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Autore: SkyFullOfStars_    21/05/2015    3 recensioni
E se Sherlock avesse detto qualcos'altro a John nel finale della terza stagione?
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Mary Morstan, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Outlaws of Love'
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JOHNLOCK

                                                                                                                         East Wind

 

 

“There's an east wind coming all the same, such a wind as never blew on England yet. It will be cold and bitter, Watson, and a good many of us may wither before its blast. But it's God's own wind none the less and a cleaner, better stronger land will lie in the sunshine when the storm has cleared.”

                                                                                                                                                                                                                       -Sr. Arthur Conan Doyle

 

 

 

 

John si avvicinò a Sherlock.

Sulla pista d’atterraggio una leggera brezza soffiava infrangendosi sull’asfalto del terreno.

Il motore dell’aereo a pochi metri dai loro corpi rimbombava di sottofondo.

Il gioco stava per finire.

Definitivamente.

Sherlock si sentiva vuoto; il viso avvolto dalla tristezza, la malinconia che gli scorreva nella vene…Non voleva andarsene.

Non voleva andarsene da John.

Aveva chiesto a Mycroft di lasciare soli lui ed il suo fedele compagno di avventure per scambiare  le ultime parole di addio.…Probabilmente non l’avrebbe rivisto mai più.

Volse lo sguardo verso il viso dell’altro: John distese le labbra.

Oh, non se lo sarebbe dimenticato facilmente quel sorriso.

-Eccoci qui.- disse il dottore girovagando vagamente.

No, non riusciva a guardarlo negli occhi.

-William Sherlock Scott Holmes.-

-Come?-

Doveva dirglielo prima o poi.

Magari non si sarebbe dimenticato di lui.

-E’ il mio nome completo, se cerchi un nome per il bambino.-

John rise.

Si, eccolo lì, eccolo lì quello che cercava.

Il suo sorriso.

Quelle labbra che lo facevano impazzire.

Ovviamente  sapeva già che era una femmina e non un maschio…

Al diavolo, se si era accorto della gravidanza di Mary ancor prima di un dottore, come avrebbe potuto non sapere il sesso della creatura?

Ma voleva solamente vederlo sorridere prima che sia stato troppo tardi.

-No, dall’ecografia è sicuramente una femmina.-

-Oh…Va bene.- Sherlock distolse lo sguardo.

No.

No che non andava bene.

Niente andava bene.

Mary e John sarebbero stati felici per il resto della loro vita, lui se ne sarebbe andato e avrebbe sentito così tanto la mancanza del suo fedele compagno che, solo al pensiero, era impossibile sopportarla.

-Già.-

Entrambi si guardarono intorno, particolarmente distratti.

Il viso di Sherlock si fece cupo.

Quello di John sembrava strano: era rivolto più volte verso Mary, pochi metri più avanti, la guardava con un velo di tristezza sul viso.

-Sai, non mi viene in mente niente da dire.- mormorò il dottore.

-No, nemmeno a me.-

Balle.

Avevano passato così tanto tempo insieme a parlare, discutere e sbraitare ed ora nessuno dei due riusciva a dire nulla?

Era davvero la fine?

Beh, Sherlock aveva molto da dire a John.

La sua mente aveva un milione di cose da tirare fuori.

Gli avrebbe potuto dire che era ingrassato altri due chili in quei giorni, che quegli odiosi baffi gli stavano ricrescendo…Oppure gli avrebbe potuto confessare ciò che provava per lui.

Eppure non era bravo in queste cose.

Raramente riusciva a svelare i suoi sentimenti.

Anzi, forse non l’aveva mai fatto.

E sarebbe bastato leggere i suoi occhi in quel momento.

Ma John continuava ad evitarli.

Trattenne il respiro indirizzando la sua attenzione sul viso dell’altro…Pregava che lo guardasse negli occhi.

Il dottore gli lanciò solamente una fugace occhiata.

-Il gioco è finito.-

No, non ti abbandonerò, dottore.

-Il gioco non finisce mai, John.-

Si, ora si stavano guardando, finalmente.

Lo sguardo del dottore pareva coperto di malinconia, quasi cupo.

