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Autore: syontai    21/05/2015    3 recensioni
Un mondo diviso in quattro regni.
Un principe spietato e crudele, tormentato dai fantasmi del passato.
Una regina detronizzata in seguito ad una rivolta.
Una regina il cui unico scopo è quello di ottenere sempre più potere.
Un re saggio e giusto da cui dipendono le ultime forze della resistenza.
Una ragazza capitata per il volere del destino in un mondo apparentemente privo di logica, e lacerato dai conflitti.
Una storia d'amore in grado di cambiare le sorti di una guerra e di tutto questo magico mondo.
This is Wonderland, welcome.
[Leonetta, accenni Pangie, LibixAndres e altri]
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leon, Un po' tutti, Violetta
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Capitolo 67
Vicini alla verità

Francesca corse incontro a Luca, che con una risata la strinse prontamente forte a sé, facendola volteggiare. Federico era ancora sconvolto dal fatto che il principe di Fiori fosse vivo, visto che ormai le speranze sul suo conto si erano spente da parecchio tempo.
“Luca, sei vivo!” strillò Francesca, credendo di stare sognando. Tante volte, chiusa nelle segrete del palazzo aveva sognato che suo fratello arrivasse per portarla in salvo, e anche se non era successo potersi rendere conto di averlo lì, in carne ed ossa, rappresentava la realizzazione di tutte le sue preghiere. Dopo che l’entusiasmo della giovane regina si fu spento, si radunarono tutti e tre intorno a Luca con migliaia di interrogativi in testa. Violetta trovava che Luca fosse un bel ragazzo: alto, dal fisico esile ma allenato per sopportare tutte le fatiche, una barba nerissima che gli contornava il viso insieme ai capelli altrettanto scuri. Aveva poi un sorriso smagliante, di quelli contagiosi.
“Come è successo?” chiese poi Federico, rendendosi così portavoce di tutti e tre. “Insomma...eri ferito. Sei scomparso nel nulla e adesso ti ritroviamo a capo di una banda di briganti”.
Luca gli lanciò un’occhiata torva, rivolgendosi poi dolcemente a Francesca: “Non appena ho saputo di quello che ti avevano fatto non sai quanto avrei voluto venire a salvarti...ma purtroppo so bene che il palazzo di Fiori è inespugnabile. Ho comunque studiato giorno e notte un piano per riportarti da me”.
“Per fortuna grazie a Federico sono riuscita...”.
“Ah, il traditore” sibilò Luca, tornando a osservare, questa volta con puro disprezzo, il volto scavato di Federico, che in tutta risposta abbassò lo sguardo al suolo.
“Non è come sembra” si intromise Francesca. “Anche io l’ho odiato a lungo, ma poi ho capito che l’ha fatto solo per poter aiutare tutti noi”.
Il principe incrociò le braccia al petto, per nulla convinto, ma poi liberò un sospiro di sollievo. “L’importante è che tu sia qui”. Dopo che la sorella gli ebbe chiesto nuovamente come fosse finito con dei compagni del genere, Luca cominciò a raccontare: effettivamente aveva riportato una ferita parecchio grave, ma i suoi uomini lo avevano nascosto per dargli la possiiblità di riprendersi. Sfortunatamente le truppe di Fiori, ormai fedeli a Nata, lo avevano localizzato e li avevano attaccati. Luca era stato spinto a fuggire e ad abbandonare il campo di battaglia, per poi ritrovarsi a vagabondare per il Paese delle Meraviglie, fino a quando non incappò un gruppo di briganti disorganizzati. Messosi a capo di quelli, aveva da allora cercato di sabotare tutti i movimenti delle truppe di Cuori e Quadri, seguendo un po’ l’esempio di Andres. Certo, non erano azioni diversive di grande effetto, ma almeno riusciva in qualche modo a rendersi utile alla causa.
“In tanti aspettano il tuo ritorno, Francesca. Hanno capito che la corona ti spetta di diritto e che Natalia è solo un’usurpatrice” spiegò infine Luca. “Molti soldati ti sono rimasti fedeli, potresti ancora...”. Francesca però scosse la testa.
“Adesso non è il momento. Luca, ho bisogno del tuo aiuto”. Luca sapeva bene che con Francesca insistere sarebbe stato pressocché inutile, quindi rimase in silenzio, aspettando di sentire la richiesta.
“Dobbiamo trovare il Brucaliffo. Non ti sto chiedendo di venire con noi, abbiamo bisogno solo di alcune provviste, nient'altro”
“Siete pazzi se pensate di trovarlo! Non avete sentito nulla sulle storie della foresta di Supergiù?” domandò Luca, inquisitorio e con sguardo severo. Era chiaro che non voleva che sua sorella mettesse piede in quel luogo maledetto. “Ve lo proibisco assolutamente”.
“Luca, non ho scelta, devo assolutamente parlare con il Brucaliffo. Porto dentro di me una maledizione che grava sulla nostra famiglia da secoli e più passa il tempo più perdo il controllo, più mi avvicino alla morte. E’ questo che vuoi, fratello mio?”. Francesca tremava come una foglia mentre parlava a Luca, il quale la fissava sbalordito. Neppure lui doveva essere stato informato dai genitori del pericolo che si celava mansueto dentro il corpo della sorella.
