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Autore: wheezayne    21/05/2015    5 recensioni
“Lo stadio successivo è quello di rendervi ancora più forti, più veloci, più resistenti al dolore. Dobbiamo farlo in fretta, il tempo stringe e la minaccia è vicina” deglutì, a nessuno sfuggì quella leggera preoccupazione velata nel suo sguardo. Aveano paura anche loro, Harry non poté fare a meno di notarlo e farsi avanti. “Contro chi combatteremo?” chiese. Tutti si voltarono a guardarlo, Zayn aveva il solito sguardo impassibile mentre Liam spalancò leggermente le labbra. Harry era già un guerriero, Louis lo aveva capito sin dal primo momento, sin dalla prima crisi sotto siero. “Ci sono diverse cellule sparse per il mondo. Esseri uguali a noi che si fondono fra gli uomini ed attendono il momento giusto per farci tutti fuori” lo guardò negli occhi, come se quelle parole servissero da incoraggiamento.
● Larry / ● Twins!AU / ● Accenni William x Marcel / ● 35K
Genere: Azione, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Violenza
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Il dolore alla testa era così forte da farlo gemere. Si premette una mano sulla fronte e la voglia di rimettere gli si fece spazio nella gola, prepotente e bruciante. Aveva un forte desiderio di prendersi a pugni fino a che il dolore non fosse svanito o fosse svenuto. Solo in quel modo sarebbe stato capace di sopravvivere a ciò che stava passando. Il sangue gli ribollì nelle vene, come se stesse scorrendo fuoco anziché sangue. Bruciava. Bruciava tutto. Si rese conto di avere il corpo a pezzi, la testa pesante e gli arti morti. Muoversi sembrava impossibile. Ed era sicuro di riuscire persino a sentire delle strane voci, voci che gli sembrava di conoscere. Qualcuno lo stava chiamando, solo che non aveva idea di chi fosse e cosa volesse. Era agonizzante e nessuno lo stava aiutando.

La sua mente iniziava a ribellarsi. Iniziava ad essere nervoso, tutto ciò che avrebbe voluto fare era alzarsi ed attenuare quel bruciore costante. Ma la testa iniziò a pizzicargli come se fosse stato colpito da milioni di aghi miliardi di volte. Grugnì – o almeno a lui sembrò farlo – e pregò mentalmente che tutto quel dolore venisse spazzato via. Se dalla sua morte o dalla sua ripresa non aveva importanza. Desiderava solamente che il dolore finisse. “Harry!” lo sentì più chiaramente adesso. Era l'urlo disperato di qualcuno da qualche parte. Lo ripeté così tante volte che avrebbe voluto urlargli di starsene zitto. Avvertì una scarica di energia lungo la schiena e si inarcò, colpito da un profondo dolore. Riuscì a muovere le dita, richiamato ancora da quella voce. “Harry!Harry, ti prego! So che puoi farcela, Harry!” piangeva. Poté chiaramente sentire le sue lacrime, come se fossero le sue. Sentì una strana sensazione al petto, un dolore sordo che lo colpì in pieno.

Poi aprì gli occhi.

Una forte luce lo accecò, costringendolo a richiuderli per un paio di secondi. Non riuscì a sentire il suo corpo ancora per un po', poi qualcuno lo incitò. “Sapevo che ce l'avresti fatta” quella voce adesso sembrava sollevata e piena di emozione. Harry ebbe appena la forza di voltarsi su un fianco e di aprire nuovamente gli occhi, così lentamente da ferirsi. Bruciava ancora dentro e le palpebre sembravano pesargli quintali. Quando mise a fuoco, tutto ciò che aveva davanti erano delle sbarre. Grigie, ferree e rigide. Gli mancò il respiro per un attimo, avvertendo ancora quella sorta di scossa alla schiena ed una forte sensazione al petto. Riconobbe qualcuno, ne riconobbe la voce ma non riuscì a dargli un nome. “Alzati!” gli ordinò qualcuno. Prese possesso della sua visuale e sentì ancora una volta la voglia di vomitare. Aveva lo sguardo minaccioso, la posa rigida e portava degli anfibi neri. Era bello, pensò. Ma sembrava davvero cattivo. Notò solamente poco dopo il fucile che portava sulla spalla. Aveva lo sguardo ghiacciato di chi non sa perdonare. “Harry Styles, Soggetto 03659, alzati immediatamente” disse nuovamente, la voce dura ed imponente. Harry sentì una scossa al basso ventre. Strinse le mani in due pugni stretti e finalmente percepì il suo corpo. La rabbia gli entrò in circolo attivando i suoi muscoli. Si alzò sulle ginocchia e deglutì, avvertendo un insolito amaro in bocca. Guardandosi finalmente intorno riuscì a scorgere un'infinità di … gabbie? Erano in gabbia come degli animali? Posò lo sguardo curioso sulle pareti spoglie, tinte di uno sporco bianco e poi sui volti spenti e piangenti dei ragazzi chiusi dentro.

Poi notò la sua dolce metà.

“Marcel...” sibilò più a se stesso che a quello stupido ragazzo prepotente che aveva di fronte. “Harry Styles, non te lo ripeterò un'altra volta. In piedi!” gli urlò contro. Tutti rimasero col fiato sospeso quando il giovane gli puntò il fucile addosso. Gemette dentro ma mantenne il suo sguardo fiero, provò a non farsi spaventare. Marcel nella gabbia di fronte gli pregò con lo sguardo di farlo.

Lo fece, solo perché quello sguardo bagnato e preoccupato gli fece sentire dentro delle strane sensazioni di cui non era mai stato in possesso. “Bene” sorrise soddisfatto. “Adesso che anche l'ultimo di voi si è svegliato, posso parlare” dichiarò. Camminò fino a trovarsi nel bel mezzo del corridoio e rimasero tutti nel silenzio più totale. Harry guardò Marcel e sentì il cuore spezzarsi per lui. Gli giurò - mimandoglielo con le labbra – che lo avrebbe portato fuori da quel posto il prima possibile. “Sono Louis Tomlinson, Soggetto 02568. Quello che dovete sapere è che da domani sarete tutti portati ad affrontare test fisici e mentali. Uno per uno” scandì, osservandoli, poggiando una mano sulle sbarre e sorridendogli con fare bastardo. Harry sentì nuovamente la rabbia prendere possesso del suo corpo, ma quando guardò quel ragazzo farsi largo fino alla fine della fila di gabbie poté notare quel particolare che poco prima gli era sfuggito. Era sicuro di non avere le allucinazioni. Quelli dentro le gabbie erano … tutti gemelli. Come lui e Marcel. Tutti ragazzi dallo stesso volto. Chi più spavaldo chi più impaurito. Tutti uguali. Sentì la voglia di parlare, di farsi sentire e dirgliene quattro farsi avanti. Desiderava con tutto se stesso poter scappare da quella gabbia e pestare quel bastardo che li osservava come se fossero delle scimmie allo zoo. Strinse così tanto le mani alle sbarre da far sbiancare le nocche, il tic all'occhio così potente da far vedere tutto sfocato. “Harry” lo richiamò con un sussurro il fratello. Lo guardò appena, riconoscendo quei tratti a cui era abituato a vedersi ogni mattina. “Non farlo” mimò con le labbra, Harry osservò il suo gemello mordersi le labbra con fare esageratamente violento. Notò come i suoi vestiti fossero sgualciti ed i suoi occhiali da vista distrutti. Aveva un graffio appena sopra l'occhio sinistro ed un rivolo di sangue secco sulla tempia. Per quanto tempo era rimasto in quello stato incosciente? Quanto tempo era passato? “Louis, smettila di essere così duro” lo rimproverò una voce. Harry corse ad osservarsi intorno, notando un ragazzo esattamente identico a quella guardia bisbetica. Solo il taglio di capelli li distingueva. Quel Louis li portava sollevati in una cresta, quasi a voler simboleggiare chi comandava lì, invece il suo gemello li aveva schiacciati mollemente sulla testa e sulla fronte. Incrociò lo sguardo di Marcel e notò come stesse guardando quel tipo. “William, non intrometterti” lo rimproverò severo. Il ragazzo sbuffò e si richiuse la porta alle spalle, non prima di aver sorriso verso Marcel. Cosa si era perso? Perché sembravano conoscersi? Perché erano lì? Perché proprio loro? Numerose domande si affollarono nella sua testa, così tante da fargli venire un tremendo capogiro. Si tenne la testa fra le mani e crollò sulle ginocchia, percependo ancora una volta quel terribile dolore alla testa, come di aghi fastidiosi. “Che mi avete fatto?! Che mi avete fatto?!” urlò in preda al panico e al dolore. Serrò così tanto i denti da temere che si potessero spezzare o che potesse rompersi la mascella. “Cazzo” borbottò Louis. Tutti si allarmarono in meno di qualche secondo e le guardie, vestite esattamente come Louis, fecero irruzione dentro puntando i fucili contro le gabbie. “William! Cazzo, William!” Louis aprì la gabbia con mani tremanti e si avvicinò ad Harry, il gemello si catapultò immediatamente dentro, sbattendo le ciglia incredulo. “Che sta succedendo?” domandò in ansia. Quando si ritrovò un Harry tremolante si allarmò, il siero non doveva aver avuto effetto. “Dimmelo tu, William. Non possiamo perderne ancora!” ringhiò contro il ragazzo. William lo guardò male ed Harry avrebbe voluto chiedergli che cosa stava dicendo, ma non ne aveva le forze ed il dolore iniziava ad annullarlo. “Non sta funzionando” mugolò con la gola secca, ci fu uno strano silenzio dentro quel grosso spazio. Tutti avevano il fiato sospeso, persino Marcel. Aveva urlato abbastanza e adesso aveva il cuore a pezzi e le sensazioni di disagio di Harry si fusero alle sue. Condivise il suo dolore, ma lievemente. Come ricevere dei pizzicotti sulle braccia. “Devi fare qualcosa, non possiamo permettercelo!” gli urlò contro Louis, spintonandolo. William rimase un attimo a fissarlo con gli occhi sgranati, poi estrasse una siringa dalla tasca. Louis non volle chiedergli nemmeno cosa fosse, tacque aspettando che facesse qualcosa. Tolse il cappuccio ma non fece in tempo. Harry chiuse gli occhi e per lui il mondo tacque, assieme al dolore.

 

-

 

Il suo corpo era una fonte infinita di energia. Era sicuro di averne abbastanza da muovere un dito o la testa, abbastanza da aprire gli occhi e dimostrare a chi stava in quella stanza a discutere da ore di cose a lui sconosciute che era vivo e che ce l'avrebbe fatta, sempre. Nonostante avvertisse ancora un leggero dolore alla testa e gli arti inermi, abbandonati, sentiva di stare meglio. Rimaneva aggrappato a quella piccola fonte di energia, liberandola piano piano, lasciandola espandersi per tutto il corpo. Non l'avrebbe data vinta a quei pazzi squilibrati che li avevano rinchiusi lì dentro. Si sarebbe ribellato e se fosse stato necessario li avrebbe eliminati tutti pur di uscire da quel posto e portare Marcel al sicuro. Fu il pensiero di suo fratello a fargli spalancare gli occhi. Un rumore fastidioso prese posto ai suoni ovattati di quelle voci e capì di essere attaccato ad una sorta di macchinario. Stavano controllando i suoi parametri. “Sta avendo un'altra crisi?” domandò una voce. Harry la catalogò come quella della guardia del cazzo che avrebbe ucciso per prima. Un'altra?, pensò poi. Da quanto tempo era incosciente? E cosa gli stavano facendo? Il battito già di per sé frenetico del suo cuore continuò ad aumentare, il respiro gli si incastrò in gola. “Harry? Sei sveglio? Devi calmarti, sei al sicuro” quelle parole gli fecero sbarrare gli occhi. Improvvisamente il suo cuore ricominciò a decelerare i battiti. Quella voce era rassicurante, era dolce ed era infinitamente buona. Quando si voltò nella sua direzione, scorse un paio di occhi azzurri ed un sorriso enorme sul viso. Sembrava un ragazzino di appena 18 anni, ma Harry non poté giurarci. “Ciao” gli sbatté le ciglia ed Harry non osò rispondergli. Rimaneva comunque un pazzo. Gentile, ma era pazzo. “Come ti senti?” riprovò. Niente, ancora silenzio. Harry voltò il viso verso l'alto ed osservò quel soffitto troppo alto per essere solo un ospedale. “Dove siamo?” domandò invece, credendo di poter estorcere qualcosa a quello che sembrava il gemello buono. Dall'altro lato della stanza udì un grugnito ed un rumore, come di utensili sbattuti ripetutamente contro un mobile in metallo. “Harry, ti ricordi cosa ti è successo?” riprovò il ragazzo. Gli si affiancò al letto, sorridendogli gentilmente. Non c'era dubbio, Marcel doveva aver riposto molta fiducia in quel sorriso d'Angelo. Ma il riccio non si sarebbe fatto ingannare molto facilmente. Sapeva che sotto quella scorza da buono si nascondesse il peggiore dei mali. O almeno, era questo che continuò a ripetersi. “Sì” mugolò comunque, sospirando poco dopo. Cercò di tirarsi su, ma con scarsi risultati. Aveva le mani legate contro il letto e degli aghi conficcati alle braccia. Mugolò di dolore e fu costretto a ristendersi ed a chiudere gli occhi per fa passare la sensazione di vomito improvvisa. “So cosa senti Harry, mi dispiace davvero tanto. Vorrei poter fare qualcosa, ma non ho ancora scoperto il modo. Ci siamo passati tutti qui” alzò le spalle come se non fosse nulla ed Harry s'infuriò. Possibile che reagisse in maniera passiva? Lo stava prendendo in giro o avevano fatto la stessa cosa anche a lui? “Will, chiudi la bocca” lo ammonì lo stronzo. Harry sentì la rabbia crescere e senza capirne il motivo, si voltò a guardarlo, sfidandolo con lo sguardo. Allargò le narici e respirò più velocemente quando scorse il sorrisetto compiaciuto dell'idiota. “Ti spacco la faccia, pezzo di merda” strattonò le cinghie strette ai polsi e digrignò i denti, senza nessun risultato. William scosse la testa e guardò male Louis, chiedendogli di uscire fuori dalla stanza. “Adesso ascoltami Harry” fece con gentilezza. Harry lo guardò e sentì per un attimo la rabbia venire meno. “Adesso ti libero, va bene? Ma devi promettermi che te ne starai buono qui dentro. Là fuori è pieno di guardie pronte a farti a pezzi” lo sguardo severo e duro gli ricordò quello di Louis e annuì senza battere ciglio. Tutto pur di farsi togliere quelle maledette cinghie dai polsi. Il ragazzino annuì con un sorriso e lo liberò dalle cinghie e dagli aghi. Harry si sedette sul letto ed avvertì numerosi capogiri venire a galla, portandolo a chiudere gli occhi. “Adesso passa” lo rassicurò. Harry alzò lo sguardo e gli parve di vedere quattro William, sbatté le palpebre un paio di volte fino a che non tornò a vedere. “Sei stato l'unico ad avere avuto più di quattro crisi ed essere sopravvissuto comunque”, beh quella non era proprio una grande rassicurazione, o una cosa di cui andare fieri. Harry sentì l'orrore celato in quelle parole e fece una smorfia, che rattristò anche William. “Non posso dirti altro, solo che adesso verrai portato nella tua stanza e domani iniziare il tuo allenamento” dichiarò. Non ebbe il tempo di chiedere la qualsiasi cosa o fare appello alle sue forze per scappare dalla stanza che Louis fece irruzione assieme ad altri tre energumeni, portandolo di forza fuori da quella enorme stanza bianca e asettica. “Lasciatemi!” urlò dimenandosi. “Dov'è Marcel?” chiese cercando di non farsi prendere dal panico. Quelle persone non gli avrebbero mai dato delle risposte. Qualsiasi domanda sarebbe rimasta tale, ed i dubbi e la confusione aumentavano di secondo in secondo. “Harry Edward Styles, Soggetto 03659, Reparto B” urlò qualcuno. Non fu sicuro da dove provenisse esattamente quella voce, ma sentì chiaramente la voce sprezzante e intrisa di odio al suo orecchio. “Vedi di collaborare” avvertì un brivido lungo la schiena e gli diede una gomitata sul costato, facendolo gemere. Notò lo sguardo di ghiaccio dell'altro intingersi dell'odio più pericoloso. E fu un attimo. Uno solo, in cui Louis strappò Harry dalle mani delle guardie e lo afferrasse per il collo. “Fallo un'altra volta e ti faccio saltare la testa” lo minacciò, costringendolo al muro. “Louis, dobbiamo portarlo in camera. Calmati” lo ammonì qualcuno alle sue spalle. Harry lo guardò senza fiato, poi sentì la presa allentarsi e l'aria tornare a circolare. Lo strattonarono ancora una volta, fino a che non venne portato via da quelle mani piccole ma forti e quello sguardo troppo glaciale.

Una volta nella sua camera, notò un letto in un angolo, un attrezzo da palestra ed una scrivania. Sembrava quasi il rifugio di un adolescente, un moto di rabbia e frustrazione gli fecero prendere a pugni le mura color azzurro. “Vaffanculo” sbottò colpendolo ripetute volte. Solo qualche attimo dopo si accorse di averlo crepato. Spalancò le labbra e si tenne la mano stretta al petto. Quello era incredibile.

 

-

Non c'era stato nessun bisogno che una stupida guardia lo svegliasse, perché Harry non era stato capace di chiudere occhio per tutta la notte. Aveva le mani attaccate alle sbarre, il viso contratto e delle grosse occhiaie. “Ah, sei già sveglio. Complimenti” ed Harry colpì le sbarre con una forza incredibile non appena lo riconobbe. Come faceva ad essere così impeccabile anche a quell'orario? Portava una maglia nera ed una giacca di pelle, dei pantaloni neri stretti ed i soliti anfibi. “Figlio di puttana” digrignò i denti trattenendosi dallo sputargli in faccia. Era sicuro di non voler finire contro un muro nuovamente, questa volta non c'era nessuno che lo avrebbe fermato dall'ammazzarlo di botte. “Calmati Styles. Adesso apro e ti metterai in fila, assieme a tutti gli altri. Basta che facciate una sola stronzata e la camera sarà riempita di gas” non disse nulla, lo guardò ridere divertito e poi seguì le sue mani aprirgli quella stupida gabbia. Gli fece l'occhiolino ed Harry venne fuori con un balzo. Fece un passo avanti, ritrovandosi faccia a faccia con quel bastardo e gli bisbigliò contro la bocca. “Non ho idea di cosa vogliate farci, ma io ve la farò pagare” guardò oltre le sue spalle e corse in fila. Scorse Marcel e gli corse incontro abbracciandolo stretto. Era stato strano. Non era abituato a non vederlo per così tanto tempo. Aveva un forte bisogno del suo gemello. E adesso, l'uno fra le braccia dell'altro si sentirono finalmente completi. “Stai bene? Ti hanno fatto qualcosa?” domandò frenetico, toccandogli il viso scarno, così strano senza i suoi occhiali. “Sì, tu stai bene? Che hai fatto alla mano? E cosa ti è successo?” aveva le lacrime agli occhi, Harry poté leggervi dentro tutta la paura e l'angoscia. Sentì una strana sensazione al petto, come se il suo dolore si stesse propagando nel suo corpo. Lo abbracciò ancora, prima di essere spintonato da Louis, con un sorriso bastardo. “Coraggio, proseguite in fila indiana. Non opponetevi” nessuno disse una parola. A testa bassa, tutti si posizionarono in fila, attendendo chissà cosa, all'inizio del tunnel. Harry venne invaso dalla rabbia, tutti quegli imbecilli sembravano morire di paura. Erano incapaci di reagire, troppo spaventati da chissà cosa. Anche Harry lo era, ma avrebbe sfidato la sorte pur di non farsi trattare in quel modo. Si chiese come facessero a restarsene in silenzio, chiuse più volte le mani a pugno, sentendo la canna del fucile contro la schiena. Louis era un bastardo, e sembrava avercela con lui. “Cosa ci state facendo? E abbassa quella cazzo di pistola, codardo” Louis a quelle parole gliela spinse contro, facendolo mugolare. “Chiudi la bocca, saprai tutto a tempo debito”. Harry grugnì ma non seppe che altro dire, e rifletté su come potesse evadere. Suo fratello se ne stava davanti a lui con la testa bassa ed un silenzio strano. Lo vedeva di tanto in tanto sussultare alle voci di chi stava davanti. Era terrorizzato, ed Harry iniziava a pensare che gli fosse successo qualcosa di brutto. Il solo pensiero che lo avessero toccato gli faceva nascere dentro un forte desiderio di vendetta.

Quando si accorse di essere arrivato davanti ad un grosso portone, notò William con in mano un arnese che sembrava tanto una sparachiodi, e rabbrividì. Scattò in avanti per evitare che facesse del male a Marcel, ma Louis lo anticipò, ponendoglisi di fonte con un sorriso saccente e quel maledetto fucile puntato al petto. “Styles, devi sapere che se non ti ho ancora sparato è perché sei troppo prezioso” gli rivelò inclinando il capo da un lato, con fare quasi divertente. “Solo che, se solo farai qualcosa che non piacerà, non esiterò un solo attimo a ferirti” detto quello, gli sorrise e tornò dietro di lui, spintonandolo in avanti. Sentì Marcel mugolare di dolore e guardò davanti a lui. William lo stava aspettando con un sorriso dolce sulle labbra. Perché Louis sembrava non avere nessun aspetto di quel ragazzino? “Sarà solo una piccola puntura, vieni avanti” lo spronò. Non si mosse, ma Louis lo spinse con poca delicatezza, facendolo incazzare. Si sarebbe volentieri voltato e sferrato un pugno su quel faccino d'angelo, ma rimase immobile di fronte il gemello. Gli avvicinò quella macchina infernale al collo e digrignò i denti, osservando delle guardie alle sue spalle pronte a far fuoco. C'era davvero poco che potesse fare, se non lasciargli poggiare quella macchina. E quando lo fece, avvertì un grosso dolore al collo e poi dei brividi freddi scorrergli dentro. “Che cos'è?” domandò massaggiandosi la parte lesa. Louis lo spintonò, ma era deciso ad avere una risposta. William guardò alle sue spalle e quel bastardo parve smetterla. “Sei l'unico coraggioso che continua a rispondere e fare domande” sorrise candido, prima di mordicchiarsi il labbro. Harry voleva sapere, non gli fregava assolutamente nulla degli altri. “E' solo un sensore. Rileva le vostre posizioni, in modo da non perdervi di vista e trovarvi in caso qualcuno di voi riesca a scappare” quella spiegazione bastò a farlo fremere. Assurdo. Rinchiusi come bestie e poi controllati. Erano dei prigionieri a tutti gli effetti. Louis a quel punto sbuffò e spintonò Harry, dando una spallata persino al suo gemello. Proseguirono il loro percorso nel silenzio più assoluto. Lo sguardo di Marcel si faceva presente di tanto in tanto, come a volerlo rassicurare. Ed Harry si sentì stupido, perché stava morendo di paura almeno tanto quanto lui ma non era capace di dargli conforto come stava facendo il suo gemello. “Okay, avete un'ora di tempo, mangiate e rimettetevi in forze. Vi raggiungerò dopo” ordinò Louis. Harry lo guardò con disprezzo e quest'ultimo gli passò accanto, mordendosi il labbro divertito. “Bastardo” gli mugolò contro, lo sguardo accecato dall'odio più puro. Louis si fermò qualche istante, avvicinandosi a lui, così tanto da sfiorargli il lobo con le labbra. “Non hai ancora conosciuto i veri bastardi” il fiato caldo gli sbatté contro il collo. Lo guardò chiudersi la porta di quella che sembrava una mensa alle spalle e respirò forte.

 

Un'ora più tardi, Louis e altre quattro guardie fecero irruzione dentro la mensa, ordinandogli di mettersi tutti su una fila, di fronte a loro. “Bene, tutti quelli del Reparto A seguano Zayn Malik, Soggetto 02556; tutti quelli del Reparto B vengano con me” si alzò un brusio all'interno di quella sala. Harry si accorse della targhetta sulla camicia azzurra che non ricordava di avere prima, rendendosi conto di dover seguire il bastardo. “Sei con me, vero?” chiese quasi terrorizzato. Marcel scosse la testa e gli mostrò il cartellino attaccato. Lui faceva parte del Reparto A. Strinse i pugni facendo un passo avanti, uscendo dalla riga, facendo scattare le guardie. Gli puntarono quattro fucili addosso, tutti tranne uno. “Che c'è Styles, qualcosa non va?” lo provocò. Avrebbe voluto dirgli che molto probabilmente non andava nulla, che tutto faceva schifo e che loro venivano trattati come prigionieri o animali. Gli avrebbe piantato un pugno su quella stupida mascella, gli avrebbe tolto il sorriso e poi gli avrebbe piantato una cartuccia in fronte. Ma rimase in silenzio, facendo un passo indietro. Si rese conto che avrebbe potuto compromettere tutto e mettere a rischio suo fratello. Non aveva idea di cosa fossero quei reparti, ma sperò bene che Marcel si trovasse in un posto migliore. Louis rise quando lo vide indietreggiare, ma non aggiunse nient'altro. Si divisero immediatamente, seguendo quelle due guardie. Zayn sembrava diverso. Non era arrogante e pieno di sé come lo era Louis. Aveva lo sguardo duro e severo, ma sembrava piuttosto serio e non aveva nessuna intenzione di prendersi gioco di tutti loro. Fu felice che Marcel non dovesse sottostare a Louis. “Vi starete chiedendo cosa sono i Reparti A e B, giusto?” nessuno fiatò, Harry si trattenne a stento dal mandarlo a fanculo. “Il Reparto A si occupa dell'informatica, della genetica, medicina, matematica e tante altre cose da sapientoni” sorrise abbassando un po' lo sguardo, come se stesse ricordando qualcosa in particolare. “Il Reparto B, ovvero il nostro, si occupa del corpo a corpo. Addestramento con le armi e potenziamenti di ogni genere. Io e Liam Payne, Soggetto 02557 ci occuperemo di voi” detto quello, spalancò le porte di quello che sembrava un enorme campo. Sembravano trovarsi in una base militare, e probabilmente doveva essere davvero così. Harry non riuscì a pensare lucidamente. Non riuscì a spiegarsi del perché li avessero rapiti, tenuti prigionieri come animali e poi fatti addestrare come dei soldati. Proprio non capiva. “Avete bisogno di un esercito?” la voce di Harry si alzò dal brusio, un piccolo varco si aprì ai suoi lati e Louis inclinò il capo da un lato facendogli un sorriso. “Esatto, vedo che sei anche molto intelligente oltre che forte” Harry storse il muso a quei complimenti. Quello che doveva essere Liam Payne, gli fece cenno di avvicinarsi fino a che non furono fuori. Faceva caldo, il terreno sembrava molto arido e l'aria umida. “Sei qui solo da qualche giorno, sfidi Louis e non ti ha ancora ferito. Sei il suo preferito?” borbottò una voce al suo fianco. Quando si voltò scorse un paio di occhi azzurri, intensi e carichi quasi di dolcezza. Ma uno come lui non sarebbe stato lì se lo fosse stato davvero. Portava una camicia azzurra ed un paio di pantaloni neri, era più basso di qualche spanna ma aveva delle spalle piuttosto larghe. “Da quanto tempo sei qui?” gli chiese spontaneamente. Il ragazzo dai capelli castani alzò un sopracciglio ed incrociò le braccia. “Non lo so, qualche mese?” fece, Harry poté capirlo dai suoi muscoli contratti. “Perché siamo qui?” la curiosità era troppa e magari uno come lui, che aveva vissuto gli ultimi mesi della sua vita rinchiuso lì dentro avrebbe potuto rispondere alle sue domande. Ma sorprendentemente il ragazzo rise e gli tese la mano. “Jared Horan, Soggetto 03487, l'ultimo che ha risposto a questa domanda è stato ferito al braccio per ben due volte. Sta zitto, te ne parleranno presto, Harry” ed il modo in cui pronunciò il suo nome gli fece capire che delle presentazioni non fosse necessario e che probabilmente dovevano conoscerlo tutti lì dentro, ormai. Sbuffò allargando le narici dalla rabbia, sospingendolo per una spalla facendosi avanti. “Il vostro allenamento ha inizio ragazzi. Quello che posso dirvi è che siete qui perché è necessario per il bene di tutti, quindi non fate domande. Vi diremo tutto con calma. Iniziamo, 20 giri di campo, ora!” il primo a scattare fu proprio Jared che venne raggiunto immediatamente da una ragazza. Ed Harry sgranò gli occhi. Possibile che facessero questo anche alle donne. Era così disgustato che tutti quelli attorno a lui svanirono, nonostante le spallate che si beccò. “Ragazzino, muovi quel tuo bel culo” lo intimò Louis, improvvisamente al suo fianco. Harry si tese ed avvertì tutti i muscoli protestare. Aveva davvero un gran bisogno di sferrargli un pugno in faccia, liberarsi di quella rabbia contro di lui. Ma tutto ciò che fece fu iniziare a correre, quando pensò a Marcel sorrise, perché almeno lui non avrebbe sofferto. Lui sarebbe stato bene.

