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Autore: IceQueenJ    22/05/2015    3 recensioni
Bella e Edward si conoscono da quando erano bambini, ma un giorno Bella deve trasferirsi con in genitori in Italia. Passano gli anni e i due continuano a tenersi in contatto, questo grazie alle loro famiglie.
Tutto cambia con una visita inaspettata.
Cosa accadrà quando Edward rivedrà Bella?
Cosa accadrà quando Bella lascerà il suo ragazzo e dopo qualche mese tornerà a Forks a conoscenza di cose che non dovrebbe sapere?
E come reagirá Edward?
Riusciranno a risolvere i loro problemi?
Riusciranno a superare tutte le sfide che gli si presenteranno?
-Questa storia è stata pubblicata anche su Wattpad.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Edward Cullen, Isabella Swan, Nuovo personaggio | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Carlisle/Esme, Charlie/Renèe, Emmett/Rosalie
Note: AU, Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film, Contesto generale/vago
Capitoli:
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Salve lettori! Scusatemi ... scusatemi davvero! Non so dirvi quanto sono dispiaciuta, ma ho avuto miliardi di cose da fare! Spero che non mi abbiate abbandonata!

Poi, ai miei numerosissimi impegni si è aggiunto anche il fatto che non riuscivo a scrivere una parte del capitolo e che è venuta fuori solamente ieri pomeriggio, tornata a casa da un'esame all'università.

All'inizio del capitolo ci sarà una sorpresa che spero vi piaccia.

IMPORTANTE: Leggete le note a fine capitolo, riguardano la storia.
Capitolo 28: A New life … A New home … A New Beginning

Los Angeles, 12 Luglio 2070
“Nonno e poi? Continua nonno … dai”, chiese impaziente la piccola Marie.
La bambina, che era la copia esatta di sua nonna in tutto e per tutto, era seduta tra l’erba e stringeva tra le mani il suo Berry, un piccolo orsacchiotto di peluche che gli aveva regalato suo padre alla nascita e da cui non si era mai separata.
“Tesoro mio, la conosci già”, intervenne sua nonna.
La piccola peste, ignorando le parole di sua nonna, si alzò dal prato verde del giardino e si precipitò tra le braccia del nonno, il quale, la prese.
“Nonnino … me la racconti?”.
L’uomo, che aveva un debole per gli occhioni verdi di sua nipote, identici ai suoi e a quelli di sua figlia, riprese a raccontare la storia, pur sapendo che a breve la bambina l’avrebbe interrotto e avrebbe iniziato a raccontare a modo suo.
Dopo un ultimo sguardo alla sua ancora bellissima moglie, che sorrise scuotendo la testa, riprese a parlare.
“D’accordo … dove eravamo rimasti?”.
“A quando Edward e Bella devono partire per tornare a casa. Nonnino! Hai proprio una brutta memoria”, rise la piccola.
“Ah sì certo … allora … il principe e la principessa erano tornati a Seattle da qualche giorno e stavano raccogliendo tutte le loro cose …”.


Pov Edward

Seattle, Casa Swan, Giovedì 16 Ottobre 2014, ore 13:15
“Ecco fatto! Questa è l’ultima”, mi disse Christian mentre chiudeva con forza il cofano del SUV che ci aveva prestato.
“Già, abbiamo finito … finalmente! Dobbiamo solo andare a Forks e caricare le mie ultime cose, che, per fortuna, sono pochissime, visto che le avete già trasportate”, sospirai.
“Ti va un tè o una cioccolata per riprendere energie? Sono quasi sicuro che Bella ne abbia preparato un po’ per se e Jo, prima”.
“Certo, andiamo. Sono davvero assetato. Non riesco ancora a capire dove Bella abbia preso tutte quelle cose. Quando è arrivata non ne aveva così tante, o sbaglio?”.
Christian rise.
“No, infatti. Alcune cose le ho fatte arrivare io dall’Italia, con l’aiuto di zia Renee, poco dopo la vostra partenza da Volterra”.
Spalancai gli occhi. “Davvero?”.
“Davvero! Sono bravo con le sorprese, vero?”.
“Già … devo ammettere che sei l’esatto opposto di Bella in questo. Lei odia le sorprese e tutto ciò che ne consegue”.
“Hai ragione”.
Arrivati in salotto, pensavamo di trovare Jo e Bells sedute a prendere il tè, e invece era tutto silenzioso e al buio, eccezion fatta per il tavolo da pranzo pieno di buonissime leccornie.
“Ma cosa?”, chiesi scioccato.
“Non ne ho proprio idea! Quelle due sono pazze. Su … vieni, andiamo a cercarle. Che poi … quando hanno cucinato tutto questo ben di Dio?”.
“Lo chiedi a me? Ero con te”, risposi facendo spallucce.
Alla fine, dopo una lunga e attenta analisi, ci dirigemmo in cucina, luogo da cui proveniva un profumo davvero invitante e certi che avremmo trovato lì le nostre dolci metà.
Così fu.
Erano lì in tutto il loro splendore che ridevano e scherzavano tranquillamente, ignare della nostra presenza alle loro spalle.
Piano e senza far rumore ci avvicinammo a loro e quando fummo abbastanza vicini, le circondammo con le braccia.
“Presa”, sussurrai all’orecchio sinistro di Bella, appoggiando poi il mento sulla sua spalla.
“Oh Dio, Edward! Mi hai fatto venire un colpo”.
Risi. “Era proprio quello l’intento, piccola”.
“Piaciuta la sorpresa?”.
“Sì, tantissimo. Ora … dammi un bacio”.
“Come desidera, sir”.
Sorrise e mi baciò.
Ora … non sto qui a descrivervi questo bacio perché … è troppo per la mia sanità mentale e se solo ci ripenso, beh … beh … meglio lasciar perdere!
Dunque … riprendiamo a raccontare che è meglio.
Dopo un po’, Bella mise fine al bacio e, prendendomi per mano, mi portò in salotto, dove lei e Jo avevano apparecchiato.
“Preso tutto?”.
“Sì, tutto. Dobbiamo solamente portarle a casa e sistemarle. Ne avremo per un bel po’, ma credo che ne valga la pena”.
“Tu dici?”, chiese sorridendomi.
“Ovviamente. Vale ogni lacrima, ogni sorriso, ogni abbraccio, ogni istante passato e da passare insieme … vale tutto, tutto quello che abbiamo di più caro al mondo”.
Bella sorrise e, senza dire niente, iniziò a mangiare.
“Dio … delizioso!”, esclamò Christian alla fine del pranzo.
“Felice che vi sia piaciuto. Ora Edward, che ne dici di andare a prendere le tue cose e di portarle all’appartamento?”, mi chiese Bella.
“Certo, andiamo. Prima finiamo, prima potremo rilassarci”.
“A più tardi, ragazzi”.