Nessuno dei due riusciva a staccarsi dagli occhi dell’altro.

In quel modo Sherlock non sarebbe mai riuscito a dirgli addio.

-Ma potrebbero esserci altri giocatori ora, questo si.-

John continuava a fissarlo.

La sua era decisamente un’occhiata strana.

Per caso stava pensando di colpirlo in faccia come sempre? Oppure c’era qualcos’altro?

Sherlock guardò altrove.

-Il vento dell’Est ci porterà tutti via.-

-Che cosa?-

L’investigatore riagganciò lo sguardo.

-E’ una storia che mi raccontava mio fratello da bambini. Il vento dell’Est è una forza terribile che semina desolazione al suo passaggio.-

Inspirò l’aria fredda intorno a lui.

-Stana gli indegni e li strappa via dalla terra. Di solito toccava a me.-

-Carino.-

-Ho un fratello antipatico.-

Entrambi sorrisero.

Dio, se solo Sherlock avesse potuto avere più tempo con John.

Se avesse avuto più tempo di fare sue quelle splendide labbra.

Ma, forse, ormai era troppo tardi.

Il dottore distolse di nuovo lo sguardo da quello dell’investigatore.

No, non riusciva proprio a guardarlo negli occhi troppo a lungo.

Era come se in quegli occhi color acqua marina si riflettessero tutte le avventure vissute insieme.

E lui non voleva ricordare.

Altrimenti non sarebbe mai riuscito a lasciarlo andare.

-E che fine farai adesso…? Dove stai andando?- chiese, trovando le sue scarpe piuttosto interessanti.

-Ho un lavoro sotto copertura nell’Europa dell’Est.-

Il cuore di John balzò.

Non lasciarmi.

-Per quanto tempo?-

Forse non avrebbe dovuto chiederglielo…Ma non aveva potuto farne a meno.

Dio, se gli sarebbero mancate le sue uscite da sociopatico iperattivo.

Sherlock sospirò.

-Sei mesi…Secondo mio fratello.-

Ammetterlo ad alta voce…era più difficile di quanto pensasse.

-Lui non sbaglia mai.-

Già.

E quanto avrebbe voluto il contrario.

Lo sguardo verde acqua dell’investigatore si elevò sopra ai morbidi capelli del dottor Watson…

-E poi che succede?-

Il cuore di John attendeva impaziente una risposta.

E poi che succede, Sherlock?

Sherlock lo guardò esitante.

-Chi lo sa.-

John annuì forzatamente.

Holmes avrebbe voluto rispondergli qualcos’altro…ma non poteva.

Non voleva illuderlo di nuovo, causargli solo altro dolore.

Non dopo essere stato morto per due anni.

John inspirò a fondo e volse il capo dietro di lui, come se cercasse una via uscita da quella faticosa conversazione…Come se non vedesse l’ora di scomparire da sotto lo sguardo preoccupato dell’altro.

Sherlock lo osservava agitarsi, dissuadersi dal suo sguardo.

Dopo pochi secondi di assoluto silenzio, l’investigatore decise di parlare.

Era arrivato il momento.

Il momento di dire tutto.

Di affacciarsi nudi alla realtà.

Tirò un respiro per farsi coraggio e cominciò a parlare.

-John…c’è una cosa…che dovrei dirti…-

Il suo cuore batteva a mille.

-E’ tanto che volevo dirtela e…non l’ho mai fatto.-

Lo sguardo rattristato di Watson lo seguiva nei minimi movimenti del suo viso.

-Dato che è improbabile che ci incontreremo di nuovo, sarà meglio dirtela ora.-

Improbabile?

John non sapeva cosa aspettarsi da quelle parole sussurrate.

Cominciava a sentirsi vittima di un terribile tornado di emozioni contrastanti tra loro…

Si limitava ad osservarlo con estrema impazienza; attorcigliava le labbra, deglutiva con forza…e se prima non riusciva a tenere uno stretto contatto visivo con Sherlock…ora non era capace di abbandonarlo.

I muscoli del detective erano terribilmente tesi, agitati; all’improvviso tutta la convinzione che era stata sua amica si sciolse, il controllo di se stesso lo abbandonò…non riuscì più a dire nemmeno una parola.