 

“Zayn, lascialo in pace” lo sguardo duro ed i lineamenti contratti da una smorfia. Il moro in questione alzò un sopracciglio con fare quasi scandalizzato, rimase in silenzio ad osservarlo. “E' il tuo preferito, la tua cotta, il tuo fidanzato o...” gli chiese alla fine. William si drizzò sulla schiena e gli si fece più vicino, fino a che non furono talmente vicini da sfiorarsi quasi. “Zayn, qui dentro comando tanto quanto te, adesso smettila” gli ordinò. Il moro sospirò, e per un attimo gli venne in mente Louis. Dopotutto rimanevano pur sempre gemelli. Che William avesse un animo nobile e gentile non era una novità, ma vederlo accendersi di rabbia era strano. Quello lo era. Lo guardò ancora per qualche secondo, alla fine lo sorpassò raggiungendo Marcel, con una mano sulla bocca come a volersi nascondere. Lo stavano fissando tutti. “Mi dispiace che ti abbia umiliato in quel modo, vedrai che al contrario di quanto dice Zayn, passerai il test” gli poggiò una mano sulla spalla e provò ad incoraggiarlo con un sorriso. Qualche secondo prima Zayn lo aveva rimproverato ed umiliato di fronte a tutti, facendogli credere di non valere nulla. “Magari ha ragione” bisbigliò. Zayn richiamò tutti all'attenzione, e quei ragazzi seduti ai banchi smisero di osservarlo per poter prestare attenzione al moro. Ma non Marcel, lui stava ancora guardando William. “Non ne ha, se sei qui è perché sei importante per noi, per loro e per il mondo”, Marcel non capì cosa intendesse. Ma lui non era Harry e non sentiva l'incessante bisogno di chiedersi perché, di chiedere loro per quale motivo fossero lì. “Perché mi tratti bene?” chiese invece, spinto dallo sguardo dolce del ragazzo dagli occhi azzurri. William sbatté le palpebre un paio di secondi prima di mettere un po' di distanza fra loro. “Non ho mai trattato male nessuno, nessuno lo merita e tu non sei da meno” rispose. A Marcel scoppiò un po' il cuore ma non fu capace di dire altro, preso in contropiede dalla leggera delusione velata. Abbassò subito dopo lo sguardo sul foglio e sulla matita poggiati accuratamente sul banco. “Grazie per avermi raggiunto Tomlinson” pronunciò Zayn. Marcel li guardò, o meglio, guardò William e rimase a labbra quasi spalancate quando lo sentì parlare. C'era qualcosa di affascinante in tutto quello. Probabilmente la chimica non era mai stata così piacevole come in quel momento.

 

-

 

“Marcel!” urlò Harry non appena lo vide in fondo alla stanza. Il ragazzino sbatté le ciglia e lo raggiunse in fretta, lanciandosi subito dopo fra le sue braccia. Il loro legame era troppo intenso, ed il respiro tornò regolare dopo essersi finalmente ricongiunti. Era strano per loro, una sola notte lontani li affaticava quasi, la sensazione di disagio era terribile per entrambi. “Che cosa ti è successo?” Harry si leccò le labbra a quella domanda. Gettò lo sguardo davanti a sé e sospirò. “Niente, non ti preoccupare” gli fece sapere comunque. Ma al suo gemello sembrò non bastare. Lo afferrò per le guance e le loro fronti si giunsero immediatamente. “Harry, ti hanno fatto del male? Dimmelo, per favore” e la sua supplica era quasi straziante. Harry chiuse gli occhi e respirò. Nessuno di loro si curò dell'intera flotta di gemelli attorno a loro. Avevano bisogno del loro momento di privacy. “E' solo... ci alleniamo molto, e duramente” gli confessò. Era passato solo un giorno e stava già per impazzire. Marcel non poté dire lo stesso, perché quelle lezioni di teoria e pratica sembravano piacevoli. La voce di William lo era e -a malincuore – anche quella di Zayn. Sembravano possedere davvero delle capacità elevate, un quoziente intellettivo davvero alto per essere solo dei ragazzi. “Che cosa?” domandò un po' sorpreso. Harry si rese conto che, nel Reparto A, non dovevano avergli detto molto del Reparto B. Respirò mordicchiandosi le labbra prima di guardarlo negli occhi. “Non vi hanno detto niente del nostro Reparto?” domandò. Marcel scosse la testa in risposta. “Ci allenano, corpo a corpo al momento. Successivamente avremo delle sessioni diverse. Ci impareranno a sparare, ad usare i fucili più complessi e tante altre cose di cui non ho preso appunti” sghignazzò un po', alla fine si sentì strattonato. Si voltò di scatto scorgendo il viso arcigno e lo sguardo derisorio di Louis. “Fratelli Styles, non è il momento di amoreggiare”. Harry digrignò i denti e lo fronteggiò. Louis non smise un solo secondo di osservarlo con fare divertito. Era ovvio ad entrambi che Louis fosse il più forte e che Harry non avesse alcuna chance di vincere. Poi si allontanò improvvisamente, lasciandosi Harry e Marcel alle spalle. “Siete qui perché a breve terrete un incontro con uno dei nostri migliori dottori, esami del vostro DNA” nessuno osò fiatare quando il primo venne richiamato in una stanza. Marcel strinse la mano di Harry ed entrambi rimasero in silenzio. Louis fissò tutti negli occhi da lontano, incrociando lo sguardo di Harry. Duro e resistente. Ridacchiò prima di alzare un sopracciglio e fargli un occhiolino. Harry fremette sul posto, di rabbia, e mollò la mano di Marcel. Si appoggiò contro il muro per quella che era ormai più di un'ora, in attesa che arrivasse il loro turno e la smettessero di giocare in quel modo. La stanza era ormai quasi mezza vuota, nessuno di loro usciva dalla stessa porta da cui venivano fatti entrare, ed Harry sentì una strana irritazione nello stomaco. Nessuno aveva idea di come uscissero da là dentro. “Marcel Styles” chiamò qualcuno. Harry s'irrigidì perché non avrebbe più saputo nulla di suo fratello. Probabilmente fino al giorno successivo. L'unico momento che passavano insieme era a colazione, questo lo avevano chiarito espressamente. Per Harry e Marcel quella lontananza era come essere privati di un organo. Era strano, tutto quello non gli era mai successo e adesso sembravano non poter vivere l'uno senza l'altro. Harry rimase immobile contro il muro, fissando la porta quasi come se farlo potesse permettergli di vederci attraverso o quantomeno sentire ciò che stava succedendo. Provò a rilassarsi ma fu del tutto inutile, perché mezz'ora dopo fu il suo turno. “Styles, muoviti” lo ammonì Louis. “Ci sono almeno altri venti gemelli dopo di te” Harry grugnì e con uno strattone si liberò della sua presa e si fece avanti. Quando entrò nella stanza fu quasi ferito agli occhi. Quella stanza era troppo bianca e quelle luci maledettamente forti. La prima cosa che fece fu imprecare e nascondere gli occhi, successivamente li aprì con lentezza per poter osservare meglio dove si trovava. Sembrava la stessa sala da cui era uscito due giorni prima. William Tomlinson l'aspettava con un sorriso dall'altro lato della stanza. Fu quasi un sollievo scoprirlo. Marcel stava sicuramente bene, aveva capito l'interesse che dovevano provare l'uno per l'altro. “Ciao Harry” gli fece un sorriso cordiale e l'invitò a sedersi sul lettino sistemato al centro della stanza. Era parecchio inquietante, ma fare resistenza a William sembrava impossibile. Era davvero troppo gentile per poter essere anche lontanamente il gemello di Louis. “Credo che mio fratello provi interesse per te” disse subito. William, preso in contropiede spalancò le labbra e poi arrossì come una ragazzina. Harry ridacchiò divertito e sentì immediatamente le budella rilassarsi. Chissà come doveva essere stata la loro visita. “Devo farti un prelievo del sangue” borbottò il ragazzo dagli occhi azzurri. Harry sorrise e gli porse il braccio. William ne fu sorpreso ma finse di non esserlo. Gli legò un laccetto di plastica attorno al bicipite e tolse il cappuccio alla siringa. L'odore di alcool prese immediatamente posto nell'aria ed Harry arricciò il naso. Ma non avvertì nemmeno il pizzicore, rimase immobile ad osservare il suo sangue rosso scuro riempire una grossa siringa. “Cosa pensi di trovarci?” domandò osservandosi quasi in trance. Strinse la mano e la rilassò subito dopo, cercando di non far addormentare tutto il braccio. “Dobbiamo solo testare quanto tu sia forte dopo la prima iniezione del siero” si voltò di spalle e lasciò che riempisse le provette del suo sangue. Lo trovò strano che nessuna guardia li stesse tenendo d'occhio, ma doveva esserci di sicuro dell'altro sotto. “Quale siero?” domandò Harry perplesso. Poi ricordò la sensazione delle vene in fiamme e del corpo immobile. Era stato quello a renderlo così debole e dolorante? William si voltò e gli sorrise, un sorriso accondiscendente. Dedusse che dovesse essere il migliore fra tutti loro del Reparto A, e quell'aria da sapientino glielo confermò. “E' una cosa crudele, lo sappiamo. Ma non troviamo ancora il modo di salvarvi tutti” abbassò lo sguardo, e per un attimo gli sembrò di vederlo piangere. Harry rimase in silenzio, quasi completamente sconvolto dalle sue rivelazioni. “Non tutti sopravvivono, forse perché sono troppo deboli o forse perché sbagliamo qualcosa noi” alzò le spalle con fare quasi disinteressato, ma Harry notò tutta la frustrazione ed il peso che doveva portare sulle spalle. “Perché noi? Voglio dire... perché noi gemelli?” riformulò. William alzò lo sguardo e sorrise. Gli sistemò del cotone ed un cerotto sulla vena e poi afferrò lo stetoscopio per auscultare il suo cuore. “Togli la maglia” gli ordinò con gentilezza. No, non c'era nulla di Louis in quel ragazzo. “Sai, noi gemelli siamo speciali. Mai sentito parlare del loro legame? Per esempio, quando Marcel si ferisce, tu non lo percepisci?” domandò, mentre Harry tolse via la maglia e si lasciò auscultare il cuore. Il riccio comunque annuì, ricordandosi di quando Marcel aveva rotto il braccio e delle leggere sensazioni di disagio che aveva avvertito. “Fai un bel respiro” Harry ubbidì, “beh, comunque è per questo motivo. Il nostro legame ci rende molto più forti. Abbiamo provato ad iniettare il siero ad una persona normale, ma non abbiamo ottenuto nessun risultato concreto” Harry deglutì e poi tossì sotto il suo ordine. “Okay, è tutto a posto. Come tuo fratello. Siete due soggetti perfetti” sorrise e rispose così alla sua domanda silenziosa, racchiusa nel suo sguardo di un verde troppo intenso. “Ti prego, proteggilo da qualunque cosa, Will. Promettilo” il ragazzo dagli occhi azzurri si sistemò gli occhiali sul naso e lo guardò con dolcezza. Gli ricordava un po' Louis e la sua eccessiva protezione nei suoi confronti. “Starà bene, ci sono io con lui” gli promise. Harry annuì e si ricompose dopo aver ricevuto altri controlli. Alla bocca, sotto la lingua, sotto le ascelle. “Puoi andare, esci da quella porta. Ti scorteranno al campo” William gli diede le spalle e ritornò a sistemare i suoi documenti e le etichette sulle provette di sangue. Harry lo salutò a mezza voce leggermente frastornato dalla chiacchierata con William ed uscì dalla porta. Ed ovviamente, chi poteva trovarsi davanti se non quello stronzo? “Devi esserci per forza tu?” grugnì infastidito dal suo sorriso. “Oh sì Harry, sarò il tuo peggior incubo”, rise divertito ed Harry rimase interdetto nel sentirlo. Era davvero un suono armonioso. Probabilmente il migliore che avesse mai sentito in vita sua.

 

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Louis li osservò tutti. Ognuno occupato nella propria posizione. “Colpite quel sacco con forza, immaginate di trovarvi davanti la persona che più odiate” gli suggerì. In fondo alla palestra, Harry se ne stava a petto nudo, il fiato corto e una manica della camicia strappata attorcigliata fra i capelli. Immaginò esattamente la sua stupida faccia, immaginò di colpirlo così forte da grugnire ad alta voce. Louis gettò lo sguardo sul suo corpo, osservandolo colpire il sacco con troppa violenza, non aveva ancora capito il modo. “Non così, Styles” lo richiamò. Aveva il fucile sulla spalla e le braccia incrociate al petto. Harry si fermò, si passò il dorso della mano sotto al naso e spazzò via un po' del sudore accumulato. Era stanco, gli sembrava di essere lì da ore. “Vuoi dirci perché dobbiamo allenarci come delle bestie?” digrignò i denti e sentì la vena del collo pulsare e prendere vita. Louis rimase impassibile, le gambe leggermente divaricate all'altezza del bacino e le braccia incrociate. Aveva lo sguardo duro, da militare, da perfetto soldato di piombo. “Ve lo dirò oggi. Intanto, mantieniti dritto e quando colpisci alterna un pugno ad una gomitata” gli fece un cenno con la testa e lo spinse a muoversi. Harry lo guardò con le sopracciglia inarcate e lo sguardo serio, di chi non ammette repliche. Alla fine eseguì ciò che Louis gli aveva consigliato e colpì quel maledetto sacco con tutta la sua forza. Improvvisamente sentì le mani di Louis sul ventre e sussultò. “Ti ho detto di stare dritto” lo rimproverò. Le mani tese sui suoi fianchi, forti e decise. Harry respirò, chiuse gli occhi e poi colpì nuovamente con molta più intenzione. “Esatto, vediamo se hai capito” lo mollò improvvisamente e sentì la pelle bruciargli. Si leccò le labbra e riprese la posizione d'attacco. Era deciso più che mai a non dargliela vinta, a non farsi umiliare. Quando diede il primo pugno avvertì una scossa lungo il braccio, ma fece finta di nulla. C'era qualcosa che sbagliava ma non aveva idea di cosa fosse. “Vieni Harry” lo richiamò Occhi di Ghiaccio. Il riccio storse il naso e si voltò verso di lui, deciso più che mai a sferrargli un pugno in faccia come prova del suo allenamento. “Venite a vedere” Louis richiamò tutti all'attenzione e si trascinò dietro Harry. Aveva lo sguardo perplesso e decisamente incazzato. Perché se il suo scopo era quello di metterlo in ridicolo davanti a tutti sarebbe esploso una volta per tutte, fregandosene delle altre guardie armate in fondo alla palestra. “Okay Harry, poniti di fronte” lo incitò. Harry riconobbe quello sguardo da duro insegnante, e provò a rilassarsi perché sembrava che il ragazzo volesse solo dare una dimostrazione pratica del loro addestramento. “Sapete bene che abbiamo due tecniche, attacco e difesa” snocciolò immediatamente. “La tecnica di attacco include tecniche di Arto Superiore costituite da Pugno, Palmo di Mano e Gomito; le tecniche di Arto Inferiore comprendono Calcio, tecniche di Ginocchio e tecniche di Spezzate” in tutto quello, Louis si era tolto la giacca di pelle -che adesso giaceva ai suoi piedi assieme al suo fucile – mostrandogli alcune delle mosse indicate. Harry rimase di fronte a lui ad osservarlo muoversi con una leggiadria che mai si sarebbe aspettato. “E poi... ci sono tecniche di Proiezione ovvero Atterramenti e Sbilanciamenti dell'avversario” in quel preciso istante, Harry si sentì attaccato da Louis e senza capire come e quando, si ritrovò per terra sotto la sua forte presa. Mugolò di dolore quando sentì il braccio costretto fra le sue cosce. “Come potete vedere” lasciò andare Harry e si rialzò in fretta “su Harry ho applicato la tecnica di Atterraggio e quella di Presa. Quelle di Presa includono Leve, Immobilizzazioni, Soffocamenti o Strangolamenti e Pressioni su punti specifici” pronunciò quelle parole guardando Harry rialzarsi da terra. “E questo è uno Strangolamento” Harry si sentì afferrato per le spalle e quando si voltò Louis gli strinse il braccio attorno al collo, stringendo forte. Si dimenò per liberarsi, ma Louis era troppo forte, così tanto da strattonarlo e successivamente immobilizzarlo. Non ci mise molto a spingerlo in ginocchio e lasciarlo andare definitivamente. Harry tornò a respirare e tutti attorno a lui fissarono prima l'uno e poi l'altro con lo sguardo sbarrato. Louis non scherzava e quando li osservò uno per uno, si accorse della loro paura negli occhi. Fu in quel momento che Harry caricò contro di lui, incazzato nero su quel maledetto trattamento. Ma Louis fu più veloce di lui da immobilizzarlo e spingerlo a terra ancora una volta. Gli tenne un braccio sul collo ed Harry digrignò i denti. “Mai abbassare la guardia” li avvertì. “Okay, alzati Harry. Adesso combattiamo” Louis si rimise sulle proprie gambe e osservò Harry con lo sguardo severo, incitandolo a rialzarsi. Il ragazzo traballò sulle gambe, stanco e completamente sconvolto da ciò che aveva davanti. Era una macchina da guerra, non una persona. “Posizione di difesa” lo spronò. Harry lo fece, convinto più che mai a non dargli nessuna soddisfazione nel vederlo stanco e provato. Si girarono attorno per un po', fino a che non fu proprio Louis ad interrompere quella strana danza in tondo ed attaccare. Lo colpì allo stomaco ed Harry grugnì piegandosi sulle ginocchia. “Attacca! Non pensare al dolore, attacca!” gli urlò contro. Harry sentì gli occhi pizzicare ed il sudore farsi fitto sulla nuca e sulla schiena. Harry si spinse contro di lui con una spalla, ma Louis lo atterrò, piegandogli prima un braccio dietro la schiena. “Sei troppo lento, riprova” lo lasciò andare alla postazione e questo eseguì gli ordini, caricando un pugno che il ragazzo schivò prontamente. Louis lo colpì allo zigomo e gli fece sanguinare il labbro, Harry non si lamentò e portò le mani strette in due pugni davanti al viso, convinto più che mai di difendersi. Riuscì a beccarlo per una volta, sulla spalla, con un pugno ben assestato. Louis sorrise alla sua riuscita non facendosi piegare dal dolore. “Invece, la tecnica di difesa include tecniche di Schivata, di Parata, di Blocco, di Presa, di Assorbimento, di Deviazione, di Caduta a Terra e le stesse Proiezioni e Leve in fase difensiva” spiegò aspettando che Harry facesse un'altra mossa. Non voleva mostrargli davvero di cosa era capace. Aveva paura di fargli male sul serio, e non era giusto. Harry non aveva allenamento e nessun siero era ancora in circolo nelle sue vene, almeno non la seconda dose. Tutti rimasero rapiti dal chiacchiericcio di Louis, osservandolo muoversi come se fosse un pugile professionista sul ring. Harry sentì l'odio crescergli nelle vene. Quello sguardo di sfida e di superiorità gli faceva salire il sangue al cervello. Era certo di odiarlo come non aveva mai odiato niente e nessuno. Non ci pensò due volte a pulirsi il sangue dalle labbra col dorso della mano e caricarlo ancora. Louis si sentì preso alla sprovvista, ma ghignò perfidamente prima di bloccarlo ancora e gettarlo per terra. “Va bene, basta così. Voglio vedere tutti voi all'opera” li guardò negli occhi e tese successivamente la mano ad Harry, per aiutarlo a rialzarsi. “Harry, tu puoi andare. Liam, portalo in infermeria” Harry accettò la sua mano, ma prima che potesse tirarlo su, gli strinse forte le dita attorno al polso e lo scaraventò per terra. Louis lo fulminò con lo sguardo, ma poi sorrise quasi. “Vedo che impari, sapevo che saresti stato l'allievo migliore” gli fece l'occhiolino e si rialzò, afferrando un ragazzo apparentemente gracile dal fondo del gruppo, insegnandogli a colpire. Harry schiuse le labbra e l'osservò. Sbatté le ciglia prima di sentire una voce al suo fianco, “sapevo di avere ragione, sei il suo preferito”. Harry si voltò ad osservare Jared, un sorriso complice sul viso e quello sguardo azzurro divertito. “Andiamo” Liam lo richiamò in fretta, lasciandosi seguire. Harry gettò lo sguardo alle sue spalle e Louis l'osservò per una sola frazione di secondo. Quella distrazione gli fece beccare un pugno sul mento ed Harry rise.

 

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Louis, Liam e Zayn erano in prima linea. Dietro di loro un paio di coppie di gemelli che Harry non conosceva. Marcel era al suo fianco, la mano stretta nella sua, così tanto da far sbiancare le nocche. “So quanto tutto questo possa sembrarvi barbaro. Ma siamo stati costretti a farlo” tutti osservarono Liam parlare. Sembrava il più gentile, nonostante la stazza e la forza fisica. Harry lo aveva visto, aveva notato quanto la sua forza fosse incredibile. “Vi diremo la verità. Siete qui perché abbiamo bisogno di un vero e proprio esercito. Siamo in pericolo, il mondo intero lo è. Noi gemelli abbiamo questo legame l'un con l'altro che ci rafforza grazie all'aiuto del siero. Hanno lavorato duro per accorgersi della forza che scatenava in noi”, Harry notò immediatamente lo sguardo di Liam posarsi alle sue spalle, dove un ragazzo identico a lui gli sorrise. Zayn gli strinse una mano sulla spalla con fare fin troppo affettuoso. “Quello che Liam vuol dirvi è che noi gemelli abbiamo un legame troppo intenso, ed è proprio questo che ci rende più forti. Tutti voi del Reparto B avete una forza adesso che prima veniva repressa, non ve ne siete accorti?” la voce di Louis distrasse tutti. Harry lo guardò, molleggiando da una gamba all'altra, stanco dopo le ore di allenamento. Ma non smise un solo secondo di osservarlo, aveva la solita posa da duro ed il viso completamente riposato, nonostante non lo fosse affatto. Il riccio si sarebbe sempre chiesto come facesse. “Lo stadio successivo è quello di rendervi ancora più forti, più veloci, più resistenti al dolore. Dobbiamo farlo in fretta, il tempo stringe e la minaccia è vicina” deglutì, a nessuno sfuggì quella leggera preoccupazione velata nel suo sguardo. Aveano paura anche loro, Harry non poté fare a meno di notarlo e farsi avanti. “Contro chi combatteremo?” chiese. Tutti si voltarono a guardarlo, Zayn aveva il solito sguardo impassibile mentre Liam spalancò leggermente le labbra. Harry era già un guerriero, Louis lo aveva capito sin dal primo momento, sin dalla prima crisi sotto siero. “Ci sono diverse cellule sparse per il mondo. Esseri uguali a noi che si fondono fra gli uomini ed attendono il momento giusto per farci tutti fuori” lo guardò negli occhi, come se quelle parole servissero da incoraggiamento. Harry allora capì. Capì quante aspettative Louis avesse su di lui, quanta fiducia riponesse nella sua forza. Fremette sul posto nel guardare quell'azzurro fin troppo profondo. “Alieni?” azzardò Marcel. Quasi non saltò nel sentire la voce del fratello al suo fianco. Dischiuse le labbra stupito dalla sua presa di posizione. Dietro Louis, William si mosse poggiando una mano sulla spalla del gemello. Harry lo ringraziò mentalmente, stava davvero proteggendo Marcel. “Chiamateli come vi pare, ma sono forti e sono come noi. Abbiamo scovato una cella a qualche chilometro fuori città e dobbiamo sterminarli tutti. Non abbiamo altra scelta” grugnì Louis. Zayn si pizzicò il ponte del naso prima di intervenire. “Non sarà una passeggiata, dobbiamo essere pronti. Tutti quelli del Reparto A stanno lavorando ad un siero che possa renderci alla pari, ma non abbiamo ancora trovato una soluzione” Liam sospirò guardandolo. Harry percepì della tensione, e quando li vide afferrarsi la mano e stringersi le dita allora capì. Abbassò lo sguardo e respirò. La terra era invasa da esseri come loro che volevano fargli del male. Era finito in un film? Aveva sentito parlare di certi esperimenti, aveva sentito parlare dell'Area 51, degli alieni. Ma non aveva idea che ci fosse anche una sola possibilità che tutto fosse reale. “Avete tutti sentito parlare delle stragi avvenute nel mondo, vero? Tutti quei morti sotterrati dalle macerie, tutte quelle esplosioni e cambiamenti climatici. Ci tengono in pugno e c'è poco che possiamo fare se non ucciderli. In tutto il mondo ci sono altre basi militari come questa, altri gemelli potenti e preparati pronti a scovare cellule di questi esseri. Alcuni ci sono già riusciti, altri li stanno ancora cercando” continuò Liam, il tono concitato e terribilmente spezzato dalla paura. Non aveva alcuna vergogna a mostrarsi terrorizzato. Lo era, fine della storia. Non era come Louis, fiero e valoroso. Era più umano, e tutte quelle emozioni dovevano essere per via dell'amore per Zayn. Era vulnerabile, ma era forte fisicamente. “Noi abbiamo scovato la cellula, stiamo solo aspettando di essere abbastanza forti per attaccare. Abbiamo uno di loro qui segregato, che continua a ripeterci che saremo tutti morti. Lo tengono ancora in vita per studiarlo, per trovare i loro punti deboli e sfruttarli” Louis prese nuovamente la parola e fissò lo sguardo su Harry. Il ragazzo si sentì per un secondo in imbarazzo. Quello sguardo cattivo e derisorio, in realtà era solo uno sguardo pieno di speranza. Uno sguardo che gli chiedeva di metterci tutto se stesso se voleva vivere abbastanza a lungo da avere dei figli e una famiglia. “Come faremo a riconoscerli?” ancora una volta Harry si fece avanti e Louis sorrise. Lo sapeva, leggeva nel suo sguardo la voglia di salvare Marcel ad ogni costo. Leggeva nel suo sguardo la forza di un soldato e la voglia di vincere. “Hanno tutti gli occhi chiari, chi verdi chi blu, ma” si bloccò un solo attimo per poter cercare qualcosa nella sua tasca. Estrasse un telecomando nero e premette un pulsante. Una foto apparve sullo schermo ed Harry trattenne il fiato. Era sicuro di non aver mai visto una persona più bella. Poi si rese conto che fosse un essere malvagio. Aggrottò le sopracciglia quando notò il particolare. Fece per aprire bocca ma Louis lo anticipò facendogli un cenno con la mano. “ Esatto Harry. Questo è il bastardo che abbiamo preso, come vedete ha l'occhio sinistro azzurro e quello destro solo per metà. Quella screziatura rossa che sembra una cosa particolare, in realtà è il loro marchio”, Harry si accigliò un attimo e poi lasciò andare il fiato trattenuto. Ricordò di aver visto quel particolare prima, non aveva idea se dentro la base militare o prima di essere rapito e portato in quel posto. Abbassò lo sguardo e si mordicchiò il labbro. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di scoprire dove e quando aveva visto quell'essere. Louis lo scrutò e quando lo notò aggrottare la fronte capì che dovesse esserci qualcosa che non andava. “Harry, seguimi”.