Violetta e Federico osservavano la scena in disparte, consapevoli di quanto in quel momento la loro presenza fosse di troppo. Era chiaro che Luca si sentiva in difficoltà: quelle parole cambiavano tutto. Se da una parte avrebbe voluto risparmiare a Francesca i pericoli della foresta, dall’altra non poteva permettere neppure che si consumasse lentamente fino a morire. Violetta sapeva che alla fine Luca avrebbe dovuto lasciarli andare: l’amore di un fratello era il più saggio dei consiglieri e neppure l’istinto di protezione poteva intromettersi.
Luca rimase in silenzio a riflettere per qualche altro secondo, quindi annuì. “Bene, accordato. Partiremo domani, all’alba, oggi stesso nominerò qualcuno che possa sostituirmi fiché non ci sarò. Ma adesso devi spiegarmi tante cose, sorella” dichiarò con tono solenne, prendendole la mano, e allontanandola dagli altri due, verso una costruzione in legno poco distante.
“Luca, non è necessario...i tuoi uomini...” balbettò Francesca.
Luca si fermò di fronte a lei, posandole le mani sulla spalle. La scrutò intensamente con la massima serietà. “Ricorda bene. Nessuno, e ripeto nessuno, vale per me quanto la tua vita. Nessuno. Io verrò con te, il discorso finisce qui”.
Francesca si sentì sollevata. Nonostante Violetta e Federico avessero fatto di tutto per non farle pensare al suo destino, solo in quel momento, guardando negli occhi il fratello che era certa avrebbe dato volentieri la vita per lei, sentiva che forse per lei c’era davvero una speranza. E se c’era davvero una modo per liberarsi da quella maledizione, insieme l’avrebbero trovato.
 
Natalia vedeva il Regno sgretolarsi sotto le sue mani e la colpa era tutta di Ludmilla Ferro. I sudditi cominciavano a nutrire riserve nei suoi confronti, considerandola solo come un burattino nelle mani della regina di Quadri. I pochi sostenitori con cui aveva attuato il colpo di stato cominciavano a chiedersi se effettivamente fosse stata una buona idea e lei non poteva fare nulla per fargli cambiare idea. Continuava a mantenere il potere con la forza, ma ora che Ludmilla aveva deciso di servirsi dell’Ordine di Fiori non poteva contare più neppure su quella. All’inizio il nome di Francesca veniva appena sussurrato, per paura di essere uditi da spie, ma adesso la si reclamava a gran voce, senza più preoccuparsi delle conseguenze. Le ricostruzioni del palazzo procedevano senza sosta e anche questo era mal visto dal popolo, che le consideravano un enorme spreco di forze, tempo e denaro.
“Non so se posso accettare”. Alcune scintille schizzarono fuori dal camino dentro cui ardeva la legna accesa. Nata era vestita in modo modesto. Il suo rango non aveva risparmiato il padre dalla febbre del gioco dei dadi, portandolo sul lastrico. Proprietà, gioielli, tutto andato perduto. La madre si era gravemente ammalata e li aveva abbandonati da poco tempo. Nata temeva che presto il padre l’avrebbe seguito, caduto com’era in una depressione da cui sembrava non avere speranze di uscita. Il futuro la spaventava, ma cercava di non pensarci, concentrandosi nelle faccende, poiché avevano dovuto licenziare tutta la servitù. Poi un giorno come tanti altri la giovane regina di Quadri, Ludmilla Ferro, si era presentata nella loro umile dimora, per farle una proposta.
“Non hai nulla da perdere, mi sembra” esclamò la bionda, guardandosi attorno con disgusto. Le pareti erano annerite dalla fuliggine e il pavimento aveva effettivamente bisogno di una ripulita, ma Nata non riusciva a stare dietro a tutto. La ragazza sospirò: in fondo aveva motivo per avercela con sua cugina Francesca e la loro famiglia. L’avevano lasciata lì a marcire, rifiutandosi di aiutare il padre con i debiti. E quella piccola casa di campagna, eredità da parte della madre, era tutto ciò che gli era rimasto. “Io posso assicurarti che in pochissimo tempo potrai indossare la corona del Regno di Fiori. Ti darò i miei uomini per attuare il colpo di stato e poi immagino che tu abbia ancora qualche amico a palazzo, giusto?
Nata annuì, seppure con poca convinzione. Ancora non si fidava ad accettare l’aiuto di quella donna. Sapeva che nessuno faceva nulla per nulla e attendeva solo di sentire il prezzo di quell’accordo. Ludmilla aveva nel frattempo tirato fuori dalla tasca un sottile fiala il cui vetro era di uno strano color verde bottiglia e dentro ondeggiava appena un liquido scuro, di cui non riusciva a distinguere il colore. “Questo veleno è la chiave di tutto. In questo modo potrai toglierti di mezzo la famiglia reale. Poi il resto verrebbe da sé. Nessuno potrebbe sospettare di te, il veleno non lascia alcuna traccia” spiegò attentamente la regina di Quadri, sorridendo rassicurante.
