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Autore: giveitarest    22/05/2015    3 recensioni
Ashton/Luke • Quarta classificata al Contest ''23 may'' indetto da Silverchains
Ashton sta sfogliando il diario delle scuole superiori e, casualmente, trova una lettera di Luke.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ashton Irwin, Luke Hemmings
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Happy birthday, silverchains. <3






«Hai intenzione di mettere in ordine tutto quel casino?» lo rimprovera Luke, guardandolo dritto negli occhi. La sua vena da perfettino gli ha sempre urtato i nervi, ma ormai ci è abituato, perciò «Sì, Lukey.» dice, sbuffando.
«E, di grazia, quando?» domanda, passandosi una mano fra i capelli lisci, scombinandosi il ciuffo laccato.
«Mh, adesso?» Ashton sorride, mentre gli lancia addosso una maglietta sporca, recuperata dal pavimento.
Luke lo guarda male e «Bene. Quando torno voglio che sia tutto perfetto.» continua, le mani sui fianchi e le labbra a formare un piccolo broncio. Ashton lo abbraccerebbe, lo farebbe davvero, se solo non fosse certo che Luke comincerebbe ad urlargli contro di non toccarlo e di lasciarlo in pace. Lo conosce – forse fin troppo bene – e sa che, in quei momenti, non deve far altro che farlo parlare, sfogare, finché non si calma, nonostante non sia nulla di grave e sia un po' troppo esagerato.
«Ti sei reincarnato in mia madre, Luke? Cos'è, un incubo?» scherza il riccio, ridendo fra sé e sé, mentre con un'ultima occhiataccia Luke lascia la stanza e sbatte la porta, borbottando frasi incomprensibili.
Ashton scuote la testa e si guarda attorno; effettivamente il biondo non ha tutti i torti, la sua camera sembra un campo minato e non saprebbe dove mettere i piedi per raggiungere la scrivania di fronte a lui.
«Bene, Ashton.» dice a se stesso, «Facciamo contento Luke, per una volta.» sussurra, cominciando a raccogliere i vestiti sparsi per la stanza, ammucchiandoli vicino alla porta, così da poterli poi trasportare in bagno e gettarli nella lavatrice.
Si muove svelto, da una mattonella all'altra, canticchiando una vecchia canzone dei Nirvana, Lithium, la sua preferita in assoluto e mimando le movenze di Dave Grohl di tanto in tanto, mentre rimuove fogli, quaderni e robaccia dalla superficie legnosa della scrivania; ripone tutto nella libreria poco distante, cercando di non scombinare nient'altro e, nel farlo, i suoi occhi si posano su una scatola impolverata che giace in uno degli scompartimenti.
Sorride appena, sa cosa contiene e non esita nemmeno un secondo prima di aprirla e ritrovarsi fra le mani fotografie della sua vecchia compagnia, della sua famiglia, di Luke e del loro ultimo anno alle Scuole Superiori. Le solleva, adagiandole accuratamente sul letto, dopo essersi seduto ed aver incrociato le gambe.
Sembrano passati secoli, eppure sono solo cinque anni, per questo afferra il suo vecchio diario, quello su cui scriveva ogni cosa che gli passava per la testa: parole di canzoni, pensieri confusi, poesie, testi scritti da lui stesso.
«Oh.» mormora, imbattendosi nelle dediche dei suoi amici, quelli storici, quelli che tutt'ora considera importanti e che vede almeno una volta alla settimana, quelli che non lo abbandoneranno mai. E sorride ancora, perché è inevitabile farlo davanti a così tanta bellezza. E sì, forse è esagerato classificarla come tale, ma è tutto ciò che riesce a pensare in quel momento, gli occhi illuminati dalla luce della contentezza, della felicità che è riuscito a trovare, toccandola con tutta la mano e custodendola gelosamente nel profondo di se stesso, del cuore e di tutti gli organi che ha in corpo. 
Sfoglia le pagine, ridendo ogni qualvolta i disegni stupidi di Calum fanno capolino fra questo o quello, scuotendo la testa nell'adocchiare le note lasciate dai Professori per via dei brutti voti o per il suo essere troppo chiassoso in classe. Ricorda tutto, perfettamente, e se potesse tornare indietro non cambierebbe nemmeno una virgola della sua adolescenza, della sua vita.
Gira l'ennesima pagina ed il suo sorriso si amplia, tanto che le guance cominciano a fargli male, mentre sfiora quella fotografia con le dita affusolate e gli sembra di rivivere quel momento, di provare le stesse sensazioni. Socchiude gli occhi e preme il tasto rewind della sua memoria, ritrovandosi su quella panchina in piena estate, gli occhiali da sole a bloccargli i capelli, quasi fossero una fascia, il braccio stretto attorno alle spalle di Luke ed il viso completamente illuminato dalla luce del sole. E pensa che sì, se non fosse stato per quel giorno, probabilmente non sarebbe dov'è adesso, nella casa che condivide con Luke da ormai tre anni e mezzo.
Continua a perdersi fra i ricordi, fra le emozioni e quel velo di nostalgia che gli rammenta ciò che ha provato e che tutt'ora prova, mentre chiude il diario e si alza in piedi, tenendolo stretto in una mano. Fa qualche passo nella stanza, pronto a posare il diario sulla scrivania per non perderlo di nuovo, per rileggerlo a iosa nelle notti a venire, quando si accorge di un foglio che gli cade davanti, scivolato da quelle pagine impregnate di sé e «Oh...» sussurra, piegandosi per raccoglierla.
«Ma che cazzo è?» aggiunge, aggrottando le sopracciglia mentre ne spiega gli angoli di quel foglio ingiallito.
Appena si rende conto di cosa effettivamente sta stringendo fra le mani, sgrana gli occhi e comincia a leggere quella lettera, facendosi trasportare per l'ennesima volta dai ricordi.

