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Autore: rora02L    22/05/2015    9 recensioni
Una raccolta di one shot sul mondo materno e paterno di Once Upon a Time.
Dato che secondo me, le fiabe parlano soprattutto del rapporto genitori-figli ho pensato di raccontare le esperienze di alcune madri e padri della serie tv come le ho immaginate io, cercando di non inventare proprio tutto ... ed è la prima volta che mi cimento in questo fandom, siate clementi.
1 - Regina ( Ninna nanna di tutte le mamma - Peter Pan)
2 - Biancaneve ( Bimbo mio - Dumbo)
3 - Cora ( La mia ninna nanna - Il re leone 2)
4 - Emma (Ninna nanna di Tesoro - Lilli e il Vagabondo )
5 - David ( Unica realtà - Il re leone 2)
Genere: Sentimentale, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Emma Swan, Henry Mills, Mary Margaret Blanchard/Biancaneve, Regina Mills, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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~Regina ...

Ninna nanna (di tutte le mamme) – Peter Pan, Disney
“ La mamma è per me
il nido del cuor.
Colei che ogn’or
ti sa ben guidar,
la giusta via
ti sa indicar.
La mamma è per me

un raggio di sol.
Se domandi che cosa è mai
tu puoi chieder chi mai sia il ciel.
Chiedi al cuor
che cos’è
risponderà tutto per me,
Un angel pien di bontà
E’ un dono del ciel.”





Regina guarda il bambino dai grandi occhi verdi screziati di bruno, che si agitano avanti ed indietro, spauriti. Il bambino che ha davanti a sé ha la pelle candida, il nasino piccolo e qualche rado capello bruno sul capo da infante. Stringe le sue piccole manine a pugno e la guarda come se cercasse di capire chi è la donna che lo sta fissando. Lei gli sfiora la mano destra, accarezzandogli le piccole dita. Sono morbide e dolci. Mai aveva toccato una pelle tanto delicata e mai aveva visto un viso tanto buono e puro. Regina ne rimane colpita, ammaliata dalla dolcezza di quel pargoletto che ha ottenuto grazie a  Tremotino.
Abbassa il capo e studia ancora una volta il volto del pargoletto, che ora è tra le sue braccia. In un lampo, decide quale sarà il suo nome e lo sussurra al piccolo: “Henry.” Come il nome di mio padre.

*

La camera del piccolo è pronta da mesi, Regina era in fibrillazione per il suo arrivo e voleva che ogni particolare fosse perfetto, dalla carta da parati azzurra alla culla blu e gialla in legno, fatta a mano da Marco.
Ha cucito lei stessa una copertina azzurro cielo, in cui ora avvolge il piccino, prima di adagiarlo nella sua culla. Il bambino studia il nuovo ambiente con i suoi occhi indagatori. E fissa lei, prima di sorriderle con la sua bocca sdentata. Regina sorride, contenta e commossa. Era da tanto tempo che non mi accadeva, nessuno più mi sorride in modo così sincero.
Prende allora il piccolo polso di Henry e gli lascia un bacino sul dorso della mano paffuta, lasciando il segno del suo rossetto rosso. “Oh ! – ridacchia lei, guardando il piccolo- Scusami, Henry… rimedio subito.” Con delicatezza, gli pulisce la mano con una salvietta. Henry inizia ad urlare a squarcia gola, tanto che la donna si spaventa. Poi si rivolge nuovamente al piccolo: “Hai fame ?” Lui risponde con dei versi sconnessi e porta un piedino alla bocca, succhiandoselo con gusto. La donna ride nuovamente e allontana il piede dalla bocca dell’infante. “Adesso ci pensa la mamma.” Mamma. Sono la sua mamma.
Regina quasi si commuove, ora si sente felicissima. Anche se quel bambino non è biologicamente suo, lei è la sua mamma. La donna è preparata ad ogni evenienza, si è documentata ed ha studiato negli ultimi mesi per prendersi cura di suo figlio al meglio. Ha un po’ di paura, data la sua inesperienza. Per non parlare, poi, della sua infanzia orribile. Non sarò mai come mia madre, voglio crescere Henry in modo che sia felice. E ci riuscirò.
Ogni volta che Regina tentenna, si ricorda le parole gentili dell’unico bambino che, prima di Henry, ha messo piede a Storybrooke dall'esterno: Owen. “Saresti un’ottima mamma.” Prende un bel respiro e se lo ripete, sempre. 
Henry finisce di bere il suo latte in polvere e fa anche il suo ruttino, Regina lo tiene ancora in braccio e gli chiede dolcemente: “Ora va meglio ?”
Il piccino fa delle bolle con la saliva dalla bocca, allora la donna lo pulisce con il suo bavaglino azzurro con sopra un cavallo bianco. Ma il piccolo fa anche un rigurgito, che finisce sopra la camicia immacolata della donna. E riprende a piangere. Regina fa una smorfia stizzita, schifata da quella macchia biancastra che ora si ritrova su di se. La pulisce con un tovagliolino e rimette Henry nella culla, ma il piccolo continua ugualmente ad urlare, non sa bene per cosa.