Gli occhi di Nata brillarono: tutti i suoi sogni erano racchiusi in quella fiala, tutto i suoi desideri. La tentazione di cedere era fortissima ma ancora qualcosa la tratteneva. “E cosa vorreste in cambio?” domandò la mora.
“Favori. Ma non parliamone ora, non è nulla di cui dobbiamo preoccuparci ora. Accetti oppure no il mio accordo?”.
Nata annuì, scacciando ogni timore e incertezza.

Da quel giorno la sua vita era cambiata e all’inizio non aveva pensato alla conseguenza delle sue azioni. Una volta morti ‘misteriosamente’ i genitori di Francesca, il Regno si era notevolmente indebolito, passando per un breve periodo nelle mani di Luca, che però non si ritenne adatto al ruolo di re e cedette il trono alla sorella. Francesca, nonostante fosse giovane e inesperta, era riuscita amare fin da subito dai suoi sudditi, ma c’era ancora parecchia instabilità nel Regno e Nata ne aveva approfittato per attuare il suo colpo di stato, con l’aiuto di Ludmilla.
“Mia regina”. Ana la fece sobbalzare, presentandosi al suo cospetto con un profondo inchino. La sala del trono era vasta quasi quanto la sua passata dimora, di forma romboidale, più lunga che larga. Il pavimento era di puro cristallo lucente, e proprio sotto il trono risplendeva un mosaico che raffigurava lo stemma di fiori. “Ho saputo dello spostamento dei cavalieri di Fiori e vi chiedo umilmente di permettermi di raggiungerli”.
Nata sembrò piuttosto sorpresa della richiesta: per giorni Ana non aveva messo piede dal suo studio, lavorando a chissà quali incantesimi di natura proibita. La giovane maga era stata la prima a stringere il Pactio di sua spontanea volontà, con la promessa di avere l’accesso a tutti gli antichi testi magici custoditi nel palazzo di Fiori. “Sai bene di far parte della mia ristretta guardia personale. Non penso sia saggio che ti allontani dalla tua regina, soprattutto in tempi come questi” esclamò Nata, lasciando trasparire da quelle parole tutta la proeccupazione che stava provando.
“Lo so bene, ma non l’avrei chiesto se non fosse per un motivo più che urgente. Tra le linee del nemico potrebbe comparire un mago, un certo Domingus Junior...l’unico sfuggito al tuo controllo. E solo io posso fermarlo”.
“E cosa ti spinge a credere che solo tu ne sia in grado? Ho altri maghi su cui poter fare affidamento...ad esempio il padre di questo ribelle”.
Ana strinse i denti, ma non perse le staffe, per quanto odiasse che la sua parola venisse messa in discussione. “Vi chiedo di fidarvi di me. Quel ragazzo è un serio pericolo. Devo ricordarvi ciò che è riuscito a fare a questo Palazzo?”.
Nata rabbrividì, ripensando al suo meraviglioso palazzo diviso completamente in due. Aveva superato ogni difesa magica, creando prima un terremoto e poi uno tsunami dal nulla. Un potere tanto devastante avrebbe dovuto essere al suo servizio, e invece gli era sempre stato descritto come un ragazzo che non amava applicarsi nello studio e persino scansafatiche, per cui quando era scomparso nel nulla non si era creata il problema di cercarlo. Ignorava invece che si trattasse di un concentrato di talento innato.
“Permesso accordato” si arrese infine Nata, afflosciandosi sul trono. Non riusciva a reggere tutte quelle pressioni, quelle richieste. La vita da regina non era fatta per lei e pian piano se ne stava rendendo conto. Non c’era più però alcuna via di uscita per lei, era caduta nella trappola di Ludmilla e non sarebbe più stata in grado di tirarsene fuori.
 
“Strano, stranissimo!” mormorò Violetta, guardandosi intorno completamente affascinata. Non riusciva ancora ad abituarsi alle stranezze che il Paese delle Meraviglie continuava a riservarle. Luca li aveva condotti sempre più nel folto della foresta, fino a quando non si erano trovati di fronte a un cartello di legno: ‘Foresta di Supergiù’. Subito dietro di esso si estendeva in lunghezza a perdita d’occhio una striscia bianca. Sembrava fosse fatta di gesso, ma quando si chinò per grattarlo non si staccò neppure un granello bianco dal terreno.
“Preparatevi. Le cose vi sembreranno parecchio diverse da qui in poi” li mise sull’attenti Luca, prendendo poi per mano Francesca. Violetta li vide attraversare la striscia bianca e sparire all’improvviso.
Federico impallidì, rivolgendole uno sguardo terrorizzato, quindi zoppicò con il bastone fino a superare anche lui la striscia. Violetta si posizionò al suo fianco, per non dover rimanere da sola. Con decisione fece un passo avanti, e quando lo riposò tirò un sospiro di sollievo. Intorno a lei non le sembrava ci fossero tantissime differenze, aveva solo un leggero capogiro. “Violetta!” la chiamò Francesca, parecchio scossa. Fece per raggiungerla, quando di fronte a lei si parò un mostro verde. Aveva delle enorme chele e degli occhietti neri famelici; dal capo si diramavano due sottili antenne. Aveva letto numerosi libri sugli insetti e quell’animale aveva tutto l’aspetto di una mantide religiosa fin troppo cresciuta. In ogni caso egli non badò molto a lei, perché le passò oltre con assoluto disinteresse. “Ma è enorme!” mormorò con un fil di voce a Francesca, raggiungendola.
