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Autore: piperina    22/05/2015    3 recensioni
Sequel della one-shot "Alive". -- Erano al sicuro. Hermione e Lucius avevano lasciato il bunker ed erano finalmente insieme a tutti gli altri.
Lei, i suoi amici.
Lui, la sua famiglia.
Era giusto così.
Genere: Generale, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Lucius Malfoy, Narcissa Malfoy, Ron Weasley
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lucius&Hermione - Wild Rose'
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Alive - http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2900392&i=1

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

AliveStill

Capitolo I

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Erano al sicuro. Hermione e Lucius avevano lasciato il bunker ed erano finalmente insieme a tutti gli altri.

Lei, i suoi amici.

Lui, la sua famiglia.

Era giusto così.

Il piano era di restare a casa di Remus e Tonks non oltre dieci giorni; il Trio sarebbe poi partito alla caccia dei restanti Horcrux, mentre la famiglia Malfoy si sarebbe rifugiata in un altro luogo. Nessuno doveva sapere dove fossero gli altri: in caso di cattura era meglio l’ignoranza.

Erano trascorsi quasi due giorni e nessuno sembrava essersi accorto di qualcosa. Gli sguardi di Lucius verso Hermione, ad esempio. O il fatto che lei lo evitasse in ogni modo.

Dapprima a Lucius sembrò un comportamento strano, poi si rese conto di essere lui quello strano. Doveva dedicarsi a sua moglie e suo figlio così come Hermione si stava dedicando ai suoi amici. In fin dei conti – in teoria – erano poco più che estranei, no?

 

Hermione adorava Harry e Ron, ma non sopportava più che le chiedessero continuamente se stesse bene. No, non stava bene. Era stata torturata in modo brutale, aveva attacchi d’ansia, non si sentiva sicura se non aveva le spalle contro al muro e la patologica dipendenza da Lucius era peggiorata drasticamente in quei due giorni scarsi.

Sapeva che sarebbe finito tutto nel momento in cui avrebbero lasciato il bunker, era preparata al distacco, era consapevole che avrebbe fatto male… ma non così male. Era quasi insopportabile.

Date le ristrette dimensioni della casa, lei doveva condividere la stanza con Harry e Ron. Niente che non avesse già fatto, ma si era bloccata quando aveva visto che il suo letto toccava la parete solo dalla testa.

«Posso avere l’altro letto?» aveva chiesto a Harry, indicando il singolo posizionato in uno degli angoli della stanza. Era perfetto per le sue esigenze, toccava le pareti da due lati.

Harry non aveva commentato quella strana richiesta, si era limitato a dirle di sì senza chiederle altro. Di sicuro ne avrebbero parlato più avanti.

La prima notte Hermione la passò sveglia. Si era arrotolata nella coperta, rannicchiandosi su se stessa, e si era addossata il più possibile contro il muro. Dopo un mese di notti tranquille grazie alla presenza di Lucius si era ritrovata di nuovo sola. Era stato un vero trauma.

Le notti con Lucius erano calde, sicure, senza incubi. Quella sera Hermione tremò dal freddo e dalla paura. Si sentiva sola nonostante la presenza dei suoi migliori amici a pochi metri da lei.

Si era addormentata per stanchezza solo all’alba. Harry, vedendola piuttosto serena, aveva deciso di non svegliarla. Il sonno però era durato poche ore.

Sempre meglio di niente, era stato il pensiero di Hermione quando aveva riaperto gli occhi.

Il primo desiderio dell’istinto fu di cercare Lucius. Poi si accese il cervello ed Hermione si diede della stupida. Il giorno precedente, appena arrivati, aveva voltato subito le spalle ai Malfoy. Non avrebbe sopportato di vedere Narcissa che accoglieva suo marito.

«Hermione?»

La voce di Harry la riscosse dai suoi pensieri.

«Sì?»

«Hai fame? Il pranzo è pronto se vuoi.»

Sorrise. Harry era un tesoro. «Non ho fame, grazie. Mangerò qualcosa più tardi.»

Il ragazzo si rabbuiò in volto. Era preoccupato, si vedeva chiaramente. «Sei sicura? È buono.»

«Ho solo bisogno di fare una passeggiata qui intorno. Aria fresca, sai…»

«Certo, capisco. A più tardi allora.»

Rimasta sola, Hermione si rese conto che in effetti ciò che aveva detto a Harry era vero: aveva vissuto un mese chiusa in un minuscolo bunker sotterraneo privo di aria e luce naturale e non aveva messo piede fuori dalla porta da quando era arrivata.