Sherlock Holmes, per la prima volta nella sua vita, non sapeva cosa dire.

La gola gli si chiuse in una morsa che parve quasi ucciderlo.

Abbassò il viso e deglutì con forza.

La cosa che lo faceva sentire male e gli faceva stringere il cuore era che…non ci riusciva.

C’erano stati tantissimi momenti nei quali avrebbe potuto agire…E non l’aveva mai fatto.

Gli occhi limpidi dell’altro lo osservarono.

L’investigatore privato si avvicinò a lui.

La leggera brezza che aleggiava intorno ai loro corpi s’infiltrò nello spazio che si era ristretto tra i due petti; uno spiraglio di vento accarezzò dolcemente i capelli di entrambi.

Era come se qualche entità misteriosa li stesse tenendo tra le proprie braccia.

-Sherlock…che cosa…- sussurrò John piacevolmente spaventato,perdendosi con lo sguardo sulle labbra del detective.

Era sbagliato?

Quell’impulso che aveva di baciarlo.

Era per caso sbagliato?

Lanciò un’occhiata fugace intorno e notò che Mary  e Mycroft si erano allontanati di un bel po’ da loro…più di quanto non fossero già distanti.

Chiacchieravano.

Si sentì un po’ confortato da quella grande lontananza.

Forse non avrebbero notato la pericolosa vicinanza tra lui e Sherlock.

Il detective se ne stava lì, a fissare quello sguardo sfuggente che l’aveva rapito sin dal primo momento che l’aveva notato, in quel laboratorio, un po’ d’anni fa.

-Io…- ripeterono le labbra dell’investigatore mentre una mano sfiorava con leggerezza quelle labbra tremanti.

John rimase con gli occhi speranzosi fissi sul viso del ragazzo più alto; guardò la sua bocca che si avvicinava alla sua e rabbrividì, ma non si mosse.

Sherlock affondò le labbra su un lato della sua bocca.

John chiuse gli occhi e riempì i polmoni del suo profumo.

Dio, non l’avrebbe risentito per tanto tempo.

Forse mai più.

Una piccola lacrima scorse su una guancia di John.

Non sapeva neanche perché piangeva.

Perché si sentisse in quel modo.

Perché, quando Sherlock si era avvicinato a lui, avesse avuto l’improvvisa e ardente voglia di essere baciato da lui.

Di essere avvolto dalle sue braccia.

Eppure sapeva che tutto ciò poteva essere considerato sbagliato.

Forse era ciò che aveva temuto anche Holmes.

Lui sapeva che meritava una vita tranquilla con Mary e la loro futura bambina…

Sherlock, oramai, faceva parte del suo passato.

Mary, invece, del suo futuro.

 

-Non posso.-

Il bisbiglio di Sherlock lo colpì come una lama affilata dritta al cuore.

Rimase a fissarlo come se fosse stato ipnotizzato da quelle due dolorose parole.

Osservava la lucidità dei suoi occhi.

Sapeva quanto stava soffrendo.

Non l’aveva mai visto così.

Sherlock si sentì come se fosse stato spezzato in mille piccoli pezzi.

Si sentì morire…Di nuovo.

Era come se fosse su quel palazzo per una seconda volta, e si fosse gettato nel vento, davanti agli occhi disperati di John.

Perché non riusciva mai a proteggerlo?

Perché lo faceva soffrire sempre in quel modo?

Avrebbe voluto dirgli tutto: che non voleva lasciarlo, che l’amava come non aveva mai fatto in vita sua…Ma non poteva.

John Watson non apparteneva più a lui, ora.

E questo faceva male.

Doveva andare avanti con la sua vita e sapeva benissimo che, se si fosse dichiarato a lui, non l’avrebbe mai lasciato andare.

Ma lui doveva allontanarsi da John.

Non voleva che rischiasse la vita.

Mai più.

E John lo sapeva. Sapeva benissimo cosa l’altro provasse per lui. Non c’era stato bisogno di parole per capirlo.

Giurò su se stesso che non l’avrebbe lasciato andare via così.

Un soldato non si arrende mai.