“Non è lui ad essere grande, siamo noi ad essere piccoli. Guarda dietro di te”.
Violetta si voltò e spalancò la bocca: quella che prima era solo una sottile scia biancastra adesso aveva le dimensioni di un rigagnolo. La vegetazione intorno a lei, che aveva scambiato per normali alberi altro non erano che steli d’erba. Era già rimpicciolita un’altra volta, quando era fuggita dal castello di Cuori, ma questo non le impedì di rimanere frastornata dalla natura che la sovrastava.
“Non rimanete lì, dobbiamo muoverci” li richiamò Luca, mettendosi a capo del gruppo. Marciarono per diversi giorni, all’ombra di giganteschi funghi dai colori sgargianti, con il pressante ronzio delle api che di tanto in tanto volavano raso terra, attirate poi dal nettare che si nascondeva all’interno delle corolle dei fiori. Quando si fermavano per riprendere le forze Luca tirava fuori delle spade di legno che si era portato dietro appositamente per allenare Francesca e Violetta. Secondo lui in tempi di guerra tutti dovevano essere in grado di maneggiare una spada, almeno per potersi difendere. Più volte il giovane principe si era congratulato con Violetta per il modo in cui maneggiava la spada o per come eseguiva le tecniche quasi alla perfezione al primo tentativo. “Sicura che non hai tenuto in mano una spada vera e propria?” le domandava di tanto in tanto il ragazzo, sinceramente stupito. Alla risposta affermativa di Violetta, sorrideva e strizzava un occhio per poi riprendere con un blando assalto, abilmente scartato. Federico osservava gli allenamenti in disparte, nostalgico. Un tempo anche lui avrebbe potuto parteciparvi, ma adesso con quella gamba inutilizzabile gli sarebbe stato impossibile brandire una spada e duellare.
“Non avrei mai pensato di dire che Violetta sarebbe stata così brava! Ha un’aria così innocente...” esclamò Francesca stanca, posandosi alla spalla del conte.
“Avrei dovuto essere io a proteggervi, o per lo meno a insegnarvi a difendervi” sbottò Federico.
Francesca si morse il labbro, osservando il bastone ricurvo su cui si poggiava il ragazzo. “Io...insomma, Federico, tu...”.
“So benissimo di essere storpio. E’ questo che stai cercando di dirmi, vero?” la anticipò l’altro, incenerendola con lo sguardo.
“No, io...E’ difficile, non ne abbiamo mai parlato prima” mormorò la principessa, stringendo con forza la mano destra di Federico. Lentamente se la portò alla guancia, guardandolo con così tanta dolcezza che l’espressione dura di Federico si ammorbidì all’istante. “Non voglio che finiamo sempre per litigare” soffiò la mora, socchiudendo gli occhi e godendosi il tocco ruvido della mano di Federico, il quale, in tutta risposta scosse la testa.
“Hai ragione, perdonami. E’ così frustrante, mi sento inutile. Devo solo abituarmi a questa situazione, ogni volta che credo di esserci riuscito ecco che ci ricasco...Ma ce la farò, promesso”.
Un tonfo li fece voltare istantaneamente verso il luogo del combattimento, dove una Violetta euforica esultava apertamente per essere riuscita a disarmare Luca. Il principe invece continuava ad avere lo sguardo fisso su di loro, con un misto di rabbia e sgomento.
Dopo quell’episodio Luca era diventato molto più freddo. Si limitava a camminare avanti agli altri e quando Francesca gli correva incontro per cercare di parlargli per spiegargli quello che aveva visto, lui borbottava qualcosa come ‘Ho capito anche fin troppo bene’.
“Penso che non l’abbia presa bene” si arrese, tornando insieme agli altri due compagni.
“Ma no, non mi dire!” ironizzò Violetta, trattenendo a stento una risata. Cercò di rimanere seria, mentre Federico la guardava con aria di rimprovero. “Devi solo dargli il tempo di accettarlo. Per lui deve essere difficile, si è appena riunito a te, ti vede ancora come la ragazzina di qualche anno fa...E poi rimane pur sempre un fratello maggiore, geloso per natura!”. I tentativi di rincuorare Francesca da parte dell’amica andarono a buon fine, perché si sciolse in un sorriso, sebbene non si sentisse del tutto tranquilla. Sperava solo che prima di raggiungere il Brucaliffo avesse avuto un’opportunità di parlare con il fratello. 
 
“Di questo passo non troveremo mai la casa del Brucaliffo” sbuffò Violetta, sedendosi a terra esausta.