Chissà se anche Lucius…

Scosse la testa. Lucius niente. Doveva andare avanti e lasciarsi alle spalle quella storia. Decise di sorridere e godersi la giornata in giardino e la compagnia dei suoi ritrovati amici.

In fin dei conti aveva sempre saputo come sarebbero andate le cose: la sua strada si sarebbe separata da quella di Lucius in ogni caso. Non c’era alcuna possibilità che loro… che loro cosa? A che stava pensando?

Il vero problema era quell’indomabile dipendenza che ancora sentiva nei suoi confronti. In quel periodo insieme si era così abituata alla sua presenza che le veniva naturale cercare il suo sguardo, o rivolgersi a lui prima che a chiunque altro. Proprio per questo lo evitava, perché se gli altri avessero visto la sua espressione quando lo guardava… no, non poteva permettersi una cosa del genere, sarebbe scoppiato un putiferio.

Ma era così difficile…

Per tre notti Hermione dormì sul divano al piano terra. Non riusciva a stare nel letto da sola – senza lui – e non voleva svegliare Harry o Ron con tutto il casino che faceva girandosi e sbuffando di continuo.

Aveva pensato di calmarsi sul divano per poi tornare in camera e alla fine si era addormentata lì. Si era svegliata all’alba ed era tornata a letto – non voleva far preoccupare nessuno. Era una soluzione che poteva funzionare.

La quarta notte, però, Hermione decise di restare in camera. Per un paio d’ore fu tranquilla, poi iniziarono i sintomi. Il cuore aveva accelerato di molto i battiti. Aveva le mani sudate e il respiro veloce.

Si sedette e cercò di calmarsi, ma più ci provava meno ci riusciva. Le mancava l’aria. Sentì il familiare tremore alle gambe, come se fossero fatte di gelatina. Stava perdendo il controllo.

«Hermione…?»

«Harry…»

Il ragazzo si alzò e si avvicinò all’amica, preoccupato. «Cosa succede? Stai male?»

«No… io…»

Non respirava.

Con uno scatto che spaventò Harry, Hermione balzò giù dal letto. «Non respiro…» disse, guardandolo con gli occhi sgranati.

Ma Harry non era Lucius, non aveva idea di cosa le stesse succedendo, men che meno sapeva cosa fare per aiutarla.

«Hermione, cos’hai?»

«Ehi…» La voce di Ron. «Perché siete svegli?»

«Hermione non sta bene,» disse l’amico guardandolo alzarsi e in quel momento la ragazza uscì quasi di corsa dalla stanza.

Rischiò di capitombolare dalle scale, terrorizzando i due ragazzi che le erano corsi dietro, e aprì la finestra vicino al divano. Ansimava così forte da non riuscire a sentire le loro voci. Si portò una mano alla gola mentre con l’altra si teneva al davanzale.

«Hermione, cosa ti succede? Cos’è?» chiese Harry andandole vicino. Le posò le mani sulle spalle ma lei si allontanò di colpo facendo segno di no con la testa.

Mosse qualche passo incerto e si sedette sul divano con le gambe piegate sotto di sé e le mani che stringevano la stoffa con tanta forza da farsi male.

Un rumore di passi distrasse i due ragazzi, che videro Remus e Tonks attraversare il piccolo corridoio e raggiungerli.

Hermione non riusciva a parlare, continuava a tremare, ansimare, dire senza voce che non respirava, ma nessuno sapeva cosa fare.

Poco dopo si svegliò anche la famiglia Malfoy.

Lucius seguì suo figlio e sua moglie per capire cosa fosse tutto quel casino in piena notte. Arrivò per ultimo e vide che tutti erano radunati intorno al divano. Sentì ansimare. Hermione non era in piedi con gli altri.

«Dice che non respira,» sentì dire da Ronald.

«Ma sta respirando,» replicò la voce di Tonks. «Non capisco cos’ha.»

All’uomo prese un colpo. Hermione.

«Spostatevi, tutti quanti, la state soffocando,» ordinò con un tono che non ammetteva repliche mentre si faceva avanti. Si infilò tra loro e vide la ragazza rannicchiata sul divano in preda a uno degli attacchi di panico più forti che avesse avuto.

