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Autore: moni_cst    21/05/2015    6 recensioni
“C’era stato un omicidio nella 25th Avenue proprio al confine tra l’11° e il 12° distretto. L’omicidio era di competenza dell’11° ma la Gates chiese a Beckett di mettersi in contatto con la detective Martinez della Omicidi dell’11° in quello stesso pomeriggio.”
Tutto ebbe iniziò così….
e mentre risolvono il caso, Castle e Beckett discutono sulle particolarità del dottor Morgan (fantasia vs. razionalità) mentre una chiacchierata, inaspettatamente intima, tra le due detective crea il presupposto per un atteso confronto tra Henry Morgan e Jo Martinez.
Genere: Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Kate Beckett, Richard Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: Cross-over | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
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Capitolo 8

 

La stanza dell’obitorio era deserta e fredda come non mai. Mentre la detective Beckett superava le porte a scomparsa di accesso alla sala autopsie, rabbrividì e si chiese se il gelo, che l’aveva ormai irrigidita da un paio di ore, era dovuto a motivazioni atmosferiche o alla situazione irreale che stava vivendo.  Pensò all’amica Jo che non si era più fatta sentire dopo il suo sms e si dispiacque per l’ennesima perdita che avrebbe potuto avere. Sperava con tutta se stessa che il dottor Morgan stesse bene e tutto sommato il fatto che fosse sparito era una notizia che poteva essere interpretata con una dose di pazzo ottimismo, almeno a detta di Rick. Aveva notato come suo marito, rendendosi conto del suo turbamento, avesse smesso di dar voce ai suoi pensieri ma lo conosceva abbastanza bene per sapere quanto in realtà fosse eccitato dalla situazione di cui erano stati testimoni.

“Detective, Mr Castle… dov’è la detective Martinez? Come sta Henry?” chiese ansioso Lucas Wan che impugnava la cartelletta dei documenti su cui stava appuntando tutte le annotazioni relative all’osservazione del corpo. Wan non sapeva ancora nulla di quello che era successo davanti al Pronto Soccorso quindi a Beckett toccò anche quell’ingrato compito.

“Lucas… Henry… non lo abbiamo trovato all’ospedale. Il paramedico dell’ambulanza ci ha detto che è sparito durante un momento di sua distrazione. Jo lo sta cercando…” omise volutamente ogni tipo di commento e scambiò con Rick uno sguardo abbastanza eloquente per indurlo a non aggiungere ulteriori informazioni o, peggio, commenti.

“Ah bene! Vuol dire che stava meglio e sarà andato a casa a cambiarsi. Bene, allora sarà qui presto per fare l’autopsia. Non chiamo il dottor Clarke che è di reperibilità per le urgenze oggi.”

Lo disse con una naturalezza che sconcertò entrambi i coniugi Castle, che si scambiarono un’occhiata alquanto palese. Evidentemente il suo assistente era così abituato alle stranezze di Morgan che non aveva assolutamente dato peso ad una cosa così bizzarra come quella di scendere da un’ambulanza in corsa, pur ferito.

La porta scorrevole si aprì nuovamente e Jo Martinez apparve sconvolta e turbata come nessuno di loro l’aveva mai vista. Prima ancora che potessero chiederle qualche cosa, lei decise di anticipare ogni possibile domanda, dando loro informazioni che sperava fossero sufficienti.

“Henry sta bene. L’ho trovato a casa, si sta cambiando e sicuramente si occuperà lui dell’autopsia. Un miracolo, direi.” Togliendosi il cappello che tratteneva ancora tra le maglie di lana qualche fiocco di neve, si rivolse a Kate.

“Che situazione avete trovato a Central Park? Ci sono novità?” chiese.

Beckett la guardò a lungo prima di risponderle ma decise che non era quello il momento per tirare fuori tutti gli interrogativi che le frullavano in testa. Se anche Jo, detective e donna razionale come lei, trovava normale tutta quella situazione, a lei cominciava  a mancare il terreno sotto i piedi. 