“Se si sposta continuamente come dicono penso sia più facile che sia lui a trovare noi” aggiunse Francesca, massaggiandosi i la caviglie dolenti. Luca era rimasto in disparte e Federico non sapeva se fosse quello il momento giusto per spiegargli ciò che era successo tra lui e la sorella. Si allontanò dalle due ragazze e, in preda a mille incertezze, zoppicò fino a raggiungere il principe di Fiori, che con le braccia conserte fissava all’altezza dell’orizzonte. Alla loro altezza si distinguevano pochi sprazzi di cielo rosato che si proiettavano sul terreno smosso. Uno di essi sembrava una mezzaluna e Luca risiedeva al suo interno. Colpito da quella luce incuteva ancora di più un timore riverenziale, come se ci si trovasse al cospetto di una divinità. Non appena il moro si fu accorto della sua presenza, scosse la testa, indurendo la mascella e guardandolo con fare circospetto, come se non lo avesse mai visto in vita sua.
Federico, seppure si sentisse a disagio, lasciò che quell’esame procedesse in silenzio.
“Sai che Francesca è la persona a me più cara, vero? Per me la famiglia è tutto. E’ parte del credo della famiglia reale di Fiori” esordì Luca, fissandolo con durezza. Se fosse o no vero che aveva lo scopo di intimidirlo, Federico non lo seppe dire.
“Dovresti sapere, Luca, che agisco sempre con onore. E non oserei mai ferirla...”.
“Anche perché io ti spezzerei l’altra gamba se tu provassi a farlo” ribatté Luca, con un sorriso bieco. Federico sapeva bene che quella non era una semplice minaccia, bensì una promessa.
“Sono successe tante cose, ma il legame che unisce me e Francesca è...bello. Speciale”.
“Non so di cosa tu stia parlando, so solo che lei è la mia sorellina e che nessuno può avvicinarsi a lei senza il mio consenso”.
Federico non seppe ribattere, ma rimase in silenzio, cercando di trovare delle argomentazioni più valide di quelle presentate fino a quel momento. A salvarlo da quel vicolo cieco ci pensò Violetta, che li chiamò a gran voce, dicendo loro di raggiungerle subito. Quando i due tornarono nel posto in cui le avevano lasciate, le trovarono in compagnia di un giovane pallido dagli occhi grandi ed espressivi. Era vestito completamente di nero e indossava un mantello bianco candido. I capelli color ebano erano scompigliati e ribelli. Mentre Violetta e Francesca erano sedute, lui era l’unico rimasto in piedi, che si guardava intorno con fare circospetto. Non appena li vide sembrò tranquillizzarsi, tanto da regalare loro un sorriso mite.
“Lui è Marco, l’assistente di Antonio, il Brucaliffo” disse Violetta, scattando in piedi e facendo le presentazioni. Marco si esibì in un rapido inchino rispettoso, quindi tornò a guardarli e stavolta dal suo sguardo traspariva una leggera impazienza.
“Antonio mi ha mandato per riferirvi che è disponibile a incontrarvi” esclamò frettolosamente il mago. “Non c’è tempo da perdere, seguitemi”. A grandi passi si fece strada fino ad arrivare ai piedi di una quercia imponente. Anche senza essere delle dimensioni di una noce era chiaro che quello era un albero secolare, tra i più alti della foresta. Quando fu sicuro di essere stato seguito e dopo essersi fatto strada tra le radici che emergevano dal terreno, sfiorò con una mano la corteccia dell’albero e su di essa si incise una porticina molto semplice dalla forma tondeggiante.
“E’ qui che vive il Brucaliffo?” domandò Violetta, guardandolo con curiosità. In tutta risposta Marco sorrise indulgente. “La casa del Brucaliffo è qui e da nessuna parte. Per trovarla basta avere la chiave” disse, voltandosi subito dopo verso Francesca, la quale era rimasta colpita da quelle ultime parole. “Avrai tutte le rispose che cerchi” aggiunse Marco, riferendosi proprio a lei. La mora divenne rossa, riuscendo a stento a trattenere lo stupore: che fosse in grado di leggere nella mente? O forse semplicemente Antonio gli aveva parlato di lei? Molto probabilmente si trattava della seconda ipotesi, ma sentiva ancora lo sguardo penetrante di Marco addosso, facendola rabbrividire.
Il tronco era cavo all’interno e non si riusciva a distinguere a un palmo dal naso, fino a quando una serie di luci si accesero, piccole fiammelle racchiuse in candelabri a forma di goccia appesi lungo la parete circolare, che si estendeva in altezza a perdita d’occhio. Una scala a chiocciola conduceva in altre stanze, scavate nel tronco cavo. Al centro c’era una poltrona rosso fuoco, su cui Antonio con una camicia da notte nera lucida sprofondava gambe all’aria. Un piccolo tavolino stracolmo di libri impilati era posto vicino al narghilè. Dalla bocca del Brucaliffo uscivano cerchi di fumo concentrici che si perdevano nell’aria, diffondendo un profumo esotico di incenso.
“Maestro”. Marco era l’unico a sentirsi perfettamente a suo agio in quella situazione e velocemente raggiunse il Brucaliffo, guardandolo con estrema soddisfazione per essere riuscito a portare a termine il suo compito. Antonio alzò lo sguardo e subito si rivolse a Violetta: “Chi esser tu?”.