Forks, Casa Cullen, Giovedì 16 Ottobre 2014, ore 16:00
“Ecco fatto! Anche questi sono chiusi e messi in auto. Dio! Sono esausto!”.
“A chi lo dici! Come hai fatto a caricare tutta la mia roba? Io, a quest’ora, sarei già morta nel giardino di Christian”, esclamò Bella.
Scossi le spalle. “Beh … ovviamente io sono un maschio, quindi …”, la guardai vittorioso.
“Sì certo, macho man, entriamo a salutare i tuoi genitori che abbiamo ancora tante cose da fare oggi”.
“Certo che ti piace molto comandare è? Non abituarti troppo. Quando saremo a casa nostra, sarò io il capo”.
“Davvero Edward? Lo credi davvero?”.
“Certamente”, dissi convinto.
“Vedremo … potresti esserne convinto ora, ma anche cambiare idea in futuro”.
Sgranai gli occhi. “Ho quasi paura a chiedere il perché”.
“Hahahahah … dovresti vedere la tua faccia, amore”.
Dopo aver salutato i miei genitori e mia sorella, salimmo in macchina e partimmo in direzione dell’University District, dove avremmo iniziato la nostra nuova vita, insieme.


Pov Bella

Seattle, University District, Giovedì 16 Ottobre 2014, ore 20:00
Eravamo da poco arrivati nell’appartamento in cui avremmo trascorso i nostri anni da studenti universitari. Stavo aiutando Edward a salire il resto delle nostre cose e, devo ammettere, che era una vera faticaccia, ma la visione di Edward tutto sudato era davvero … lasciamo stare, va.
“Hey Bells, tutto bene?”, scossi la testa e alzai lo sguardo verso di lui.
“Tutto bene, tranquillo. Stavo solo ammirando il panorama”.
Edward sorrise e mi si avvicinò.
“Oh davvero?”.
Annuii.
Mi avvicinai a mia volta e lo abbracciai, ma lui si scostò.
“Che hai?”.
“Sono tutto sudato, amore”.
Scoppiai a ridere. “Cosa vuoi che m’importi. Ti ho visto in vesti peggiori”.
“Oh davvero? Beh … ti consiglio di iniziare a correre se non vuoi che ti mostri le mie vesti peggiori”.
Risi e scappai dalla sua presa.
La mia fuga diede inizio a un vero è proprio inseguimento, dove io ero la preda e Edward il cacciatore.
Alla fine, quando non ce la feci più per mancanza di fiato, Edward riuscì a prendermi e caricandomi sulla sua spalla, sotto le mie proteste, andò verso il bagno.
“Doccia … doccia! Bella ha proprio bisogno di una doccia! Andiamo a far la doccia … su!”, urlava.
“EDWARD! METTIMI GIU!”.
Non mi rispose e, ovviamente, non so come, ma riuscì a posarmi direttamente nella doccia.
Quando alzai lo sguardo, notai uno strano sorriso e non feci nemmeno in tempo a parlare che una doccia gelata mi colpì in pieno, facendomi sobbalzare.
“SEI PAZZO?”, gli urlai colpendolo forte nello stomaco.
“Su avanti, Bella, non fare la drammatica. Ti stai divertendo anche tu, lo so … lo vedo dal tuo sguardo. Non fare l’acida e rilassati”.
‘In effetti …’, ci pensai su. ‘Non è male come idea’.
Detto fatto, mi rilassai.
Senza che me ne accorgessi i nostri vestiti sparirono e ci ritrovammo entrambi a sorriderci e rilassarci sotto il getto caldo dell’acqua.
“Sai, stavo pensando”, disse Eddy a un certo punto.
“Cosa?”.
“Non è per niente vero che in due si consuma meno acqua!”.
Risi e lui con me.
“Hai ragione, ed è per questo che dobbiamo sbrigarci e uscire … stiamo consumando troppa acqua. Abbiamo poco rispetto per questo bene così prezioso”.
Lui, alle mie parole, alzò gli occhi al cielo.
“Tu e le tue manie per salvare il mondo”.
“Già … io e le mie manie ci arrabbieremo se non ti muovi a uscire di lì. Ti aspetto di la”.
E detto questo, senza dargli il tempo di rispondere, uscii dalla doccia correndo e ridendo. Come mi aspettavo, lui mi seguì, rincorrendomi a sua volta.
“Dove credi di andare? Avevo altri programma, in realtà”, disse mentre mi attirava tra le sue braccia.
“Ah davvero? E quali … precisamente?”, sorrisi.
“Se vuoi, te li dimostro”, ghignò.
Non avendo altro da dire, annullai la distanza e lo baciai.
“Lo prendo come un sì”.
“Ovviamente, ma prima … dovrai prendermi!”.
Alla fine della corsa, inciampai e caddi sul letto e Edward approfittò per bloccarmi le mani, così che non potessi muovermi. Oggi mi stavo proprio divertendo a farmi rincorrere.
“Presa! Stavolta non mi scappi!”.
“Questo lo dici tu!”.
“Shh … sta zitta una buona volta!”.
Piano, si avvicinò per baciarmi le labbra ed io lo lasciai fare.
Inizialmente, il bacio fu, lento … dolce … poi divenne qualcosa di più … chiedeva e dava nello stesso tempo. Era un bacio carico d’amore e passione … dolcezza e fuoco … c’era tutto. C’era Edward … c’ero io … c’eravamo noi … solo noi e l’amore.
“Caspita! Era da tanto che non ti baciavo così, piccola!”, scherzò Edward.
“Già … mi è mancato, in effetti”, arrossii.
“Anche a me … e sai cosa mi è mancato di più?”. Scossi la testa. “Il tuo amore e poi …”, si interruppe. Sapevo già cosa volesse dirmi, eppure … eppure glielo chiesi lo stesso.
“E poi?”.
Fissò il suo sguardo nel mio e poi, sospirando, mi rispose.
“Vuoi davvero che te lo dica?”.
Annuii.
“No, ho cambiato idea, non te lo dirò. Credo che lo metterò direttamente in pratica”, rise.
Risi con lui, ma ahimè … il nostro momento fu interrotto dallo squillare del telefono e da qualcuno che bussava alla porta.
Edward sbuffò ed io non potei fare a meno di ridere.
“Ma è mai possibile che anche se adesso viviamo da soli, non abbiamo un attimo di tregua?”.
Continuai a ridere e mi voltai per prendere il mio cellulare, mentre lui indossava un paio di pantaloni e poi andava ad aprire.
Senza guardare il mittente, risposi.
“Bella … ti prego, puoi venirmi a prendere? Ho bisogno di parlare con qualcuno”.
“Alice? Che hai? Stai male?”.
“No, sto bene, solo … io e Jazz … non lo so, puoi venire e basta? Sono a casa”.
“Certo, mi cambio e arrivo subito”.
Senza darmi il tempo di chiedere altro, Alice mise fine alla chiamata ed io mi ritrovai, accigliata, a osservare il mio cellulare, fino a quando un Edward scioccato, letteralmente, entrò in camera, blaterando parole che non riuscivo a comprendere.
“Chi era?”, chiesi.
“Chi?”.
“Alla porta. Edward ti senti bene?”.
“Io … era Jasper … ha una faccia strana e poi dice cose senza senso”.
“Dov’è adesso?”.
“Oh … è … è seduto nel nostro salotto, in mezzo agli scatoloni e non mi parla. Sono un po’ confuso”, ammise il mio ragazzo grattandosi dietro al collo, segno che non sapeva davvero che pesci prendere.
“Al cellulare, invece, era Alice e mi chiedeva di andare da lei. Anche lei era molto strana e mi sembrava sotto shock”.
“Chissà cosa sarà successo. Quindi tu adesso andrai a Forks?”.
Annuii. “Sì, anche perché se hanno davvero litigato, avranno bisogno di qualcuno con cui parlare. Quindi … prima che Alice uccida qualcuno, è meglio che vada”.
“D’accordo, ti lascio vestirti, ma dopo, quando torni, riprendiamo il discorso. Non mi scappi!”.
“Non ne ho la minima intenzione, Cullen”, gli sorrisi e poi andai bagno per legarmi i capelli.
Una volta finito, andai in salotto, aspettandomi di trovare uno Jasper in lacrime, invece li trovai a ridere mentre parlavano di Alice.
Che poi … cosa c’era da ridere? Avevano litigato, quindi … Dio! Che confusione!
Forse Jazz era ancora scioccato per quello che era successo e non aveva ancora compreso tutta la situazione, ma ero sicura che fosse successo qualcosa d’importante per far presentare Jasper qui e per farlo bussare incessantemente alla porta.
“Ciao Jasper!”.
“Hey Bells … dove vai?”.
“Ehm … esco … vado da … da Alice!”.
“Oh!”, fu tutto quello che disse Jasper.
“Già ‘Oh’. Ora scusatemi ma prima che Alice mi uccida, è meglio che vada”, mi avvicinai a Edward per dargli un bacio e poi andai via.
“Ciao amore, a più tardi”.