Si fece forza e, fingendo di raccogliere le idee prima di parlare, ragguagliò la collega.

“Quando siamo tornati sulla scena del crimine, Reece e Gates erano di nuovo lì. Il tuo capo ha mandato una squadra di agenti a controllare ogni palazzo la cui visibilità raggiunge il punto dove è stato colpito Henry. Invece la Gates ha chiamato il detective Esposito che ha un passato nelle forze speciali come tiratore scelto e può aiutare nel ricostruire la dinamica dei fatti.” Kate fece una breve pausa per accertarsi che Jo non volesse intervenire con qualche domanda poi proseguì sicura “per quanto riguarda Laura Parson” indicò con la mano il cadavere steso nel tavolo accanto a loro “presenta numerose ecchimosi e ferite superficiali che non ne hanno causato la morte ma che l’hanno indebolita al punto da rallentare notevolmente la sua fuga.”

“Quindi è stata braccata?”

“Così sembrerebbe”

“Modus operandi strano considerando che quest’omicidio va collegato a quello di Duncan. Dubito che ci troviamo di fronte ad un’aggressione a sfondo sessuale o ad una rapina” osservò la detective Martinez guardando Lucas in attesa di conferme.

“Oh.. sì. Scusate non sono abituato! Certo…. Allora… dall’esame preliminare del corpo non sembrano essere presenti lesioni nelle zone dei genitali, anche se il tampone ha dato esito positivo al DNA di un uomo, quindi probabilmente ha avuto un rapporto sessuale consenziente qualche ora prima del decesso...”

“Ah ah! Vedova allegra…” commentò in modo inopportuno Castle.

Lo sguardo incrociato delle due donne lo fece pentire amaramente di aver parlato.

Rifletté per un momento sulla forza incendiaria di quel paio di occhiate accoppiate: micidiale!

Wan continuò la sua disamina, come se non si fosse accorto di nulla.

“Queste ecchimosi sulle braccia e sulle gambe, fanno pensare che sia stata tenuta con forza da qualcuno e questo spiegherebbe le piccole bruciature, immagino di sigaretta, che ha sul petto e sul collo.”

“E’ stata torturata…” mormorò Jo con un filo di voce “povera donna”.

Sembrava essere sempre più provata.

“Per tutto il resto dobbiamo aspettare l’autopsia e la palla di vetro del mio capo” ironizzò Lucas, l’unico in vena di fare dello spirito in quella serata.

Beckett guardò la Martinez, assorta evidentemente nei suoi pensieri.

Sarebbe stato compito della sua collega, titolare dell’indagine, fare il punto della situazione e decidere il da farsi ma più la osservava e più si rendeva conto che doveva esserle capitato qualcosa in quel lasso di tempo. In quel momento non aveva nulla della detective con cui aveva lavorato per un mese consecutivo.

Prese l’iniziativa e diede a tutti appuntamento per un rapido briefing per la mattina dopo alle 12, quando avrebbero sicuramente avuto tutti notizie aggiornate.

Uscendo, Beckett si avvicinò a Jo chiedendole cosa fosse successo a Henry e cosa le fosse capitato ma la donna fu molto evasiva, rifiutò un passaggio a casa, d’altronde aveva la sua auto di servizio, e si giustificò dicendo solo che era molto stanca e che le emozioni della serata l’avevano provata più del solito. Una bella dormita l’avrebbe rimessa in sesto. Beckett annuì, non potendo che rispettare la volontà dell’altra, sapendo bene che, in certi momenti, si ha un bisogno assoluto di solitudine.