“Violetta” mormorò la ragazza, abbassando il capo in segno di rispetto.
“Niente affatto!” sbottò Antonio, agitando la mano come per allontanare quella risposta che non gli era piaciuta affatto. Un po’ a fatica si alzò, barcollando e borbottando qualcosa, quindi si aggiustò gli occhiali. “Voi due, seguitemi” disse l’uomo, indicando Violetta e Francesca. Federico e Luca scattarono sull’attenti, per niente inclini a fidarsi del saggio anziano. Marco però si parò di fronte a loro, serissimo. “Non farà loro del male, non dovete preoccuparvi”. Nonostante quella rassicurazione non li convincesse appieno non poterono far altro che rimanere a guardare Violetta e Francesca che salivano le scale a chiocciola insieme al Brucaliffo, fermandosi solo parecchi piani più in alto.
“Francesca, puoi aspettarmi fuori un attimo per favore?” chiese gentilmente Antonio. La mora annuì, sentendo sempre di più l’adrenalina scorrerle nelle vene: era vicina a una risposta, quella che attendeva da tanto, troppo tempo. Un secondo in più o un secondo in meno non avrebbe cambiato l’inevitabile, ma sentiva il bisogno impellente di sapere. Se le aveva chiesto di aspettare forse la sua situazione non era poi così terribile, giusto? O forse stava solo cercando di illudersi?
Violetta si trovò in una piccola stanza accogliente, ma completamente vuota. Non c’era un mobile, una decorazione, assolutamente nulla, solo le piccole luci intrappolate alle pareti così come all’ingresso.
“Sei venuta per il nostro ultimo incontro, se non sbaglio”.
“Lo ricordi?” domandò Violetta, accigliandosi. Era stato solo un incontro fugace, erano passati per il corridoio e una serie di ricordi non suoi l’avevano investiti.
“Come non avrei potuto! So chi sei e qual è il tuo destino dal primo momento in cui hai messo piede in questo mondo...Ho dovuto fare in modo che tu ti ricordassi di cercarmi e quei ricordi mi sono sembrati il modo giusto per riuscirci”. Violetta tacque: quindi ciò che le era successo in quel corridoio era stato opera del Brucaliffo. Aveva addirittura il potere di entrare nelle menti delle persone?
Isintivamente mise la mano in tasca tirando fuori quel frammento ingiallito e spiegazzato ritrovato nella biblioteca del castello di Cuori. Lo porse silenziosamente ad Antonio che vi gettò appena un’occhiata per poi sorridere. “Carroll. Un grande artista, uno scrittore eccezionale! E’ merito suo se tutto questo esiste...”.
“Quindi confermi ciò che ha detto il Cappellaio? Mi trovo veramente in un libro?”.
“La realtà è molto più complessa di quello che appare. Certo, tutto quello che vedi esiste grazie alla penna di Carroll, ma con Alice le cose sono cambiate...credo che tua sia pronta per parlarle, non posso dirti molto”.
“Alice è ancora viva?” chiese Violetta, sgranando gli occhi. Allora aveva avuto ragione fin dall’inizio: Alice era sempre stata dietro ogni sua azione e ora ne aveva la conferma. “Dove posso trovarla?”.
“Raggiungi le paludi di Jolly e lo Stregatto in persona ti condurrà da lei. Io, Camilla, Beto e i suoi amici siamo gli unici ad essere al corrente della sua esistenza. Ricorda: non dovrai farne parola con nessuno” la avvisò Antonio, agitando l’indice con tono severo. “Lei risponderà a tutte le tue domande molto meglio di quanto possa fare io...e ora mi faresti il piacere di scambiare due parole solo con la principessa di Fiori?”. Violetta annuì e si avvicinò alla porta, facendo per aprirla, quando il Brucaliffo parlò di nuovo: “Ricorda, Violetta...hai un potere che nessuno di noi possiede, puoi cambiare il destino, non solo il tuo, bensì anche quello degli altri. Ma non devi fare in modo che questo potere ti renda diversa da quello che sei. Ricorda sempre quali sono i tuoi obiettivi, perché il tuo lungo viaggio sta per finire”. Violetta avvertì un brivido lungo la schiena, mentre spingeva il pomello della porta, trovandosi di fronte a Francesca, che era rimasta esattamente dov’era, con una faccia pallidissima.
Si fece da parte, accarezzandole teneramente la spalla. La mora sussultò a quel tocco, ma non si sottrasse, anzi lasciò che esso gli desse una forza di cui non si sentiva più portatrice. La paura l’aveva annientata poco a poco e quella speranza flebile era tutto ciò che gli era rimasto insieme a Federico. A passo lento, raggiunse Antonio, che le circondò le spalle con un braccio, chiudendo la porta dietro di sé. Violetta guardò verso il basso, dove Marco tentava di intrattenere Luca e Federico con qualche racconto, ma entrambi erano tesissimi. Il tempo passava inesorabile e la porta era ancora chiusa. Violetta continuava a fissarla: Antonio non l’aveva trattenuta a lungo tanto quanto l’amica e questo non faceva altro che preoccuparla sempre di più. Quando finalmente Francesca uscì dalla stanza, accompagnata da Antonio sembrava sollevata e sconvolta allo stesso tempo.