 

 

Hey, Ash.
Non mi sono mai piaciute le lettere, tu dovresti saperlo bene, eppure ne sto scrivendo una. Sento il bisogno di farlo, di liberarmi, di dirti ciò che penso. E sì, mi conosci come le tue tasche, ma credo non avrò mai il coraggio di confessarti queste cose faccia a faccia. Ed è strano, vero? Ci conosciamo sin dalla tenera età, abbiamo passato insieme ogni giorno da allora e siamo qui, adesso, io e te contro il mondo. Ricordi, no? Me lo dicevi sempre, soprattutto quando eravamo alle Elementari e i bulletti di turno non la smettevano di tormentarmi. E tu non lo sai, ma eri e sei ancora oggi il mio eroe, perché ci sei sempre, mi proteggi da qualsiasi cosa – che sia un'ape che s'intrufola nella mia camera mentre giochiamo alla Playstation, che sia qualcuno che mi insulta senza motivo –, mi ascolti per ore, anche quando avresti altri da fare, e mi dai i migliori consigli, come se fossi mio fratello. E forse lo sei, lo sei sempre stato, ed è grazie ai tuoi abbracci se non mi sono mai fatto risucchiare dal baratro dei miei pensieri distorti e confusi; lo so, tutto questo suona sdolcinato e, probabilmente, alla fine dovrai correre in ospedale perché sarai affetto da Diabete, ma non importa. So che rischieresti tutto, per me, ce lo siamo promessi a sette anni, nella casa sull'albero che tuo padre aveva costruito apposta per noi, ed era un po' come un patto di sangue, senza esserci tagliati e sporcati; sono bastate le nostre parole, il nostro atto di fedeltà – avevamo combattuto contro un drago immaginario, ricordi? – ed era stato sigillato con la nostra stretta di mano segreta. E lo sai, lo sai bene che anche io rischierei tutto per te e forse... forse lo sto facendo proprio ora, scrivendoti questa lettera ed aprendomi del tutto con te. So che, probabilmente, sarai confuso e non starai capendo nulla e... se ti rallegra, sono nella tua stessa situazione, perché nemmeno io riesco a dare un senso a ciò che sto dicendo e che voglio dirti. Mi sento confuso, eppure so esattamente dove voglio andare a parare. Sono sempre il solito casino, non è vero? Ma... spero di riuscire a srotolare questo gomitolo ingarbugliato e, soprattutto, spero che le cose vadano bene dopo questa lettera. Anche se, non so, forse non ci guarderemo più in faccia, forse ci faremo una risata e ci butteremo sul divano a guardare un film horror, forse non sono davvero in grado di far funzionare determinate cose... e lo so, questa lettera è piena di ripetizioni, di argomenti vecchi e di pensieri troppo sfocati per essere messi a tavolino, come se stessi studiando la cartina di un nuovo posto. Ma ha davvero senso, tutto questo? Forse no, forse sto divagando – anzi sicuramente – perché sono sempre stato una frana ad esprimere i miei sentimenti, anche quando si trattava solo di affetto.