 

Lentamente i coniugi Castle percorrevano il corridoio che li avrebbe condotti davanti alla porta d’ingresso di casa. Rick prese la sua tessera magnetica e la avvicinò al sensore. Il led sopra la placca di ottone virò velocemente dal rosso, all’arancione, al verde. Kate fece un passo dentro casa poi si tolse le scarpe, in un gesto di abitudine: normalmente aveva i tacchi a spillo e non vedeva l’ora di mettersi in libertà. Il display digitale dell’orologio appeso sopra il camino spento, indicava che erano le due e tredici. Erano entrambi stanchi e infreddoliti, tanto che nonostante l’ora Rick si avvicinò al camino, controllò il serbatoio dell’etanolo e con rapidi movimenti accese le fiamme. Kate gli si avvicinò e lo abbracciò da dietro, bisognosa di un contatto fisico che la rassicurasse.

I suoi peggiori incubi erano tornati a galla nel giro di poche ore.

Si chiese se il percorso concluso ormai da anni con il dottor Burke fosse davvero terminato oppure se avesse interrotto troppo prematuramente gli incontri.

Aveva sempre pensato che da quando aveva lasciato entrare Rick nella sua vita non era più necessario nessun aiuto esterno, ma in quel momento le sue gambe tremavano e il mistero di Morgan l’aveva resa vulnerabile come non le accadeva da tempo.

Prese un grande respiro mentre lasciava che le braccia di Rick l’avvolgessero completamente in quell’abbraccio rassicurante che tanto amava.

“Hai sonno?” gli chiese all’improvviso alzando il mento per guardarlo.

“A dire il vero, non molto” rispose Rick rimanendo sul vago: non era il momento di confidarle quanto era eccitato per via della sparizione di Morgan.

“Neanche io…” aveva solo voglia di certezze in quel momento e in quelle condizioni non avrebbe mai potuto prendere sonno, così propose “che ne dici di un tè, coccole e chiacchiere?”

Rick non se lo fece dire due volte e subito si mise all’opera per riempire di acqua il bollitore e accenderlo. Kate nel frattempo aveva recuperato la coperta che utilizzavano per coprirsi quando trascorrevano intere nottate a parlare fitto fitto come due giovani amanti che passavano ore a raccontarsi a vicenda la propria vita.

Qualche minuto dopo che si erano sistemati sul divano, accoccolati stretti, Martha uscì dalla sua stanza in cerca della sua tisana notturna, abitudine che negli ultimi anni era diventata una vera e propria maledizione, specie d’inverno quando il freddo della casa non era per nulla accogliente. Vedendo il camino acceso e due figure indefinite che bisbigliavano tra loro, si fermò sul secondo gradino, indecisa se proseguire o no. La scelta non era facile perché quel torpore dato dalle fiamme scoppiettanti la stavano invogliando a scendere, ma il desiderio di non disturbare era altrettanto forte. Era stato così fortunato il suo Richard ad incontrare finalmente la donna giusta. Anzi erano stati tutti fortunati, anche lei e Alexis: in fondo lei aveva trovato una persona con cui parlare e con cui confrontarsi su Rick, senza mai avere il timore che il suo Richard potesse non gradire la cosa. Kate era una donna molto riservata e ora che lei stava invecchiando si sentiva più serena nel vedere il figlio aver trovato felicità e stabilità. In quanto ad Alexis finalmente aveva una figura di riferimento femminile che non fosse decrepita quanto lei, non lo avrebbe mai ammesso con nessuno ma quella era la realtà. Alexis l’aveva accolta e trasformata in una sorella maggiore, se non proprio madre, e ogni giorno coinvolgeva sempre più Kate nella sua vita.

Si appoggiò al muro e si soffermò a guardare quel bacio così lento e così appassionato che le vennero le lacrime agli occhi per quella scena romantica. Piano, cominciò a risalire e avviarsi di nuovo verso la sua camera: pazienza! Senza tisana non si sarebbe riaddormentata ma quello che stava accadendo in salone non meritava una spettatrice.

“Grazie”

“Non mi devi ringraziare se ti bacio, Kate” rispose divertito Rick.

“Sì invece, ti devo ringraziare perché non voglio mai dare nulla per scontato. Ringraziandoti, ricordo a me stessa quanto sono fortunata ad essere tra le tue braccia in questo momento”. Si acciambellò ancora di più, stretta a lui.