Scesero le scale in silenzio e subito Luca si precipitò dalla sorella, studiandola attentamente. “Tutto a posto? E’ tutto risolto?”. Francesca cercò uno sguardo di conferma da parte di Antonio, quindi deglutì e annuì: “Non ancora, ma presto...presto sarà tutto finito”. Quindi si rivolse a Violetta: “Il Brucaliffo mi ha detto qual è la nostra prossima meta. L’ultima prima di raggiungere gli altri”.
Antontio accompagnò il gruppo fino alla porta che aprì lentamente, mostrando un paesaggio diverso da quello da cui erano venuti. “Quando uscirete vi ritroverete quasi subito fuori dal bosco, nelle vostre dimensioni usuali” sorrise Antonio, rispondendo ai taciti dubbi dei suoi ospiti.
“Sarà meglio andare, allora” ribattè Federico, che non vedeva l’ora di lasciare quel posto stranissimo, abitato da persone altrettanto strane e misteriore. Francesca, dopo i dovuti ringraziamenti ad Antonio, attraversò la porta, affiancata a sinistra da Federico e a destra da Luca, che ogni tanto gli lanciava occhiae minacciose.
“Violetta”. Marco la trattenne per un braccio, mentre l’anziano Brucaliffo era già sparito per le scale, intrufolatosi in una delle numerose stanze. “Non mi sono mai scusato come avrei dovuto...per quello che è successo al castello di Cuori. Ho lasciato che i miei sentimenti prendessero il sopravvento, sono stato uno sciocco”.
“Non è stata colpa tua...”.
“Invece si! Per di più ho lasciato che i pregiudizi nei confronti di Leon mi accecassero...Lui ha bisogno di te. Molto più di qualunque essere vivente su questo mondo” esclamò deciso il mago, arrossendo appena. “La Profezia purtroppo dice che uno dei due ucciderà l’altro, ma non lasciare che questo accada”.
“Io non lo ucciderei mai, e neppure lui lo farebbe” rispose Violetta, stringendo i pugni e ricordando i numerosi avvertimenti che le aveva dato Beto a proposito della Profezia.
“Purtroppo le cose non sono così semplice. Le persone cambiano, Violetta, ma Antonio mi ha insegnato che c’è sempre una speranza, perché per quanto odio possa accecare un uomo i ricordi che ci donano il cuore non possono essere cancellati in nessun modo”. Violetta sorrise, stringendo la mano di Marco, che lentamente l’abbracciò. “Salvaci” le sussurrò all’orecchio, quindi le lasciò un lieve bacio sulle guancia e si girò dall’altra parte, probabilmente troppo in imbarazzo per ciò che aveva fatto. Violetta aveva sempre creduto Marco un ragazzo arrogante e spavaldo e invece si era dovuta ricredere: c’era tanta saggezza in lui, tanta gentilezza. Antonio aveva visto in lui qualcosa che nessun’altro era stato in grado di vedere, ma adesso a lei quelle qualità apparivano chiare e limpide. Marco non era stato l’unico ad affidarsi a pregiudizi sbagliati; in quel viaggio aveva imparato che molto spesso le persone non erano come apparivano. “Adesso vai” mormorò il ragazzo, sempre di spalle, grattandosi il capo.
“Grazie, farò tutto il possibile...davvero”. Violetta si voltò prendendo un respiro profondo: la sua avventura stava giungendo al termine, ma prima aveva bisogno di alcune ultime risposte, e solo Alice avrebbe potuto dargliele.
 
“Non se ne parla, non ho alcuna intenzione di dormire vicino a questo qua!” sbuffò Luca, indicando Federico, che si era già preparato il suo giaciglio, su cui si lasciò cadere a peso morto, annaspando.
“Luca, non essere infantile! Hai deciso di accompagnarci, quindi vedi di cominciare ad adattarti e di farci finire questo viaggio tranquillamente” lo riprese Francesca, dandogli uno spintone verso il conte Acosta, che si raggomitolò di spalle, aspettando di prendere sonno.
“Ma lui...io...voi...e va bene! Ma quando saremo di nuovo a casa ci saranno parecchie cose di cui dovremo parlare” si lamentò il principe di Fiori, incrociando le braccia al petto e andando ad assicurarsi che il fuoco fosse stato spento a dovere.
“Che tono autoritario, proprio da regina!” ridacchiò Violetta, avvicinandosi alla mora che fece una piccola smorfia, per poi sospirare. “Questo viaggio sta per trasformarsi in un Inferno! Luca è sempre stato gelosissimo di me e ora che ha capito come stanno le cose...è tanto che non lo abbia sfidato a un duello mortale”.