Era da più di dieci minuti che ero arrivata a casa Cullen e Alice non aveva fatto altro che piangere e camminare senza sosta avanti e indietro.
E volete sapere una cosa?
Non ho la più pallida idea di cosa sia successo, perché non riesco a capire una sola parola di quello che dice.
Sbuffai, per l’ennesima volta oserei aggiungere, e alzai gli occhi al cielo.
Prima o poi tutto quell’andare avanti e indietro mi avrebbe fatto venire il voltastomaco, se non mi era già venuto.
La suoneria del mio cellulare mi fece sobbalzare, avvisandomi dell’arrivo di un messaggio da parte di Edward.
“Amore … sei riuscita a capire perché hanno litigato?”.
“No … tu? Alice non fa altro che andare avanti e indietro”, gli risposi.
Attesi una sua risposta che non tardò ad arrivare.
“Beh … più o meno la stessa cosa, solo che Jasper non piange, parla continuamente”.
“Siamo messi bene!”, sospirai mentre lo scrivevo.
“Senti … perché non la porti qui e vediamo di farli parlare tra loro? Forse in due riusciremo a capirci qualcosa di più”.
“Sì d’accordo, vedo se riesco a convincerla. A dopo … ti amo!”.
“Me too :*”.
Sorrisi e rivolsi tutta la mia attenzione ad Alice, cercando di catturare la sua.
“Alice … Alice … mi guardi un secondo? O almeno … ascoltami!”.
Mi avvicinai con cautela e cercai di fermare il suo andirivieni. La presi per le spalle e la bloccai, voltandola verso di me.
“No Bella … mollami. Sto pensando”, si scostò dalla mia presa e riprese a camminare.
A quel punto non ce la feci più e persi la pazienza.
“NO!”, urlai. “Ce l’ho io la soluzione e adesso tu mi ascolti. Chiaro?”.
Lei spaventata, annuì e mi guardò.
Sorrisi soddisfatta. ‘Wow! Ho zittito Alice Cullen!’, la mia coscienza ed io ancora non riusciamo a crederci.
“Andiamo a Seattle e ne parliamo lì, d’accordo? Dormirai da me, prendi quello che ti serve”.
“Certo, ma sei sicura che Jasper non c’è?”.
“Sicurissima, ho lasciato Edward da solo a casa”, incrociai le dita dietro la schiena, sperando mi credesse.
“D’accordo, vado a preparare qualcosa”.
Mi sedetti sul divano e inviai un messaggio a Edward, avvertendolo del nostro arrivo.
Lui mi rispose con un “Perfetto. Che il piano abbia inizio!”.
Alzai gli occhi al cielo. ‘Che idiota!’.
“Fatto. Andiamo? Con chi messaggiavi?”.
“Andiamo. Con Edward, conosci qualcun altro rompi palle come lui?”.
“Hahahahah … hai ragione. Sei sicura che non disturbo?”.
“Tranquilla, ci sta aspettando”.