*

Graham fissa il piccolino nella culla che Regina gli ha mostrato, ancora sorride tutta felice. Non l’aveva mai vista così su di giri, nemmeno se combinava qualche disastro a Mary Margaret. La mora gli chiede: “Allora ? Che ne pensi ? Lui è Henry.”
Lo sceriffo lo guarda e risponde: “Henry… è davvero un bel bambino, Regina.” Lei sorride orgogliosa e prende il figlio in braccio, per farlo giocare con i suoi nuovi giocattoli di gomma (sterilizzati, in modo che li possa ciucciare quanto vuole): un gatto nero, un cavallino blu ed una papera gialla. Henry tocca con le dita paffute tutti i giocattoli e li guarda affascinato. Magari ho trovato il modo per farlo smettere di piangere. 
Graham si siede per terra davanti a lui, sul tappeto bianco che la madre aveva scelto mesi fa per la camera del maschietto. Regina si accovaccia dietro di Henry, in equilibrio precario sui tacchi, per studiare il suo comportamento. Il piccino riprende improvvisamente a piangere e gridare, cadendo quasi per terra di testa. Ma Regina riesce a prenderlo prima che batta il capo sul pavimento e guarda Graham in cerca di aiuto. Lui alza le spalle e dice: “Dovresti sentire l’odore che viene dal suo pannolino… credimi, è più che eloquente.” Regina gli scocca una occhiata indispettita e prende Henry in braccio per calmarlo, invano. Mette il pannolino nuovo sotto il sedere del bambino e fa un gesto con la mano. Come se potesse usare la magia. Sorride a sé stessa e riprende il lavoro, usando solo le sue mani.  Che stupida. Non ho più la magia… mi è rimasta solo la vendetta. Ed ora, ho Henry. 

*

Henry ormai ha un anno e gattona spesso in giro per la casa o per l’ufficio di Regina, che non si fida e non vuole lasciarlo ad alcuna baby sitter. Regina ha trovato un modo per stare col piccolo senza che lui pianga o urli. Lo faceva perché sentiva la mia paura e la mia apprensione per lui, oltre al fatto che il mio cuore era completamente incapace di amare.
La donna sta attenta affinché non gli capiti nulla di grave. Ma Henry, per fortuna, è un bravo bambino. Al contrario di lei, che da piccola era una monella. Ne porta ancora i segni sul volto: una cicatrice sul labbro superiore, che cerca sempre di coprire con il rossetto, ma inutilmente. Suo padre le aveva raccontato che, all’età di due anni, era finita nelle stalle gattonando mentre lui e sua madre discutevano animatamente. Poi avevano sentito le urla ed i pianti. Era accorso dunque per soccorrere la figlia, che era caduta e si era procurata un bel taglio sul labbro. Aveva poi chiamato il dottore, dato che Cora si era rifiutata di curarla con la magia, dicendo che il segno doveva rimanerle, così avrebbe imparato a non disubbidire.
Regina digrigna i denti al ricordo della madre e del suo uso della magia su di lei. In quel momento nota che Henry sta giocando vicino al tavolino di cristallo davanti al divano bianco dove accoglie gli ospiti. Si precipita dal piccino, con il rumore dei tacchi che la seguono. Lo allontana allora dal pericolo e finisce per sedersi sul parquet chiaro insieme al piccino. Sospira, sollevata per essere arrivata in tempo. Accarezza la testa del figlio, ricoperta da dei fini capelli bruni. “Henry… - sussurra, rivolgendosi al piccolo, che la guarda confuso- devi stare attento, tesoro. Non voglio che ti capiti qualcosa di brutto, d’accordo?”
Il piccolo agita le manine e le sorride. Regina sorride, gli da un piccolo bacio sulla fronte e lo prende in braccio, diretti verso casa. Per oggi ho chiuso col lavoro.