 

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“Ti leggo in faccia che hai qualcosa da dirmi” Louis lo sovrastò immediatamente. Harry si ritrovò addossato alla porta col corpo del soldato troppo vicino. Deglutì prima di annuire con una meticolosa lentezza. Louis trattenne il fiato, in attesa di sentire ciò che aveva da dirgli. “Ho già visto quegli occhi, non ricordo esattamente dove, ma li ho visti” rispose tutto d'un fiato. Louis abbassò le spalle sotto il suo respiro e lo guardò. Probabilmente era la loro prima conversazione senza litigi e prese in giro. “Qui dentro, Harry?” chiese leggermente allarmato. Louis non aveva idea di quando e come il loro rapporto fosse passato dal ringhiarsi addosso all'allearsi in quel modo. Louis era sicuro dell'odio di Harry, glielo aveva letto negli occhi sin dal principio. “Non lo so, non riesco a ricordare” mormorò sovrappensiero. Louis sbatté le palpebre e si avvicinò. Probabilmente, se fosse stato qualcun altro avrebbe dato già in escandescenza, perché incapace di dargli delle informazioni corrette. Ma era Harry, il ragazzo col DNA di un guerriero e la forza di volontà di ferro. “Sarai il soldato più valoroso” sputò fuori improvvisamente. Harry quasi sussultò nel sentirgli pronunciare quelle parole. Mai avrebbe pensato di poter sentire una cosa del genere uscire dalle su labbra. Mai avrebbe pensato di vedere Louis piegarsi in quel modo, persino il tono di voce sembrava morbido e accondiscendente. “Lo so perché te lo leggo negli occhi. Hai lo sguardo severo e sei testardo. Faresti qualunque cosa per tuo fratello, mi ricordi qualcuno” sorrise fra sé, per poi abbassare lo sguardo ed allontanarsi definitivamente. Harry tacque, incapace di muoversi dalla posizione in cui si trovava. Probabilmente trovò conforto nella porta dietro le sue spalle. “Mi dispiace per la tua mascella, ti ho fatto un grosso livido” si voltò improvvisamente, avvicinandosi così tanto da mandare Harry in confusione. Fissò quel grosso livido che prevaleva sul colore diafano della sua pelle. Alzò una mano per poterlo sfiorare ma la ritrasse immediatamente quando si rese conto di averlo troppo vicino. Lo guardò negli occhi ancora, Harry trattenne il respiro tutto il tempo. “Il tuo DNA è quello più resistente al siero, lo sapevi? Più del mio. Quando ti inietteremo la seconda dose sarai più forte di me, allora potrai vendicarti ferendomi allo stesso modo” il fiato caldo gli sbatté sulle labbra, il riccio chiuse gli occhi solo per un attimo e poi lasciò andare l'aria trattenuta fin troppo a lungo. “Louis, ci ha già pensato Thomas a ferirti, io non ne ho nessuna intenzione” ed il suo più un bisbiglio che altro. Nella sua testa ci fu il caos. Una parte di se stesso urlava con tutte le sue forze di respingerlo e poi ucciderlo a suon di pugni per tutte quelle frasi derisorie, per essere stato rinchiuso come una bestia, per aver fatto qualcosa contro la loro volontà; ma l'altra urlava di farsi avanti, di baciarlo perché a quello sguardo pieno di paura e preoccupazione non era capace di resistere. Louis era bello, lo era davvero. Aveva quei grandi occhi azzurri in cui annegare, e anche se lo aveva odiato – ma odiato davvero – in quel momento sentì tutta la rabbia scivolare via, lasciare spazio a qualcosa di diverso. “Te lo leggevo nello sguardo la voglia di prendermi a pugni fino a vedere la mia vita scivolare via” fece ancora un passo avanti e lo intrappolò al muro. Le mani poggiate sulle sue spalle con prepotenza, quasi come se volesse tenerlo inchiodato. Il riccio avvertì le sue dita sulla propria carne pressarsi con sempre più forza, come se vi volesse penetrare dentro. “Ti leggevo la voglia di sfidarmi di proposito, di non darmela vinta in alcun modo” lo strattonò facendogli sbattere la schiena con forza contro la porta. Harry sussultò ricordandosi del loro quasi litigio, bloccato dagli altri suoi amici. “Mi piace vedere la paura nei vostri occhi, perché è l'unica cosa in cui sono bravo. Spaventarvi per rendervi più forti e non lasciarvi piegare di fronte al dolore” Louis ansimò contro di lui, con il fiato corto e le mani tremanti. Harry riuscì a leggere nei suoi occhi uno strato di paura, ma sembrava assente. Come se fosse preso da altri pensieri e in lui vedesse solo una bambola con cui sfogarsi. “Tu mi odi, ma io ti sto solo proteggendo” digrignò ancora i denti, afferrandolo per il colletto della giacca, facendogli sbattere la testa contro. Harry respirò e si lasciò andare ad un guaito di dolore. Improvvisamente alzò le mani e gli circondò le guance, Louis era pronto a ricevere un pugno ma dovette stupirsi. Il calore delle sue grandi mani gli fece allentare la presa. “Cosa ti hanno fatto, Louis?” domandò a quel punto, quando lo vide piano piano abbandonare le sue mani contro i fianchi. Harry respirò nuovamente, ma non distolse lo sguardo da lui e non osò portare via le sue mani dalle sue guance smunte e scavate. Aveva anche lui un grosso livido sul mento, ma era facile dimenticarsene quando di fronte aveva quel soldato dagli occhi azzurri acquosi, pieni di ricordi che gli facevano del male. “Credevano fossi uno di loro” bisbigliò. Non aveva neppure più la forza di alzare la voce, il suo strano scudo era appena caduto ed era bastato davvero così poco. Forse perché mai veramente nessuno lo aveva guardato in quel modo, nessuno lo aveva sfidato e nessuno aveva mai provato a parlargli. Harry era coraggioso, era bravo, era forte e tante altre qualità che gli ricordavano se stesso prima ancora che venisse preso assieme a William. “Per via dei tuoi occhi?” domandò, Louis annuì. “Non hanno fatto nessun test del DNA su di te?” Louis rabbrividì a quella domanda. Il più piccolo si agitò quando lo vide così teso e rigido improvvisamente. Forse aveva fato la domanda sbagliata, forse non era più il caso di continuare. “Questi esseri-” si fermò un attimo per riprendere fiato. “Questi esseri sono bravi ad alterare il loro DNA, confondersi totalmente con gli umani, e non sapevano ancora della caratteristica, di quella stupida screziatura di rosso nel loro occhio destro” respirò, alla fine gli diede le spalle e si allontanò, abbandonando quelle mani che gli erano sembrate fin troppo confortevoli. Lui era forte, era un soldato, non poteva insegnare ai suoi allievi di non farsi piegare dal dolore e poi cedere così. Semplicemente non poteva. Eppure Harry aveva spezzato le sue barriere. “Ero già più forte di tutti loro, ero già più veloce e più resistente al dolore. Hanno preso me e William mentre stavo combattendo. Combattimenti clandestini sai, ero forte e volevo sfruttare quella qualità al massimo” Harry lo sentì ridacchiare e fece due passi avanti, fino a ritrovarsi alle sue spalle. Sembrava parecchio turbato, ed Harry non avrebbe mai pensato di vederlo crollare in quel modo, così, come un castello di sabbia sotto dei passi pesanti. “Louis...” alzò la mano per poterla poggiare sulla sua spalla ma il ragazzo si voltò e gli piantò gli occhi di ghiaccio addosso. Ci fu una strana scintilla, quasi come se fosse una miccia accesa da tutti quei ricordi. “Mi hanno tenuto per giorni senza cibo e acqua, mi hanno fatto dei test del DNA ogni giorno, mi hanno vivisezionato per non so quanto tempo-” si fermò colto dalla rabbia. La mascella rigida ed il corpo tremante. “Chi-chi ti ha fatto questo” provò Harry. Louis lo scaraventò contro il muro preso da una incontrollabile rabbia repressa. “Sottostiamo tutti al governo, sono loro che ci hanno trovati, sono loro che mi hanno fatto questo e sempre loro mi hanno addestrato fino a diventare quello che sono” abbaiò. “Uno stronzo, cinico e bastardo” finì, trattenendosi a stento dallo sputare. Fu allora che Harry sentì la sua rabbia addosso, avvertì quelle sensazioni allo stomaco, quel terribile disagio nell'intestino. Se pensava che una cosa del genere poteva capitare a lui o peggio, a Marcel, beh. Avrebbe reagito molto peggio. Eppure, Harry non riuscì a fermarlo. Lo lasciò sfogarsi contro di lui, lo lasciò fare mentre lo strattonava contro il muro come se fosse una bambolina di pezza. “E vuoi sapere cosa hanno fatto quando hanno scoperto di aver preso un abbaglio? Mi hanno rinchiuso in una cella ancora, per altri giorni fino a che non hanno deciso cosa fare. Gli serviva un esercito ed iniziare da me e William era l'ideale” ridacchiò amareggiato. “Hanno trovato molte cose interessanti nel nostro DNA. Hanno capito del nostro legame ed hanno deciso di sfruttarci”sogghignò ancora, poi guardò Harry negli occhi. Erano così verdi ed intensi che per un solo attimo perse del tutto il respiro. “Io volevo solo studiare legge, diventare un bravo avvocato ed avere qualcuno al mio fianco” si strinse nelle spalle come se fosse un bambino. Harry si slanciò in avanti e lo abbracciò. Le loro ossa scricchiolarono per la forza eccessiva, ma nessuno dei due si lamentò. “Mi dispiace” gli sussurrò. Louis non ricambiò la stretta, era perso fra i suoi pensieri. Quando il riccio si fece indietro Louis aveva lo sguardo perso. “Non posso lasciarmi andare, questo non è mai successo. Torna ad essere solo Harry Styles. Soggetto 03659, non sai nulla di me. Vattene” ordinò. Il ragazzo provò a protestare, le sopracciglia aggrottate per il suo strano comportamento. Sembrava essere tornato il solito Louis, derisorio, terribilmente stronzo e cinico. “Ho detto vattene, devi riposare per l'allenamento di domani” ma il ragazzo continuò a rimanere impalato di fronte a lui. Non poteva andarsene, non dopo aver scoperto cosa gli era successo in quel posto. Aveva dei sentimenti contrastanti per lui, non voleva lasciarlo solo. E non voleva nemmeno rimanere da solo a fare i conti con quel sentimenti nascenti. Louis era sicuramente lo stronzo che aveva conosciuto, ma era anche il ragazzo su cui avevano fatto delle vivisezioni. “Ho. Detto. Vattene.” gli ringhiò contro. Lo sbatté contro il muro ed una strana scossa coinvolse entrambi. Louis gli alitò in faccia, Harry digrignò i denti afferrandolo per il colletto. Si guardarono con una strana rabbia, con l'odio represso per quello schifo a cui erano costretti a vivere. Alla fine successe ciò che Harry non avrebbe mai pensato. Louis lo baciò. Un bacio irruento, fatto di morsi e denti a cozzare. Tutto ciò che entrambi sentirono fu la voglia di prendere a calci qualcosa, ma Louis decise di aggrapparsi alla maglietta di Harry, continuando a strattonarlo contro il muro. Harry si lasciò sfuggire un gemito di frustrazione e gli morse le labbra, fino a sentire il tipico sapore ferroso del sangue. “Vattene” ansimò Louis una volta lontano dalla sua bocca. Harry ansimò al suo stesso ritmo, alla fine si divincolò dalla sua presa ed uscì sbattendosi la porta alle spalle. Qualcuno in fondo al corridoio lo guardò, Jared gli fece un sorrisetto divertito e poi un paio di guardie lo condussero nella sua stanza. Harry aveva lo stomaco sottosopra per tutto quello che gli era capitato. Le labbra di Louis furono una costante per la notte.

 

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Marcel aveva visto Harry nella sala mensa, ma sembrava distratto. Come se gli avessero fatto qualcosa. Non era servito a nulla fargli delle domande, aveva negato la qualsiasi forma di violenza fisica e psicologica. Eppure, Marcel lo conosceva abbastanza da notare il suo evidente disagio. “Vieni con me”, Marcel balzò sulla sedia, spaventato dalla voce delicata di William al suo orecchio. Si mordicchiò le labbra e dopo essere arrossito abbastanza, annuì. Si ritrovarono da soli, in laboratorio. William lo fece sedere attorno ad una scrivania, mettendogli davanti delle provette colorate. “Cosa sono?” chiese aggiustandosi gli occhiali sul naso. William per tutta risposta sorrise, era un sorriso tutto occhi e gentilezza. Marcel non poté fare a meno di arrossire ancora e guardarlo con fare del tutto ammaliato. Mosse le mani velocemente mischiando qualcosa. Il ragazzo rimase a fissare la reazione chimica. “Questo è quello che chiamiamo Siero R2” poggiò la provetta dentro l'apposito contenitore ed osservò Marcel. “Praticamente, è quello che inietteremo ai ragazzi del Reparto B quando saranno abbastanza forti”, Marcel osservò quel liquido verde dentro alla fialetta di vetro e sbatté le palpebre riconoscendo ciò che vi era dentro in meno di qualche secondo. “Manca qualcosa” mugolò. William sollevò un sopracciglio curioso e leggermente offeso. Erano anni che lavoravano per renderlo più efficace e di certo non si sarebbe mai aspettato una cosa simile da un ragazzo arrivato da pochi giorni. “Cioè- voglio dire-” balbettò in difficoltà quando notò la sua faccia. “Ho riconosciuto il composto, e- e se il vostro intento è quello di creare qualcosa di potente manca qualcosa. Quello non basta” si mordicchiò il labbro ed ebbe appena il coraggio di osservare William da sotto la montatura degli occhiali. Il ragazzo dagli occhi blu sembrava perplesso, quasi come se fosse stato appena colpito da uno schiaffo. “Lo so benissimo. Ma non sappiamo come procedere” borbottò quasi infastidito, ma ci ripensò mettendo su un leggero sorriso. “E' per questo che ti ho portato qui. Tuo fratello è più forte di Louis, di conseguenza tu dovresti essere più intelligente di me” non ne capiva il senso, ma rimase ad osservarlo con fare a metà fra il curioso ed il sorpreso. Poggiò due dita sulle labbra e cominciò a riflettere su tutto ciò che aveva fra le mani. Poi si alzò di scatto affiancando William, che aggrottò le sopracciglia nel vederlo muoversi come se fosse stato lì da sempre. “Will, se ci aggiungessimo della vitamina K?” domandò. William lo guardò perplesso. Non rispose in un primo momento, lasciando fare al ragazzo dai capelli leggermente più ricci di quando era arrivato. Marcel si guardò attorno, cercando qualcosa che potesse aiutarlo. “Marcel...” intervenne alla fine. “La vitamina verrebbe poi espulsa dal nostro organismo” storse il muso, ma Marcel sembrava davvero determinato. Credeva in ciò che diceva e questo fu un vero e proprio bene. “E se provassimo in grandi quantità?” le sue mani grandi dalle dita lunghe si adoperarono fino a che non riuscì a mescolare la sostanza. Aspettò la reazione, ma non accadde nulla, come se il composto avesse annullato le proprietà. “Non funzionerà” gli poggiò una mano sul braccio e Marcel sospirò. Si sentì improvvisamente uno stupido a pensare che potesse prenderci al primo colpo. Era intelligente, era vero, ma non abbastanza da trovare la soluzione. “Mi dispiace, non volevo mettere in discussione le vostre sessioni di studio” si tirò indietro ed abbassò lo sguardo. William scosse la testa e sorrise al ragazzo di fronte, sollevandogli con dolcezza il mento. “Lavoreremo bene insieme. Sei abbastanza intelligente, avevo bisogno di uno come te qui” si guardarono negli occhi e per Marcel niente ebbe più senso. Sbatté le palpebre ed annegò dentro quell'azzurro troppo intenso. La soluzione al problema sembrava davvero troppo lontana, ma almeno avrebbe passato del tempo con William.

 

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Louis e Liam stavano osservando quel gruppo di ragazzi a correre attorno al campo arido. Louis non smise un solo secondo di guardare Harry muoversi, con le sue curve sinuose ed il corpo perfetto. Ogni movimento gli mostrava la sua capacità, la sua forza. Uno come lui avrebbe distrutto la qualsiasi cosa a mani nude. Erano giorni che si allenavano senza sosta, erano giorni che si guardavano e si ringhiavano addosso. La loro rabbia era evidente, ma nessuno osava dire qualcosa. Sfogarsi sui sacchi da boxe o sugli altri era la migliore soluzione. “Ai vostri posti” i ragazzi scattarono sull'attenti, Liam li guardò uno per uno, passeggiando avanti e indietro con le mani strette sulla schiena. “In un paio di giorni avete acquisito una forza straordinaria” sorrise contento e Louis rimase immobile dov'era. Liam era molto più bravo di lui nell'uso delle armi, avrebbe lasciato a lui quel compito difficile. “Ma a volte il corpo a corpo non basta, quindi afferrate quei fucili” ordinò. Harry guardò solo per un attimo Louis alle spalle di Liam ed allargò le narici respirando. Avevano ormai smesso di ribellarsi, erano liberi di vagare dentro la base militare. Ed era quasi fiero di aver visto Harry prendere in mano le redini, di abbindolare con le parole il resto di loro. Aveva convinto tutti a rimanere, perché stavano combattendo per una buona causa.

Harry si distrasse immediatamente quando vide Liam imbracciare il fucile e subito dopo puntarlo su di loro. “E' importante saper imbracciare il fucile, una mossa sbagliata e verrete disarmati” gli mostrò esattamente come fare, alla fine tutti eseguirono. Harry sembrava essere nato per quello, Louis non poté fare a meno di notare il modo in cui puntò il fucile su di lui. Non ebbe paura, sapeva bene che fucili erano scarichi, ma era stupito dallo sguardo di ghiaccio del riccio. “Ottimo Harry” lo lodò Liam. “E' importante mettere la sicura e non tenete mai il dito sul grilletto fino a che non dovete sparare” rimproverò velatamente un ragazzo ad inizio fila e si parò nuovamente di fronte a loro. “Bene, ci sono diverse posizioni in cui sparare. Per esempio la Bench Rest, ovvero distesi per terra. Se sbaglierete mira saprete che sarà tutta colpa vostra” ghignò mostrandoli la posizione, distendendosi a pancia sotto col fucile posizionato tra collo e spalla. “Da questa posizione prona, per una maggiore precisione, potreste allargare le gambe, arcuare i piedi e tenere il fucile contro la spalla” Harry osservò attentamente fino a che non sentì uno sparo e tutti balzarono in piedi. Liam prese in pieno il bersaglio collocato a terra ad almeno dieci metri da loro. Louis sorrise soddisfatto del suo amico, Harry si mordicchiò le labbra in attesa di provare. “Adesso, se vi accovacciate e puntate le dita del piede che sta avanti verso il braccio che usate per sparare potreste essere capaci di sparare ad almeno 400 m.” quando sparò ancora, questa volta nessuno sussultò per lo spavento o la sorpresa. Liam era determinato, sembrava essere nato con il fucile fra le braccia. Nessuno osò fiatare durante le sue spiegazioni e le sue dimostrazioni, sembravano tutti piuttosto presi dal suo continuo parlare. “Ricordatevi sempre di tenere il calcio del fucile contro la spalla e la guancia leggermente poggiata al calcio, questo vi aiuterà col rinculo”, mentre i ragazzi provavano a mirare, Liam riprese a spiegare brevemente ciò che avrebbero dovuto fare. “Una cosa importante: concentratevi sul respiro. Ciò influisce sull'oscillazione dell'arma. Bisogna avere sempre i polmoni pieni quando si spara, vi aiuterà. Per questo vi ho fatti correre, avevate bisogno di provare mentre siete sotto stress” in quel momento, Louis si mosse e passò il suo fucile ad Harry. I loro occhi si scontrarono crudi e le loro dita si sfiorarono nell'atto. Harry strinse l'arma, le mani salde ed il respiro corto. “Trattieni il respiro e spara” lo incitò il soldato. Harry storse il naso ma gli diede le spalle. Si concentrò sul bersaglio e tutti attorno a lui si persero ad osservare Harry. Il ragazzo sentì i muscoli tremare e si concentrò sul respiro per evitare che l'arma gli oscillasse fra le braccia. Posizionò il fucile per bene contro la spalla e chiuse un occhio, pronto a sparare. Quando lo fece, riuscì a trattenersi saldamente sulle gambe, colpendo il bersaglio – non proprio al centro come Liam, ma quasi. Louis sbatté le palpebre e si avvicinò a lui indeciso se essere fiero o stupito. Harry passò subito il fucile al ragazzo accanto a lui si mise da parte. Aveva le mani tremanti ma non l'avrebbe mai mostrato a nessuno. “Harry” mugolò il ragazzo dagli occhi azzurri. Il riccio alzò lo sguardo dalle sue mani e trattenne il respiro ancora, quasi come se fosse pronto a sparare. “Stai bene?” non aveva idea perché, ma quando aveva imbracciato l'arma aveva sentito una forte scossa d'energia crescergli nello stomaco e diramarsi poi negli arti. Era quasi spaventato da quella voglia incredibile di riprendere l'arma fra le mani e sparare ancora. La voglia di uccidere a farsi più presente che mai. Non ne aveva idea, stava impazzendo. “Sento una strana voglia di far saltare la testa a qualcuno” si torse le mani in grembo e Louis alzò un sopracciglio. Poi gli si fece vicino abbastanza da vederlo sobbalzare leggermente allo sparo del ragazzo dietro di loro. “Sentivo la stessa cosa la prima volta che mi hanno messo in mano un fucile. Avrei volentieri puntato alla testa di tutti coloro che mi avevano fatto questo, ma sono rimasto il bravo soldatino di piombo” Harry si morse il labbro e serrò subito dopo la mascella, sentendo nuovamente una strana rabbia montargli dentro. Non aveva mai provato tutta quella rabbia, tutto quel desiderio di uccidere, di combattere contro qualcosa più grande di lui. Ma sembrava essere cambiato totalmente da quando gli avevano iniettato il siero nelle vene ed aveva messo piede lì dentro. “Pensavano tutti che fossi il migliore fino a che non sei arrivato tu, Harry. Hai sempre avuto delle capacità enormi, e adesso il siero le sta tirando fuori. Amplifica le tue sensazioni, le tue emozioni, non lasciarti mai sopraffare” gli poggiò una mano sulla spalla ed una scossa colpì entrambi, quasi come se un filo scoperto fosse stato bagnato. Respirarono ed Harry avvertì la solita sensazione al petto, come se una bomba di calore fosse esplosa nel suo petto. “Marcel...” borbottò, ma la sensazione sparì subito dopo. “Dov'è Marcel? Che gli stanno facendo?” Louis aggrottò la fronte a quel suo groviglio di parole e di emozioni. Era preoccupato e Louis si prese qualche secondo per meravigliarsi di quanto intenso e forte fosse il loro legame. Nessuno era mai stato così tanto forte. Nessuno. Marcel ed Harry erano talmente legati da avvertire la qualsiasi cosa. Il suo cuore prese a pulsare più velocemente. “Sta succedendo qualcosa a Marcel” guardò Louis nel panico e lo pregò quasi di abbandonare il campo e rientrare. Le sue sanzioni si fecero più intense quando il cuore gli bruciò nel petto, non riuscì a capire come o quando, ma il loro legame sembrava intensificarsi di secondo in secondo. Poi partì, scattò verso la porta sotto lo sguardo di tutti. Louis notò la sua straordinaria velocità e gli fu subito dietro. A lui ci erano volute due provette di siero per riuscire ad avere una velocità tale ed una forza superiore agli altri. “Aspetta!” gli corse dietro, senza però ottenere nessuna risposta. Lo seguì fino al corridoio più largo e si accorse di essere giunto al Reparto A. Non seppe quando o come avesse scoperto del posto, ma Harry lo raggiunse facilmente. Possibile che il loro legame fosse tanto forte da guidarlo nella sua direzione? “Marcel!” spalancò la porta ed il suo cuore si fece stretto nel petto. William e Marcel se ne stavano accoccolati contro un muro, il più piccola aveva i capelli scompigliati e le labbra rosse. Tutto gli fece pensare ad un bacio, ma gli occhi chiusi ed il respiro lento lo portarono a pensare a qualcos'altro. “Che gli hai fatto?!” sbraitò inginocchiandosi. Marcel scosse la testa lentamente e sorrise al gemello. “Ha-ha funzionato” borbottò prima di accasciarsi ancora contro William. Harry schiuse le labbra ed avvertì la presenza di Louis alle sue spalle. Quest'ultimo fissò il fratello con un sopracciglio elevato fino alla cute, l'espressione dura. “Cosa?” mugolò accarezzandogli i capelli. Marcel si tirò su, ma sembrava pesare tonnellate il suo corpo, trovando delle leggere difficoltà di movimento. “Harry, tuo fratello è un genio vero e proprio” si mordicchiò le labbra sorrise al ragazzo che aveva ancora fra le labbra. Sia Harry che Louis si allontanarono dai propri gemelli ed aggrottarono la fronte incapaci di capire di cosa stesse parlando. “Abbiamo sempre cercato di trovare qualcosa che vi rafforzasse, quando la soluzione era sotto ai nostri occhi” Marcel sorrise a William e si lasciò accarezzare dalle sue mani gentili. “Il legame fra i gemelli è prezioso, la soluzione è lì. Dovevamo solo intensificarlo maggiormente e la vostra energia si sarebbe fusa” spiegò, ma nessuno dei due parve capire il perché dello stato di Marcel, sembrava quassi in procinto di svenire. “In questo momento Harry, non ti senti più forte? Non sentì tante emozioni diverse?” Harry sbatté le ciglia un attimo ma poi annuì. I due si sorrisero ancora. Nessuno dei due parve essere preoccupato, William sembrava sereno e tenerlo fra le braccia sembrava la cosa più bella di sempre. “La forza, l'energia di Marcel sta circolando nelle tue vene” chiarì alla fine. Harry si guardò le mani ed in un momento di lucidità riuscì a spiegarsi il perché di tutta quella inspiegabile forza e voglia di combattere. “Abbiamo sfruttato il nostro legame per farlo” riuscì a dire Marcel tra un sorriso e l'altro. Sembravano completamente compiaciuti della nuova scoperta. “Ma questo lo ha indebolito” gli fece notare Louis, con una evidente smorfia di disprezzo sul viso. Harry aggrottò la fronte concordando mentalmente con la sua osservazione. Non voleva essere forte se il prezzo da pagare era quello. In qualsiasi momento, quello stato di stordimento di suo fratello avrebbe potuto essere la causa della sua morte. “Se le nostre teorie sono giuste, a minuti dovrebbe riacquistare le forze e subito dopo avere qualche qualità di Harry nelle vene”. Harry e Louis non provarono nemmeno a chiedere come fosse possibile tutto ciò, ma ormai non si meravigliavano più di niente. Non da quando Harry aveva visto Louis allenarsi di notte, correndo quasi come una scheggia per ore sul campo. Aveva l'energia, la forza e la velocità di un treno. “Tipo?” chiese comunque Louis. “Il vostro legame dovrebbe generare energia, vi rafforzereste entrambi ma Harry rimarrebbe comunque il più forte” spiegò ancora William al fratello. Harry aggrottò la fronte e poi rivolse ad entrambi uno sguardo accigliato, o forse arrabbiato. “Mi state dicendo che avete testato questa cosa su di lui? Marcel?!” sbraitò, sentendo l'energia nelle vene farsi più chiara. Avevano ragione, sentiva una strana nuova forza crescergli sempre di più. “Volevo farlo io, ma me lo ha impedito categoricamente visto che ha trovato lui stesso la soluzione”, si giustificò William. Louis lo rimproverò con lo sguardo. In quel momento Marcel sbuffò e riuscì a tirarsi su. Seduto fra le gambe del ragazzo, sorrise e riuscì a sistemarsi i capelli caduti davanti agli occhi. Harry sentì immediatamente il cuore più leggero. “E' incredibile” fece tutto contento Marcel. Si guardò le mani e sorrise così tanto che William perse un battito. Louis avvertì quella sensazione nel petto, nonostante non avesse nessun siero in circolo. Anche il loro legame era forte abbastanza. “Questo ci preparerebbe ad una vera e propria guerra, potremo combattere anche noi” gioì quasi Marcel. “Scordatevelo” ribatterono insieme Louis ed Harry. Ma sia William che Marcel non gli diedero ascolto. “Voglio provarlo anche io” borbottò William. Non diedero più peso alle lamentele di Harry e Louis di fronte a loro, e rialzandosi si misero a lavoro. Louis tirò Harry via per un polso, fino ad uscire dalla stanza. “Questo cambierebbe tutto” rifletté comunque. Harry annuì a labbra strette. In quei giorni c'erano stati altri attentanti, altri morti, altri casini in giro per la città. Dovevano fare qualcosa al più presto e quel strano siero sembrava ormai la loro unica e sola speranza di riuscita. “Potremmo essere più forti di loro?” chiese Harry con la gola secca. Era leggermente terrorizzato ed in quel momento sperò con tutto se stesso che Marcel non avvertisse quella sensazione. “Non lo so, sono stato testimone della loro forza. Non so se ci sarà mai qualcosa che sia forte abbastanza da farli fuori tutti” e quelle parole fecero crescere una sorta di bile nello stomaco. Harry respirò, tirò su col naso e alla fine circondò le guance di Louis con entrambe le mani. “Dobbiamo trovare una soluzione alla svelta” aveva ormai capito dell'imminente pericolo. Louis lo aveva messo al corrente e adesso sembravano più allarmati che mai. Sapevano a cosa stava andando incontro il mondo, conoscevano la minaccia e la sua entità. Dovevano agire e spazzare via il problema dalla radice. “Stanno sbagliando tutto” mugolò improvvisamente Louis sovrappensiero. Harry aggrottò la fronte e gettò il suo sguardo verde smeraldo in quello azzurro cielo di Louis. Ancora, quella strana scossa li colpì entrambi. “Che vuoi dire?” chiese quasi timoroso. “Dovrebbero trovare qualcosa che unisca le nostre forze. Nostre, Harry. Mia e tua” e con lo sguardo vacuo, Harry spalancò le labbra pensando a ciò che avrebbero potuto fare se solo avessero condiviso la loro forza. “Tu credi che si possa fare?” domandò con quella sua tipica espressione. Louis guardò a terra improvvisamente, “non lo so, chiediamoglielo” e tutto ciò che fecero fu spigargli la situazione. William e Marcel parvero pensarci, poi scossero la testa. Harry sbuffò e Louis sentì lo stomaco sottosopra. Probabilmente non sarebbero mai stati forti abbastanza da eliminarli tutti. Qualcuno avrebbe perso.