“A che punto siete con la casa? Avete già ordinato tutto?”, mi chiese Alice mentre eravamo in ascensore.
“No, in realtà siamo a zero. Volevamo farlo stasera, ma poi tu mi hai chiamato e quindi … non se ne è fatto più nulla”.
“Oh … scusa allora, insomma …”, gesticolò Alice, cercando di scusarsi.
“Tranquilla, no problem. Te l’ho già detto”.
Siccome avevo dimenticato le chiavi di casa, dovetti per forza bussare.
Appena Edward vide il mio viso, si aprì in un sorriso e si rilassò. Molto probabilmente, era teso per via di Jasper, visto che nessuno dei due sapeva come avrebbe reagito Alice alla sua vista.
“Ciao sorellina”, salutò Edward e Alice, dopo averlo abbracciato corse subito in casa, senza dire altro.
“Ciao anche a te”, sussurrò sulle mie labbra prima di baciarmi.
Una volta finito il bacio, entrammo in casa e “CHE COSA FAI TU QUI?”, sentimmo urlare ad Alice.
“Ops … mi sa che non l’ha presa bene. Che dici … andiamo a salvarlo?”.
Con un sorriso colpevole, ci dirigemmo nel nostro piccolo salotto, ora invaso da un vulcano corvino.
“Allora? Bella perché mi hai mentito? Avevi detto che Edward ci stava aspettando e che era solo. Non voglio parlare con lui”, continuò a urlare Alice.
“Ti ho portata qui e ti ho detto questa piccola bugia perché né io, né Edward riuscivamo a capire cosa potesse essere successo, visto che non ci dicevate nulla”.
“Siete dei traditori. Non posso credere che l’abbiate fatto davvero”, riprese Alice, iniziando a camminare per il salotto.
Edward, non sopportando più quell’andirivieni, la prese per le spalle e la fece sedere accanto a Jasper, che da quando Alice era arrivata non aveva detto nemmeno una parola.
“No mia cara, qui si fa come diciamo noi”, disse Edward guardandomi e imitando la mia posizione con le braccia incrociate al petto e alzando un sopracciglio, “e voi due”, continuò, indicandoli, “ci ascolterete, chiaro?”.
Mi venne quasi da ridere, ma non lo diedi a vedere e con lo sguardo seguii Edward che si muoveva nella stanza alla ricerca di qualcosa.
I due annuirono, impauriti, alla vista delle nostre facce serie.
“Allora … chi di voi due parla per primo e ci dice il suo punto di vista sull’accaduto?”, riprese Edward, tornando nella stanza con un quaderno e una penna tra le mani.
“Cosa devi fare con queste cose?”, chiesi innocuamente.
“Prendo appunti … semplice”.
‘Vabbè … lasciamo perdere’, pensai. Scossi la testa e riportai l’attenzione sui due seduti davanti a me.
“Allora? Chi di vuoi due parla?”.
I due, prima si guardarono negli occhi e poi iniziarono a parlare contemporaneamente.
Guardai Edward quasi con le lacrime agli occhi e uno sguardo disperato.
“HEY VOI DUE! ADESSO BASTA! Uno alla volta … grazie”, urlò improvvisamente Edward, facendo sobbalzare anche me. “Alice … inizia tu”.
Proprio nel momento in cui Alice aveva iniziato a parlare, bussarono e così mi alzai per andare ad aprire. Stasera, tranquillità zero.
Guardando nello zerbino della porta, mi ritrovai davanti ad un sorriso enorme a 32 denti. Aprii la porta e vidi Emmett affiancato da Christian e dietro Rosalie e Jo, tutti con un enorme sorriso sulle labbra.
Nemmeno il tempo di aprire bocca che Emmett mi abbracciò, continuando a sorridere.
“Ciao sorellina, come stai? Noi stiamo meravigliosamente bene. Possiamo entrare, vero?”. E detto questo mi superò, entrando in casa seguito da tutti gli altri e lasciandomi lì impalata a mantenere la porta.
Tornata in salotto, sentii Emmett esclamare allegramente: “Oh … ma allora ci siamo proprio tutti! Bene … bene, meglio così. Così lo diciamo una sola volta e poi basta”, tutto questo mentre sfregava le mani tra loro e devo ammettere che sembrava il topo che voleva conquistare il mondo del cartone ‘Mignolo e Prof’.
“Cosa devi dirci Emmett?”, chiese Jasper ed io potei finalmente constatare che la voce ce l’aveva ancora.
“Beh ecco … ROSE E’ INCINTAAAA”, urlò.
“E NOI … CI SPOSIAMO”, aggiunse Christian.
Ci fu un attimo in cui nessuno di noi quattro rispose, forse troppo scioccati, poi io e Alice iniziammo a saltare, urlando allegramente “SAREMO ZIE! SAREMO ZIE!”.
Tutto questo mentre Edward sbuffava dicendo “Non voglio diventare di nuovo zio. Sono troppo giovane per altri marmocchi in giro per casa, sono troppo giovane” e lì, beh … a quella scena non riuscii a non ridere, visto che era quasi in lacrime per lo shock e così corsi ad abbracciarlo.
“Hey amore … non sei felice? Un altro mini Cullen in giro”, lo presi in giro.
“No … non voglio … sono troppo giovane … troppo giovane … altri marmocchi … oh Dio”, continuava a piagnucolare.
Io risi e lo lasciai alle sue seghe mentali, andando da Rosalie e facendole gli auguri, cosa che feci anche con Christian e Jo, visto l’annuncio del loro matrimonio.
“Anche mia sorella è incinta. Bene”, esclamò ad un certo punto Jasper, attirando l’attenzione di tutti e facendo calare il silenzio nella stanza.