*

Regina si precipita in auto col bambino in braccio, lo lega al seggiolino e sfreccia verso l’ospedale. Henry ha il viso pallido e scotta molto, ha la febbre alta. Regina si chiede come sia potuto accadere, anche se sa di non avere alcuna colpa e che coi bambini può capitare. Ma è nel panico, teme di perderlo. Appena parcheggia davanti all’ospedale, si fionda dentro, gridando: “Il mio bambino ha la febbre alta! Ho bisogno di un dottore, vi prego.” Due infermiere accorrono e prendono Henry per controllare il suo stato di salute. Si guardano tra loro e, senza dire nulla a Regina, lo portano in sala dal dottore. Regina le segue, correndo.
Il dottore da al piccino alcune medicine e lo riconsegna alla madre, dicendole: “Starà bene, signor sindaco. Ha la febbre a trentasette e otto, non morirà. Stia tranquilla. Le dia questo – le porge una scatolina di pillole bianche- per altri due giorni una volta al giorno e lo lasci riposare. Si riprenderà presto, massimo una settimana.” La donna si rilassa, lasciandosi quasi cadere sulla sedia, e sospira rasserenata: “Grazie, dottore.”
L’uomo le sorride di rimando: “Si figuri, signora Mills."Il dottore ha pochi pazienti, essendo i bambini di Storybrooke non moltissimi.
Regina esce dall’ospedale, guardando incerta il piccino avvolto dalla sua copertina azzurra. Sta arrivando un gelido inverno e la neve sta per abbattersi sulla città, imbiancandola. La prima nevicata per Henry… 
Sistema poi i guantini di lana del piccolo e lo rimette delicatamente nel seggiolino. Ora il piccino ha riacquistato colore, ma scotta ancora un po’. Se avessi la magia ora, ti guarirei con un gesto della mia mano, bambino mio. A Regina manca il suo potere, ma perché lo vorrebbe usare in modo ben diverso da come faceva in passato: lo userebbe per proteggere suo figlio e per dargli una vita meravigliosa. Ma nel vecchio mondo, niente di tutto questo sarebbe mai potuto accadere.
Il sindaco vede in quel bambinetto l’unica ragione della sua vita e l’unico uomo che sarà mai in grado di amarla davvero, nonostante il suo passato ed i suoi difetti. Henry non dovrà mai scoprire chi ero. Mai. Mi odierebbe… non posso perdere anche lui. Ormai è l’unico affetto che mi rimane, l’unico che crede in me e può vedere in me qualcuno diverso dalla “regina cattiva”. Io… non sono cattiva.
Guida fino a casa sua con queste preoccupazioni per la mente, mentre il piccolo biascica qualche verso senza senso: “Ba ba! Da! Mammh!”
Regina parcheggia di botto, con gli occhi sgranati, e fissa Henry, paziente. Dato che il bambino non dice più nulla, lo incoraggia: “Dì mamma, Henry…” Ci spera, Regina. Perché quella semplice parola, detta dal suo bambino, ha il valore del più prezioso dei “ti amo”. E lei ne ha ricevuti troppi pochi nella sua vita, ha bisogno che suo figlio la chiami così. Henry abbassa il capo, pensieroso, e giochicchia con la mani. Regina si arrende e scende dalla macchina, per poi tornare a liberarlo dalle cinture. Il piccino alza le mani paffute verso la donna e le stringe, per poi riaprirle. La fissa con la dolcezza che solo un bambino può avere e lei sorride, finché Henry non spalanca la bocca: “Mamma!”
Regina sta per mettersi a piangere dalla commozione e qualche lacrima solca il suo volto, sporcandolo di mascara. Il bambino la guarda confuso, sa che se la madre piange non è un buon segno. La donna allora si asciuga subito le lacrime, singhiozzando: “Sì, Henry! Sono la tua mamma! Bravissimo.” Lo prende in braccio, riempiendolo di carezze e facendogli i complimenti. Il bambino ride e ripete ancora una volta quella parola magica che ha fatto sorridere la sua mamma. Quella notte, Regina decide di far dormire Henry nel grande letto matrimoniale accanto a lei, mandando così in bianco il povero Graham, che viene brutalmente cacciato da casa Mills senza spiegazioni.
Il cuore di Regina brilla appena, ma brilla: una piccola scintilla tra le tenebre e l’oscurità, come Henry nella triste vita della madre. Il sorriso di quel bambino innocente e puro e quella semplice parola pronunciata dalla sua voce reimpiono pian piano il vuoto che Regina sentiva da tempo nel petto, da quando si era svegliata in quel mondo in cui lei era il capo indiscusso e dove non c’era la magia come la conosceva lei.
Ma Henry possiede in sé una magia ancora più forte, che avrebbe salvato almeno in parte l’oscuro cuore di Regina: il vero amore. Perché non c’è amore più vero che quello che prova una madre per il proprio figlio ed un figlio per i propri genitori. In cuor suo, Regina spera che Henry possa amarla davvero, dandole ciò che a lungo le è stato negato ingiustamente, per colpa di Biancaneve: un lieto fine felice.

