuola messi assieme»
«E allora perché hai detto quelle parole?»
«Perché so che ci aiuterai, Merlino»
 
 
«Molti si sono smarriti davanti a lui. Hanno perso il senno. Ed è per questo che domani sarà trasferito in una nuova dimora. E io devo chiederti, di non provare a cercarlo nuovamente.
Non serve a niente rifugiarsi nei sogni, Harry, e dimenticarsi di vivere.»
 
 
«E va bene» sospirò lasciandosi cadere per terra e passandosi una mano fra i capelli neri.
«Hai vinto, Albus. Cosa vuoi che faccia con questa Pietra Filosofale e lo Specchio delle Brame?»
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
***
Angolo dell’autrice
Salve a tutti!
Questa breve storiella è nata nella mia mente sabato sera, riguardando Harry Potter e la Pietra Filosofale in televisione. Mi è anche tornata in mente un’immagine che avevo visto qualche tempo fa su Facebook e così ho deciso di trarci una one shot.
Di solito, poi, nelle storie in cui compaiono i fondatori, Priscilla Corvonero è rappresentata come una donna alta e slanciata, io invece ho provato ad immaginarmela come la più piccola dei quattro, quasi una bambina, ma molto più intelligente e saggia degli altri tre messi assieme. Anche il fatto che Merlino venga chiamato per nome solo alla fine è una cosa studiata. Volevo che tutto fosse svelato alla fine. Spero che questa mia scelta, assieme alle altre, vi sia piaciuta e che abbiate apprezzato l’idea generale.
Ora me ne torno a studiare.
A presto!
 
-Crystal-
   
 
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