Sentendo la sua voce, Hermione alzò la testa. «Lucius…»

Fu puro istinto. Lucius le si sedette davanti, alzò le mani e lei le afferrò subito, stringendo con tutta la forza che aveva, conficcandogli di nuovo le unghie nella pelle.

«Sono qui

Hermione iniziò a piangere. Tremò ancora più violentemente e sembrava che stesse per svenire da un momento all’altro.

«Stringi. Rilassati.»

Le venne in mente la prima volta in cui lui le aveva detto quelle parole, con un tono di voce così controllato che da solo era bastato a farla calmare.

Hermione si girò a guardare i suoi amici e si vergognò di farsi vedere in quello stato. Debole.

«No, Hermione, guarda me,» le disse Lucius dando una piccola scossa alle sue mani.

Lei fece come ordinato.

«Brava, così. Ora respira… piano…»

Hermione si concentrò unicamente sul suo volto, sulla sua voce, sulle mani che stringevano le sue. Poteva farcela. Chiuse gli occhi, trasse un profondo respiro e usò tutta la volontà di cui disponeva per calmarsi.

Pian piano i tremori diminuirono e il respiro tornò regolare.

Qualche minuto più tardi lei emise un lungo sospiro e si lasciò cadere in avanti, tra le braccia di Lucius, che la strinse con delicatezza mentre lei gli posava la fronte su una spalla.

«È passato, visto?» lo sentì dire mentre le accarezzava la schiena.

Annuì debolmente e non si mosse. Era troppo stanca e lui era… era di nuovo vicino a lei. Fu invasa dal suo odore, dalla suo tocco ormai familiare, dal suono della sua voce.

Si sentiva a casa.

«Cosa diavolo le è preso?» chiese stupito Ronald, troppo sconvolto da ciò che aveva visto per realizzare la scena che aveva ancora davanti agli occhi – Hermione tra le braccia di Lucius Malfoy.

«Attacco di panico.»

Ci fu silenzio. Era stato Draco a parlare. I genitori lo guardarono con un velo di tristezza e rassegnazione negli occhi.

«Non sapevo che fossero… così,» disse Harry, che era rimasto immobile senza sapere cosa fare mentre la sua migliore amica stava soffrendo.

«Tesoro…» Tonks era così dispiaciuta e spaventata al tempo stesso che aveva quasi stritolato un braccio a suo marito.

Remus guardò la sua ex studentessa e aggiunse la sua sofferenza alla lunga lista delle conseguenze di quell’atroce guerra. Voldemort era responsabile anche di quello. Le sue azioni non provocavano solo morte, ma anche ferite invisibili – e indelebili.

«Un attimo… come sapevi cosa fare?» chiese Ronald spostando gli occhi sull’uomo. «Sembrava che…»

«È successo molte volte,» rispose lui, che solo in quel momento si rese conto che stava ancora stringendo la ragazza davanti a sua moglie.

«Lei non ci ha detto niente.»

«Non voleva farvi preoccupare. Pensava di poterli gestire da sola.»

Perché era Lucius a spiegare le intenzioni di Hermione?

Narcissa non disse nulla, sapeva fin troppo bene come comportarsi in quelle circostanze, aveva visto suo figlio in preda allo stesso tormento. Hermione era stata fortunata ad avere con sé qualcuno che sapeva cosa fare.

 

«Draco? Tutto bene?»

Lucius si avvicinò al figlio una volta tornati nella propria stanza; Harry e Tonks si erano occupati di riportare Hermione a letto, dove si era subito addormentata.

«È sempre stato così?»

L’uomo corrugò la fronte e scambiò uno sguardo confuso con sua moglie. «Di cosa stai parlando?»

«Gli attacchi… averli è una cosa, ma vederli…» scosse la testa, il volto pallido e le mani chiuse a pugno. «È orribile.»

Narcissa si avvicinò a suo figlio e gli strinse dolcemente le spalle. «Draco…»

«No, madre…» fece un passo indietro e scosse di nuovo la testa. «Sto bene, è stato solo… inaspettato.»

Draco guardò i suoi genitori e per la prima volta pensò di comprendere come si sentivano quando lui aveva gli attacchi. La paura quando era successo la prima volta, il dolore di vedere il proprio unico figlio soffrire in quel modo.

«Buonanotte.»

Lucius avrebbe voluto dire qualcosa, ma ogni parola sarebbe stata superflua. Narcissa gli strinse la mano e lui provò una strana sensazione. Estraneità. Colpa. Non era Hermione.

Quel pensiero lo spaventò.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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