*

Graham guarda Regina accigliato, mentre lei non smette di sorridere e tiene il suo bambino tra le braccia, affermando orgogliosa: “Ieri Henry ha detto mamma, non è fantastico?” L’uomo sbuffa seccato: “Certo, Regina… è un bene che la sua prima parola sia stata mamma e non pappa.” Ma lei non lo ascolta e si rivolge al figlio, chiedendogli con un sorriso smagliante sul viso: “Dai, Henry! Chi sono io… ?” Il piccino si ciuccia un attimo le dita, per poi esclamare felice con le mani aperte: “Mamma!”
La donna ride felice, poi si rivolge allo sceriffo con aria da saccente: “Hai visto Graham? – riprende a parlare col figlio- Bravissimo Henry!” Lui fa qualche verso di felicità e mette le sue manine sul viso di Regina, facendole delle specie di carezze. Lei è come ipnotizzata da lui, ora ha tutto ciò di cui ha bisogno. Forse potrò tornare ad essere felice. Grazie, Henry… figlio mio.
Ripensa a quando, da giovane, cavalcava libera come il vento: erano i suoi unici momenti di libertà, in cui poteva essere la vera Regina, e non la lady raffinata che sua madre avrebbe voluto come figlia. Lei non era cattiva come la madre, odiava con tutto il cuore la magia, perché era l’ostacolo che la divideva dalla libertà e dalla felicità con il suo amore Daniel. In quei momenti, sognava anche il futuro, diverso da come sua madre lo aveva pensato per lei. Immaginava di poter cavalcare al fianco di Daniel e di vedere un giorno il loro bambino crescere e cavalcare insieme a loro, come una famiglia felice, lontani da sua madre e dalla magia oscura. Il destino deve avere una specie di senso dell’umorismo: non è andata affatto così. Ricordava ancora nitidamente il momento in cui Cora aveva strappato il cuore al suo amore, uccidendolo davanti ai suoi occhi. E lei era rimasta impotente, non potendo fare nient’altro che supplicarla di lasciarla andare, di lasciare che  fosse felice.
Si riprende dai suoi pensieri quando Ruby le porge il suo cappuccino, la colazione, insieme ad una fetta di torta di mele. Si diverte a prendere in giro gli abitanti della città a loro insaputa, come aveva fatto quando aveva piantato quegli alberi di mele nel giardino sul retro della sua casa. Mette Henry nel suo seggiolino accanto a lei e mangia un boccone di torta, mentre Graham beve il suo espresso senza zucchero, guardando il pupo agitare le mani su e giù. Lo indica e chiede alla madre: “Ma non sta mai fermo?” Regina sorride: “Ma che dici, è un angioletto! A differenza di tanti altri bambini, Henry dorme la notte e mi lascia riposare, è un bambino molto obbediente.” Aveva faticato molto per raggiungere quell’equilibrio con lui e per ritrovare l’istinto materno sepolto in lei. L’uomo sghignazza: “Chissà come diventerà da grande… -solleva la tazzina verso la mora- Spera che continui ad essere così ubbidiente.”