 

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“Funzionerà su tutti?” domandò Harry perplesso. Aveva appena corso, fianco al fianco con Louis e si sentiva come ringiovanito. Louis aveva gli occhi più chiari de solito, sembrava luminoso ed il suo gemello sembrava aver appreso qualche sua caratteristica. “Deve, funzionare su tutti” ringhiò Louis. Con le braccia incrociate al petto e le gambe leggermente divaricate, osservò i due geni iniettare il nuovo siero. Louis era preoccupato. Il loro addestramento procedeva bene e se solo quel siero avesse rovinato tutto sarebbero stati davvero con la merda sino al collo. “Sono tre giorni che corriamo come due pazzi, sembra aver funzionato su di noi” provò Harry, alzando le spalle come a voler dare atto a suo fratello. Non poté non ammettere a se stesso di sentirsi molto meglio. Quelle nuove energie in circolo lo rendevano totalmente su di giri e potente. Era stato capace di battersi con Louis per ore intere, senza concludere nulla. Avevano quasi raggiunto lo stesso livello di potenza. “Noi non siamo tutti, Harry. Ricordati che io sono il Soggetto vivisezionato perché troppo potente e tu il Soggetto che è sopravvissuto a quattro attacchi cardiaci” borbottò senza smettere di fissare i due gemelli davanti a sé. Notò immediatamente qualche gemello perdere le forze ed accasciarsi, nonostante fossero stati avvertiti sembravano allarmati. Un confuso vociare fece tirare indietro qualcuno. “Che cosa è successo quella notte?” domandò Harry sovrappensiero. Puntò lo sguardo su Louis ma dovette accontentarsi del suo profilo affilato. Da quando William si era iniettato il nuovo siero, Louis sembrava più bello. I lineamenti leggermente più morbidi erano spariti, lasciando posto ad uomo vero e proprio. “Quale notte?” domandò interessato. Non spostò comunque gli occhi, teneva lo sguardo vigile su di loro per evitare che scoppiassero delle rivolte fra loro stessi. “Quella in cui mi hai rapito” ed il suo modo di parlare lo fece voltare improvvisamente. Harry aveva ormai dato per scontato che fosse stato lui a farlo. Ma dal suo sguardo di ghiaccio dedusse che non doveva essere proprio così. “E' stato Jared. Stavi correndo, jogging notturno” quando sentì alcuni gemelli gemere e poi sbarrare gli occhi notò di come alcuni fossero già diversi. I loro occhi saettavano da una parte all'altra della stanza, correndo ad abbracciare il proprio gemello. Sentivano la forza crescere, ma non era nulla paragonato a quello che Harry e Louis avvertivano costantemente nelle vene. Persino in quel momento, Harry si sarebbe messo a correre e poi avrebbe preso a pugni una roccia solo per il puro piacere di farlo. “Quello credo di ricordarlo. Dopo, intendo dopo” strinse i pugni ed inclinò il capo da un lato in attesa di risposta. Louis parve irrigidirsi sul posto, ma fu solo per un momento. Harry pensò che fosse una reazione dettata dai gemelli euforici che aveva davanti. “Dopo sei collassato. Intendo, eri morto. Avevamo quasi perso le speranze, ma Marcel era vivo e vegeto e nessuno riusciva a spiegarsi che diamine stesse succedendo” Louis, la voce cupa e lo sguardo vacuo, strinse i pugni. Harry ricordava di avergli sentito dire che un gemello sarebbe morto se l'altro non avesse avuto la giusta reazione al siero. Almeno, non finché entrambi lo avessero già in circolo. “E poi hai aperto gli occhi. Eri incosciente, ma eri vivo. Hai passato sei giorni sotto osservazione, superando quelle quattro crisi fino a che non ti sei svegliato ed il tuo DNA era incredibile” sbatté le ciglia e poi guardò Harry. Uno sguardo strano, profondo. Harry si sentì improvvisamente in soggezione. Odiava quello sguardo, era freddo e calcolatore. “Nessuno ha ancora capito che cosa è successo. Nessuno sa perché sei stato così male e poi... e poi beh, ti sei svegliato come se nulla fosse” Louis era perplesso. Almeno tanto quanto Harry che abbassò lo sguardo senza riuscire a capire. Un paio di gemiti attorno a loro gli fecero tornare i piedi per terra, ma la testa lo riportava a quei giorni. “Questo è successo dopo essermi risvegliato nella gabbia, giusto? Quella volta c'eri tu” mormorò sovrappensiero. Louis annuì. Harry sembrava aver reagito bene al siero in un primo momento, ma tutto sembrava essere precipitato quando si era risvegliato in quella gabbia. “Io- io ho sentito le vene bruciarmi. Ho sentito il corpo immobilizzarsi e poi prendere fuoco. Avevo mal di testa, i conati di vomito e volevo morire perché il dolore era insopportabile” provò a spiegare tutto ciò che aveva sentito. Ma quello non bastava. Aveva sentito il male puro insinuarsi dentro alle ossa e stabilirsi come uno scarafaggio. Louis si voltò completamente verso di lui, aggrottando la fronte senza capire dove volesse andare a parare. “E' stato più o meno la sensazione di tutti, Harry” questa volta smise di guardare William e Marcel e si concentrò totalmente sul ragazzo che aveva di fronte. “Will ha detto lo stesso...” sibilò respirando. Un paio d'immagini del suo stesso sangue gli apparvero davanti agli occhi e trasalì. Louis se ne accorse, circondandogli il polso con una mano. “Che succede?” chiese preoccupato. Louis aveva paura che l'effetto iniziasse a svanire, che quello stupido siero avesse appena rovinato l'elemento più forte. “Ho visto quegli occhi” sibilò poi all'improvviso. “Io-, li ho visti. Qui dentro. Louis!” urlò improvvisamente. Qualcuno si voltò a guardarli ed il ragazzo lo tirò fuori dalla stanza. Lo trascinò verso le scale fino a raggiungere il Reparto B e la palestra. “Harry, okay, calmati” lo invitò a respirare e gli poggiò le mani sulle spalle. Il riccio si accasciò contro il muro e subito dopo scivolò fino a sedersi sul pavimento. “Quando ero in- in coma?” fece insicuro, probabilmente lo era stato durante quelle crisi. “Lui era lì. Adesso lo ricordo, lui era lì e mi parlava, Louis!” il suo sguardo pareva allarmato. Louis schiuse le labbra e si guardò improvvisamente attorno. “Abbassa la voce Harry” lo incitò. Avevano una spia all'interno della base, se Harry stava dicendo la verità erano completamente fottuti. Louis pensò che Harry poteva aver ragione. La sua camera non era mai stata abbastanza sorvegliata, o almeno, nessuno aveva mai sospettato qualcosa. E come avrebbero fatto ad individuarlo? Stavano lì dentro da mesi, c'erano centinaia di persone ed uno o più di loro si stava camuffando alla grande. “Che stupidi, ci siamo fatti fregare. Che stupidi!” si rimproverò. Harry alzò lo sguardo preoccupato, le labbra spalancate per la rivelazione. Alcune immagini del suo coma gli si rifecero presenti, una voce lo chiamava ma non aveva idea di chi fosse. “Che facciamo?” chiese timoroso. “Non lo so” borbottò Louis frustrato. Entrambi rimasero rigidi contro il muro, accovacciati sul pavimento con lo sguardo terrorizzato. “Louis...” mugolò dopo minuti interi di silenzio sconfortante. “Questo... significa che stanno arrivando, non abbiamo più possibilità”.

 

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Purtroppo o per fortuna, non arrivò nessuno. I giorni scorrevano leggeri su di loro, gli allenamenti proseguivano e Louis aveva ormai iniziato a credere che Harry si fosse inventato tutto o meglio, che fosse pazzo. Aveva osservato tutti, tenuto sott'occhio i possibili sospetti, ma nessuno di loro sembrava avere la faccia o l'intenzione di fare un passo falso. Harry, o era pazzo o si era sbagliato.

Ma non se ne preoccupò, tutti quei gemelli – grazie al siero – erano ormai forti abbastanza. Nessuno aveva più paura, tutti avevano voglia di combattere e farsi avanti. Alcuni di loro erano stati mandati addirittura fuori dalla base alla ricerca di altri gemelli in città. Melrose pullulava di volantini, la gente cercava questi poveri ragazzi scomparsi nel nulla ed era stato pericoloso per loro metterci piede. Ma non avevano altra scelta.

Louis in ogni caso, se ne stava in allerta. Temeva il peggio da un momento all'altro, anche se iniziava a credere che quelle immagini nella mente di Harry fossero solo suggestioni dettate dalla situazione. Quella situazione lo teneva costantemente sotto stress. Ma teneva la bocca chiusa per il bene di tutti, soprattutto quello di Harry. Fu quel pensiero che gli fece poggiare i piedi per terra, il pavimento freddo sotto ai palmi. Respirò, poi stiracchiandosi sfuggì dalla sua stanza. Guardò Liam e Zayn dormire abbracciati e si richiuse la porta alle spalle con delicatezza. Vagò per il corridoio, rendendosi conto di una luce in fondo. La palestra. C'era qualcuno. In meno di qualche secondo si animò. Afferrò la pistola che portava costantemente alla cintola – anche quando dormiva – e la tenne stretta fra le mani. Aggrottò le sopracciglia puntandola davanti a sé: Non aveva idea di cosa sarebbe successo, ma quello là dentro poteva essere un potenziale traditore. Se agiva di notte, erano completamente fottuti. Nessuno si era mai accorto di tale movimento notturno. Quando si accostò alla porta, sentì dei leggeri colpi. Allungò le braccia fino a che non entrò digrignando i denti. “Cazzo! Harry!” sbraitò quando si rese conto del ragazzo davanti al sacco da boxe. Aveva la bandana fra i capelli e la maglietta tutta strappata sul petto e schiena. “Stavo quasi per spararti! Sei uno stupido figlio di puttana” mormorò abbassando l'arma riponendola al sicuro. Harry si voltò di scatto, avvertendo la figura di Louis in fondo alla palestra. Si scrollò di dosso il sudore e si avvicinò a lui. Louis notò immediatamente le nocche sbucciate, il sangue a gocciolargli fra le dita. “Non pensavo fossi sveglio” brontolò infastidito dall'interruzione. Quando era sceso dal letto aveva avvertito quella strana voglia di fare tutto a pezzi. Sentiva l'incessante bisogno di colpire forte, scaricando la tensione sul muro. Quando notò la profonda crepa decise di correre via verso la palestra. Non avvertiva più la stanchezza, ma il cuore pigro e addormentato di Marcel gli batteva nelle orecchie. “Ho sentito un rumore e sono venuto a controllare” quando gli fu vicino notò quanto fossero in tensione i suoi muscoli. E notandolo meglio, il suo corpo tremava terribilmente tanto. “Harry?” gli poggiò una mano sul braccio e quasi non avvertì una scossa. La tirò subito indietro e rimase paralizzato. “Che sta succedendo? Stai bene?” domandò improvvisamente allarmato. Harry si leccò le labbra e poi abbassò lo sguardo in terra, la fronte aggrottata. No, non stava bene. Ma come poteva spiegarglielo? “Non lo so” bisbigliò quasi. Si abbandonò a terra ed alzò poi lo sguardo su un Louis completamente bianco in volto. “Ho degli incubi. Da quando ho capito di aver incontrato il bastardo che ci ammazzerà tutti non riesco a dormire. Vengo qui la notte e scarico questa strana voglia di uccidere così” si giustificò. Louis si inginocchiò di fronte a lui e lo guardò con attenzione. Era cambiato. Aveva costantemente quello sguardo vacuo o accigliato. Il fucile fra le mani gli tremava troppo, delle volte abbandonava tutto in favore dei pugni. Il ragazzo più grande scivolò fino a trovarsi a pochi passi da lui e gli afferrò le mani. Harry sussultò ma la strana scossa di prima fu solo un piacevole brivido. Si strappò una manica della T-shirt e la strinse forte sulle sue nocche, per evitare che dell'altro sangue gli scorresse via. “Da quanto tempo vieni qui?” chiese leggero. Harry gemette di dolore quando gli strinse la benda improvvisata sulla mano sinistra. “Da un paio di giorni” mormorò poco dopo, cercando lo sguardo azzurro di Louis. Il ragazzo glielo concedette qualche minuto dopo aver finito di medicare le ferite. Era abituato a cose ben più gravi da curare, ormai tutto quel sangue non gli faceva più nessun effetto. “Perché non me l'hai detto?” domandò. Si sedette a gambe incrociate di fronte a lui e si asciugò le mani sporche del suo sangue sulla maglia bianca. Harry deglutì, sembrava così tranquillo. Mentre dentro di lui impazzava una guerra imminente. Aveva lo stomaco sottosopra. “Non pensavo t'importasse” rispose comunque. Evitò il suo sguardo, ma si rese conto di non poterlo fare ancora a lungo. Quegli occhi color topazio erano ancora più luminosi sotto quella luce bianca del neon. Louis gli scivolò fra le gambe fino a ritrovarsi ad un passo dalla sua bocca. “Mi bacerai? Di nuovo?” gli bisbigliò sulla bocca. Louis non si ritrasse, il suo alito caldo era piacevole. Il suo sguardo verde era liquido ed ansimava per lo forzo di poco prima. “Non mi sembra che ti sia dispiaciuto poi così tanto” ribatté ricordandosi di tutto quel miscuglio. Erano pieni di voracità, bramava la sua bocca e tutto ciò che poteva dargli. Quell'accozzaglia di denti e lingua gli ricordò la sensazione ed il brivido che aveva provato. “Se non ricordo male, mi hai mandato via” sbuffò sulla sua bocca. Louis rise piano, per un attimo vide i suoi demoni, le sue paure e tutte le preoccupazioni scivolare via dai suoi occhi verdi. Si leccò le labbra prima di farsi avanti e sfioragli la bocca. Era calda e bagnata, probabilmente perché doveva averci affondato i denti prima. Iniziò tutto con un lento sfiorarsi, gli occhi chiusi ed i respiri pesanti. Louis era lento, voleva gustarsi le sue labbra, assicurarsi di non dimenticare mai il suo sapore sulla lingua. Lo leccò ovunque potesse, fece sua quella lingua rosea e lo baciò con più leggerezza quando si rese conto delle mani di Harry a tirargli i capelli sulla nuca. “Vai a dormire” sibilò piano Louis, staccandosi appena dalla sua bocca. Entrambi si ansimarono sulle labbra, le mani avide di quella pelle candida del riccio. Il cuore di Harry ebbe un tuffo, ma si fece avanti ancora una volta per poterlo baciare. “Ho ancora voglia di uccidere qualcuno” dichiarò poco dopo. Quando si staccò dalla sua bocca non poté evitare di notare la loro saliva colargli ai lati della bocca. Era un pasticcio, ma Harry aveva una strana voglia di farsi ancora avanti e leccargliela via. “Allora alzati soldato, alzati e combatti” lo stuzzicò. Harry gli strinse una mano sulla nuca, attirandolo verso di sé per un bacio rude. Louis lo lasciò fare, godendosi quella bocca irruenta e bagnata. Respirare era diventato impossibile, ma non smise un solo secondo di baciarlo con più profondità. Poi lo lasciò andare e si tirò su. Louis lo guardò, da accovacciato, mettersi in posizione di attacco. Era diventato bravo, ma poi si rese conto che lui lo era sempre stato. Era bastata una leggera spinta ed aveva spiccato il volo. Il ragazzo lo raggiunse immediatamente, e non ebbe nemmeno il tempo di prepararsi che Harry lo atterrò. Si ritrovò col suo avambraccio schiacciato sulla gola ed una gamba fra le sue tenendolo immobilizzato. Peccato che Louis avesse ormai appreso così tanto da far scattare i reni in avanti e colpirlo sulla testa con una mano. Harry rantolò ma non si lasciò abbattere. Louis si alzò immediatamente caricandolo, gli finì cavalcioni tenendogli le mani bloccate. Harry pensò per un attimo che tutto quel movimento lo avesse distratto, fece per scappargli ma Louis gli sferrò un pugno sulla mascella. Harry gemette di dolore ma lo guardò in cagnesco. Era questo quello che voleva. Tirargli fuori tutta la rabbia e portarlo all'esasperazione. Era stato così il suo soggiorno di qualche tempo prima. Continuamente picchiato da altri come lui, sotto stress, per esaminare le sue reazioni. “Lou-Louis!” singhiozzò Harry. E solo in quel momento si rese conto di essersi perso fra i suoi ricordi e di averlo picchiato. Aveva lo sguardo vacuo, una mano stretta su entrambi i suoi polsi ed il pugno insanguinato. Harry aveva un occhio nero, le labbra spaccate e dei tagli profondi sulla sopracciglia e sugli zigomi. Lo aveva ridotto male. Si alzò di scatto indietreggiando, respirando a fatica. Iniziava ad impazzire. Aveva perso la testa da quando Harry era arrivato lì. Non era più il soldato posato e valoroso, quello rigido e stronzo da temere. “Mi-” iniziò ma non seppe cosa dire realmente. Perché no, non era dispiaciuto davvero. Pensava fosse Harry quello pazzo, quello con le manie omicide. Non lui. “Aspetta, Louis” rantolò tirandosi su. Il ragazzo in questione lo guardò da lontano, le mani sporche di sangue e le lacrime ad offuscargli la vista. Sentiva che il legame con Marcel lo aveva reso diverso. Si sentiva rovinato. La cosa peggiore di tutte era che sarebbe stato sempre così. Anche quando sarebbe finita, se sarebbe finita mai. “Non andartene” riprovò Harry. Si avvicinò a lui piano, con passo lento e felpato. Louis lo guardò senza realmente ascoltare. Sapeva solo che Harry lo avrebbe raggiunto e lo avrebbe picchiato di nuovo. Ma non successe. Non accadde nulla quando Harry gli poggiò le mani sulle guance. Si lasciò andare ad un respiro profondo e si slanciò in avanti. In un primo momento pensò di abbracciarlo, ma quando notò tutto quel sangue sul viso non fece altro che togliersi di dosso la maglia ed appallottolarla. Harry non disse niente, lo lasciò tamponargli i tagli molto grezzamente. Louis lo ripulì con cura, togliendogli dal viso tutto quel disastro che lui stesso aveva fatto. “Non volevo” gettò fuori con uno sbuffo. Harry gli sorrise e parve quasi un angelo uscito dalla guerra. Quando si accorse di aver tolto completamente il sangue, gli accarezzò una guancia. I tagli che gli aveva lasciato sembravano profondi e dovevano fargli davvero male. “Immagino di dover essere pronto anche a questo” borbottò Harry in ogni caso. Fu lui quella volta a togliere ogni distanza, facendo combaciare la fronte con la sua. Chiuse gli occhi prima di baciarlo con dolcezza sulla bocca. Nonostante i tagli gli bruciassero, non avrebbe mai rinunciato ad un bacio. Scivolò lentamente con le labbra sulla mandibola e pensò al Louis di poco prima. Era spaventoso, aveva lo sguardo vacuo e perso. Louis lo ringraziò mentalmente per non avergli chiesto nulla. Si lasciò succhiare la pelle sotto l'orecchio e gemette. Gli strinse le mani sui fianchi ed Harry continuò a baciarlo lungo le spalle e poi sul petto, fino a scivolare in ginocchio. Lo guardò dal basso ed inspirò l'odore della sua pelle, poggiando il naso sul suo ventre. Louis sussultò ma gli strinse le mani fra i capelli. Si lasciò scivolare la tuta sulle gambe e poi i boxer. Harry sembrava aver fatto questo tutta la vita. Era concentrato a baciargli l'inguine e le cosce. Profumava e tutto quello lo stava facendo impazzire. “Dio” mormorò quando Harry gli prese il membro fra le labbra. Succhiò sulla punta facendolo contorcere e gemere. Avrebbe voluto trovarsi al ridosso di un muro per sostenersi, ma si aggrappò fra i capelli di Harry. Sentì la sua lingua girarci attorno, prenderlo in giro. Rischiava di impazzire, ma trattenne delle urla strozzate. Gemette più forte quando avvertì il retro della sua gola. “Harry” mormorò confusionario. Biascicò alcune imprecazioni sotto voce mentre Harry pompava più veloce nella sua bocca. Lo accarezzò gentilmente sulle natiche, fra le natiche, sulla schiena nuda. Louis aveva i muscoli rigidi ma duri per l'allenamento costante. Era bello come un dio ed il solo pensiero glielo fece venire duro nelle mutande. Lo strattonò di tanto in tanto, arrotolando delle ciocche di capelli fra le dita e poi snodandoli. Sentiva l'orgasmo crescergli e annidarsi nello stomaco. Il bisogno di raggiungere la pace lo spinse a muovere i fianchi in avanti, Harry emise dei versi osceni, strozzandosi quasi. Ma non si tirò indietro quando divenne più rude e veloce. Non lo avvertì nemmeno, gli venne in gola ed ingoiò tutto evitando i conati di vomito. Lo lasciò andare all'improvviso e si spostò poco più indietro, aprendo gli occhi. Notò le labbra rosse e bagnate di Harry, si gettò in ginocchio e lo baciò con prepotenza. La sua mano vagò su tutto il suo corpo fino ad intrufolarsi all'interno della sua tuta. Gli stimolò l'erezione ed Harry sospirò forte dentro la sua bocca. Continuarono a baciarsi mentre Louis lo masturbava silenziosamente. Ma Harry venne poco dopo, labbra spalancate contro quelle di Louis e gli occhi all'indietro. Il cuore gli pulsò veloce e si accasciò contro il suo petto. “Torna a letto” lo incitò Louis. Quella volta Harry obbedì al suo ordine. Si rialzò in fretta con il viso dolorante ed il cazzo sensibile. Guardò Louis in ginocchio con una mano sanguinante e nudo come un verme. Era certo di non aver mai visto niente di più bello. “Buonanotte” riuscì a blaterale dopo qualche momento di confusione. Louis gli sorrise e si tirò su sistemandosi. Lo guardò andare via, le spalle rigide ed il corpo statuario. Era stato suo per un momento. Ed ebbe paura che lo volesse per sé ogni giorno.

 

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Harry si vide trascinato di forza da un paio di braccia, chiunque fosse, stava rischiando di provare la sua collera addosso. Ma smise di grugnire quando riconobbe Jared Horan seguito dal suo gemello, Niall. “Che sta succedendo?” domandò freneticamente, tentando di spostare un fastidioso riccio dalla fronte. Non gli avevano dato nemmeno il tempo di darsi una sistemata. “Non lo so, diccelo tu” borbottò Niall. Harry arricciò il naso e lo guardò. Era uguale a Jared, ma i suoi occhi sembravano – se possibile – ancora più cattivi del gemello. Aveva uno strana voce acida e cattiva. Harry deglutì sentendo le sue parole ghiacciate. Quando entrarono nella grande sala comune, si ritrovò addosso lo sguardo di tutti. Sembravano più o meno svegli e attivi, lo sguardo completamente rivolto al riccio spaesato. Ebbe subito modo di scorgere lo sguardo azzurro e cristallino di Louis in fondo, accanto a William. Sembravano entrambi tesi. Poi vide Marcel. Il suo gemello sembrava quasi stesse per scoppiare a piangere. E colto da un'improvviso senso di protezione, si strattonò dalle braccia degli energumeni ottenendo solamente un atterraggio doloroso per la sua testa. Guaì come un cucciolo quando la testa gli colpì il freddo pavimento. “Pensi di poter scappare?” lo schernì Jared. Lo rimise sui propri piedi e venne portato di fronte alla schiera. Sembravano davvero dei militari, o meglio generali. In prima fila vide Zayn Malik, Liam Payne, Louis Tomlinson e una ragazza, che riconobbe solo poco dopo come Barbara. Poco più distanti, Marcel e William, affiancati immediatamente da Niall ed il gemello di Zayn. “Che diavolo?” chiese concitato. Si rese conto in fretta di avere tutti contro. Anche Louis. Non aveva idea di cosa fosse successo nell'arco di una sola notte, ma c'era qualcosa nello sguardo di tutti quei bastardi che gli fece credere di aver sbagliato tutto. “Allora” iniziò qualcuno, si accorse di Niall Horan fare un passo avanti e prendere la parola. Louis aveva la labbra sigillate e lo sguardo duro. C'era qualcosa di sbagliato in tutta quella situazione. Marcel si lasciò scappare una lacrima e si rifugiò dietro le spalle ossute di William. “Hai qualcosa da dirci?” chiese. Dalla tasca tirò fuori un paio di occhiali ed improvvisamente, tutti quelli del Reparto A sembravano essere fatti con lo stampino. “Forse dovrei chiederlo io a voi” sputò fuori Harry. Si strattonò, ma questa volta Jared lo lasciò andare e venne accerchiato da tutti. Erano tanti, insieme facevano davvero paura. Harry non avrebbe mai potuto pensare che a Melrose fossero presenti tanti gemelli quanto ne vedeva. “Da dove inizio? Ah sì” bisbigliò incattivito. Qualcuno trattenne il fiato. Evidentemente erano all'oscuro della vera situazione. “Sei arrivato qui, hai reagito benissimo al siero e poi BOOM!” simulò un'esplosione con le mani e Louis arricciò il naso. Per la prima volta da quando mise piede dentro quella stanza, lo guardò accigliato. “Sei rimasto in coma per sei giorni, hai avuto quattro crisi mortali ma sei sopravvissuto senza alcun problema”. Ad Harry non piacque per niente la piega del discorso. C'era qualcosa dentro che iniziò ad agitarlo, le mani si strinsero in due forti pugni e la mascella gli divenne rigida. “Senza contare che, eri già molto più potente di noi, e grazie all'aiuto del tuo fratellino siamo più forti adesso, ma mai quanto lo sei tu” lo guardò in cagnesco ed Harry sostenne il suo sguardo. Non lo aveva mai visto parlare, o perlomeno non così malignamente. Gli era sembrato un ragazzo a modo. Per un istante guardò suo fratello Marcel, preoccupato. “Ah beh, poi che dire dei tuoi scatti d'ira? E del fatto che la notte non dormi e vai correndo per la palestra cercando di allenarti e renderti più forte?” a quel dettaglio Harry s'irrigidì. Solo la sera prima era stato scoperto da Louis. Solo la sera prima gli aveva fatto un pompino. Alzò lo sguardo su di lui ed il ragazzo gli lesse l'odio negli occhi. Anche Louis sembrava rigido, ma Harry lo scambiò come un sentimento di odio represso nei suoi confronti. “Parliamo anche del tuo DNA. Quando sei arrivato eri il Soggetto perfetto. L'unico disposto a mettere in gioco tutto pur di salvare quel poco che ci rimane. Dopo il siero, il tuo DNA è cambiato. Non solo sembri aver assunto nuove capacità, ma sembra tu abbia anche una notevole intelligenza. Il tuo cervello si è evoluto sotto ai nostri occhi” Harry trattenne il respiro. Aveva capito tutto. “Perché hai smesso di nasconderti? E' una missione suicida la tua?” all'improvviso sentì la terra mancargli sotto ai piedi. Guardò Louis per un brevissimo istante, lesse nel suo sguardo qualcosa come la compassione. Lui, lui più di tutti avrebbe dovuto capire. Non aveva idea di cosa dire, come rispondere a quelle insinuazioni. “Anche il fatto che tu abbia visto uno con quegli occhi mi fa pensare, volevi depistarci. Giusto?” ghignò contento. Harry sentì ancora una volta le ginocchia cedere. Non era possibile che Louis lo avesse tradito in quel modo. Lo guardò fissando i suoi occhi verdi in quelli blu e gelidi del ragazzo. Sembrava amareggiato, ma niente più di quello. Chiese silenziosamente il suo aiuto, aveva bisogno che intervenisse. Il solo pensiero che potesse anche solo passare una cosa del genere gli fece venire la pelle d'oca. “Non fate del male a lui” sibilò all'improvviso. Guardò Marcel, questa volta accanto a William, e deglutì nel vederlo in quello stato. Improvvisamente non gli importò assolutamente nulla di soffrire, ma quel maledetto legame avrebbe creato problemi anche a lui. E l'ultima cosa che desiderava era mettere in pericolo la sua vita. “E' tutto quello che hai da dirci? Non preoccuparti, lui verrà rinchiuso. Proprio adesso” i suoi occhi saettarono verso Marcel giusto in tempo per vederlo con gli occhi sgranati ed il respiro pesante. William schiuse le labbra e fece un passo indietro incapace di muoversi. “No!” urlò quando lo videro trascinarlo via. “Marcel non sembra avere le tue stesse capacità, ma ci è vicino. Lo terremo da qualche parte per il bene di tutti” gli strizzò l'occhio ed Harry si fece avanti per aprirsi un varco. Ma le mani di Jared gli si strinsero sugli avambracci e fu costretto a rimanere dov'era. Ringhiò ma non ottenne altro se non una risata. “Louis...”sibilò guardandolo. Tutti si voltarono verso il ragazzo dagli occhi azzurri, quest'ultimo s'irrigidì e poi fece un cenno con la mano. Jared lo trascinò nuovamente via e dimenandosi, tra una spinta e l'altra si ritrovò a voltarsi verso Louis.