“Che significa anche?”, chiese Christian.
“Anche Alice lo è”, affermò Jazz scuotendo le spalle e facendoci sbarrare gli occhi per la sorpresa.
“ALICE COSA?”, urlarono Emmett e Edward insieme, mentre Christian esclamava un “Oh cazzo”, alzando gli occhi al cielo.
“TU … MINI HALE … COME HAI POTUTO SOLO PENSARE DI TOCCARE LA MIA SORELLINA? SEMBRAVI UN TIPO A POSTO E INVECE … INVECE … ROSE! GUARDA IL TUO CARO FRATELLINO COS’HA FATTO”. Questo era Emmett.
“JASPER IO TI AMMAZZO … SAPPILO”. Questo era Edward.
Non feci nemmeno in tempo a voltarmi che Edward era già partito alla carica e stava correndo verso Jasper.
“Ma io non sono incinta”, se ne uscì Alice in un sussurro.
Tutti si bloccarono e si girarono a rallentatore verso di lei.
“Dimmi che non lo sei … ti prego!”, la supplicò Edward, precipitandosi da lei.
“No fratellone, tranquillo. Non lo sono e non capisco perché Jasper pensi che io aspetti un bambino”. Fece una pausa e poi continuò a parlare, rivolgendosi a Jazz. “Allora Jazzino … mi spieghi perché lo pensi?”.
“Ma come? Ti ho sentito mentre ne parlavi con qualcuno al telefono oggi pomeriggio e …”.
“Stavo parlando con una mia amica e … Oh! Ecco perché oggi ti sei arrabbiato così tanto”, affermò Alice, illuminandosi. “Perché non ti sei fidato della mia parola? E io che pensavo che quella fosse semplicemente una scusa per lasciarmiiiii”, continuò iniziando a piangere teatralmente.
Alzai gli occhi al cielo e ‘Tipico di Alice’, intervenne sarcastica la mia vocina, alzando anche lei gli occhi al cielo.
“Oh ti prego … non iniziamo con i piagnistei ora. Che qualcuno la fermi. In questi nove mesi dovrò già sopportare Rosalie e i suoi … Ahi Rose! Che cavolo!”, disse inorridito Emmett.
“Così impari. Sai che non lo faccio apposta”.
Jasper lo ignorò e subito corse ad abbracciare il suo piccolo folletto che si buttò subito tra le sue braccia. “Non farmi preoccupare mai più così, okay?”.
“Te lo prometto cucciola … tranquilla”.
“Ma non sono tenerissimi?”, esclamammo io, Rose e Jo contemporaneamente.
“Oh … ma per favore! Donne! Tzè!”, risposero gli altri tre. “Sono diabetici”, aggiunse Emmett.
“EMMETT!!!”, urlò Rosalie.
“Sì piccola?”. E Rosalie si limitò a fulminarlo con lo sguardo.
“Ti conviene stare zitto Emm, sono preoccupato per la tua salute al momento”, scherzò Christian.
“Oh tranquillo. Mi divertirò quando Jo aspetterà un bambino e le prenderai di santa ragione”.
“Oh … ma la mia Jo non sarà così … vero amore?”, disse Christian correndo ad abbracciare la fidanzata.
“Non lo so … può darsi di sì … può darsi di no … dipende, amore”, lo sfotté lei, lasciando Christian deluso.
Edward ed io dal basso del nostro divano, ci limitavamo a osservare una parte della nostra famiglia litigare come se niente fosse.
“Perché ho come la netta impressione che, anche se viviamo da soli, ci romperanno sempre le scatole?”.
Risi. “Perché è così. Tra tutti, noi siamo i più normali”.
“Hahahahah … hai ragione, ma ora devono andarsene … abbiamo delle cose da fare, ricordi?”.
Si sporse per baciarmi ed io lo assecondai, tanto Christian con tutto quel baccano non si sarebbe mai accorto dov’erano le mani di Edward al momento.
“Bene gente … ora … sloggiate … su … su … andate via … tutti a nanna su!”.
Edward si alzò dal divano su cui eravamo seduti e iniziò a spingerli tutti verso la porta. Inutile dire che tutti iniziarono a protestare a modo loro.
“Hey … hey … hey! Ma perché? Bella aveva detto che potevo dormire qui”. Questa era Alice.
“Te lo aveva detto quando eri arrabbiata con Jasper, ora non lo sei … quindi … smamma!”.
“Hey non puoi cacciarmi. Sono io a pagare qui”.
Alzai gli occhi al cielo. ‘Tipico di Christian’.
“Allora mi troverò un lavoro se dopo stasera non pagherai più”, rispose Edward.
“Fratellino … mi raccomando … dacci dentro”, aggiunse Emmett facendo un occhiolino e beccandosi una gomitata da Rosalie.
L’ennesima.
“No … fratellino mi raccomando … non darci dentro, altrimenti ti cambio i connotati, siamo d’accordo?”, aggiunse invece Christian, tornando sui suoi passi.
“Tranquillo Chris … ci tengo ai miei gioielli e anche Bella”, disse Edward facendomi arrossire.
“Faccio finta di non averti sentito … Buona notte ragazzi”.
E finalmente, detto questo, uscirono tutti dal nostro appartamento.
“Finalmente soli”, sussurrò Edward stanco, buttandosi sul divano accanto a me ed io non riuscii a fare altro se non annuire. “Non ci credo … senti che silenzio … che pace”.
Mi avvicinai a lui e mi accoccolai sul suo petto, mentre lui mi circondava la schiena con le braccia.
“Sai a cosa stavo pensando?”.
“No … a cosa?”.
“Alla sorpresa che mi hai fatto al nostro arrivo a Seattle”.
“Davvero? Ti è piaciuta?”.
“Sì, mi è piaciuta, lo sai. Mi sembra di avertelo anche dimostrato quella sera stessa”.
“Vero … e come dimenticarlo quel giorno”.