*

Henry ha cinque anni e la maestra gli insegna come preparare un bel regalo per la festa della mamma. Lo impacchetta sotto i suoi occhi attenti e glielo consegna, ammonendolo: “Mi raccomando, trattalo bene... è un regalo per la tua mamma, vedrai che le piacerà.” Il bambino la guarda e le domanda: “Davvero, maestra ?” La donna sorride e gli scompiglia i capelli bruni con una mano: “Certo, ne sono sicura.” Henry annuisce ed esce dalla classe con gli altri bambini, che hanno già portato il loro dono alla propria madre. 
“Henry!” esclama Regina ed il bambino risponde subito al richiamo, correndo verso da lei. “Com’è andata a scuola ?” gli chiede, chinandosi verso di lui. Il bambino scrolla le spalle: “Bene, mamma… ho un regalo per te, è per la festa della mamma.”
Regina sorride bonaria, abituata ai disegni del figlio in cui la ritrae scheletrica e con una massa indistinta di capelli scuri. Porge la mano verso il figlio, chiedendogli di farglielo vedere. Henry allora le da il pacchetto di plastica trasparente contenente un pezzo di pongo marrone solidificato con l’impronta della mano di Henry dentro e un’incisione: “Per la festa della mamma.”
La mora sgrana gli occhi e accarezza l’impronta della manina attraverso la plastica. Henry è cresciuto così tanto … come è successo? Eppure, sembra ieri il giorno in cui l’ho preso tra le mie braccia e l’ho portato a casa con me.
Henry la guarda, preoccupato, vedendo i suoi occhi arrossarsi: “Mamma, tutto bene? C’è qualcosa che non va?” La donna si riprende dai suoi pensieri e risponde: “Ma no, tesoro… - sorride- è un regalo bellissimo, lo custodirò sempre. Grazie mille.” Il bambino sorride soddisfatto ed orgoglioso e chiede di andare a casa. Inizia a parlarle in modo scarno e diretto dei suoi amici e compagni di classe, della maestra e del fatto che non riesce bene a fare amicizia. “Gli altri bambini dicono che i loro genitori hanno detto che non devono giocare con me, perché altrimenti tu potresti arrabbiarti… - Regina digrigna i denti. Come osano escludere mio figlio? Come si permettono? Non lascerò che continuino a farlo! – Ma io non ci credo! Tu sei una mamma dolcissima e non faresti mai del male a nessuno!” Annuisce più volte, come a voler riconfermare ciò che ha appena detto. Regina sorride, continuando a guidare verso casa. Il mio piccolo principe combatte per difendere il mio onore…

*

“Henry è un bambino taciturno, gioca spesso da solo e –“
“Lei è l’insegnante, faccia qualcosa. Non tollero che mio figlio venga escluso!” La maestra balbetta spaventata da lei: “M-ma non saprei proprio cosa-“ 
“Questo è il suo lavoro, veda di svolgerlo al meglio, dato che ha in custodia mio figlio!” sibila la mora, girandosi per uscire dall’aula in cui aveva richiesto un colloquio privato con la maestra del figlio. Non poteva passare sopra quello che Henry le aveva detto. Non voleva che diventasse un bambino solo. Soprattutto perché sapeva che la causa era sua, avevano tutti paura di lei. Siete ancora degli schifosi, stupidi ed ignoranti plebei! 
Regina esce dall’edifico arrabbiatissima, cercando invano di darsi un contegno. Tornando a casa, trova Henry seduto al tavolo della cucina con in mano un pennarello nero. Il bambino alza lo sguardo dal foglio dove stava disegnando e scende dalla sedia per raggiungerla: “Mamma, bentornata!” Lei si limita ad un sorriso tirato, è ancora arrabbiata per la discussione che ha avuto con la maestra. Quella incompetente, se fa un altro errore la faccio licenziare!
Il bambino le tira la manica della giacca nera, chiedendole: “Mi racconti una storia?”
“Certo… - risponde prontamente lei – ma solo dopo che avrai fatto merenda. Oggi ti preparo i fagottini alle mele, so che ti piacciono tanto.” Il bambino esulta felice e mette a posto il materiale con cui stava disegnando. Regina scorge appena il disegno del figlio: un castello nero, in cima ad una specie di montagna. Decide di non badarci troppo e va in cucina a preparare il dolce preferito del figlio, che le ricorda anche il bambino che le ha aperto gli occhi, facendole capire cosa desiderava davvero: Owen. Lui aveva aperto gli occhi a Regina, inconsapevolmente, facendole capire che ciò che le mancava era un figlio e che la vendetta non era abbastanza per renderla felice, dopo ciò che aveva perso. Henry era il tassello mancante, colui che era riuscito a riempire il vuoto di Regina, dandole una ragione per vivere e combattere, qualcuno da difendere e da amare con tutta se stessa.
Il suo cuore duro e di pietra, con gli anni, si era ammorbidito per un’unica persona, ossia suo figlio. Stava diventando il cuore di una madre e non era più solo il cuore di una donna dannata ed affamata di vendetta, le cui mani sono sporche del sangue di centinaia di vittime. Perché suo figlio la ama così com’è e sa che lei è capace di amare e di compiere anche atti bu0ni. Lui gliene ha dato per primo la possibilità. La possibilità di essere felice, di ricominciare e di imparare ad amare da capo. Ad amare con il suo cuore di mamma, ancora oscuro, ma più tenero di prima.