“Jo era strana all’obitorio, non trovi?” chiese Rick.

“Ieri sera, quando stavamo al pub, mi sono affezionata a lei in modo incredibile… rivedo in lei me stessa, tanti anni fa, con tutti i miei turbamenti.” Rick si scostò leggermente per poterla guardare negli occhi mentre con la mano le accarezzava i capelli.

“Ha perso il marito poco più di un anno fa. Infarto.” proseguì Kate.

“Davvero? Mi dispiace molto. ”

“Soffre molto. Sai Rick, ho trovato subito una sintonia con lei e le confidenze della nostra conversazione sono state naturali, spontanee. E ho avuto modo di chiederle di Henry, anche se siamo state interrotte.”

“Ti ha detto niente delle sue stranezze, della sua immortalità?” chiese lo scrittore.

“No, ha fatto solo un accenno al fatto che Henry le ha confidato che per sapere tutte le cose che sa,  bisogna vivere una lunga vita”.

“Vedi? Ho ragione”.

“Rick!”

“Insomma che ti ha detto di lui, delle sue abitudini?” incalzò.

“Niente, ci hanno chiamato per l’omicidio della Parson. Una cosa però l’ho capita”

“Cosa?”

“Jo Martinez è cotta di lui. Ma ancora non lo sa.” dichiarò certa delle sue parole.

Rick aveva dipinta in volto un’espressione delusa. Sua moglie non era riuscita a sapere nulla di saliente rispetto alle proprie curiosità.

Castle guardò le labbra di Kate e il solito, instancabile, desiderio di lei lo infiammò in un attimo. Delicatamente posò la mano sul suo seno e iniziò ad accarezzarla. Un gemito di apprezzamento non tardò ad arrivare, anche se la mente di Beckett ancora non era disposta a lasciarsi andare.

“Rick, pensi davvero che Henry sia morto in quell’ambulanza e si sia volatilizzato?”

“Non lo so, babe. Però ti confesso che mi piacerebbe che fosse così!” rispose non nascondendo la sua esaltazione ad un‘evenienza del genere.

“Sono ore che ci penso. Non penso ad altro. Non riesco a capire cosa sia successo. Non riesco a formulare una, dico UNA sola, teoria razionale di nessun tipo” esclamò con tono rammaricato.

“Sei solo stanca, Kate. Ci sei sempre riuscita e, purtroppo per me, anche questa volta ci riuscirai” disse infastidito Rick. Non aveva smesso un solo momento di accarezzarle il seno con la mano che si era insinuata sotto la maglia e aveva sapientemente slacciato il gancetto del reggiseno.

“Questa volta non è così. Anche se mi piacerebbe. Non so cosa sia successo, ma so che quando è arrivata la Martinez all’obitorio aveva la stessa espressione del ragazzo dell’ambulanza: sembrava avesse visto un fantasma”.

“Jo Martinez è solo esausta. Ha visto il suo partner ferito gravemente, l’ha visto salire su un’ambulanza non sapendo se lo avrebbe rivisto vivo… Kate… una cosa del genere è terribile: io l’ho vissuta e se hai ragione tu e Jo prova dei sentimenti per lui, tutto è ancora più devastante.”

“Non mi convince, Rick. Comincio a pensare che tu abbia ragione. Se domani Henry torna al lavoro senza neanche un graffio, penso che tu sia davvero nel giusto.” E si affrettò ad aggiungere “ma giurami che non lo dirai a nessuno, soprattutto ad Espo”.

“Mai come questa volta penso di aver torto. Hai sempre avuto ragione tu, c’è sempre stata una spiegazione razionale per tutto e ci sarà anche questa volta. Ma ti prometto che qualunque cosa accada, Espo non ne saprà niente” e le porse la mano libera per battere il cinque.