Seattle, University District, Lunedì 13 Ottobre 2014
“Finalmente a terra! Mamma mia Seattle … quanto mi sei mancata!”. Sorrisi alla vista della mia amata città e del suo bellissimo skyline e mi persi nei miei pensieri, appoggiando il capo sulla spalla di Edward.
“Ti è mancata solo la città, o anche noi?”, mi chiese lui qualche istante dopo.
“Anche voi, tranquillo. Non vedo l’ora di vedere Christian e la mia vecchia stanza. Dio! Quanto mi è mancata!”.
Edward rise tra i miei capelli per poi lasciarvi un bacio, facendo cadere il discorso.
Persa com’ero ad ammirare il paesaggio, non mi accorsi che la strada non portava nel Queen Ann Hill.
Così, alzai di scatto la testa e guardai Edward.
“Dove stiamo andando? E non dire a casa, perché questa non è la strada per il Queen …”.
Lui rise, sussurrando un “Finalmente se n’è resa conto” e poi alzò la voce per farsi sentire meglio.
“Sì, in effetti non stiamo andando a casa di Christian. È prima che tu me lo chieda … non ti dirò la destinazione, è una sorpresa”.
Boccheggiai … ‘Non è giusto! Non è giusto. Sempre la solita storia’, si imbronciò la mia vocina e io con lei.
“Edward … dai!”.
Continuando a ridere, mi indicò il cartello del quartiere in cui stavamo entrando. “UNIVERSITY DISTRICT”, recava scritto.
A quella vista mi illuminai. “Edward ma … ma che significa?”.
“Vedrai”, mi sussurrò alle orecchie facendomi scivolare una fascia sugli occhi.
“Ma Ed … cosa?”.
“Shh … fa tutto parte della sorpresa. Non fiatare. Adesso dobbiamo scendere. Aspettami, ti aiuto a scendere”.
Visto che non avevo la vista, affilai i miei sensi e sentii solamente lo sbattere di una portiera.
“Eccoci”, sobbalzai nel sentire la voce di Edward e lo sentii ridere per la mia reazione. “Adesso … dammi le mani e voltati”.
Scesi dalla macchina e con il suo aiuto camminai, mentre lui mi diceva ogni minimo ostacolo che avrei potuto incontrare e mi aiutava a evitarlo.
“Quanto manca?”, chiesi impaziente.
“Poco, amore, poco”.
“D’accordo … mmm … adesso dobbiamo prendere un ascensore, quindi non spaventarti ai rumori, okay?”.
“Okay … ma almeno mi dici quanto è alto?”.
“Dobbiamo arrivare al terzo piano, piccola e poi saremo arrivati. Ecco fatto, adesso fermati e tra un po’ sentirai lo scatto dell’ascensore, non spaventarti”.
“Allora mi dici cosa ci facciamo nell’University District?”.
“Amore mio bello, mi sorprende che tu non l’abbia ancora capito, ti credevo più intelligente”, mi sfotté ed io, dal canto mio, gli diedi una gomitata. “D’accordo, scusa … scusa, non ti prenderò in giro”.
Dopo un po’ di silenzio, Edward mi poggiò le mani sulle spalle e mi spinse fuori dall’abitacolo, prendendomi poi per mano.
“Ecco … adesso fermati. Siamo arrivati. Adesso ti toglierò la benda, ma tu devi promettermi che terrai gli occhi chiusi ancora per un altro pochino”.
“D’accordo, prometto, basta che fai in fretta perché non riesco più a resistere dall’ansia”.
Dopo che Edward mi ebbe tolto la fascia, sentii uno strano tintinnio e infine uno scatto, dedussi, quindi, che fossimo entrati in una stanza? O forse era l’appartamento di qualcuno cui avremmo fatto visita?
La voce e le mani di Edward mi strapparono alle mie domande spingendomi a entrare in quel luogo.
“Adesso fermati e al mio tre puoi aprire gli occhi”, mi urlò Edward da qualche parte della stanza.
“Edward … ma cosa?”, ma lui mi ignorò, iniziando a contare.
“UNO … DUE … TRE", contò ed io aprii gli occhi.
“SORPRESA … BENTORNATA BELLA!”.
A quell’urlo, portai le mani alla bocca e feci un salto indietro. Tutto mi aspettavo fuorché questo.
Spalancai gli occhi rendendomi conto della situazione che mi trovato di fronte e … ‘Oh mamma’ … era una festa quella? Una festa per me?
E … e quelli davanti a me sono Christian, Alice e … “Oh mio Dio!”.
Non ebbi nemmeno il tempo di rendermi conto della situazione che ero già tra le braccia di Christian.
“Bentornata, mi sei mancata sorellina”.
“Oh Chris … anche tu … anche tu mi sei mancato”, singhiozzai.
Lui mi allontanò di poco da se e “Oh andiamo … andiamooo! Non iniziare con i piagnistei ora, mmm?”.
“D’accordo d’accordo, ma è più forte di me, scusa”, continuai asciugandomi le guance.
Dopo aver salutato gli altri, mi guardai intorno e mi accorsi che il luogo in cui eravamo non era un locale, ma un piccolo appartamento.
“Dove siamo? Perché avete organizzato tutto questo nell’University District?”.
“Oh beh”, intervenne Edward grattandosi la nuca, come faceva sempre quando era in difficoltà, “ecco … potrei e sottolineo potrei aver trovato la casa giusta per noi”.
“Oh”, fu tutto quello che riuscii a dire.
“Dì qualcosa … ti prego”.
“Beh … cosa vuoi che dica?”, lo guardai di sottecchi.
“Qualsiasi cosa, Bells, qualsiasi”.
“Oh … mmm … allora … è fantastico Edward” e poi mi buttai su di lui, stile koala e facendogli quasi perdere l’equilibrio.
“Dici davvero?”.
“Davvero davvero, amore. Davvero davvero”.