*

Regina sta per mettersi a piangere, non vuole credere che ciò sia vero. Ma lo ammette anche lei, Henry è sempre più un bambino cupo e triste, taciturno e silenzioso. Sembra soffrire molto. E la causa non può che essere lei, dato che è la madre. Ha parlato con la maestra Mary Margaret, che l’aveva convocata d’urgenza. Le parole della donna le rimbombano ancora nelle orecchie.
“Henry non si sente amato da lei, signora Mills. Pensa che lei non gli voglia bene, anche se sono certa che è l’esatto contrario. Il problema è che suo figlio ne è pienamente convinto, mi ha detto chiaramente che, secondo lui, lei non gli vuole bene e che non appartiene a questo posto, a questa città.” 
Regina, per la prima volta dopo anni, sente che forse non ha preso la decisione giusta con suo figlio. Forse non è adatta a fare la madre, dato che suo figlio crede che lei non lo ami, quando invece non può vivere senza di lui. La notizia la fa impazzire di dolore, a stento era riuscita a trattenere le lacrime di fronte all’insegnante. Ma per lei, Mary Margaret è e rimarrà sempre Biancaneve e non potrebbe mai piangere davanti a lei.
“Ho dato ad Henry un libro di favole che ho trovato tra le mie cose per caso, sperando che lo aiutino a trovare la speranza.”
Ad Henry sono sempre piaciute le storie, fin da bambino. Gliene ho raccontate tante… 
Decide di non pensarci e di cercare invece di rimediare, dimostrando all’ormai ragazzo di dieci anni che è suo figlio e che lo ama come non ha mai amato nessuno prima di allora. Il suo cuore di madre ritorna, per un attimo, quello duro ed oscuro della strega cattiva.
Ed Henry, dopo aver finito di leggere il libro, inizia davvero a chiamarla così: regina cattiva. “Lei in realtà è la regina cattiva e siete tutti vittima del sortilegio!”
La prima volta che Regina sente queste parole del figlio, ne rimane pietrificata. Sente di essere stata scoperta dall’unica persona a cui tiene ed a cui voleva veramente tenere nascosto il suo passato oscuro. Ma decide di fingere, ancora una volta, pur di tenere il ragazzo con sé: “Henry, ma che dici? Lo sai che è solo un libro di favole, no?”
“Non è solo un libro di favole!” afferma lui deciso, prima di correre via da lei. Ed il cuore di Regina sussulta addolorato.
Le sedute con il dottor Opper non funzionano, Henry è ancora fermamente convinto che il libro racconti una storia reale, la loro storia. E sua madre non ha altra scelta che mentirgli, facendolo passare per un bambino affetto da disturbi svariati legati alla affettività ed al trauma subito dal suo abbandono. Tutti ci cascano, tranne il figlio, che rimane ancora fermamente convinto della sua idea e del fatto che tutto quello che vede, inclusa la città di Storybrooke, non è reale. E che la Salvatrice verrà a spezzare l’incantesimo. Non servono a nulla le parole di Mary Margaret, dello psicologo, né quelle della madre: lui ne è fermamente convinto e non si arrenderà.
Regina scopre troppo tardi quanto il figlio sia determinato nel compiere la sua impresa. Lo scopre quando una donna dai lunghi capelli biondi ed un giubbotto di pelle rossa le riporta il figlio scappato. 

"Lei è la mia vera mamma. Emma.”




https://www.youtube.com/watch?v=Ev30gBRUNUc
Angolo autrice :
Eccomi qua, alle prese con un nuovo esperimento !
Il tema "mamma", chiamiamolo così, mi è molto caro per svariati motivi, forse perchè mi rendo conto che non tutti siamo così forutnati da avere una buona mamma accanto  e che questoè anche il lavor più difficile del mondo, no stop e senza pause.
Anche se è passato un po' di tempo dal giorno della festa della mamma, mi sembra che possiamo festeggiare anche tutti i giorni.
Spero che questa one shot vi sia piaciuta :)
A presto !
La vostra Rora-chan <3

 
  
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