Dio, ti ricordi quando mia sorella è finita all'Ospedale e l'unica cosa che sono riuscito a dire è stata “Oh, okay”? Ecco, al momento mi sento così, bloccato, frenato da qualcosa d'invisibile. Eppure... eppure sento che con te, beh, posso rischiare tutto – come ho già detto – e non solo come amico, non solo promettendo di rimanerti sempre accanto, non solo difendendoti a spada tratta anche quando sei in torto marcio, non solo abbracciandoti quando sei giù di morale, no, perché questo non basta, non basta mai. Perché tu, Ash, sei la persona più importante della mia vita, vieni prima dei miei genitori, di mia sorella e addirittura del mio gatto – e tu sai quanto io sia affezionato a Donatella, no? –, ma tu sarai sempre tu e... come posso riuscire a dirti ciò che penso in questo momento senza rovinare tutto, mh? Come posso rendermi trasparente davanti ai tuoi occhi, così che tu possa leggermi, senza che la nostra amicizia cambi? Come posso trovare veramente il coraggio, come Ash? Ma devo, devo per forza, perché la mia testa potrebbe scoppiare da un momento all'altro e il mio cuore... il mio cuore non reggerebbe più, sarebbe troppo pieno ed io non me lo perdonerei mai. È un'occasione che non posso lasciarmi sfuggire, seppur sappia sia rischiosa – quante volte l'ho ripetuto? –, forse troppo.
Ash...
Io... okay, lo scrivo e basta, altrimenti resterei qui a girarci attorno senza mai arrivare ad un punto e non è questo che voglio. Perché tu hai il diritto di sapere, di venire a capo di questo enigma, di questa lettera probabilmente inutile.
Il fatto è che, Dio Ash, il fatto è che mi sono innamorato di te e sto impazzendo, perché ogni volta che ti guardo ho paura di rimanerci secco dal gran che il cuore mi batte forte, sul serio. È, non lo so, strano, imbarazzante, stupido... mi sento come una ragazzina, capisci? E non è da me, questo lo sai anche tu, non lo è affatto. Queste cose dovrebbero succedere a mia sorella o alla tua, non a me, giusto? Ma... chi sono io per sapere cosa è giusto e cosa è sbagliato, al momento? Nessuno, non sono nessuno e forse non lo sarò mai. Nemmeno per te, dopo che avrai letto questa lettera.
Solo... sappi che io sarò qui, sempre, nonostante tutto, nonostante i tuoi pensieri e le tue decisioni. Sarò qui perché non riesco a vedermi da nessun'altra parte, se non al tuo fianco.
Perché sei tu, Ash, sei tu, capisci? No, vero? Beh, nemmeno io, e non ti biasimo se ti ci vorrà del tempo – a me ci sono voluti due anni –. Ma lo ripeto, per te ci sarò sempre, nel bene e nel male – soprattutto nel male e sperando nel bene –.
Quindi sì, ti amo.
Luke.