Dopo la festa, io e Edward restammo soli e mentre mi portava in giro per le varie stanze, mi spiegò che era questo il motivo di quelle misteriose telefonate e che aveva solo paura che Alice cambiasse tutto ciò che lui aveva deciso.
“Beh … in effetti, facevi bene ad essere preoccupato, Alice avrebbe davvero potuto stravolgere tutto con quei suoi gusti stravaganti”.
“A quanto pare, però, Christian l’ha fatta ragionare”.
Una volta entrati in quella che sarebbe stata la nostra stanza, mi accorsi che la maggior parte delle mie cose, era già lì, messa in bella vista affinché io la sistemassi, una volta arrivata.
“Mi spieghi come mai la maggior parte delle cose che avevo a Volterra sono già tutte qui?”.
Lui rise e poi mi disse che era stato tutta opera di Christian e che nemmeno lui ne era a conoscenza.
“Adesso … che ne dici di provare questo bellissimo e comodissimo letto, gentilmente offerto da tuo cugino, così come tutto il resto?”, continuò, buttandosi sul letto e tirandomi con sé. “Non sai quanto mi sei mancata, piccola”.
Iniziammo a baciarci e …

“E poi abbiamo fatto ciò che stavamo per fare qualche ora fa, ma qualcuno a deciso che non avremmo dovuto”, rise Edward, interrompendomi.
Mi alzai sui gomiti per osservarlo e sorrisi maliziosa.
“So cosa stai pensando e la risposta è … diamine sì”, esclamò.
Non ebbi il tempo di dire niente che, si alzò dal divano con me tra le braccia e si diresse nella nostra stanza.
“Al diavolo gli scatoloni, al diavolo tutto. Ti voglio ora”.
Io non potei fare a meno di ridere a quella sua affermazione, ma fui subito interrotta dalle sue labbra che, impazienti, si posarono sulle mie.
“Non si ride in questo momento, mi dispiace. Sono tremendamente serio, piccola”.
“Anch’io lo sono”.
“Credo che qui ci sia qualcosa di troppo”, sussurrò mentre continuava a baciarmi.
“Allora perché non lo elimini?”, gli risposi maliziosa.
Lui sorrise e … “Con immenso piacere, piccola”, disse, avvicinando le sue labbra alle mie.
Continuando a baciarmi, prese i bordi della mia maglia e li tirò su, staccando le nostre labbra solo per un istante.
“Ti amo”, sussurrò sulle mie labbra.
“Ti amo anch’io”, sorrisi.
Indietreggiando verso il letto, lo tirai con me e risi quando ci cademmo sopra.
“Mi piace quando ridi in modo così spensierato, sai?”.
Annuii e, stavolta, fui io a prendere l’iniziativa e baciarlo. Dopo un po’, le sue labbra scesero a baciarmi il collo e poi continuarono verso il basso, fino a giungere nell’incavo dei miei seni e ancora più giù, fino ad arrivare al bordo dei miei jeans.
Edward mi lanciò uno sguardo, sorridendo malizioso, e poi, con una lentezza estenuante, me li sbottonò e, sempre lentamente, me li sfilò, continuando a tenere lo sguardo incatenato al mio.
“C’è qualcuno di troppo vestito, qui”, sussurrai, mettendomi a sedere.
Lo spinsi sul letto e, invertendo le posizioni, mi sedei cavalcioni sul suo bacino, iniziando a baciarlo e spogliarlo.
Con la stessa lentezza che lui aveva usato con me, continuai a baciarlo e, piano, gli tolsi la maglia e feci lo stesso con i suoi jeans.
“Adesso siamo pari”, gli sussurrai.
“Lo siamo”, e senza che me ne accorgessi, finii sotto di lui.
Circondai il suo collo con le braccia e ci sorridemmo.
“Mi è mancato tutto questo. Prometti che non andrai più via, non farlo mai più”.
“Non lo farò mai più”.
Alle mie parole riprendemmo a baciarci, ma quelli non erano baci qualsiasi … quei baci erano più frenetici … carichi di passione … davano e chiedevano allo stesso tempo.
Mentre le sue mani scendevano a sfiorarmi i seni coperti ancora dal reggiseno, le mie mani lasciarono il suo collo e iniziarono a scendere verso il basso. Piano, sforai i suoi pettorali scolpiti e riuscii ad ottenere un gemito roco da parte sua.
Sorrisi maliziosa e portai la mano sulla sua erezione, ancora coperta dai boxer. Iniziai a sfiorarla e, mentre Edward mi toglieva il reggiseno, infilai una mano all’interno, facendogli mozzare il respiro.
La sua reazione mi rese così orgogliosa. ‘Sono io … sono io che gli faccio quest’effetto’.
Non so come … non so quando … ci ritrovammo, entrambi nudi, a guardarci negli occhi … a sorriderci … a dirci ti amo con un sorriso … con uno sguardo.
Edward avvicinò le sue labbra alle mie e, con lentezza, entrò in me. Alzai il bacino per andargli incontro e fu bellissimo.
Non vedevo altro … non sentivo altro … solo Edward … Edward … Edward. Era dappertutto e sapevo che sarebbe stato così per ancora molto tempo.
“Il tuo amore mi è mancato”, mi sussurrò all’orecchio, non prima di avermi morso il lobo.
“A me sei mancato tu … E – Edward …”, risposi attirandolo a me e cingendogli il bacino con le gambe, spingendolo ancora più in profondità.
“A – amore … ci sono … ci sono quasi”, disse Edward con la testa poggiata nell’incavo del mio collo e il respiro affannato.
I nostri movimenti si fecero sempre più frenetici fin quando arrivammo al culmine.
Edward crollò su di me, prendendo a baciarmi il collo ed io iniziai ad accarezzargli i capelli. Restammo in silenzio, aspettando che i nostri respiri tornassero regolari e amandoci, ancora una volta.
“Non mi abituerò mai a fare l’amore con te. E’ come se fosse sempre la prima volta”, sussurrò Edward dopo essersi spostato e averci coperti entrambi.
“Mmm … sì”, risposi, a occhi chiusi, con la testa poggiata sul suo petto e quasi nel mondo dei sogni per le sue carezze.
Edward rise e … “Non sei molto loquace, amore. Sei stanca?”.
“Un po’ … vorrei solo … vorrei solo che questo momento durasse per sempre”.
Sorpreso per le mie parole, Edward mi prese il viso tra le mani e … “Sai che ti amo, vero?”. Annuii, incapace di fare altro a causa dell’intensità del suo sguardo. “Bene … perché lo farò per sempre. Ora dormi … domani ci aspetta una faticaccia”.
Chiusi gli occhi e poggiai di nuovo la testa sul suo petto.
“Ti amerò sempre anch’io”.
Appena Edward mi strinse a se, mi addormentai, con la consapevolezza che da domani sarebbe iniziata una nuova vita per noi … insieme.

