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Autore: suni    04/01/2009    1 recensioni
[...] E' un ricordo molto bello che mi piace conservare come si conservano quelle foto dolorose dei defunti, che a guardarle fanno venire le lacrime agli occhi: un tramonto su Konoha osservato dall’alto delle teste degli Hokage, all’epoca dei miei diciassette anni. Io ero sdraiato a pancia in giù col capo mezzo penzolante nel vuoto sotto di me e le ginocchia piegate con i piedi all’aria, Orochimaru era accoccolato al mio fianco, assorto nella contemplazione del villaggio su cui calava il buio.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jiraya, Orochimaru
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa non è una flashfic. O meglio – magari mi spiego, va – questa non è nata come flashfic. È uno stralcio di una fanfiction più lunga che ho attualmente in cantiere (sperando che arrivi a vedere la luce) ma quando ho scritto la frase finale mi sono accorta che poteva essere carina anche da sola. Ho contato le parole ed erano 500 pulite, l’ho preso come un segno del destino.

Vedete voi.

suni

 

 

 

TROPPO TARDI

 

 

 

A volte sto seduto, da solo, e penso a cose successe decenni fa con la minuzia di chi cerca di ricostruire precisamente eventi salienti. Forse con l’andare degli anni sto diventando uno di quei vecchi malinconici che non fanno altro che ripensare ai tempi andati con nostalgia, pascendosi delle memorie di gioventù anziché guardare all’avvenire. Strano, perché sono sempre stato un tipo determinato, proiettato nel futuro e negli obiettivi desiderati e concentrato sulle speranze del domani, ma col passare del tempo ho preso a riguardare più sovente a quanto è stato. Forse mi serve a trarre il mio personale bilancio o semplicemente a cercare di capire meglio le dinamiche della vita e le sue assurde stranezze, attraverso i ricordi.

Ne ho uno in particolare su cui la mia mente ritorna spesso, è un ricordo molto bello che mi piace conservare come si conservano quelle foto dolorose dei defunti, che a guardarle fanno venire le lacrime agli occhi: un tramonto su Konoha osservato dall’alto delle teste degli Hokage, all’epoca dei miei diciassette anni. Io ero sdraiato a pancia in giù col capo mezzo penzolante nel vuoto sotto di me e le ginocchia piegate con i piedi all’aria, Orochimaru era accoccolato al mio fianco, assorto nella contemplazione del villaggio su cui calava il buio. Non parlavamo, stavamo semplicemente lì in silenzio a guardare la nostra città, fianco a fianco. Eravamo appena tornati da una missione molto lunga e avevamo sentito entrambi il bisogno di riconciliarci con l’insieme di Konoha: ci eravamo diretti lassù entrambi nello stesso momento senza nemmeno dirlo a voce alta, come seguendo un schema premeditato.

Poi a un certo punto mi voltai a guardarlo, contemporaneamente lui mi sorrise – lo faceva di rado, se non con scherno – e piegò leggermente la testa verso di me, facendo ondeggiare l’ala corvina dei capelli.

“Jiraiya,” mormorò meditativo, “non ti piacerebbe rimanere quassù, così, per sempre?”

Non avevo idea del significato che lui dava a quel per sempre. Sorrisi anche io di rimando ed annuii con convinzione, prima di sogghignare sornione.

“Che animo sentimentale, musone,” commentai beffardo.

Sospirò profondamente, condiscendente.

“Devo compensare le tue idiozie con il mio intellettualismo,” replicò con fare superiore. E, non so bene perché, quelle parole mi trasmisero un tepore balsamico, mi fecero sentire parte di qualcosa. Compensare presupponeva un qualche tipo di comunanza, voleva dire essere almeno in due, spalla a spalla, come fratelli. Ed era buffo e banalmente bello immaginare quell’equilibrio nato dal bilanciamento delle differenze.

È la sensazione più straordinaria che ricordi ma è strano e doloroso, adesso, ripensarci sapendo tutto quel che è successo dopo. Rivedo quei due ragazzi abbarbicati in cima al monte e avverto l’impulso di chiamarli. Mi sembra di doverli assolutamente avvisare, di dover gridare con tutto il mio fiato che non c’è bisogno di essere immortali per apparire unici agli occhi di qualcuno, di  dover urlare al giovane, ignaro Jiraiya che deve fare qualcosa e aiutare il suo amico a rinsavire prima che sia troppo tardi.

Ma è già troppo tardi, ormai.

   
 
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