Louis lo guardò ed ebbe un brivido lungo la schiena.

 

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Louis aveva il respiro pesante. Gli incubi iniziavano a triplicarsi e dormire non era più una valida opzione. Si alzò per la terza notte di fila, strisciò lungo il pavimento freddo e si richiuse la porta alle spalle. La luce della palestra era spenta, il corridoio silenzioso e tutta l'intera base militare sembrava dormire. Si mordicchiò le labbra riprendendo a respirare.

Il solo pensiero che avrebbero potuto rifare tutto ciò che avevano fatto a lui lo faceva stare male. Un forte senso di disagio si propagò lungo le braccia e poi alle gambe. Si ritrovò col culo per terra senza neanche rendersene conto. Fissò il muro davanti a lui e si passò le mani fra i capelli, nervosamente. Era in ansia, il cuore gli batteva forte e non aveva idea di come superare la cosa. La notte precedente, William era sceso dal letto colto da improvvisi mancamenti d'aria. Solamente qualche tempo dopo si era reso conto che era Louis il problema. Non sapeva come giustificare quel malessere. Forse la situazione schiacciante, forse il passato o forse Harry. Forse, il semplice fatto che fosse rinchiuso chissà dove lo faceva stare male. Lui non c'entrava, lui non era come loro. Avrebbe dovuto difenderlo e non fare il codardo. Forse i sensi di colpa. Sbatté la testa volutamente contro il muro e digrignò i denti. Tutto quel casino iniziava a sopprimerlo. Non era capace di reggere ciò che non poteva controllare. Odiava lasciarsi sfuggire qualcosa di mano. Ringhiò ancora prima di alzarsi di scatto e camminare lungo il corridoio. Non aveva idea di dove fosse diretto, ma a piedi nudi e con indosso solo un pantalone di una tuta scivolò piatto all'interno della caserma.

Vagò incerto per molto tempo. Non avrebbe saputo dire quanto ne fosse passato. Sapeva solo che camminare senza una meta gli stava allentando i muscoli tesi. Peccato che avesse un forte bisogno di trovare Harry. Non seppe né come né perché, ma voleva trovarlo e parlargli. Probabilmente lo avrebbe trovato ai piani bassi, rinchiuso in una di quelle assurde gabbie di ferro. Si morse le labbra ricordandosi del suo arrivo. Gli era parso un soggetto debole, ma aveva dovuto cambiare idea immediatamente dopo la prima crisi.

Quando giunse davanti le gabbie, si accorse del bastardo che avevano catturato dormire per terra, rannicchiato su se stesso. La sua gabbia sembrava essere una di quelle celle d'isolamento per i carcerati più pericolosi. Non ci badò troppo e proseguì verso la stanza, trovandosi di fronte altre di quelle gabbie vuote. Speravano di prenderne degli altri per poterli meglio studiare, ma erano più furbi di quanto mai potessero pensare. Poi improvvisamente fu costretto a mettere da parte i suoi pensieri ed avvicinarsi a ciò che aveva visto. Rannicchiato in fondo ad una gabbia c'era un ragazzo dai capelli leggermente ricci. Quando fu abbastanza vicino avvertì le palpitazioni aumentare. Ma si rese subito conto che quello in fondo era Marcel e sembrava apparentemente stare bene. Provò a richiamarlo ma non sapeva davvero cosa dirgli. Nel silenzio più assoluto si spostò ancora fino a trovare la gabbia di Harry. Era sveglio. E stava stringendo forte i pugni contro le gambe. Sembrava in procinto di spaccare qualcosa. “Harry...” mugolò con la gola serrata. Il ragazzo scattò immediatamente rivolgendogli un'occhiata gelida. Sembrava cattivo, e per un solo istante si permise di dubitare della sua vera natura. Harry rise amaramente per un istante, ma notò i suoi pugni sciogliersi fino a premere i palmi contro il tessuto logoro che portava addosso. Poi si alzò e si avvicinò alle sbarre, lasciandosi guardare. “Dì che ti dispiace e giuro che non appena esco da qua dentro ti ammazzo con le mie stesse mani” la mascella gli scattò, Louis emise un sospiro rassegnato. Louis non poté fare a meno di notare le sue occhiaie, i capelli sporchi da tutto ciò che c'era in quel buco ed i vestiti strappati. “Ma è così” sibilò incerto. Improvvisamente, il valoroso soldato scomparve in favore di un timido ragazzino. Forse il ragazzino che esisteva prima di diventare un soldato. “Non dirlo, codardo” gli sputò in faccia quella parola con così tanto veleno che Louis fu costretto a fare un passo indietro. Aprì e chiuse i pugni più volte rilassandosi, il respiro iniziò a tremolargli fastidiosamente tanto. “Harry io-” ma venne interrotto dal suo ringhio risalente dalla gola. I suoi occhi verdi brillavano illuminati da quella leggera luce rossastra in fondo alla gabbia. “Non dirlo. Vattene via” inclinò il capo da un lato aspettandosi di vederlo fare dietrofront e lasciarlo in pace, ma Louis non riuscì a muoversi di un solo centimetro. Aveva bisogno di spiegarsi. “No” rantolò. Harry alzò le sopracciglia e rivide un piccolo pezzo del ragazzo che aveva conosciuto quando era arrivato. Era determinato, ma era anche molto fragile nel profondo. “Tu più di tutti avresti dovuto dire qualcosa in mio favore, invece te ne sei rimasto lì a guardarmi come un coglione. Farete del male a Marcel, maledizione” sbottò. Louis sbatté le ciglia e notò quanto fosse preoccupato per il gemello. Più che per se stesso. Sembrava quasi importarsene del tutto. “Non è come pensi” iniziò a sentire una strana sensazione in fondo allo stomaco. Forse rabbia, perché non sapeva realmente cosa fare e cosa dire. “Ah no? E perché mi stai ancora parlando da dietro le sbarre? La verità è che hai cercato qualcosa fino ad incastrami, anzi, ad incastrarci” sibilò, sembrava un serpente. Gli occhi verdi accesi da una strana scintilla. La stessa che aveva visto quella notte di quattro giorni prima nei suoi occhi mentre tirava dei pugni violenti al sacco da boxe. “Non è vero, Harry. Lasciami parlare!” si avvicinò alla gabbia fino a stringere entrambe le mani contro le sbarre e ficcarci il naso in mezzo. Harry rimase immobile, lasciando che lo sfidasse. “Coraggio, dì pure” sbottò infastidito. Louis respirò e si leccò le labbra. Gesto che non passò inosservato ad Harry. “Io non ho detto nulla a nessuno se è questo quello che pensi. Non ti avrei mai tradito. E-” si bloccò un solo istante, lasciandosi passare per la mente quelle stupide immagini di qualche giorno prima. “E non ho fatto nulla perché ero- ero... terrorizzato. Scusa se per un attimo ho pensato che, aiutandoti, avrei messo in pericolo nuovamente me stesso e mio fratello”, Harry lesse la sincerità nei suoi occhi. Avrebbe dovuto arrabbiarsi, probabilmente perché non era stato capace di difenderlo per potersi salvare la pelle. Ma ripensando a tutto ciò che aveva dovuto passare non poté evitare di sentire il cuore a pezzi per lui. “Sono un cinico egoista bastardo, ma non potevo permetterlo. Non potevo, Harry” storse il naso guardandolo negli occhi. “E devo aiutare te in qualche modo, non potevo farmi sbattere dentro. Saremmo marciti entrambi qui sotto per sempre” aveva le spalle tese, tutto il corpo contratto. Harry gli fece scivolare una mano sulla sua. Louis rabbrividì ed osservò le sue lunghe dita accarezzarlo dolcemente. Si permise di respirare nuovamente, come se fosse uscito da una lunga apnea. “Quindi mi credi? Non pensi che io sia come loro?” domandò, la voce più sottile del solito. Aveva gli occhi verdi lucidi, alcune lacrime scapparono al suo controllo infrangendosi sulle sue guance smunte. “No... mi dispiace che tu abbia pensato una cosa del genere per tutto questo tempo” respirò profondamente e si avvicinò quanto più possibile per sfiorargli il naso col proprio. “Aiutami ad uscire da qui” gli chiese a bassa voce, le loro mani strette in complicati nodi sulle sbarre. “Non ho le chiavi, e non posso lo sai. Devo trovare il modo di dimostrare che si sbagliano” Harry annuì semplicemente e chiuse gli occhi appoggiando la fronte contro le sbarre fredde. Louis si lasciò scappare un respiro di troppo ed Harry alzò lo sguardo su di lui. “Vorrei baciarti” dichiarò Harry senza nessun pudore. Louis lo guardò senza dire niente. Poi si allontanò con la fronte corrugata ed il respiro stretto in gola. “Ti tirerò fuori da lì, te lo prometto”, Harry gli credette.

 

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Purtroppo, dopo quella notte, non gli fu più possibile avvicinarsi. Un plotone di guardie se ne stava in quel seminterrato, pronte a far fuoco a chiunque si avvicinasse, tutto per colpa dell'essere alieno che aveva rivelato a qualcuno dell'intrusione di un soldato. I primi sospetti erano ovviamente i gemelli Tomlinson, ma entrambi continuarono a comportarsi con distacco e freddezza, come dei bravi soldatini. Louis stava male al pensiero di Harry laggiù, non aveva idea di cosa avessero in mente o se gli avessero già fatto qualcosa. Nessuno sembrava volerne parlare e lui veniva impegnato continuamente negli allenamenti con quei ragazzi. Non aveva più idea del tempo trascorso, non sapeva se erano anni o solo mesi. Sapeva solo che era lì da troppo tempo e che il peso da portare sulle spalle si era triplicato. Harry gli aveva aperto un varco, ed il timido ed impacciato Louis Tomlinson di prima provava con insistenza a venire fuori.

Anche quella mattina, dopo un duro allenamento, era corso a darsi una rinfrescata nella sua stanza. L'aveva trovata vuota come di consueto, ma aveva i brividi lungo tutto il corpo. C'era qualcosa nell'aria, lo sapeva. Aveva visto Zayn, Niall, Liam e chissà quanti altri chiacchierare animatamente durante la sua corsa mattutina. Quando si guardò allo specchio, indossò la sua solita divisa completamente nera e poi la giacca di pelle. Il fucile risplendeva, era stato bravo a prendersi cura della sua arma, proprio come gli avevano insegnato qualche tempo prima. Era nervoso, il petto gli esplodeva di sensazioni. Non aveva idea se fossero riflessioni di William, ma c'era qualcosa che lo agitava nel profondo. Uscì dalla stanza, vagando per i corridoi pieni di chiacchiericcio. Alcuni ragazzi se ne stavano sul fondo della palestra a rafforzarsi come avrebbe fatto Harry. Già, Harry. Gli aveva fatto una promessa che probabilmente non avrebbe potuto mantenere. Eppure, sapeva di essere tenace abbastanza da non mollare. Avrebbe trovato la soluzione, il modo di convincerli che tutto ciò fosse sbagliato. “Lou” lo bloccò una mano. Si voltò di scatto riconoscendo William, lo sguardo teso. Aveva avuto ragione, le sensazioni di William si erano ampliate tanto fino a giungere a lui. Non era mai successo, non più di tanto almeno. Credeva che il legame fra Harry e Marcel fosse unico. L'unico a tenerli così a stretto contatto. “Che succede?” istintivamente si portò una mano sul cuore, come se quel gesto potesse alleviare le strane sensazioni. William sbatté le ciglia osservandolo, si morse le labbra riuscendo a sentire la sua stessa ansia. “Come possiamo tirarli fuori?” chiese a bassa voce. Louis ormai lo aveva capito. Fra Marcel e William era scattata la scintilla, erano innamorati ed era sicuro di averlo visto sgattaiolare più volte la notte per poi tornare indietro con l'amaro in bocca. Lo sapeva. Lo aveva capito già da quella volta quando teneva fra le braccia Marcel, sperando con tutto se stesso che non gli accadesse niente di male per colpa di uno stupido siero. “Non lo so, pensano ancora che sia in grado di alterare il suo DNA, Will?” la voce speranzosa. Sapeva già la risposta, ma continuava a sperare che in quei pochi giorni trascorsi potesse cambiare. William annuì dispiaciuto, si sentì male per il fratello. Probabilmente se fosse stato nei suoi panni avrebbe addossato la colpa ad Harry, ma per fortuna William era meglio di lui. Era un essere umano stupendo a cui augurava un giorno la felicità meritata. Ma non aveva idea di cosa sarebbe successo, non avrebbe mai saputo se tutto quello un giorno sarebbe finito o avrebbero fatto semplicemente quella vita per sempre. “Louis, come hanno capito che tu non eri uno di loro?”, William aveva la voce tesa. Nessuno si era mai chiesto niente del genere. Louis aveva semplicemente accettato di buon grado che tutto quell'inferno fosse finito una volta per tutte. Era stato così felice di esserne uscito da non pensare affatto a tutto il duro allenamento che lo aspettava. “Will, non ne ho idea. Io-” si bloccò un attimo. “Non ero così irascibile come lo è lui, non sono stato poi così forte come credevano. Non lo so, non so cosa li abbia convinti” abbassò lo sguardo. William fece lo stesso prima di sospirare. Alla fine lo seguì fino a che non entrò nella sala comune. Un grosso gruppo in fondo alla sala continuava a confabulare, qualcuno stava litigando ad alta voce. Louis storse il naso a si fece finalmente avanti, fino a raggiungerli. Tutti si fermarono a guardarlo. Da quando era arrivato Harry, nessuno sembrava più temerlo. C'era stato un cambiamento repentino. “Ci sono delle novità?” chiese, inarcò un sopracciglio in attesa di risposta. Niall e Liam si fecero avanti, il primo calmo e sorridente, il secondo cupo. “Sì Louis, domani attaccheremo” dichiarò Niall. Si alzarono delle proteste nella sala. Louis sgranò gli occhi ed osservò Liam scuotere la testa seguito da Zayn. I consensi erano maggiori, ma non avrebbero mai potuto farlo. Non ancora. Louis sapeva che si erano rafforzati, ma non era abbastanza. Avrebbero dovuto aspettare almeno qualche altro mese per poter permettere a quelli del Reparto A di effettuare ancora ricerche per rendere il siero più potente. “Ma non possiamo!” esclamò Louis facendosi avanti. Qualcuno asserì battendogli le mani sulla spalla. William lo affiancò annuendo alle sue parole. Tutti sapevano che non sarebbero mai stati abbastanza forti da farli fuori. Non avevano ancora ben chiare le loro dinamiche di combattimento. “Sai cosa è successo giusto stanotte? I bastardi hanno assaltato una città e ne hanno raso al suolo una metà, lo Stato ha ormai gettato l'allarme. Non possiamo fare altro”. Tutti trattennero il respiro incapaci di dire qualcosa. Louis grugnì e poi, forse Niall aveva ragione. C'era ben poco che potessero fare. Peccato che il suo pensiero volò ad Harry. Probabilmente lui sarebbe stato di valido aiuto, e avrebbe di sicuro dato una mano. Gli mancava, era quella la verità. Non lo vedeva da troppo tempo, non aveva idea di quale fossero le sue condizioni di salute, non sapeva se gli era stato fatto qualcosa o... se fosse ancora vivo. Aveva anche paura. Se gli fosse successo qualcosa sarebbe stata colpa sua e probabilmente non se lo sarebbe mai perdonato. “Che a voi piaccia o no, questa è un'emergenza, abbiamo bisogno di attaccare, o almeno di provarci” sospirò ed abbandonò la sala lasciandosi alle spalle bisbigli e urla di qualcuno che non sarebbe mai stato d'accordo. Improvvisamente, ogni sguardo fu gettato su Louis, come se qualcuno di loro riconoscesse ancora in lui il vero leader ed attendesse degli ordini. “Mi dispiace, non so cosa vi aspettiate di sentire, ma purtroppo ha ragione. Le speranze sono poche ma prima o poi l'intero mondo verrà a conoscenza di questi esseri, allora sarà il caos” e quelle furono le sue ultime parole. Qualcosa aveva riacceso una scintilla negli occhi di quei ragazzi, Louis gli sorrise valorosamente ed i ragazzi si trascinarono senza più esitazione verso la palestra. Alcuni uscirono fuori dal cortile, per poter correre e correre fino a non sentire più niente. Louis non gli aveva ordinato nulla, ma se ne stavano tutti ad allenarsi al meglio come se fosse una questione di vita o di morte. E probabilmente, ormai lo era.

 

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Credeva di impazzire. Non ne poteva più di svegliarsi la mattina, mangiare giusto quelle poche cose che gli gettavano come se fosse un cane in cella e poi starsene tutto il giorno seduto su quella misera branda. Aveva notato le guardie, aveva notato l'improvvisa assenza di Louis. Non aveva perso le speranze, aveva letto nei suoi occhi la sincerità. Non lo avrebbe lasciato là sotto. Sperava solo che non si fosse cacciato nei guai per colpa sua, o alla fine sarebbero rimasti lì dentro a marcire per tutta la vita. Se qualche giorno prima lo avrebbe ucciso per averlo tradito in quel modo, in quel momento sperava solo che si allontanasse da lui il più possibile solo per non destare sospetti. Aveva capito che all'interno di quello strano esercito ci fosse una spia, qualcuno che doveva fare da tramite con quei pazzi fuori. Se fosse stato davvero in quel modo, allora non avrebbero avuto nessuna speranza. Un attacco a sorpresa li avrebbe uccisi tutti. Ma lui non avrebbe potuto fare assolutamente nulla da là dentro. Ci aveva provato, davvero, a tirare con forza quelle maledette sbarre. Ma più lo faceva più sembrava indebolirsi. Era arrivato anche alla conclusione di aver perso totalmente le forze, ma Marcel, che il più delle volte dormiva in fondo all'altra cella, gli aveva rivelato che quelle sbarre erano intinte in qualcosa che contrastava il potere del siero in circolo, indebolendolo.

Aveva anche provato a richiamare l'attenzione di una guardia o forse dell'alieno silenzioso dall'altra parte della stanza, ma era servito davvero a poco. Era solo, non poteva fare nulla. Aveva già crepato il pavimento a suon di pugni, peccato che dopo la prima scarica era finito con l'accasciarsi in posizione fetale per il dolore lancinante. Là dentro sembrava aver perso qualsiasi qualità. Non avvertiva più nemmeno Marcel, le sensazioni radicate nel suo petto erano sparite nel nulla. Avrebbe voluto vederlo, o almeno sentire qualcosa. Era preoccupato per suo fratello, era troppo silenzioso e la sua parola sullo stare bene non gli bastava più. “Marcel?” lo richiamò, non avvertì nulla a parte il fastidioso ronzio del neon e dei respiri poco confortanti. “Marcel? Stai bene?” riprovò. Si alzò dal letto fino a raggiungere le sbarre, gli ci si aggrappò con forza, lasciando addirittura sbiancare le nocche. Iniziava a temere che avesse qualcosa che non andava. “Mi stai spaventando” dichiarò. Che lo avessero portato via durante la notte? Gli sembrava impossibile, poteva sentirlo respirare affannosamente. “SHH” gli fece. Si rilassò gettandosi per terra, le ginocchia gli sbatterono sul pavimento duro rimbombando per tutta l'intera stanza. Sentì Marcel muoversi inquieto, alla fine le molle della sua branda cigolarono segnalandogli o che si fosse appena disteso o che si fosse appena alzato. “Harry” sibilò alla fine. Il ragazzo si animò rimettendosi in piedi aggrappandosi alle sbarre. Si sentiva quasi come una scimmia allo zoo. “Ho sentito-” si fermò un attimo come se stesse valutando cosa dire. Ma concentrandosi meglio, Harry riuscì a percepire dei bisbigli, che da dove si trovava Marcel dovevano essere delle chiare parole con un senso. Rimase in silenzio, aveva bisogno di sapere cosa stesse succedendo ai piani alti. “Hanno-hanno deciso di attaccare” borbottò quasi come se fosse confuso. Harry spalancò gli occhi e gli mancò per un attimo il respiro. Sapeva che prima o poi sarebbe successo, ma c'era qualcosa in tutta quella situazione che lo metteva a disagio. Non erano pronti, lo sapeva persino lui. “Domani notte” concluse. Immaginò per un attimo Marcel tendere l'orecchio per poter sentire meglio. Si accasciò contro l'unica parete e si portò le mani disperatamente fra i capelli. Louis si sarebbe messo in pericolo, non sarebbe stato lì per lui e per aiutarlo. Forse quella notte sarebbe stata l'ultima per lui e per tutti, forse lui si sarebbe salvato e avrebbe portato Marcel al sicuro. Ma per Louis... beh, probabilmente il loro era stato l'ultimo saluto. Sentì l'amaro in gola, un groppo pesante che non riuscì a mandare giù.

 

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“Perché non ti riposi?” non sobbalzò nemmeno quando sentì la voce di Liam in fondo alla palestra. Non si voltò, continuò ad allenare le braccia sollevando pesi insostenibili. Liam ne rimase quasi colpito, ma in fondo aveva sempre saputo che Louis era il migliore, il più valoroso. “Non ho sonno ed ho bisogno di essere al massimo” borbottò semplicemente, lasciandosi sfuggire un rantolo di dolore per lo sforzo. Liam gli tolse dalle mani quel peso eccessivo e ciò attirò l'attenzione del ragazzo. “Se vuoi essere al massimo devi riposare” gli sorrise leggero e sentì un affetto spropositato per quel ragazzo dagli occhi azzurri. Era stato l'unico a credergli quando era arrivato, l'uno fra tutti ad aiutarlo. Non aveva mai saputo come, ma sapeva che il merito fosse suo. Che avesse persuaso Zayn o avesse trovato una valida teoria non aveva più ormai nessuna importanza. “Un consiglio a cui dovresti dar ascolto anche tu” non c'era astio o rabbia. Sembrava divertito, ma in realtà stava morendo di paura. Non aveva mai preso parte a nessuna guerra, non aveva mai fatto il militare vero e proprio e non aveva idea di quello che sarebbe davvero successo. Era preoccupato per il suo destino e di quelli che stavano dentro con lui. Se tutto fosse andato a rotoli, quella era la sua ultima notte. Il vecchio Louis avrebbe abbracciato tutte le persone più care; l'attuale Louis moriva di paura e non accettava una cosa del genere. Si era ritrovato in qualcosa di troppo grande da sostenere, ma l'era dei ripensamenti era finita da un pezzo. E non aveva nessuna scelta. Era lì a servizio dello Stato e del mondo e c'era davvero molto poco che potesse fare se non contribuire. “Louis, sei come tutti noi. Prova a non caricarti di tutte le responsabilità. Ci siamo tutti dentro, non devi dimostrare niente a nessuno” provò a ad avvicinarsi ma Louis distolse lo sguardo. “Non sarai tu il responsabile se succederà qualcosa, sei il più forte ma non sei tu a farti carico di tutto. Non lo è nessuno, capito? Siamo tutti alla pari adesso”, Liam non si trattenne e gli poggiò una mano sulla spalla. Il gesto confortò Louis più del dovuto. Ultimamente non aveva più avuto nessuna interazione civile e umana, nessuna interazione che non fossero ordini o continui allenamenti con quei poveri ragazzi. Erano stati coinvolti ingiustamente solo perché quel legame del cazzo li rendeva i migliori in battaglia. “Sono stato io a portarli qui. Probabilmente molti di loro moriranno, come credi che mi senta?” mormorò. Non ci aveva mai dato peso. Non aveva mai considerato quella evenienza. Era sempre stato freddo e calcolatore perché elogiato ed amato da tutti, il migliore che potesse esserci. Peccato che l'arrivo di Harry lo avesse rammollito. La barriera era caduta infrangendosi ai suoi piedi in cristalli. “Louis, sei stato costretto a farlo e lo sai bene. Perché adesso ti fai tutti questi scrupoli?” domandò. Una domanda apparentemente innocente che scatenò in Louis una strana sensazione. Avrebbe pianto se fosse stato solo. Perché la situazione gli pesava più del dovuto e c'era davvero molto poco che potesse fare. “Perché non avevo mai pensato prima che non avessimo più tempo. Ho sempre sperato in una soluzione diversa, magari lo Stato avrebbe trovato un accordo di pace o qualcosa del genere. Invece adesso siamo in uno stato d'emergenza e c'è davvero molto poco che possiamo fare”, prese un respiro e si rese conto di aver quasi urlato. Il panico prese possesso di lui, lasciandolo un attimo agonizzante. Era difficile pensare in quello stato e sarebbe stato peggio la notte successiva di fronte ad uno scenario di guerra. Avrebbe dovuto uccidere, probabilmente molti dei suoi si sarebbero feriti ed a quel punto lui non avrebbe fatto altro se non crogiolarsi nei sensi di colpa. “Cosa pensi che succederà?” a quel punto Liam si morse le labbra ripensando a Zayn e alla sua vita fuori da quelle mura. Sarebbero scesi in campo tutti, non c'era più tempo ed il legame li avrebbe uccisi tutti. Louis stava male al pensiero di morire, perché quello che li legava avrebbe ucciso anche William. “Cosa vuoi che ne sappia? Avranno delle strane pistole o molto probabilmente avranno sviluppato poteri sovrannaturali, non ne ho idea. So solo che questo legame ucciderà tutti quanti” si accasciò al suolo e si strinse le ginocchia al petto. Il leggero strato di sudore sulla schiena lo fece rabbrividire quando lo spostamento d'aria causato da Liam gli arrivò addosso. “Zayn dice di poter annullare le due dosi di siero iniettate, ma questo ci renderebbe lenti e deboli, ma almeno così qualcuno potrebbe salvarsi” fece Liam. Nonostante fosse la cosa più giusta da fare, quantomeno per poter mettere in salvo qualcuno di più debole, nella voce di Liam non trovò altro se non indifferenza. O forse insofferenza. Non lo sapeva, ma aveva capito il punto. Annullarlo avrebbe peggiorato le cose e solo allora ne avrebbero pagato tutti le conseguenze, e quella era decisamente l'idea più stupida del mondo dopo tutto quel tempo speso a rafforzarsi in ogni aspetto. “Non abbiamo una sola soluzione che vada bene. Dobbiamo combattere, mettere in pericolo la vita di centinaia di ragazzi e vedere chi sopravvive”, Liam non poté fare a meno di scorgere amarezza nel suo tono di voce. Louis era davvero amareggiato dall'intera situazione, non l'aveva mia visto nessuno crollare in quel modo. Sembrava quasi un bambino pronto a piangere di fronte ad una caduta da niente. “Altre celle come la nostra sono riuscite a sgominare questi bastardi, alcuni sono morti combattendo. Noi faremo lo stesso Louis, non devi lasciarti andare in questo modo. Abbiamo bisogno di te, totalmente” il ragazzo dagli occhi azzurri annuì e si lasciò andare ad un sospiro. Era ansioso, ma Liam sembrava rigenerante per la sua anima. Sapeva di poter contare su di lui, nonostante fosse stato un totale pezzo di merda in quegli ultimi tempi, lui era lì. “Sai cos'altro dovresti fare?” chiese retorico. Louis alzò lo sguardo su di lui perplesso, ma Liam gli sorrise porgendogli semplicemente una chiave. Se la rigirò fra le mani aggrottando la fronte senza capire, Liam continuò a sorridergli con quel sorrisetto da so tutto io che fece innervosire Louis. “Sei un idiota. So che tutti sono a dormire, non c'è nessuno nel seminterrato stanotte. Abbiamo bisogno anche di lui, muoviti” e Louis semplicemente scattò in piedi. Tutto ciò di cui aveva bisogno in quel momento era correre a perdifiato fino ai piani bassi. Harry se ne stava sicuramente dormiente fra quelle sbarre e tutto ciò che gli aveva promesso aveva finalmente una forma. Più precisamente era piccola e in ferro. La chiave della libertà.