Violetta annuì: anche se era figlia unica, capiva perfettamente come ci si sentisse ad avere una persona cara particolarmente protettiva nei propri confronti. German nemmeno le aveva dato la possibilità di andare in una scuola, assumendo un’istitutrice. A pensarci bene, da quando era nel Paese delle Meraviglie, si sentiva diversa, come se improvvisamente fosse cresciuta tutto d’un tratto. Aveva affrontato situazioni complicate, a volte perfino pericolose, e ne era sempre uscita viva. Aveva incontrato tutti i generi di persone, da quelle avide e approfittatrici come Ludmilla, ad altre generose e altruiste come Lena. A pensarci bene, quando Antonio le aveva chiesto chi fosse, forse aveva sbagliato a dare quella risposta. La Violetta che era atterrata nel Paese delle Meraviglie era solo una figura sbiadita di un passato che sembrava fin troppo lontano. Ricordando del suo incontro con il Brucaliffo le venne spontaneo chiedersi che cosa mai avesse detto a Francesca. La ragazza era stata infatti sempre molto evasiva e si era rifiutata di rispondere alle loro molteplici domande per tutto il tragitto.
“Per fortuna le Paludi di Jolly non sono lontane, quindi forse riusciremo ad evitare inutili spargimenti di sangue” continuò la mora.
“E’ tanto che ci penso...come mai non ci hai raccontato di quello che ti ha detto il Brucaliffo?” chiese Violetta, senza più riuscire a trattenere quella bruciante curiosità. Francesca impallidì, guardandosi intorno, come se avesse paura di essere osservata.
“Se te lo dicessi interferirei con quello che è il tuo scopo...fidati, non vorresti sapere ciò che mi ha confidato” rispose, guardando davanti a sé, ma senza incrociare lo sguardo dell’amica.
“E’ così grave?”.
“Tutt’altro! E’...un bene sia per me che per te. Finalmente potrò controllare il Mana...ma smettila di chiedermi come e perché, non è ancora il momento!” si irritò notevolmente Francesca, entrando nel panico.
Violetta non capiva che cosa ci fosse tanto importante dietro quel silenzio, ma insistere sarebbe stato inutile. Francesca era una persona non solo determinata, ma anche leale, e se il Brucaliffo le aveva fatto promettere di non dire nulla non l’avrebbe mai fatto. Non poteva far altro che rallegrarsi per il fatto che almeno la maledizione del Mana sarebbe potuta essere spezzata, anche se non aveva la minima idea di come fosse possibile.
“Ehi, questo qui mi ha dato un calcio” sbottò Luca, che si era steso affianco a Federico e già si stava lamentando.
“Spiegami com’è possibile visto che ho perso l’uso di una gamba” borbottò il conte Acosta, avendo quasi dimenticato di avere a che fare con un principe.
“Beh, hai ancora l’altra...per ora” lo minacciò Luca, girandosi dall’altra parte.
“Ti prego, dimmi che andranno d’accordo” sussurrò Francesca, alzando gli occhi al cielo. “Ma che dico, non succederà mai. Luca lo vedrà come una minaccia fino alla fine”.
Violetta trattenne a stento una risata, quindi accarezzò dolcemente il braccio dell’amica, facendole un occhiolino. “Non si sa mai, ricorda che siamo nel Paese delle Meraviglie, e tutto è possibile. Il viaggio non è ancora finito”. Già, il viaggio non era ancora finito. Ma tutte le risposte di cui aveva bisogno erano vicine e una volta ottenute era certa che tutto sarebbe volto precipitosamente al termine. Forse era solo una stupida impressione.
 
Una goccia limpida cadde sul terreno umido con un sordo tintinnio. Camilla osservava davanti a sé, le numerose scritte sulla grotta. Parole a volte incomprensibili, a volte piazzate in modo tale da formare frasi di senso compiuto, sembravano solo il delirante sfogo di un folle. Ma era la follia che aveva permesso loro di vedere la verità, che gli aveva dato la chiave per fuggire da una vita già decisa dall’inizio alla fine. E quella caverna era il luogo dove la follia prendeva concretezza. “Arriverà presto” disse lo Stregatto, continuando a fissare la parete. Delle catene strisciarono sul terreno. Un bagliore dorato illuminò per un attimo la stanza.
Ti aspettavo da tanto, Violetta. Quelle parole si persero nel nulla, inconsistenti come l’aria. 






NOTA AUTORE: Premetto che non ho potuto rileggere l'ultima parte (e davvero, non ce la faccio, magari lo faccio domani), e mi sento uno schifo ad aggiornare con un capitolo del genere, con questo ritardo e senza nemmeno aver ricotrollato completamente il capitolo, ma purtroppo dovete credermi se dico che non ho nemmeno il tempo per respirare e ho fatto davvero fatica a scrivere (più che mettermici un po' dopo cena, non posso veramente). Quindi niente, apprezzate lo sforzo in ogni caso :') La storia si sta avvicinando al finale come avrete capito, nel prossimo capitolo conosceremo finalmente la misteriosa figura di Alice, a quel punto penso manchino altri 3 o 4 capitoli+ epilogo...un po' mi dispiace che questa storia sia finita, ci sono affezionatissimo, però ho tante altre storie in mente e non è giusto non dargli spazio :3 Spero che abbiate gradito questa sorta di Odissea nel Paese delle Meraviglie, grazie a tutti voi che continuare a leggere e seguire nonostante tutto, mi fa piacere sapere che questa storia appassioni alcuni di voi :3 Grazie di cuore! Con affetto,
syontai :3
  
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