Proprio mentre l’investigatore stava per andarsene, lo afferrò per una manica del suo cappotto e lo tirò a sé:

-Ho smesso di combattere tempo fa, ma posso ricominciare a farlo per te, Sherlock.-

Gli occhi del dottor Watson erano pieni di lacrime, la sua voce, terribilmente insicura, tremava.

Sherlock si trovò a pochi centimetri dal suo volto.

Nella mente milioni di idee vagavano impazzite…Mycroft, probabilmente, avrebbe definito quell’incessante  tumulto di pensieri come confusione.

Non aveva mai provato la sensazione di confusione in sé.

Solo John Watson era in grado di procurargli sensazioni simili.

Non seppe più che fare: il suo corpo gli suggeriva di restare, la sua testa di scappare via come se non fosse mai successo nulla.

E a chi delle due parti era solito dare ascolto?

Fu tentato di staccarsi dalle braccia tremanti di John, quando quest’ultimo lo baciò inaspettatamente.

Le sensazioni che ne derivarono furono indescrivibili: come un misto di brividi al sapore di malinconia e passione.

Le loro labbra si accarezzarono dolcemente, prendendosi tutto il tempo che serviva ai due per studiare uno la bocca dell’altro…

Erano stanchi di mentire.

Forse, persino di mentire a se stessi su ciò che provavano l’uno per l’altro.

Era come se intorno a loro tutto fosse diventato confuso; come se i colori si fossero mescolate con le sensazioni, e l’unica cosa messa a fuoco erano proprio loro due.

Sherlock pose le mani sui lati del viso di John e si spinse più a fondo in quel bacio.

Aveva paura.

Aveva paura che si fosse dimenticato di lui per sempre.

Cercò di baciarlo il più a lungo possibile per conservare quel momento nel suo palazzo mentale.

Quello sarebbe stato il loro primo e l’ultimo bacio.

John passò una mano intorno alla vita di Sherlock e s’aggrappò al tessuto della sua camicia.

 

I due compagni d’avventura si staccarono guardandosi negli occhi mentre assaporavano la sensazione di rinascita che si era creata nei loro corpi.

Il dottor Watson non lo lasciò ancora andare, si limitò ad abbracciarlo fortemente.

-Puoi fare un’ultimissima cosa per me, si? Non te ne andare…Non lasciarmi, Sherlock. Ti prego, resta. Puoi- Puoi farlo per me?-

Non era la prima volta che gli veniva chiesta una cosa del genere.

L’ultima volta era tornato alla vita per lui.

-John, Io…-

-Holmes!- lo  richiamò Mycroft  a pochi metri dai due.

John aveva voglia di piangere.

Negli occhi azzurri del detective vedeva riflessa la realtà portata in vita da Mycroft.

Quel bacio era stato solo una parentesi. Una parentesi che si era conclusa in una manciata d’interminabili secondi.

Non voleva lasciarlo andare. Era come abbandonare una parte di se stesso.

Sherlock si girò verso la voce che lo chiamava e poi volse lo sguardo lucido di nuovo sugli occhi lacrimanti di John.

Mary intanto aveva raggiunto il dottor Watson e lo abbracciava come una degna moglie affettuosa farebbe con il proprio marito.

John però sembrava non curarsene…L’unica cosa di cui davvero gli importava era Sherlock che si allontanava sempre di più da lui.

Sherlock s’incamminava verso l’aereo…Non si voltò indietro.

Addio, John.

E forse non sarebbe mai più tornato.

John lo osservava ancora con gli occhi bagnati dalle lacrime.

Si stampò in mente lo sguardo che il detective gli lanciò prima di salire sull’aereo.

Si, i suoi occhi parlavano.

E forse in quell’unico, preciso istante, l’aveva visto piangere.

Gli bastò quella frazione di secondo per capire tutto quello che quegli occhi che tanto amava erano riusciti a dirgli con un solo sguardo.

Poi il suo telefono vibrò.

Il dottore lo afferrò dalla tasca del suo giacchetto.

 

DOPOTUTT O I L GIOCO, RICORD A, NON FINISCE M AI,  JO HN.

                                      -SH

 


                           

  
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