 

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Non aveva nessuna voglia di dormire dopo aver scoperto una cosa del genere. Sembravano essere andati tutti via e quello era decisamente segno dell'inizio della battaglia. Si stavano preparando tutti, per Harry era ormai ovvio. Ringhiò stringendo le mani sulle sbarre, sentendo immediatamente le forze venire meno. Voleva essere d'aiuto, non avrebbe dovuto essere in quel posto. Marcel taceva ormai da ore, come se fosse addormentato o stesse riflettendo in un angolo. Non riuscì ad avvertire nessuna sua sensazione nel petto e questo lo rese più nervoso. Rimase in silenzio, facendo avanti e indietro per quel piccolo perimetro quadrato. Le sue unghia iniziarono a sanguinare quando tirò via le pellicine in eccesso, era davvero nervoso. Non avrebbe mai fatto un gesto simile. Si passò nervosamente una mano fra i capelli e sospirò. Semplicemente non poteva. Era stato catapultato di forza in una realtà diversa, aveva passato giorni o forse mesi – non ne aveva idea – chiuso lì dentro provando ad allenarsi, a sperimentare sieri sulla sua stessa pelle. Non poteva diventare un semplice spettatore esterno che alla prima occasione avrebbero ucciso. Necessitava di un fucile fra le mani tremanti e di mettere in pratica tutto ciò che aveva imparato. Aveva davvero bisogno di uscire da quel posto lugubre e prendere parte alla missione suicida.

Sobbalzò sul posto quando avvertì dei movimenti proveniente dal fondo dell'enorme capannone. Un rumore nervoso di chiavi prese parte ai suoi pensieri ed immediatamente richiamò suo fratello. “Shh!” gli intimò semplicemente qualcuno. Non sentì nessuna parola provenire dalle labbra dello sconosciuto, tanto meno da Marcel. “Abbiamo bisogno anche di te” sentì bisbigliare. Sentì il cuore battere più forte quando l'estraneo si avvicinò alla sua gabbia. Poi finalmente lo vide. Louis con i suoi occhi azzurri, così luminosi e liquidi da sembrare un angelo. Aveva al collo il solito fucile, ma era in t-shirt e tuta. “Louis” mugolò incapace di dire qualcosa. “Non ho tempo di spiegarti, esci e basta” fece frettoloso. Le sue mani tremavano e le chiavi gli scivolarono più volte fra le dita. Contò mentalmente il numero delle chiave, avvertendo una strana ansia del petto. Non trovava la chiave giusta. Il mazzo era troppo grande e le sue mani sudate non aiutavano. Era terrorizzato. “Ehi, Louis, ehi” Harry allungò le mani oltre le sbarre e bloccò quelle del ragazzo. Louis respirò ed alzò gli occhi su di lui. Il sorriso cristallino si rifletté persino nei suoi occhi verdi e Louis non poté fare a meno di sorridergli in cambio ed avvertire delle strane sensazioni al petto. Harry gli accarezzò una guancia, preso dal suo viso. Non lo aveva mai visto così indifeso, sembrava quasi sul punto di piangere per l'ansia. Ma non lo fece. “Te lo avevo promesso” mugolò distrattamente, riprendendo a cercare la chiave giusta. Sembravano infinite, come se toccandole una alla volta si moltiplicassero. Harry annuì semplicemente e si mordicchiò le labbra in attesa. Iniziava a sentire l'ansia crescere anche lui, come se fosse una sorta di riflesso involontario. “Cazzo” lo sentì imprecare più volte, ed il tremore alle mani aumentò nuovamente. “Cazzo, cazzo, cazzo” ripeté come un mantra. Harry avrebbe voluto dirgli di stare calmo e prendere un respiro, ma improvvisamente fu il panico. Non riuscì nemmeno a capire cosa stesse succedendo che si ritrovò ad urlare. “Louis! Alle tue spalle!” ed il respiro gli mancò quando qualcuno lo colpì sulla schiena. Si accasciò e le chiavi gli caddero ai piedi. Harry spalancò gli occhi terrorizzato ed emise un rantolo quando notò Louis in difficoltà. Si rialzò in fretta ma in men che non si dica venne circondato da almeno sei individui. Non ce l'avrebbe fatta da solo, quella era la fine. E non aveva nessuna voglia di starsene ancora là dentro e vederlo morire. Si gettò in ginocchio, e nonostante il dolore acuto alla rotula tastò sul pavimento alla ricerca delle chiavi. Quando le notò allungò il braccio il più possibile per poterle afferrare. Notò Louis saltellare da una parte all'altra come una volpe, tutti i suoi sensi all'erta. Aveva messo fuori gioco due di loro, ma i restati quattro lo attaccarono tutti insieme. Lo sentì mugolare di dolore, poi solo dei tonfi sordi, non riuscì più a vedere Louis. La luce della sua cella non era abbastanza ad illuminare tutto. Possibile che nessuno si fosse accorto dell'attacco? Grugnì incazzato e quando finalmente ebbe il mazzo di chiavi fra le mani con un grosso nervosismo le provò tutte. Fu difficile provarle arcuando il polso verso l'esterno il più possibile. Era praticamente un'impresa assurda provarle tutte. Necessitava di trovare quella giusta in fretta. Poi avvertì uno scoppio, più precisamente uno sparo. Sobbalzò ed alzò gli occhi in cerca del corpo di Louis e tremò sopra le sue stesse gambe quando non scorse niente. “Louis!” urlò con disperazione, il ragazzo non rispose. Avvertì ancora pugni e grugniti, e se Harry pensava la cosa giusta, quei rumori indicavano una lotta. E se c'era in corso una lotta doveva esserci qualcuno ancora in piedi a combattere. Louis doveva essere ancora vivo, si stava difendendo bene. Almeno fu quello che sperò. Furono minuti interminabili, minuti sprecati alla ricerca di una stupida chiave del cazzo. Gemette così tanto da spezzarne una contro la serratura. La fortuna volle che non rimase dentro incastrata, perciò continuò. Il nervosismo lo stava divorando dall'interno. Tutta quella voglia di uscire era puro istinto di sopravvivenza, ed al momento non era il suo ad avere la precedenza. Doveva salvare Louis, e probabilmente il resto di quei poveri ragazzi dormienti fra le mura di quella base militare. “Aiuto!” urlò con tutto il fiato. “Aiuto!” continuò. Purtroppo non avvertì nient'altro se non tonfi sordi di pugni e calci sferrati contro qualcosa, e purtroppo per lui quel qualcosa era proprio Louis. Erano troppo in basso affinché qualcuno potesse sentirli. Erano da soli e se non avesse fatto qualcosa Louis sarebbe morto ed Harry insieme a lui. “Ha-Har-” singhiozzò qualcuno. Riconobbe la voce di Louis, nonostante fosse distorta e completamente distrutta. Harry avvertì il petto tremare, le chiavi gli scivolarono di mano più volte e fu costretto ad asciugare l'insistente sudore dalle mani. “Ti prego, resisti” mormorò più a se stesso che a qualcuno in particolare. “Dalle a me!”. Harry alzò lo sguardo sbattendo le sopracciglia un attimo senza capire. Poi quando riconobbe la sua copia esatta per poco non esplose. “Cristo, vattene! Mettiti in salvo!” lo pregò con lo sguardo, ma Marcel gli rubo di mano le chiavi ed analizzando esattamente la serratura, in meno di qualche secondo riuscì a trovare quella giusta. “Marcel, devi andartene, per favore” doveva salvarlo a tutti i costi, non esisteva che se ne stesse lì con lui. “Corri a chiamare aiuto” lo incitò ancora, poi scattò in avanti in soccorso di Louis. Lo trovò stretto contro il muro, mentre uno di quei bastardi gli stringeva con forza una mano sulla gola. Era stato abbastanza forte da farne fuori quattro, peccato che avesse esaurito ogni energia. Possibile che William non avesse sentito ancora nulla? Senza pensarci, sferrò un colpo secco sulla schiena dell'essere e quest'ultimo si accasciò verso il pavimento, ricevendo il colpo di grazia da Harry. Louis respirò affannosamente, chiudendo gli occhi. “Stai bene? Sei ferito?” domandò. La preoccupazione che Louis lesse nei suoi occhi lo portò a sorridere. Così tanto da scivolare contro la parete e chiudere gli occhi ridendo come uno stupido. “Harry!” venne distratto da Marcel che, non aveva idea di come, ma era finito per trattenere quell'essere in una stretta morsa col braccio. E si meravigliò di vederlo stringere più forte sul suo collo. Era straordinariamente forte e doveva aver assunto quelle tecniche che lui aveva imparato col tempo, solo grazie al loro legame. Ma il colpo di grazia giunse da Louis, che aveva imbracciato il fucile e colpito quello schifoso dritto al cuore. Marcel lo lasciò subito stramazzare al suolo e si avvicinò ad Harry. Si abbracciarono per istanti infiniti ringraziando il cielo che stesse bene, - forse anche un po' il suo siero – e gli sfiorò la schiena. Poi si ricordò di Louis ferito alle sue spalle e tornò ad inginocchiarsi a lui. “Louis, ce la fai ad alzarti?” chiese cercando di capire quanto gravi fossero le sue ferite. Sfiatò un attimo prima di guardarlo e sorridere ancora. “Ci hanno fregati” ridacchiò. Harry notò quella insolita espressione da pazzo fuori di testa, e sentì il petto stringersi. Era evidentemente scioccato, o forse terrorizzato da ciò che era appena successo. “Ha ragione” interruppe Marcel alle sue spalle. “Ci hanno circondati, sono tornato indietro perché li ho visti-” si interruppe ed Harry lo notò deglutire a fatica. Tremò leggermente e quell'aria da duro assunta poco prima lo abbandonò in favore del solito Marcel. “Hanno ammazzato alcuni del Reparto A... quindi il Reparto B si è dimezzato a sua volta”, Louis ridacchiò amaramente ancora sotto lo sguardo incredulo di Harry. Tutta la spavalderia e quell'arroganza sparirono, lasciandolo scoperto. Il riccio notò come alcune lacrime fossero appena scese senza alcun controllo. Non c'era molto da fare se non cercare di tirarlo su e scappare da qualche parte per poter vedere meglio le sue ferite. “Avranno ucciso i miei amici. Liam...” bisbigliò. Qualche attimo prima stavano parlando e quello dopo probabilmente era già morto. Non seppe quale sensazione prese parte nel suo corpo, ma Harry si sentì debole. Così tanto da afferrarlo per le spalle e stringerselo forte al petto. “Okay” lo afferrò per le guance con entrambe le mani e lo guardò intensamente negli occhi, Louis rabbrividì. “Se tu sei vivo vuol dire che anche Will lo è” fece Harry, i suoi pollici spazzarono via qualche lacrima di troppo. “Adesso io andrò a dare un'occhiata alla situazione, tu” indicò suo fratello “ prenditi cura di lui, cerca di sanare qualche ferita”, lo guardò nuovamente negli occhi ed avvertì una scossa agitarsi in fondo allo stomaco e subito dopo propagarsi ovunque come un filo conduttore. “Torno presto” gli lasciò una carezza e poi un bacio delicato sulle labbra. Lo guardò come se fosse la cosa più fragile del mondo e sperò con tutto se stesso che quello non fosse un bacio d'addio.

 

Aveva imbracciato il fucile di uno dei gemelli che aveva trovato riverso sul pavimento del corridoio. Harry non aveva avuto nemmeno il coraggio di vedere chi fosse, preferiva vederlo più un uomo morto senza volto. Quell'immagine non l'aiutava a superare l'ansia ma poteva essere un inizio. Strisciò contro la parete del lungo corridoio buio e si tenne stretto il fucile al petto, aveva il respiro affannato e corto se per l'ansia o per lo sforzo di prima non ne aveva idea. Ma aveva bisogno di continuare, perché Louis aveva perso la ragione e non c'era nessuno in grado di far qualcosa, non quanto lui. Aveva bisogno di trovare Liam o Zayn, o magari entrambi. Camminando, abbandonando quel seminterrato lugubre iniziò ad avvertire lievi rumori. Rumori di spari e di lotta. Qualcuno al piano di sopra stava uccidendo qualcun altro, ed Harry aveva bisogno di sapere che avessero la meglio. Alla fine, quel qualcuno li aveva traditi e non era stato semplicemente un tradimento nei suoi confronti, ma per l'intera base militare. Qualcuno li aveva introdotti lì dentro quella notte stessa solo per assaltarli e farli tutti fuori, prima dell'attacco.

Prima ancora che potesse rendersene conto venne stretto ancor di più contro la parete da un ragazzo che apparentemente sembrava un umano, ma poi notò il colore dei suoi occhi cambiare sotto al suo naso. Incredibile. Quella striatura rossa fece capolino, ipnotizzandolo quasi. Louis aveva ragione, quei bastardi avevano un marchio di fabbrica, ma che era molto facile da occultare. Senza pensare più di qualche secondo, gli puntò il fucile sotto al mento e sparò. Schizzi di sangue gli sporcarono il viso ed il rimbombo dello sparo gli fece sgranare gli occhi. Gli tremarono le mani perché mai avrebbe pensato di uccidere qualcuno. Che fosse umano o meno. E anche se quegli essere venivano da tutt'altra parte, sembravano degli umani veri e propri. E dopo avergli fatto saltare in aria la testa, non notò nessun cambiamento nel corpo esanime, se non che il colore dei loro occhi divenne di un azzurro così intenso da sembrare vetro. Non si soffermò a rimuginare su ciò che aveva fatto, perché era esattamente ciò che avrebbe dovuto fare tutto il tempo pur di proteggere della gente innocente. Da lontano, qualcuno gli sparò addosso, ma un proiettile gli sfiorò l'orecchio destro facendolo sanguinare. Avvertì il bruciore ma strinse i denti e puntò il suo fucile contro quelle bestie. Ne atterrò uno e riuscì a disarmare l'altro sparandogli alla mano. Si avvicinò a lui strisciando con una rabbia assurda a prendere possesso del suo corpo. Da quel momento in poi avrebbe distrutto qualsiasi cosa. Non avrebbe permesso a nessuno di far del male a Marcel e a Louis. A nessuno. Gli puntò il fucile addosso, ma alcuni di loro gli vennero addosso disarmandolo. Qualcuno lo colpì sul retro delle ginocchia facendolo inginocchiare e sbattere forte la testa contro il pavimento. Gemette ma non si arrese. Si tirò su con le mani ritrovandosi il bastardo ferito di prima leggermente in disparte e altri due bastardi con un ghigno sul viso. “Questo qui deve essere il Soggetto Alfa di cui parlava Jared” fece uno dei due. Si avvicinarono ad Harry e lo afferrarono per la maglia logora, strappandogliela definitivamente. Il riccio si strattonò con rabbia, liberandosi delle mani viscide di quei bastardi. Li guardò con tutto l'odio e disprezzo di cui fosse capace e strinse le mani in due pugni pronto ad attaccare. Non aveva idea di che cosa stessero blaterando, di quale Soggetto Alfa stessero parlando o di chi fosse Jared, l'unica cosa che sapeva era che voleva strappargli il cuore o qualsiasi cosa avessero nel petto. “Tesoro, vogliamo solo parlare” lo schernì scherzosamente. Ricordò di aver sentito dire a Marcel del loro essere così affettuosi nei confronti di qualsiasi sesso, del loro essere sadici ma al contempo le persone più gentili del mondo. Era sicuro che, come gli essere umani, anche loro avessero una buona parte di popolazione senza nessuna voglia di uccidere e prendersi il pianeta. “Sappiamo che sei stato qui sotto, ti hanno indebolito perché ti credevano uno dei nostri” proruppe l'altro. Harry scattò lo sguardo su quell'individuo dai lineamenti così delicati da sembrare finto. “E vorremmo davvero che tu lo fossi” riprese nuovamente il primo. Harry inorridì immediatamente e fu solo allora che si rese conto di essergli andato addosso. Lo scaraventò per terra, sentendo le mani dell'altro provare a strozzarlo. Ma un colpo di fucile alle sue spalle fece staccare tutti e tre dalla lotta. Si guardò attorno, fino a che non scorse lo sguardo di Louis in fondo al corridoio. Era agghiacciante, cattivo, terribilmente freddo. Si fece avanti senza nessuno indugio, e sembrava non avesse nessuna ferita sul corpo tanto era sicuro. “O forse è lui il Soggetto Alfa” ringhiò il bastardo. Harry rotolò sul pavimento osservando Louis mirare e sparare due colpi secchi senza pensarci più di tanto. Era completamente meravigliato dal coraggio che era riuscito a raccogliere. Per un attimo pensò che non si fermasse, che lo sorpassasse e procedesse avanti a distruggere altri esseri. Ma si sorprese quando si inginocchiò e lo attirò a sé dal collo della maglia. “Ho bisogno di te in guerra, soldato” lo baciò con intensità, Harry sentì lo stomaco contorcersi e finire sotto sopra. Non poté fare a meno di seguirlo alla fine. Louis era come il pifferaio magico.

 

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Louis sentì di non aver mai avuto tanta energia dentro come in quel momento. Era bastato un solo attimo, Marcel si era accasciato portandosi le mani sul collo infastidito ed aveva capito. Le sensazioni fastidiosi di Marcel erano di Harry ed il solo pensiero che stesse agonizzando o che fosse ad un passo dalla morte lo smosse. Era stato facile perciò puntellare le mani al pavimento e tirarsi su. Sapeva di avere una ferita aperta e sanguinante sulla gamba, un grosso taglio sotto l'orecchio e chissà quanti altre ferite addosso, ma non gli importò. Il coraggio che aveva perso si era ricostituito, ed in quel momento sentì quella barriera di forza ricostruirsi. Riavvertì il bisogno fisico di fare qualcosa, di prendere parte alla battaglia, di alzarsi e combattere per la causa per cui si trovava ancora lì. Ed era stato semplice riprendere in mano il controllo, sparare dritto a quei bastardi e difendere Harry. Ed era stato semplice guardarlo, perdersi in quel verde troppo intenso ed innamorarsi per la prima volta.

Si ritrovarono lungo un corridoio buio, solo le luci d'emergenza a far fronte all'oscurità totale. Harry gli camminava dietro col fucile puntato alle sue spalle. Si stavano proteggendo a vicenda. C'era troppo silenzio e Marcel gli aveva spiegato di essere stati colti alla sprovvista da troppi di loro. Dovevano essere nascosti negli angoli più remoti per coglierli di sorpresa e sgominarli tutti. Ma Louis non aveva nessuna intenzione di lasciarsi sopraffare, non da quei schifosi bastardi. Conosceva alla perfezione ogni posto di quella base militare. Conosceva ogni angolo segreto e nascosto, e aveva ormai capito che qualcuno doveva averli aiutati a portarli dentro. “Marcel è rimasto di sotto” lo informò Louis, aveva capito il suo bisogno di sapere. “Gli ho messo in tasca un rilevatore, lui sa come usarlo. Capirà quando avrà la via libera” concluse. Harry non volle sapere di più, sapeva bene che Marcel era troppo intelligente e se la sarebbe cavata alla grande. Probabilmente ciò che Louis gli aveva lasciato era il rilevatore delle sue tracce, quando si sarebbero allontanati abbastanza avrebbe capito di avere una sorta di via di fuga. Sospirò alle sue spalle e si lasciò andare subito dopo ad un rantolo. Louis si voltò, notando il suo viso sfregiato e l'orecchio sanguinante. “Cosa ti fa male?” gli chiese a bassa voce. Harry si mordicchiò le labbra e bisbigliò un “niente” a cui Louis non credette ma che finse di considerare come la verità. Strisciarono a lungo senza incappare in nessun essere, quello li allarmò entrambi. Poteva stare a significare sicuramente molte cose, come che fossero tutti morti o che fossero andati via. Ma per Louis sembrava impossibile. Eppure quel dannato silenzio era la cosa peggiore, gli incuteva terrore ma non si sarebbe lasciato sopraffare ancora dalla paura. Superarono agilmente tutto il corridoio fino a che Louis non si fermò e con un dito sulle labbra gli chiese di fare silenzio e poi di aspettare proprio lì dov'era. Harry lo vide improvvisamente farsi avanti e puntare il fucile verso le scale e guardarsi intorno. “Via libera” mormorò, così piano che Harry fu costretto a capirlo dal labiale. Salirono le scale lentamente, quasi come se temessero l'arrivo di quegli alieni dai muri spessi. Ma non accadde nulla fino a che non giunsero alla seconda rampa di scale e si imbatterono nel lungo corridoio del Reparto A. “Aspetta” mormorò improvvisamente Harry afferrandolo per un braccio. Louis si voltò di scatto guardandolo negli occhi. Aveva ancora quello sguardo glaciale di prima, ma che si ammorbidì quando vide la preoccupazione nello sguardo verde smeraldo del ragazzo. “Io- io volevo-” ma con gesto repentino delle mani lasciò perdere e gli si gettò addosso sovrastandolo. Louis sbatté la testa contro il muro ma represse quel gemito di dolore in favore di un gemito di piacere. Harry gli leccò goffamente le labbra per poi lasciargli un bacio così profondo da fargli girare la testa. Probabilmente colpa dell'ossigeno che venne a mancare per quelli che gli sembrarono minuti. “Harry” lo scostò col fiatone, afferrandogli le guance con entrambe le mani, spostandogli i capelli dal viso. Gli tremavano le mani ma Harry evitò di farglielo notare perché lasciarsi guardare da quegli occhi e lasciarsi toccare da quelle mani gli sembrava la cosa migliore del mondo. E se davvero sarebbero morti quella sera, voleva ricordarsi del suo sapere, delle sue carezze, dei suoi abbracci. “Harry” ripeté con più enfasi. “Quando ti vidi per la prima volta, lessi il linguaggio del tuo corpo. Sapevo già della tua forza, conoscevo già le tue qualità. Solo guardandoti. Ma non ho mai voluto questo per te, mai” qualcosa gli scappò dalla bocca e poco dopo si rese conto di aver iniziato a piangere. Notò il viso di Harry farsi più sfocato. “La tua unica colpa è quella di essere un gemello e di avere un gene differente rispetto al resto dell'umanità. Avrei voluto vederti libero, non trascinarti in questa guerra già persa” poi lo lasciò andare sfregandosi gli occhi. Harry avvertì un buco allo stomaco dovuto a tutte quelle sensazioni contrastanti. Lo aveva odiato, lo aveva detestato così tanto da volerlo vedere morto nel peggiore dei modi con quanto più dolore possibile. Eppure, in quel piccolo frangente di tempo capì di essersi imbattuto in qualcosa di più grande, sin dal principio. Non riuscì a dire nulla, semplicemente lo coinvolse in un enorme abbraccio, da spaccare le ossa, e si lasciò andare ad un leggero singhiozzo. Non potevano rimanere lì a guardarsi o ad abbracciarsi, avevano ancora delle vite da salvare. E fu proprio Louis ad interrompere quello scenario intriso di amarezza, perché avvertì una strana sensazione al petto e successivamente alle braccia. Ebbe la spiacevole sensazione di cadere, ma Harry lo afferrò immediatamente rendendosi conto che il legame lo stava spezzando. “No, no” mormorò sconnessamente. Harry capì immediatamente di dover correre a salvare William, non avrebbe perso Louis in quel modo. “Ti prego Louis, non mi mollare adesso” lo pregò. Louis alzò lo sguardo su di lui digrignando i denti. Sapeva che suo fratello era in pericolo e avrebbe dovuto sbrigarsi, non lasciarsi andare così. Perciò, nonostante il dolore, si rialzò e percorse gli ultimi tratti trascinandosi a fatica. Harry lo tenne per una spalla e lo aiutò ad andare avanti. Nel corridoio del Reparto A sembrava non esserci nessuno. Improvvisamente Louis cadde, gli scivolò dalle braccia. Si ritrovò carponi sul pavimento con la testa rivolta fra le gambe. “Louis!” sobbalzò il riccio, Louis ansimò prepotentemente. Poi tutte le spiacevole sensazioni sparirono all'istante. Si tastò il petto e recuperò in fretta tutte le forze. Il cuore tornò a pulsargli normale, il sangue a circolare come sempre ed il fastidioso bruciore al centro del petto andato. “Non-” iniziò, alzò lo sguardo su Harry ed aggrottò la fronte. “Non sento più niente” pronunciò. Non seppe se rilassarsi perché William era al sicuro o se agitarsi perché era morto ed il siero non aveva funzionato anche su di lui. “Allora andiamo, vediamo cosa sta succedendo” lo incitò Harry. Louis deglutì e si rialzò, correndo in fretta per il corridoio. Quando superarono le prime quattro porte dei laboratori chimici iniziarono a sentire dei mugolii. “Non ti preoccupare, questo non ci impedirà di ucciderlo” mormorò qualcuno. Louis ebbe appena il tempo di appoggiarsi al muro e di fermare Harry, o sarebbero stati scoperti. Harry si vide rallentare dalla mano di Louis sul ventre e si tirò indietro. Dentro la stanza del laboratorio di biologia c'era qualcuno. Louis aveva bisogno di coglierli di sorpresa. Si affacciò di poco verso la porta e notò immediatamente Zayn, Liam e i loro rispettivi gemelli inginocchiati di fronte a quattro dei bastardi. Ma ciò che lo sollevò fu la figura di William rannicchiata contro un angolo con lo sguardo pieno di lacrime. Louis non riuscì a contenere la rabbia, si affacciò sulla porta e sparò alla schiena di uno di loro. Cadde inginocchiandosi di fronte ai ragazzi, ed il secondo colpo partì dal fucile di Harry. Colpì in testa l'essere che andò ad ammassarsi al pavimento. Peccato che nessuno avesse avuto il tempo materiale di neutralizzare anche gli atri due. Partì un colpo, poi due. Harry ne scansò uno. “No!” l'urlo straziante di Liam fece capovolgere lo stomaco di entrambi. Harry senza pensarci due volte si fece avanti e sparò senza farsi nessun tipo di scrupolo. Aveva lo sguardo di un angelo vendicatore e tutto ciò gli permise di eliminare quella minaccia. “No!” urlò nuovamente Liam. Si dimenò, cercando di slegarsi quelle fastidiose corde dai polsi che gli stavano lacerando la carne, ma non ci riuscì. Harry, mantenendo uno strano sangue freddo lo aiutò, spezzando la corda con la sola forza delle mani. Louis seguì la scena immobile, il fucile ormai caduto ai suoi piedi. Liam afferrò Zayn fra le braccia, la testa sul suo grembo, lo sentì piangere per un paio di secondi poi il silenzio. Le sue orecchie fischiarono e ciò che vide gli fece mancare il respiro. Zayn era stato colpito dal primo colpo di pistola. Alla testa. Un colpo diretto e decisivo. Il suo cuore affondò, ma non uscì nulla dalla sua bocca né dai suoi occhi. Sembrava essersi immobilizzato, come se il tempo si fosse fermato. “Louis! Louis!” non sentì nemmeno la voce di Harry che lo stava richiamando. Avvertì un conato di vomito e si accasciò sul pavimento, rimettendo tutto ciò che poteva. Harry gli si inginocchiò di fianco e cercò di aiutarlo, invano. Scuoterlo non serviva a niente. “Fratellino” bisbigliò William. Louis parve sentirlo. Alzò lo sguardo sugli occhi identici ai suoi e schiuse di poco le labbra. “Sono un debole essere umano adesso, volevo salvarti” si giustificò. Louis non capì in fretta, perché improvvisamente tutto ciò che udì furono i pianti ed i gemiti di dolore di Liam davanti a lui. Nessuno sembrava dargli un senso, e nessuno lo stava consolando. Quello avrebbe dovuto farlo lui, ma aveva appena perso un amico. Non ce la faceva proprio. “Louis, hai capito?” lo richiamò nuovamente William. Riportò lo sguardo su di lui e si sforzò di ascoltarlo. “Ho ingerito ciò che contrasta il siero. Non abbiamo più nessun legame, nessuno Louis. Qualsiasi cosa ci legasse anche prima, quando avevamo una vita normale, adesso non esiste più. Non ho più la tua forza, non ho più niente. Louis, devi provare a farcela da solo” si morse le labbra e sperò che capisse. Ma Louis aveva capito, almeno in quel momento di lucidità aveva sentito le sue parole. “Quei bastardi minacciavano di uccidere me solo per fare fuori il Soggetto Alfa” il modo in cui William pronunciò quelle parole gli fece rizzare i peli sulle braccia. Alle spalle del suo gemello, Louis notò Liam accasciarsi sul corpo di Zayn e chiudere gli occhi. Non volle più guardarlo, gli parve quasi di mettere il naso in una cosa privata. Anche se Zayn era morto, a Louis non importò. Era un momento loro, lui non c'entrava. “Che cazzo dovrebbe essere il Soggetto Alfa?” grugnì Harry. Aveva sentito dire già quelle parole a quei bastardi nel seminterrato, ma non aveva avuto il modo ed il tempo di chiederlo. E francamente, aveva bisogno di salvarsi la pelle. “Credo sia l'essere umano che si avvicini alla loro razza” rispose incerto. “E perché lo volevano morto?” chiese ancora Harry curioso. Louis seguì quella conversazione come se fosse uno spettatore esterno e non lui il centro di tutto. “Perché, se non possono averlo dalla loro parte, allora è un soggetto potenzialmente pericoloso per loro”, William guardò Louis con un sorrisetto accennato sulle labbra ed il liscio vi lesse dentro qualcosa come l'orgoglio. “Prima- prima hanno scambiato me per il Soggetto Alfa” mormorò Harry. Louis si voltò a guardarlo, aveva la mascella contratta e l'espressione cupa. Louis ebbe la malsana voglia di avvicinarsi al suo viso e rubargli quell'espressione imbronciata con un bacio. “Allora-” si fermò un attimo William. “Dov'è Marcel?” chiese quasi allarmato. Harry si voltò a guardarlo sgranando gli occhi. Il panico lo assalì in meno di qualche secondo ed il respiro venne meno. “Harry, dov'è tuo fratello?!” domandò questa volta guardandolo con insistenza. Harry spalancò le labbra, il respiro già corto. “Nel seminterrato, arriverà quando si renderà conto tramite il trasmettitore, di avere la via libera” rispose in fretta. William si alzò e Louis non poté fare a meno di notare il tremore delle sue mani. “Che sta succedendo?” domandò Harry con la fronte aggrottata e lo sguardo terrorizzato. “Succede che dobbiamo andare a prendere Marcel prima che arrivino loro” si prese un attimo per guardarli entrambi e poi osservare Harry negli occhi. “Cercheranno di uccidere lui perché vogliono anche il Soggetta Beta morto”.