 

 

Si tortura le labbra, mentre cerca di ricacciare indietro le lacrime e focalizza i suoi pensieri su quelle parole, ancora una volta. Ed è come tornare indietro, fra i banchi di scuola, fra quelle mura odiose che hanno visto nascere il loro amore. Perché è vero, è in quegli anni che hanno capito di amarsi, di appartenersi in un modo diverso e... Se solo ci ripensa, si darebbe dello stupido, perché è la prima volta che legge quella lettera, la prima volta in tutti quegli anni, non sapeva della sua esistenza. Eppure... eppure si sono uniti lo stesso, il Destino ha giocato a loro favore ed ha fatto sì che si rendessero conto che no, senza la presenza dell'altro non sarebbero riusciti ad andare avanti. E si sente un idiota, non sa nemmeno lui perché, ma ora è lui la ragazzina alle prese con la prima cotta, a quanto pare. E ride, ride di gusto perché è l'unica cosa che può fare, mentre ripiega la lettera e la nasconde di nuovo fra le pagine del suo vecchio diario, sicuro che tornerà a rileggerla ogni volta che le sue sicurezze vacilleranno, ogni volta che avrà paura di perdere Luke e tutto ciò che hanno costruito insieme. E forse è per questo che, in quella casa, ognuno ha la propria camera, nonostante si ritrovino a condividere solo uno dei letti matrimoniali che le caratterizza, forse è per questo che, ogni tanto, ci si chiude dentro per qualche ora e si perde nella marea agitata che sono i suoi pensieri, i suoi sentimenti.
Scuote leggermente la testa e si alza in piedi, di nuovo, passandosi una mano sugli occhi, scacciando via le lacrime e dirigendosi verso il salotto, dov'è sicuro che troverà Luke intento a guardare qualche programma insulso alla televisione.
Ed è così che lo scopre, la testa poggiata sulle ginocchia strette al petto e lo sguardo completamente preso da quelle immagini senza senso, di chissà quale Cartone Animato con cui Luke è fissato. Perciò «Luke?» dice, arrivandogli davanti, coprendogli la visuale.
«Mh?» risponde lui, poco interessato e «Hai finito di là?» aggiunge, alzando un sopracciglio.
«A dire il vero no, ma devo dirti una cosa.» mormora Ashton, mordendosi nuovamente le labbra.
«Che succ–» prova a chiedere Luke, una punta di preoccupazione nella voce e gli occhi completamente aperti, ma Ashton lo interrompe e «No, nulla, solo... Ti amo.» confessa, avvicinandosi lentamente al suo ragazzo che lo guarda confuso perché, beh, sa benissimo cosa prova nei suoi confronti.
E «Lo so, Ash, lo so. Ma per–» tenta ancora, ma il riccio non gli permette di finire la frase, di nuovo.
«No, lasciami finire, ti prego.» dice, socchiudendo appena gli occhi per poi «La mia testa, in questo momento, è un turbinio di emozioni, di... Dio, non lo so nemmeno io. Ma ti amo, davvero, ti amo e credo di, non lo so, sento di essere la persona più fortunata sulla faccia della Terra, capisci? E, cazzo, ti amo, ti amo e ti amo.» mormora, posandogli un bacio sul naso, facendolo ridacchiare appena.
«Lo so, Ash, lo so. Come mai questo improvviso attacco d'affetto?» domanda Luke, incastrando lo sguardo in quello di Ashton che scrolla leggermente le spalle, sfregando il naso contro il suo.
«Sentivo solo il bisogno di dirtelo, tutto qui.» dice infine, carezzandogli il viso col dorso della mano e poggiando la fronte contro la sua, pensando che sì, quello è il suo posto e non lo cambierebbe per nulla al Mondo. 

  
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