Risero cercando di far piano per non svegliare Martha che riposava al piano di sopra finché Kate lo baciò con desiderio e con una mano si avvicinò all’inguine, iniziando a donare le stesse carezze che lei stava ricevendo da un po’.

 

A qualche isolato di distanza, in Washington Heights, il dottor Henry Morgan era seduto su un gradino appoggiato ad una porta rossa. Stringeva il suo cappotto cercando di tenersi caldo ma il freddo del bagno nell’Hudson e il gelo preso in attesa che Abe lo recuperasse gli era rimasto nelle ossa. Tremava come una foglia mentre osservava il manto nevoso abbondante che era sceso quella notte. Erano quasi le due e sperava che presto la detective Martinez, la sua amica Jo, tornasse a casa. Quando l’aveva vista uscire dal negozio di antiquariato aveva notato il suo sguardo di dolore e delusione.

Era stato tutta l’ora successiva a cercare di capire cosa dirle il giorno dopo al lavoro.

Ma più inventava storie improbabili e più si sentiva stanco come mai in vita sua.

Forse aveva davvero ragione Abe. Se non voleva cambiare di nuovo vita, e suo figlio non ne aveva più nessuna intenzione, doveva fidarsi di lei e provare a raccontarle tutto, dall’inizio alla fine.

Dopo circa mezz’ora, sentì una mano poggiarsi sul capo che aveva protetto tra le gambe per ripararsi dal freddo.

“Henry! Cosa ci fai qui? Non ti è bastato il freddo che hai preso questa notte?” il tocco delicato della mano e la voce di Jo lo presero alla sprovvista.

Si accorse che stava tremando come una foglia. Era stanco e si doveva essere assopito al gelo. Di nuovo, quella stessa sera, era caduto in uno stato iniziale di ipotermia.

Alzò la testa e sorrise a quello che sperava potesse diventare il suo nuovo angelo custode, come era stata Abigail, prima fra tutte le cose, sua unica confidente.

“JJJooo, hooo bb..bbisooognooo ddddi ppp..ppaaarl…” le labbra viola erano gonfie e tumefatte.

“Santo cielo, Henry, vieni dentro. Hai proprio deciso di morire oggi?” esclamò, pentendosi subito dopo di quello che aveva detto. Non era carino dire una cosa del genere ad un uomo a cui nella stessa sera avevano sparato e che poi aveva avuto l’ardire di fare anche un tuffo nell’Hudson ghiacciato.

Il dottore seguì dentro casa la detective che cercò di scaldarlo come poteva. Tolse il piumone dal suo letto, non avendone un altro, e lo coprì.

Henry ispirò a lungo quell’odore che proveniva dalla coperta, l’odore di Jo.

Solo per quello già si sentiva meglio anche se continuava a tremare come una foglia.

Jo aveva acceso il bollitore elettrico per preparare una tisana calda e, in attesa che l’infuso fosse pronto, cominciò a sfregargli le braccia, il petto e le gambe. Non vedendo la situazione migliorare lo aiutò  a togliersi il cappotto e i vestiti umidi, si spogliò lei stessa, andandosi a mettere una maglietta oversize, e si sdraiò sul divano accanto al lui, infilandosi sotto il piumone.

Sperava di riuscire a fargli riprendere una temperatura accettabile con il calore del suo corpo.

 

 

Angolo di Monica

Ci siamo, questa volta Henry non potrà sottrarsi dal confronto con Jo, sempre che riesca a sopravvivere al gelo ;-)

Invece Kate e Rick trascorrono chiacchierando qualche ora sul divano davanti alla presenza discreta di Martha. Il confronto tra i due è chiaro… la razionalità di Kate vacilla a tal punto che lei pensa che questa volta, per la prima volta, ha ragione Castle e non c’è una spiegazione razionale per tutto. Rick invece è certo che prima o poi la verità uscirà fuori dando ragione alla logica di Kate.

Siete pronti a vedere come si evolverà la questione?

Siamo agli sgoccioli.

Stay Tuned!

 

  
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