 

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Harry era nel panico più assoluto. Quella notte sembrava non finire mai. Tutto ciò che ronzava nella sua testa era la frase “Marcel è in pericolo, Marcel è in pericolo” così tante volte da essere ormai fastidiosa. Stavano ripercorrendo il corridoio a ritroso e fino a quando Harry avrebbe continuato a correre poteva sentirsi potenzialmente bene. Louis, al fianco del gemello, non aveva avuto modo di chiedere come facesse a sapere certe cose, ma del resto non avevano il tempo e poi, William era troppo intelligente senza l'aiuto del siero. Harry strinse così tanto il fucile fra le mani da temere di sbriciolarlo, avrebbe dovuto fare attenzione se non voleva perdere l'unica possibilità di ammazzare quei stronzi. Non avvertiva nulla nel petto, sentiva solo le pulsazioni fastidiose del suo stesso cuore. Nulla che potesse ricollegarlo a Marcel. Era infastidito come quando era stato rinchiuso in quelle celle, non c'era niente da fare. Ma tentò di rimanere lucido, aveva bisogno di tutta la sua concentrazione e forza per poter arrivare da suo fratello. E quando finalmente raggiunsero il seminterrato si bloccò di colpo. Tutti e tre avvertirono dei bisbigli pesanti, ed il riccio pensò che non avrebbero potuto fare molto da soli. Fu per quel motivo che William cercò qualcosa nelle tasche. Rimasero tutti a fissarlo, incapaci di capire. Ma quando tirò fuori un piccolo aggeggio finalmente capì di cosa si trattava. Era un semplice cerca persone, ma che avrebbe avuto un effetto immediato. Non aveva nessuna idea di dove fossero tutti quei gemelli, ma il cerca persone li avrebbe messi comunque in allarme. Avevano davvero bisogno di aiuto. Purtroppo erano arrivati tardi e Marcel doveva essere loro prigioniero proprio fra quelle mura, o dentro ad una cella. Louis sentì i sensi di colpa crescere nel suo petto, perché era stato lui a mollarlo là sotto, fra le fauci di quei leoni affamati. E non si sarebbe mai perdonato nulla di simile. “Fermi” mugolò Harry, non si voltò, gli fece un cenno con la mano e li bloccò entrambi alle sue spalle. “Non andrai da solo” borbottò in risposta Louis. Anche se non aveva più in circolo tutta quella forza e velocità, sapeva comunque come maneggiare un facile. Anche piuttosto bene. Il più piccolo si voltò a guardarlo e gli poggiò una mano sul cuore, cercando di tenerlo indietro. “Cosa fate lì fuori? Entrate, vi stavamo aspettando” sentirono improvvisamente. Tutti e tre sobbalzarono nell'udire quella voce apparentemente lontana. E Louis giurò di conoscere bene quella voce. Si guardarono negli occhi incapaci di capire cosa fare, alla fine un'ombra scura si fece avanti e l'invitò ad entrare. Harry gli puntò subito il fucile contro, peccato che un bastardo gli si materializzò di fianco e lo disarmò sparandogli ad una mano. Harry gemette e si accasciò, qualche istante dopo sentì un flebile “no!”, che poté giurare appartenesse a suo fratello. A quel punto, Louis gli puntò contro la pistola e William cercò di recuperare quella di Harry. “Lasciatelo andare”, fu Louis a prendere la parola viste le condizioni di Harry. Si sarebbe volentieri accasciato al suo fianco e stretto una sorta di benda sulla mano ferita, ma rimase vigile e freddo su quelle due ombre. “Purtroppo voi due siete solo un effetto collaterale” indicò l'ombra. William si strinse contro Louis, imbracciando malamente il fucile fra spalle e guancia. “Noi vogliamo voi due” nonostante non lo vedesse, lo sentì ghignare. Era terrorizzato dal fare una mossa azzardata, quello avrebbe potuto uccidere o Harry o William. “Perché?” tossicchiò Harry. Louis lo guardò fugacemente con la coda dell'occhio ed attese una risposta. La prima ombra si spostò più avanti fino a che non si fece vedere. Era un ragazzo della loro età, la carnagione scura, gli occhi leggermente allungati. Non aveva niente di diverso, peccato che Louis lo notò abbandonare quella normalità, lasciandosi guardare negli occhi verdi screziati di rosso. Si accorse immediatamente di quella riga rossa, peccato che fosse presente in entrambi gli occhi. “Come ho spiegato a tuo fratello” iniziò con voce melliflua, “siete due soggetti che ci appartengono per natura, purtroppo però non volete seguirci” alzò le spalle come a voler dire che non gli importava assolutamente nulla, ma Louis lesse nel suo sguardo qualcosa come la paura di fallire. Non erano poi così bravi a nascondere le emozioni. “Noi non apparteniamo a nessuno” dichiarò schietto Louis. Tutto ciò che voleva fare era fargli saltare la testa, ma non gli parve più una buona idea vista e considerata la situazione. Erano in trappola Avrebbe voluto dire a quei due di correre e scappare lontano, ma aveva paura che quei figli d puttana gli sparassero alle spalle. “Non vi siete mai chiesti il perché della vostra potenza?” inclinò il capo da un lato. “Ah, anche se quell'ingenuo di William ha preso il siero questo non ha sminuito la tua forza Louis, decisamente non può” continuò con fare divertito. Louis pensò che quello dovesse essere il capo di tutta quella strage. “Ti racconto una storia” ghignò catturandosi l'attenzione di tutti e tre. Harry si rialzò bruscamente, tamponandosi la mano coi resti dei brandelli della maglia, Louis non smise un solo secondo di far scivolare l'indice sul grilletto. “La tua bella mammina, un bel giorno, ha conosciuto un uomo. Sai, quello che credevi fosse morto? In realtà è con noi, ancora vivo e vegeto” Louis sentì la testa girare. Per anni aveva pensato che suo padre fosse solo un lontano ricordo. Non lo aveva mai conosciuto, ma non aveva voluto sapere altro da sua madre. Gli era bastato sapere che fosse morto. “Credo tu sia abbastanza intelligente da giungere alla conclusione finale. In pratica, - se proprio non ci siete arrivati – tutti siete nati da un incrocio fra un umano e uno dei nostri” ridacchiò ed improvvisamente gli parve di non avvertire più la terra sotto ai piedi. Un migliaio di pensieri gli frustrarono in testa, così tanto da fargli perdere l'equilibrio. “Aspetta, non svenire!” lo rimbeccò quasi offeso. Louis alzò lo sguardo su quello schifoso e la voglia di ucciderlo tornò a farsi presente. “La parte più bella è adesso, siete gemelli monozigoti, ma il Soggetto Alfa è Louis. In pratica, William non ci serve, o meglio, potremmo ucciderti perché sei solo uno come tanti, stessa cosa Marcel” sembrava avere l'aria annoiata. Louis gli fece da scudo come se fosse un insano riflesso. Lo stronzo rise scuotendo le spalle come un pazzo, Louis si sarebbe messo volentieri a ringhiare per il fastidio. Harry si rialzò totalmente strappando di mano il fucile a William. Louis non poté non notare l'evidente ferita, uno squarcio così evidente sul dorso della mano. Sussultò ma lo lasciò fare, aveva bisogno anche di lui. “E tu caro Harry, guarda un po' qui” si fece un attimo da parte e una seconda ombra gli si parò di fronte. Era una donna dai capelli neri, fluenti, gli occhi verdi striati fastidiosamente di rosso, decisamente una stonatura in quell'insieme armonioso. Harry lasciò scivolare il fucile verso terra. Era improvvisamente sbiancato ed il suo cuore accelerò come un tamburo. L'ultima volta che l'aveva vista lui aveva solo 6 anni e non capiva poi molto bene la situazione. Suo padre gli aveva spiegato che da quel giorno in poi si sarebbe preso cura di loro due senza l'aiuto della mamma perché doveva andare via. “Mamma” sibilò distrutto. A Louis si strinse il cuore nel petto. Quella situazione iniziava a sfiorare il limite del ridicolo. Erano un incrocio malsano fra due esseri incompatibili che avrebbero dovuto uccidere. E come avrebbe fatto ad uccidere la madre di Harry? Come avrebbe anche solo potuto pensare di ritrovarsi di fronte suo padre ed ucciderlo senza pietà? “Stai indietro tesoro” gli suggerì lo stronzo. Harry sentì un conato di vomito salirgli per la gola. “Nathaniel, voglio farlo io” la donna dai capelli neri e fluenti gli sbatté le ciglia dolcemente ed il ragazzo le sorrise come se non avesse mai visto niente di più bello e prezioso. Harry non riuscì più a trattenersi, fu in quell'istante che gli piantò un proiettile nel cervello. Louis sobbalzò al rumore dello scoppio improvviso. Bastò un gesto della mano di quella donna e le ombre alle loro spalle rimasero ai loro posti, i fucili comunque puntati contro i tre ragazzi. “Peccato, era uno dei pochi con cui andavo d'accordo” sembrò dispiacersi un attimo, ma poi riportò l'attenzione su Harry. “Dovresti venire con noi, sai. Ho una bellissima casa fuori città, è sicura e nessuno verrebbe a darti fastidio” sorrise angelica. “Vieni e non ti torcerò un capello. In fondo fai parte della famiglia” sorrise ancora ed Harry represse la voglia di sparare. Fece un passo indietro ed il primo istinto fu quello di voltarsi e scappare. Ma non poteva lasciare Marcel nelle loro mani, se aveva anche una sola possibilità per salvare lui e sé stesso l'avrebbe sfruttata. “Ti ricordi quando a cinque anni ti ho portato a vedere quel famoso lago? Ti ricordi tutte quelle persone che avevamo attorno? Erano tutti della famiglia, tesoro” continuò, aveva l'aria sicura e dolce da mamma. Ma ciò che la tradiva erano le sue parole dure e minacciose, nonostante avesse un tono neutrale. “Quando uccideremo tutta questa gente, potremo finalmente prenderci molte libertà. Piano piano prenderemo possesso di questo pianeta e ci vendicheremo contro tutti quegli umani che ci hanno tenuti segregati per anni in celle orribili. Ci vendicheremo per averci vivisezionati, per non aver provato nemmeno a darci il beneficio del dubbio” le sue mani piccole e curate stavano spiegando assieme alle sue parole. Harry era ipnotizzato e quel modo di fare gli ricordò Marcel. Ed il solo pensiero che avrebbe ucciso suo fratello, il suo stesso figlio, lo fece rabbrividire. Era schifato, totalmente scioccato dalla scoperta. “Piuttosto mi uccido” le fece sapere rabbioso. Louis al suo fianco si irrigidì, non gli avrebbe mai permesso una cosa del genere. “Ragazzi, prendeteli” ordinò alla fine. Louis sparò qualche colpo, ne prese in pieno solo uno prima di venire preso da almeno dieci mani e venire trascinato dentro una delle celle. Poco distante da loro anche Marcel era inginocchiato e piangente. Osservò Harry lottare contro quelle mani fastidiose ma fu del tutto inutile. “Mi dispiace, ma se non potete essere dei nostri allora vi uccideremo” alzò le spalle ancora e si voltò di spalle. “E' stato facile catturarci, perché avete così paura di noi?” domandò Harry ringhiando. Louis si mordicchiò il labbro in attesa, gli occhi iniziarono a pizzicargli fastidiosamente. Temeva per la sua vita e per quella di William. Non voleva vederli morire, non voleva morire lui stesso. Non in quel modo. “Beh, avete all'incirca, quanti anni? 17? 18? Non avete ancora sviluppato del tutto le vostre capacità. Non siete nemmeno a metà di quello che potreste fare. Siete pericolosi, perciò ne approfittiamo adesso” sorrise, Harry non riuscì a non pensare a quanto fosse cattiva. Il suo sguardo era terribilmente glaciale adesso, Louis avvertì quel ghiaccio scorrergli nelle vene. Inginocchiati, aspettavano il loro turno. Era finita. Non c'era altro che potessero fare. Quella donna puntò la pistola alla tempia di Harry e lisciò il grilletto con fare delicato. Louis pianse senza vergognarsi. Si guardarono per l'ultima volta, poi ci furono solo degli spari.

 

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Nessuno si sarebbe mai aspettato una cosa del genere. La confusione aumentò gradualmente, gli spari penetrarono nelle orecchie di quei pochi ancora in piedi. Il casino si fece peggiore, e tutto ciò che Louis avvertì furono le sue mani libere e la puzza insistente di sangue. Si riprese immediatamente, strisciando sul pavimento. Davanti a lui vide Liam e Niall combattere fianco al fianco, un Liam come non lo aveva mai visto. La rabbia che aveva accumulato in quel lasso di tempo si stava svuotando su chiunque capitasse davanti ai suoi piedi. Era spietato, così tanto che Louis rabbrividì. Strisciò lateralmente, rendendosi conto di avere una grossa ferita sul fianco, e sapeva bene che se non se ne fosse occupato sarebbe morto per una infezione grave. Ma tutto ciò che fece fu guardarsi attorno alla ricerca di Harry. Gli occhi azzurri gli saettarono da una parte all'altra come se fosse impazzito. Freneticamente tastò sul pavimento, trovando una pistola. Aveva il fiato così corto da sentire la testa girare con violenza. Vide un'ombra venirgli addosso e quando riconobbe la chioma bionda di Jared quasi non lo ringraziò. Aveva bisogno di aiuto. Ma Jared non gli tese la mano, lo guardò in cagnesco scaricandogli una serie di calci allo stomaco. Louis gemette e con le lacrime agli occhi capì. Il traditore doveva essere lui. Quel figlio di puttana continuò a colpirlo forte, così tanto da fargli perdere i sensi. Louis vide distrattamente Harry a qualche metro da lui, poi chiuse gli occhi quando un colpo alla testa gli arrivò pesantemente.

 

Harry era stato liberato da Liam. Aveva visto il suo viso ricoperto di sangue, le mani squarciate come gran parte del suo petto seminudo. Ma era determinato ad uccidere chiunque gli fosse davanti. “Muoviti” gli ordinò severo. Harry si rizzò sulla schiena ed afferrò il fucile di un ragazzo riverso sul pavimento. Qualcuno lo colpì alla schiena facendolo gemere, ma si voltò in fretta parando i colpi solo sollevando le braccia. Poi lo colpì col calcio del fucile e gli sparò un colpo allo stomaco senza nessuna pietà. Ai suoi lati era il caos, il sangue ed i corpi esanimi aumentavano di secondo in secondo e non riuscì esattamente a contare quanti di quei bastardi avesse ancora davanti. Erano tanti, ed erano davvero forti. La sua storia per quanto lo avesse scombussolato, non l'avrebbe gettato in un burrone. Sapeva solo che avrebbe dovuto ucciderli tutti il più in fretta possibile, scovarli fra gli umani ed impedire le nascite di quel genere. Se le parole di quella donna – che non considerava più sua madre da molto tempo – erano vere, allora erano davvero in pericolo. La terra non avrebbe potuto competere con elementi del genere. Spinto da quel pensiero sparò a quelle bestie. I suoi amici erano davvero bravi col fucile, avevano una tecnica precisa ed era davvero fiero di avere avuto la meglio. Almeno fino a quel momento. Qualcuno lo afferrò per i capelli, tirandoli così forte da essere costretto ad inginocchiarsi. Sua madre gli si parò davanti e lo guardò con uno sguardo gelido. Tutto ciò che fece Harry fu sputare del sangue per terra e poi guardarla con tutto l'odio ed il disprezzo. Quella donna non meritava nemmeno un secondo di più di quella vita. “Sai perché ti ho abbandonato? Perché sapevo che un giorno sarebbe finita così” mormorò puntandogli la pistola addosso. Harry avvertì distrattamente un rivolo di sangue colargli dalla bocca e depositarsi sul mento. Era mal ridotto, probabilmente aveva perso qualche dente o due, e le sue guance erano strappate dall'interno. Attorno a loro era il delirio, c'erano segni di lotta e puzza di sangue ovunque. Ma Harry e la donna sembravano non curarsene al momento. “Sapevamo di queste vostre organizzazioni, per questo abbiamo assoldato qualcuno che potesse farci da spia” gli sorrise girandogli attorno come un falco con la propria preda. Harry avvertì distrattamente il labbro tremare, ma non si sarebbe lasciato andare. Non avrebbe pianto di fronte a lei. “Avevamo bisogno di qualcuno che ci informasse passo passo su quanto siate stupidi ed egocentrici”, Harry grugnì e la donna lo colpì col calcio della pistola sulla nuca. Harry gemette, ma continuò a fissarla. “Abbiamo provato a formare un esercito di ragazzi nati fra un umano e un Razen, peccato che siate ribelli per natura” lo guardò con sguardo disgustato. “Non c'è niente che vi tenga legati veramente a noi, non serve a niente far leva sui vostri sensi di colpa o altro. La vostra stupida parte umana prenderà sempre il sopravvento” a quella constatazione schiaffeggiò Harry, che si ritrovò a sputare sangue ancora una volta. “Abbiamo creato solo Urazen, e ci siete d'intralcio. La nostra missione principale è sempre stata quella di scovarvi e uccidervi tutti prima del compimento dei vostri 21 anni. Dopodiché ci saremmo vendicati dei soprusi subiti, a partire dai piani alti” ghignò maleficamente. Anne, era questo il nome con cui Harry l'avrebbe chiamata d'ora in poi, credeva di avere in pugno il figlio. “Sai, fra i due ho sempre preferito Marcel. E' il più intelligente e buono” fu in quell'istante che Harry saltò sui propri piedi. Nonostante preferisse Marcel, avrebbe ucciso anche lui pur di sbarazzarsi del Soggetto Beta. Harry pensò che quelli dovessero essere solamente due nomi inventati per l'occasione, solo per loro, vista la quantità di ragazzi che di sicuro avevano già ucciso. Anne si ritrovò a fronteggiare lo sguardo cattivo del figlio, Harry non ci pensò più due volte. La afferrò per la gola e la strinse contro il muro. La donna annaspò ed i suoi occhi verdi si fecero più vitrei. Le sue mani piccole ma forti andarono a chiudersi sui suoi polsi, Harry combatté la voglia di lasciarla perché quella maledetta stretta gli avrebbe frantumato le ossa. “Non ti permetterò di fargli del male” sibilò cattivo, sentì solo un flebile scricchiolio e la lasciò andare. Le aveva spezzato il collo senza nemmeno pensarci. Guardò il suo corpo senza vita e sentì quelle strane forze prendere vita. Si guardò attorno in cerca di Marcel, ma quel maledetto seminterrato doveva avere ancora effetti su di lui, perché non riuscì a percepire nessuna sensazione. Ma poi lo scorse, al fianco di William, con in mano una pistola. Lo avrebbe rimproverato per la pessima tenuta, ma sentì uno strano sentimento d'orgoglio salirgli fino agli occhi. Gli corse incontro, prendendo a pugni quei bastardi che stavano provando ad ucciderli. Qualche istante dopo, si rese conto di altri gemelli in arrivo. Sorrise contento, solo in quel modo avrebbero potuto sconfiggerli. Non aveva idea di dove fossero stati sino a quel momento, ma la cosa importante era che erano ormai giunti per aiutarli. Combatté corpo a corpo con qualcuno di loro, perché aveva capito di essere più portato per quello. Delle mani lo afferrarono per la maglia logora e lo scaraventarono contro il muro. La collisione col materiale freddo e duro gli fece chiudere gli occhi pronto a svenire o addirittura a morire. Alzò lo sguardo per poter notare i bastardi sdoppiarsi. La botta era stata davvero tremenda, aveva la vista offuscata ed il respiro corto. Si prese qualche secondo, chiuse gli occhi e la sua incoscienza lo pregò di addormentarsi. Ma un paio di mani lo afferrarono per le spalle. “Harry! Harry, svegliati!” quella era di sicuro la voce di Niall. Quando finalmente aprì gli occhi ed incontrò gli occhi del biondino il suo cuore riprese a battere. Era stato cattivo con lui, era stato duro e lo aveva accusato di far parte di quella razza aliena. Ma fu davvero felice di vedere un volto amico. Lo scosse così forte da fargli girare la testa, gli ci vollero un paio di minuti per ristabilirsi. Il bastardo che lo aveva malmenato poco prima adesso giaceva seduto contro il muro con un buco fra gli occhi. “Grazie” gli sorrise grato, Niall distese quella ruga di preoccupazione sulla fronte. “Non ringraziarmi, non è ancora finita” si rialzò traballando, con il suo aiuto e notò il notevole numero ridotto di - come li aveva chiamati sua madre? Razen? A terra sembrava non esserci più nessun pavimento. Era uno spargimento di sangue e corpi senza vita. Se non avesse già visto tutto quel sangue sarebbe sicuramente svenuto o avrebbe vomitato pure l'anima. Guardando quei soggetti ancora in piedi, notò quanto fossero mal messi. Harry imbracciò il fucile e nonostante no vedesse bene, doveva sparare e finire quella mezza dozzina di esseri ancora in piedi. Così lo fece. Sparò come se fra le mani avesse un mitra e ne colpì tre. Niall era già scomparso in aiuto di uno dei gemelli, Marcel e William erano seduti lungo una parete col fiato corto e mal ridotti. Osservò William tamponare un enorme graffio sulla sua spalla – di cui aveva sicuramente bisogno di punti. Lo stomaco gli si strinse ma almeno stava bene. E fu quando un Razen lo superò con una spallata che capì. Lo vide semplicemente puntare la pistola e sparare. William parve averlo capito, fu per quel motivo che fece da scudo a Marcel. Harry trattenne il fiato e deglutì a fatica, aveva già le lacrime agli occhi. Ma un'insana rabbia lo sopraggiunse prima delle lacrime, così cieca e violenta da fargli paura. Gli corse in contro e lo afferrò per i capelli. Il bastardo annaspò un attimo, ma non ebbe il tempo di fare la qualsiasi cosa perché Harry gli stava frantumando il cranio contro il muro. Il sangue che impregnò le sue mani gli parve una vittoria. Il colpo di grazia arrivò quando gli spezzò il collo e lo lasciò cadere al suolo. Alzando lo sguardo vide il resto dei Razen andargli incontro ed imbracciare dei fucili, ma vennero messi al tappeto dai suoi amici. Si concentrò su William e vide Marcel piangere e cercare di tamponare la ferita. Si teneva la spalla e se tutto fosse andato per il meglio, probabilmente si sarebbe salvato. Quando pensò a William in quelle condizioni, il pensiero di Louis si fece presente. Dov'era Louis? Improvvisamente fu il panico. Non gli importò di aver sentito altri spari attorno, non gli importò di aver visto cadere qualcuno dei suoi, non gli importò che fosse finita quando Liam sparò agli ultimi quattro in piedi come se fossero bersagli. Il fatto che Louis non fosse in piedi lo mise in agitazione. Così tanto che mise le mani ai capelli e pianse. Louis non poteva essere morto.