Los Angeles, 12 Luglio 2070
“Nonnino … nonnino e poi? Poi cosa succede?”, chiese Marie quando suo nonno smise di raccontare.
“Che ne dici di andare dentro dalla nonna a fare merenda?”, rispose nonno Edward, piacevolmente sorpreso che sua nipote non l’avesse interrotto.
“D’accordo … però dopo riprendiamo, vero?”.
“Certo … una promessa è una promessa”, sorrise Edward davanti all’intelligenza di quella bambina di soli 3 anni.
Marie gli scoccò un bacio sulla guancia e scese dalle sue gambe.
Mentre osservava la bambina correre dentro, non poté fare a meno di pensare, quando, molti anni prima, era sua figlia ad attraversare quello stesso giardino e correre dentro casa per la merenda dopo essersi fatta raccontare la storia d’amore di mamma e papà.
Erano così identiche quelle due.
Sorrise e poi si alzò per raggiungere sua moglie e sua nipote.

Dopo aver passato l’intero pomeriggio a giocare, la piccola Marie era stanca. Era seduta sul divano, tra le braccia del suo amato nonno e guardava i cartoni animati, aspettando che la sua mamma e il suo papà venissero a prenderla per portarla a casa.
“Hai sentito tua figlia?”, sentì dire alla nonna, seduta accanto a loro.
“No”, rispose il nonno, “ma se ci fosse stato qualche problema avrebbe telefonato sicuramente. Su tesoro, non preoccuparti”.
Marie si spostò dalle braccia del nonno giusto in tempo per vederlo abbracciare la nonna e dirgli qualcosa all’orecchio.
Sorrise.
Proprio in quel momento, qualcuno suonò al campanello.
Il sonno le passò subito, tant’è che iniziò a urlare e saltare euforica.
“Nonna … nonno … sono mamma e papà. Vai ad aprire nonno? Dai nonno”.
“Sì Marie, adesso vado … tranquilla. Fai la brava, su”.
Edward aprì la porta e si ritrovò davanti proprio sua figlia con suo marito. Prima che potesse dire qualunque cosa, un piccolo tornado dai capelli color cioccolato si tuffò tra le braccia della madre.
“Mamma … papà … siete tornati finalmente. Mi siete mancati”.
Emma, così si chiamava la sua bambina, abbracciò Edward e gli diede un bacio, poi entrò in casa per salutare sua madre.
Quando tutti furono dentro, si sederono sul divano e Marie iniziò a raccontare tutto ciò che aveva fatto in quella giornata. Dai disegni che aveva colorato all’asilo, al pomeriggio passato ad ascoltare le storie di nonno Edward.
Quando Marie disse che il nonno gli aveva raccontato la storia della principessa Bella e del principe Edward, Emma non poté fare a meno di sorridere, ricordando quando anche lei da bambina voleva sentire di continuo quella storia.
“E sai come finisce, tesoro?”, le chiese sua madre, pur sapendo che sua figlia conosceva già la storia.
Marie scese dalle gambe di sua madre e andò dal nonno, per farsi prendere in braccio da lui.
“No, non so come finisce, ma il nonno ha promesso che me lo racconterà domani. Vero nonno?”.
“Certo … domani”, gli assicurò suo nonno e la bambina sorrise felice, accoccolandosi tra le sue braccia.


NOTE DELL'AUTRICE: Questo sarà l'ultimo capitolo, il prossimo che pubblicherò sarà l'epilogo, ma probabilmente ci sarà un sequel, completamente diverso da questo. Purtroppo però, non so quando inizierò a scriverlo, ho tante cose da fare. Vi farò sapere la mia decisione definitiva quando pubblicherò l'epilogo.
Ho scritto altre storie mai pubblicate e che probabilmente mai pubblicherò, di genere completamente diverso da questo, quindi se vi è piaciuto il modo in cui scrivo, non mi abbandonate.
So che questa storia vi sarà sembrata a tratti pallosa, a tratti troppo romantica, ma ho sempre avuto il desiderio di scrivere una storia "tremendamente sdolcinata" come questa, come dice la mia migliore amica, anche perchè sempre a detta sua "Tu non sei così sdolcinata, anzi, mi stupisco che sia riuscita a scrivere una storia così per tanto tempo, anche se, ho notato, in alcune parti, prevale il tuo lato poco romantico" e infatti, io non sono così, mi piace scrivere, ma in tutt'altro genere. Molta più azione, molto più tutto, intrecci, colpi di scena che in questa storia non ci sono, ma è stata una mia scelta. Volevo scrivere una storia romantica e ci sono riuscita. Indipendentemente da quanto successo ha avuto, sono orgogliosa di me e di questa piccola creazione.

ULTIMA COSA: Non sono quando arriverà l'ultimo capitolo. La sessione d'esami è appena iniziata e ho degli esami abbastanza difficili da sostenere, quindi ... non so davvero quando riuscirò ad aprire un foglio word. Cercherò di scriverlo nei momenti liberi, ma penso si sia capito che sono una perfezionista e che non mi piace fare le cose a metà, quindi ... mi dispiace dirlo, ma dovrete aspettare a tempo indefinito e spero di trovarvi qui al mio ritorno, anche perchè il capitolo avrà una bella sorpresa.

Un bacio! Ally!
   
 
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