 

-

 

“No, no, no” continuò a ripetere. Niall lo stava osservando da lontano, il respiro affannato ed una mano schiacciata contro una gamba per tamponare il sangue. Harry non riusciva più a respirare, improvvisamente il posto sembrava opprimerlo. La puzza di morte e sangue gli fece venire un conato di vomito che non riuscì a trattenere. Si gettò contro un muro, il palmo della mano contro esso e la testa bassa. Era senza fiato, incapace di controllare il battito cardiaco. “Salite di sopra, attenti che non ci sia nessuno. Liam, ti prego scortali” pronunciò Niall. Circa venti ragazzi si rialzarono seguendo le istruzioni di Niall. Avevano bisogno di cure e loro sapevano bene come fare una volta in infermeria. Niall si avvicinò ad Harry, ma lo scansò subito dopo andando alla ricerca del contatore. Doveva accendere almeno le luci. Quando lo fece, lo spettacolo fu ancora più raccapricciante del dovuto. Era stato uno sterminio vero e proprio. I cadaveri sventrati o senza mani e piedi erano ovunque ed Harry pensò bene di vomitare ancora. Niall trattenne a stento un singhiozzo quando riconobbe alcuni dei suoi amici. “Harry” lo richiamò poco dopo. Il riccio chiuse gli occhi stringendoli forte. Il cuore era ormai un inarrestabile tamburo. “Guardami, devi aiutarmi” ed il suo tono rasentava il patetico. Harry percepì la sua voglia di piangere. Nonostante non lo conoscesse, aveva già capito. Era ciò che avrebbe voluto fare se la rabbia, il senso di colpa e la terribile vista davanti a sé non lo stessero accecando abbastanza. “Harry” le mani del biondo furono sulle sue spalle ed il riccio tremò inconsapevolmente. Niall abbassò le mani ed attese che si girasse. “Aiutami. Dobbiamo voltarli uno per uno. Cercare i nostri e...” si bloccò quando lo sguardo di Harry gli arrivò addosso come una secchiata d'acqua gelida. Niall si sentì piccolo di fronte quella rabbia cieca che lo stava assalendo. Harry non disse nulla, si asciugò la bocca con il dorso della mano e se ne fregò delle ferite a bruciare un po' ovunque su tutto il corpo. Fu in quel momento che iniziarono. Harry guardò ognuno di quei bastardi in faccia; alcuni giovani ragazzi di nemmeno 16 anni, altri uomini adulti, altre donne in cerca di emozioni forti. Scansò accuratamente il corpo di sua madre, come se fosse la peste. Fu Niall a prenderla per le braccia e trascinarla sul cumulo di altri Razen. Erano tanti, Harry non aveva mai visto tanti morti come quelli. “Di sopra sono a centinaia” lo avvertì Niall. Harry sobbalzò quando sentì la sua voce. Erano rimasti in silenzio a lungo, ed i suoi pensieri erano finiti per vagare a Louis. Voltava i cadaveri nella speranza che il suo bel viso non venisse mai fuori. Voltava i cadaveri sperando che fosse da tutt'altra parte, al sicuro. Lo avrebbe voluto ferito, ma vivo. E tutte le volte che incontrava un paio di occhi azzurri e vitrei, il suo cuore balzava come una palla. “Ci hanno sorpresi, molti di noi non ce l'hanno fatta, dobbiamo recuperarli tutti”, Harry continuò a tacere, separando i bastardi dai suoi compagni. Sembrava quasi come fare la lavatrice, peccato che quel pensiero gli fece salire l'ennesimo conato di vomito. Aveva ucciso senza nessuna pietà. Aveva ucciso anche la donna che lo aveva messo al mondo. I sensi di colpa gli aprirono un varco nel petto che si placò quando sentì un mormorio sconnesso. “Niall!” urlò infatti. Il biondo lo guardò spaventato ma ciò che aveva catturato la sua attenzione non fu Harry o il suo urlo. I suoi occhi caddero su una figura davanti alla porta, aveva un occhio gonfio, il labbro spaccato e le mani scorticate in più punti, come le braccia. Quando Harry percepì quello strano silenzio, il suo cuore balzò ancora. Seguì lo sguardo esterrefatto del biondo e per poco non svenne. Quello che aveva davanti era Jared, malandato e completamente terrorizzato; e quello che teneva fra le braccia era un debole Louis. Aveva aperto appena un occhio e poi aveva lasciato perdere pensando che fosse meglio il buio. Harry saltò su per avvicinarsi, ma la voce minacciosa di Jared lo frenò. “Se ti avvicini, gli taglio la gola” pronunciò a labbra strette. Peccato che il tremore alle sue mani e alla sua mascella lo tradisse. Era terrorizzato. Niall affiancò Harry e sembrava aver appena visto un fantasma. “Che stai facendo?” chiese Niall con un filo di voce. Quello che aveva davanti non poteva essere suo fratello. Non poteva essere lo stesso Jared che da piccolo lo aveva sempre aiutato con i compiti, che lo aveva aiutato a nascondere le ferite. “Devo ucciderli. E tu verrai con me” la sua mascella saettò come se fosse rotta. E probabilmente doveva aver perso anche qualche dente perché la saliva ed il sangue che sputacchiò gli fecero risalire un brivido e un conato di vomito. “Andare dove? Jared, che stai dicendo? Non-” ma il biondo venne bloccato dallo stesso gemello. Alzò il coltello che teneva in mano per farlo, per poi riportarlo alla gola di Louis. Inavvertitamente gli aveva già lacerato la pelle. Leggeri graffi che gli avrebbero comunque lasciato delle cicatrici. “Sei diventato stupido per caso?! Ce ne andiamo, loro ci proteggeranno come promesso” gli tremò la mano così tanto da ferirsi sul braccio da solo. Era instabile e su una grossa crisi di nervi. Avrebbe perso il controllo molto presto e avrebbe commesso una terribile sciocchezza. Niall iniziò a temerlo davvero. “Loro chi? Jared, ti prego, lascialo andare” lo pregò. Ma fu Harry questa volta ad intervenire. Si strinse la mano ferita al petto e guardò il suo Louis senza forze fra le braccia di quell'energumeno senza un minimo di sanità mentale. “Eri tu” pronunciò sibilando. “Tu ci hai venduti tutti, tu li hai fatti entrare, tu mi hai incastrato” ed il suo tono tagliente fece tremare per un attimo Jared. Harry si accorse del tremore improvviso delle sue spalle. “Ci hai traditi, ma per cosa? Hai preferito quelle bestie a noi” continuò avanzando lentamente. Scansò ancora qualche corpo che gli era d'intralcio e lo notò indietreggiare con Louis penzoloni. “Sai che, qualunque cosa ti abbiamo promesso, alla fine ti uccideranno proprio come tutti, vero?” e quella fra le parole di Harry era cattiveria. Voleva ferirlo. Fargli del male. Si meritava una sofferenza simile dopo avergli fatto quello. Avrebbero potuto perdere la vita tutti, chiunque sarebbe morto se non fossero già quasi pronti ad un imminente attacco. “No-N-” tremò come una foglia, ferendo Louis su una guancia. Il ragazzo guaì fra le braccia del biondo e solo poco dopo Harry si accorse di una terribile ferita sul fianco. Perdeva troppo sangue ed aveva un bisogno immediato di cure. “No, loro mi hanno promesso la libertà. Vivono in mezzo a noi, altri in un posto isolato. Mi hanno promesso protezione. Che a me e Niall non sarebbe successo nulla se li avessi aiutati” gli tremava il labbro nel pronunciare quelle parole a cui non credeva più nemmeno lui. “Stupido” sibilò Harry inviperito. Invece di combattere come avrebbe dovuto aveva scelto la via più semplice, sì ma verso la morte certa. “Non avvicinarti!” gli urlò all'improvviso quando si rese conto della troppa vicinanza del riccio. “Se vi avessi uccisi, tutti e due, mi avrebbero ricompensato con una casa dall'altra parte del mondo. Lo faccio per noi, Niall” gli occhi gli si riempirono di lacrime ed Harry si permise di voltarsi un attimo per osservare Niall. Era sconvolto, le guance a chiazze rosse ed il respiro affannato. Notò come le sue lacrime stessero lavando via quel sangue incrostato che aveva sul viso. “No” ed in quelle due semplici lettere, Harry vi lesse dentro un milione di suppliche, di scuse, di rimpianti, di amarezze. Era un misto di così tante emozioni che anche il suo cuore si spezzò. “Puoi ancora lasciar perdere-” provò Niall, ma tutti sapevano che in un modo o nell'altro lo avrebbero punito. E probabilmente Niall lo preferiva rinchiuso in una cella piuttosto che morto o sotto il controllo di quei bastardi. “No, lo sai che me la farebbero pagare. Voglio ucciderli e assicurarmi che tu venga con me” dichiarò con più decisione. “Devi solo venire qui al mio fianco e aiutarmi” alcune lacrime gli caddero dagli occhi ed Harry notò la sua pazzia. Probabilmente i sensi di colpa avevano già iniziato a divorarlo dall'interno, avrebbe portato quel fardello per tutta la vita. Ma quello che lo stupì fu Niall. Gli camminò in contro, lasciando Harry solo ed indifeso. Il riccio sentì la rabbia crescere, e poi la rassegnazione. Ovviamente, avrebbero vinto comunque, in ogni modo. Niall gli si mise di fianco ed afferrò una pistola. La puntò contro Harry ed il riccio attese. “Fa-fallo” balbettò Jared. Nel frattempo aveva già iniziato con la sua opera di tortura. Harry si sarebbe volentieri lanciato in avanti, raggiunto Louis o quanto meno provarci. Ma non lo fece, la loro fine era arrivata. Sarebbero morti, insieme. Fu per quel motivo che s'inginocchiò ed osservò il sangue sulla gola di Louis. Ma improvvisamente lo scenario cambiò. Uno sparo gli fece capovolgere lo stomaco, le spalle gli tremarono. Pensò di essere stato ucciso, ma riaprì gli occhi notando uno scenario orribile. Jared aveva ormai lasciato andare Louis, rotolato ai suoi piedi. Era teso, degli spasmi lo colsero all'improvviso poi cadde riverso sul pavimento, non prima di aver notato i suoi occhi spegnarsi. Ma quello che lo fece piangere fu Niall. Era inginocchiato un attimo prima, quello dopo era a terra senza vita. Si era sacrificato per lui, per loro, sparandosi un colpo in testa. Il senso di nausea e di tristezza lo avvolsero come una sorta di coperta. Tutto ciò che fece fu accasciarsi in posizione fetale e piangere. Quella situazione gli stava ormai schiacciando le viscere, le spalle. Era un peso insostenibile da tenere da solo. Fu per quel motivo che poco dopo gattonò vicino Louis e rimase accucciato al suo fianco. Gli accarezzò una guancia e pianse. Poi chiuse solamente gli occhi.

 

-

 

Il dolore alla testa lo colpì ripetutamente, quasi come un martello pneumatico. Non aveva nessuna idea di dove fosse, ma sapeva di aver già vissuto una cosa del genere. Era successo esattamente molto tempo prima, quando aveva perso i senso ed era stato in coma per tutto quel tempo. Era ancora dentro la base militare, il suo era un incubo reale. Quando spalancò gli occhi, la prima cosa che notò fu il soffitto bianco e macchiato di muffa. L'odore di disinfettante era forte e gli si era ormai impresso dentro. Non l'avrebbe mai più mandato via. “Ciao” una carezza fra i capelli lo fece sussultare. Marcel era seduto proprio accanto a lui, un sorriso dolce ma debole a coinvolgergli quel viso livido. “Ci avete fatti preoccupare” mormorò ancora. Harry sospirò e sentì il petto dolergli, come la mano e le braccia. “Ehi ehi, ti hanno estratto due proiettili dal braccio, stai buono” ma nella sua voce c'era una piccola traccia di un sorriso. Ma in quel momento, l'ultima cosa di cui si preoccupava era il suo corpo. “Dov'è Louis, come sta?” chiese, le parole gli uscirono di bocca strascicate e pesanti. Probabilmente doveva essere colpa degli antidolorifici. “Si riprenderà. Ha qualche graffio qua e là, ma sta bene. Ha preso una bella botta alla testa, o forse più di una” i suoi occhi lo tradirono ed Harry lo avvertì immediatamente. C'era qualcosa che non andava. “Marcel? Non mi stai nascondendo la verità, vero?”, il ragazzo si morse le labbra ed abbassò lo sguardo. Harry si allarmò e senza aggiungere altro strappò via gli aghi dalle braccia e cercò di tirarsi su nonostante i vari dolori ovunque. “No!” gli urlò Marcel di tutta risposta. “Dimmi che sta succedendo” lo implorò, ma il suo tono era minaccioso. Il suo gemello si alzò dalla sedia e lo aiutò a scendere dal letto, sapeva che sarebbe stato inutile trattenerlo lì. “Sta dormendo” lo informò. Harry avvertì una nota stonata nella sua voce, ancora una volta. Lo guardò e si tenne a lui per mettersi in piedi, il suo sguardo lo incitò a continuare. La paura gli fece tremare le gambe. “Lui... Lui potrebbe non ricordare niente, Harry”, per un attimo il riccio tirò un sospiro di sollievo. Louis stava comunque bene. Ma quando elaborò la reale notizia, il suo cuore s'incrinò esattamente come le sue costole. “Devo vederlo” fu tutto ciò che disse in ogni caso. Era sull'orlo delle lacrime, perché tutto quello che aveva addosso era un fardello da portare a vita. Era convinto di poterlo condividere con Louis, spartirsi il dolore per poter vivere meglio la loro misera vita. Ma tutte quelle certezze caddero e Marcel annuì semplicemente.

 

Quando Harry entrò nella stanza, William gli sorrise con una grossa fasciatura e sparì dietro la porta spessa. Lo guardò dormire angelicamente, avvolto in quelle coperte così profumate. Era pulito, senza quel sangue sul viso e sul corpo sembrava un angelo dormiente. Aveva una benda attorno alla testa e alcune medicazioni qua e là. Alla fine, il sangue che aveva visto sul fianco non era suo. Probabilmente doveva avere il petto costellato di cicatrici, ma ciò che lo ferirono furono quelle sul collo. Quelle gli avrebbero sempre ricordato il terribile incidente. Per un attimo considerò che fosse davvero la cosa migliore se la sua memoria fosse andata davvero perduta. Avrebbero potuto raccontargli di aver avuto un incidente e sarebbe tornato ad una vita normale. Ma Harry era sempre stato un terribile egoista, non voleva farsi dimenticare da lui. Qualsiasi cosa fosse nata fra loro, non era ancora pronto a rinunciarvi. Non così presto. Perciò rimase a fissarlo, le mani strette alla coperta. Poggiò la schiena alla sedia e rimase ore in quella posizione. Non aveva nessuna intenzione di lasciarlo. Furono solamente molte ore dopo che avvertì un movimento. “Ehi” poi la sua voce. Harry si rizzò velocemente, lasciandosi sfuggire un gemito di dolore per il gesto troppo brusco. “Louis” quasi miagolò. Aveva le lacrime agli occhi. Solo ore prima lo aveva visto semi-svenuto fra le braccia di quel pazzo, e pensava davvero che sarebbero morti. Niall però, con un gesto coraggioso, li aveva salvati. Aveva salvato tutti. Quel pensiero gli fece stringere il petto e lo stomaco in una morsa. Louis lo guardò, gli occhi terribilmente blu. Un blu acceso, troppo splendente per uno che era stato ore in uno stato quasi di coma. Probabilmente il suo DNA era la sua fortuna adesso. Non sarebbe sopravvissuto se non avesse avuto in circolo il sangue di quella razza di cui entrambi facevano parte, anche se non volevano. “Soldatino”, il sorriso che spuntò sulle labbra del riccio fu immenso. Impossibile da paragonare alle meraviglie del mondo. Si slanciò in avanti e lo baciò sulla fronte – ignorando con tutte le forze i dolori al petto – ringraziando Dio e tutti i santi che Louis stesse bene, ma davvero bene. “Mi sei mancato anche tu” disse Louis abbozzando un sorriso. Era felice di vedere Harry sano e salvo. E anche se quelle fasciature gli fecero pensare al peggio, in realtà niente lo avrebbe rattristato. Stavano tutti bene, se loro erano stati curati voleva dire solo una cosa: era finita ed avevano vinto. Ma Louis aggrottò la fronte all'improvviso. “Jared. Lui è-” ma Harry lo zittì con un dito sulle labbra. Quest'ultimo aggrottò la fronte ma rabbrividì al contatto con la sua pelle. Tutto ciò che avrebbe voluto fare da quel momento in poi era stare con Harry. Passare tanto tempo con lui, toccarlo, baciarlo, farci del sesso – perché no – in continuazione. “Lo so” sibilò con gli occhi stanchi. Davanti ai suoi occhi riapparvero le immagini di Niall riverso sul pavimento, gli occhi senza vita. Si lasciò sfuggire un singhiozzo e Louis si tirò su con qualche difficoltà. “Che cosa... Harry, che cosa è successo?” era preoccupato. Probabilmente non aveva mai visto tanto dolore sul suo viso come in quel momento. Gli fece una carezza lenta sul viso ed Harry alzò finalmente lo sguardo acquoso su di lui. “Ho ucciso mia- no, Anne. Le ho spezzato il collo e non me ne sono affatto pentito” mormorò in preda ai ricordi. “Ho ucciso tanti Razen senza pensarci e poi... dovevo salvarti, o meglio, prima dovevo trovarti” singhiozzò amaramente e Louis si sporse dal letto. Harry non glielo vietò, piuttosto si alzò e gli allargò le gambe per potercisi mettere in mezzo. Louis gli sorrise teneramente e gli scostò delle ciocche di capelli dalla fronte, voleva guardarlo negli occhi. “Hai fatto quello che dovevi” gli fece sapere. Non smise di carezzare i suoi capelli ricci e completamente sfatti. Aveva tutta l'aria di un bambino scoperto a fare le marachelle. “Zayn è morto” ricominciò. “Niall è morto. Tutto questo perché stavano cercando me e... te” pianse bagnandogli il camice bianco che portava. Louis s'irrigidì placando le sue carezze. “Niall è...?” prese un respiro ed Harry annuì scoppiando definitivamente a piangere. “E' morto per salvarci. Jared ti aveva stordito e fra le mani, voleva tagliarti la gola e Niall allora si è sparato un colpo in testa e-sono morti” farneticò nervosamente. Si torse le dita così tanto da sanguinare nuovamente, la benda già pregna del suo sangue. Louis non riuscì a dire nulla. Il suo cuore perse un battito ma non pianse. Aveva già perso due dei suoi amici. Liam aveva perso il suo compagno, l'intero sistema aveva perso vite preziose. Harry si allontanò dal ragazzo quasi con aria colpevole. Aveva sul viso di nuovo quello sguardo glaciale e ne ebbe paura. Quasi come se – senza parlare – gli stesse implicitamente dando tutta la colpa. Ma ciò che Louis aveva sul viso, in realtà era sofferenza. Una pura sofferenza. Aveva già perso troppo e si era lasciato coinvolgere in quella merda senza volerlo davvero. La sua vita era andata a rotoli. Ma tutti quei pensieri scomparvero quando la sua presa su Harry venne bruscamente interrotta. Lo riafferrò per il polso e se lo tirò a sé. Niente impedì ai due di abbracciarsi. Un abbraccio pieno di ogni sentimento e sensazione. Adesso avevano bisogno del conforto l'uno dell'altro. Tutto ciò che rimaneva nella vita di Louis era William, Harry e Liam; tutto ciò che rimaneva nella vita di Harry era Marcel e Louis. Sospirò forte contro il suo collo e immerse le dita fra i suoi ricci. La sensazione gli fece esplodere lo stomaco, si era odiato così tanto quando lui era arrivato lì e lo aveva trattato in quel modo. Averlo fra le braccia era la sensazione migliore che potesse esserci. “Ci sono io” gli sussurrò Louis contro l'orecchio. Harry rabbrividì e strinse più forte la presa sul camice. Avrebbe tanto voluto imprimerselo addosso o entrargli dentro. Louis era davvero come un angelo, duro e potente ma così buono da fargli male. Era un misto di tutto ciò che di meglio potesse trovare in quella vita. “Lo so, lo so” rispose piano, quasi come se volesse conservare solo per sé quel segreto. Nessuno dei due aggiunse altro, ma nell'aria si respirava solo quello che entrambi si dissero silenziosamente.

 

-

 

“Dammi la mano” Harry gli strinse le dita attorno e sorrise inconsciamente quando le loro dita riuscirono ad intrecciarsi leggere fra loro. Louis aveva lo sguardo avanti, i loro 42 gemelli morti davanti. Li avrebbero sepolti, come meritavano, ed il suo respiro mancò un po'. Fra loro c'erano anche Niall e Zayn, i suoi amici. Guardò Liam da lontano carezzare la bara di Zayn e poi poggiarvi sopra qualcosa come una catenina d'oro. Strinse più forte la presa sulla sua mano e non riuscì ad evitare di lasciarsi sfuggire delle lacrime. Ma era giusto. Era giusto piangere per i suoi amici. Era stato lui stesso a portare molti di loro dentro quell'inferno ed il senso di colpa lo avrebbe torturato per tutta la vita. Aveva sulle spalle la morte di tutti quei ragazzi innocenti. “Louis...” lo richiamò quando lo notò incurvarsi su se stesso. Era il peso opprimente a renderlo così nervoso e piccolo di fronte a quell'orrore. “Sai che non finirà mai, vero?” gli sibilò. “Un giorno ci saremo noi lì dentro, questa guerra non avrà mai una fine” continuò. A pochi passi da loro, Marcel e William gli si fecero vicini ed abbracciarono ognuno il proprio gemello. Era confortante averli tutti così vicini. Louis pensò che avrebbe dovuto farsi avanti e dire qualcosa a Liam, ma non c'era riuscito in quei tre giorni. Era rimasto a letto e quando lui stesso era andato a trovarlo, si erano solo guardati e basta. Non una parola. La sofferenza che li univa con un filo sottile bastava a riempire il vuoto creato dalla mancanza di parole. “Louis non dir-” ma venne interrotto da un brusco “shh” da parte del ragazzo dagli occhi azzurri, che lo richiamò all'attenzione. Vennero celebrati dei funerali veloci per ognuno di loro, poche parole spese da quelli ancora in vita. Louis si guardò intorno, ed erano davvero tanti. L'intero piazzale sembrava aver preso vita.

Presto li avrebbero sepolti tutti e qualcuno avrebbe dimenticato il loro nome, la loro faccia. Col tempo tutti si sarebbero messi quell'avventura sanguinolenta alle spalle, così come avrebbero fatto con tutti quei poveri ragazzi che non ce l'avevano fatta. Ma non Louis. Lui li avrebbe ricordati ad uno ad uno, perché aveva visto il loro terrore ed era stato lui ad allenare la metà di loro. Liam non disse nulla su Zayn, non aveva nessuna voglia di parlare di fronte la folla di quanto si sentisse solo, del modo in cui Zayn aveva portato con sé la sua anima. Louis lo guardò per un attimo e poi successe che l'amico lo travolse in un abbraccio e lui barcollò. Lo sentì piangere e si unì a lui, Harry trascinò con sé William e suo fratello. Liam e Louis meritavano un po' di tempo. Fu per quel motivo che continuò a seguire quei funerali improvvisati alle loro spalle. Liam aveva poggiato la testa sulla spalla di Louis e quest'ultimo gli aveva circondato la vita con un braccio. Era una visione così triste che qualche minuto dopo si voltò e andò via. Non aveva le forze di prendere sulle sue spalle anche tutto quel dolore, quelle parole. Nessuno disse nulla, semplicemente sparì rifugiandosi in quella che una volta era la sua camera.

 

Fu qualche ora più tardi che finalmente Louis scovò Harry. Era dolcemente addormentato sul letto distrutto di quella camera, i capelli sparsi sul cuscino ed il viso leggermente bagnato dalle lacrime. Con delicatezza si spinse sul letto, fino a sedercisi sopra e sfiorarlo. Non riuscì a fare a meno di toccargli i capelli, di sfiorare le sue guance pallide. Era bellissimo, di questo non avrebbe mai potuto dubitare. Il suo respiro era leggero e di tanto in tanto s'infranse sulle sue nocche fredde. Aveva passato l'intero pomeriggio avvinghiato a Liam, la sua unica àncora di salvezza. Non aveva pensato a niente e nessuno all'infuori del suo migliore amico. Avevano avuto bisogno l'uno dell'altro. E lui era stato davvero poco presente in quegli ultimi disastrosi giorni.

Senza rendersene conto, si distese vicino ad Harry, su un fianco e lo guardò. Tracciò silenziosamente il profilo del suo viso e sussultò quando lo vide smuoversi. Ma non si svegliò, era dolcemente addormentato. Intrecciò una mano alla sua e si strinse quel groviglio al petto. Aveva perso quell'aria dura che lo aveva sempre circondato fino ad asfissiarlo. Adesso era semplicemente Louis, Louis innamorato di Harry. Era Louis che avrebbe protetto quel piccolo angelo sempre, ad ogni costo. “Ti prometto che un giorno tutto questo finirà, ti porterò lontano da qui” sibilò quasi senza muovere le labbra. Sentì un leggero sbuffò da parte del riccio, ma sorrise fra sé. Il suo cuore batté più forte quando mollò la sua mano per potergli circondare la schiena con un braccio e tenerselo stretto. “Non volevo portarti a fondo con me, ma è stato inevitabile. E adesso...” si arrestò un secondo per poter contemplare il suo viso e quelle delicate ciglia ad ombreggiargli un po' il volto. “Vorrei poter sistemare le cose, cancellare tutto questo male e riportarti alla tua vita. Vorrei non averti mai amat- no, non è vero” ridacchiò improvvisamente. “Sono innamorato, è l'unica cosa di cui non mi pento” aggiunse. Il sorrise non smise un secondo di brillargli sul viso. Lo aveva detto ad alta voce e faceva strano. Ma la cosa più importante fu la realizzazione di tutto quello. Era innamorato. Innamorato davvero, per la prima volta nella sua vita. Ed era stato Harry a farlo cedere. Lui e quella faccia angelica che nascondeva dietro la forza di un leone. Era felice di averlo conosciuto.

No, non era vero. Probabilmente non avrebbe cambiato nessuna delle cose elencate. Era troppo prezioso ciò che adesso condividevano. Erano legati da ciò che erano insieme, erano legati da quella scintilla che gli divampava nel petto quando i loro occhi entravano in collisione. C'era davvero poco che potesse fare. Poi lo baciò. Un leggero sfiorarsi di labbra, ma la mano gli finì sulla guancia e avrebbe voluto che si svegliasse. Per qualche attimo rimase l'unico a compiere quel gesto, ma poi sentì le sue labbra carnose muoversi attorno alle sue. La sua lingua si fece spazio in bocca e leccò. Ed il bacio divenne improvvisamente un groviglio di mani fra i capelli, di gemiti spezzati e respiri intensi. Louis non capì più niente, ma si ritrovò a cavalcioni sul suo bacino, pentendosi immediatamente di averlo fatto. Era ridotto piuttosto male. Fece per scendere ma Harry lo trattenne per la vita. “Io non mi pento di niente” gli fece sapere con voce roca. Louis sussultò ma poi si abbassò sulla sua bocca per potergli rubare ogni respiro. Erano scampati ad una tragedia, avevano vissuto il male, ma erano lì. Entrambi vivi. Tutto ciò che Louis desiderava era potersi godere ciò che gli era rimasto nella vita. Harry era di sicuro il regalo migliore. Quello con l'involucro migliore, quello più grande, quello che solo a guardarlo ti strappa via un pezzo di anima. Ed aveva ragione. Ogni bacio era un pezzo della su anima che andava ad incastrarsi con la sua. “Abbiamo perso molto, forse tutto. Ma non ho perso te. Tu sei ancora qui, stai bene. E io sono qui” riprese Harry ansimante. Louis gli sfilò lentamente la giacca che aveva addosso e quella stupida t-shirt bianca che tanto adorava. “So che sei terrorizzato di tenermi ancora qui per paura che qualcuno venga a prenderci e farci del male. Ma insieme siamo più forti ed io non ti lascio”, Louis sorrise a quelle parole e si sentì travolgere da uno strano senso di vertigine. Lo guardò dall'alto, immobile. “Io non ho più paura e voglio combattere questa battaglia con te. Sei stato tu ad insegnarmi ad essere un perfetto soldato e questo soldato non ha nessuno intenzione di abbandonare il suo esercito” lo sguardo di Harry era serio. Sentiva una grossa esplosione dentro alla testa, parole e farfugliamenti contrastanti che avrebbe voluto tirare fuori. Ma quello fu il meglio che riuscì a fare. “Supereremo tutto insieme, se me lo permetti” Louis lo baciò solamente. Era sicuro che sì; Harry fosse la cosa più bella del mondo. Quello era ciò che voleva e non ci avrebbe mai rinunciato. Avrebbero affrontato quella battaglia insieme, il loro incubo reale avrebbe avuto una leggera sfumatura ai bordi. Louis ed Harry avrebbero reso quella sfumatura qualcosa di più col tempo. Ne erano sicuri.  


***

Ok, siete stati molto coraggiosi ad arrivare fin qui.
Volevo ringraziarvi per il supporto, in ogni caso!
Spero solo che vi sia piaciuto e che abbiate capito che il mio cervello è contorto.
E' sicuramente tutta colpa delle saghe fantasy che leggo e poi mischio.
Comunque, mi piacerebbe sapere cosa ne pensate. Ci tengo parecchio!
Era da un bel po' che non pubblicavo qualcosa, circa due mesi forse. IDK.
Beh, io adesso vado. 
Ringrazio i The Cab per la gentile concessione del titolo e tutte voi se mi lascerete un commentino!
Per il resto potete trovarmi su twitter @wheezayne
Baci baci, Federica 

   
 
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