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Autore: hanaemi_    22/05/2015    1 recensioni
"[...] Per Gilbert sembrò crollare il mondo.
Il primo pensiero che ebbe fu un “Ma che diamine!”. O meglio, non proprio “Ma che diamine!” ma qualcosa di un po’ più volgare, ad essere precisi."
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Prussia/Gilbert Beilschmidt, Ungheria/Elizabeta Héderváry
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Hoffnung.

 

{Fandom: Axis Powers Hetalia
Personaggi: Prussia, Hungary
Pairing: PruHun
Parole: 644 (grazie a: http://www.freetiamo.altervista.org/index.php/conta-parole.html)}



“Gilbert…devo confessarti una cosa.”

Il prussiano, intento a guardare la tv sul divano, si voltò con fare incuriosito, inclinando appena la testa. L’ungherese aveva assunto la medesima posizione di un bambino quando compie una marachella, mani dietro la schiena e capo chino.
Strano, di solito lo aveva sempre guardato negli occhi. Doveva essere qualcosa di davvero serio quello che stava per ammettergli, altrimenti non si sarebbe spiegato quel suo modo di fare.

Silenzio.


“…Io- sono incinta.” pronunciò poi un soffio, quasi timorosa dall’articolare quelle tre parole.


Per Gilbert sembrò crollare il mondo.
Il primo pensiero che ebbe fu un “Ma che diamine!”. O meglio, non proprio “Ma che diamine!” ma qualcosa di un po’ più volgare, ad essere precisi. E in effetti non aveva poi così torto, dato che era stato in grado di avere l’ungherese tutta per sé solo una volta, circa un mesetto prima, e da allora in poi si erano limitati solo a baci e carezze e nulla più.
Quindi, ma che diamine, per una volta che finalmente assaggiava il corpo di Erzsébet finiva per fare subito centro? E sì che era la grande Prussia, bisognava ammetterlo, ma così era davvero esagerato!
Il secondo pensiero, subito successivo al primo, fu leggermente diverso. Più esattamente fu un “Ma io sono troppo giovane per diventare padre”: perché sì, anagraficamente avrà avuto svariati secoli a pesargli sulle spalle, ma mentalmente Gilbert si sentiva ancora un ragazzo di appena 25 anni, non intenzionato per il momento ad ammogliarsi e avere figli. E ora che si rendeva conto che invece, nove mesi dopo, avrebbe dovuto badare ad una creaturina più piccola e bisognosa di lui, due sentimenti contrastanti si animarono in lui: da un lato la gelosia, perché era sicuro che Liz avrebbe messo al primo posto il nascituro, non curandosi di lui; dall’altro il ricordo di Ludwig bambino, accompagnato da un moto di nostalgia.
Rammentava ancora i primi tentativi per cambiargli il pannolino, oppure quante volte gli aveva sputato la pappa sugli abiti o in faccia…però ora era bello che arrugginito, e non sapeva più nulla riguardo ai bebè. Specie adesso, pieni di aggeggini per addormentarli, per controllarli durante la notte, per il male alle gengive eccetera; la ragazza, d’altro canto, aveva cresciuto tanti piccini nel corso degli anni, ed era certo che, a differenza sua, sarebbe stato un ottimo genitore.
E infine, ultimo pensiero che ebbe, fu l’immagine di Erzsébet che rideva mentre teneva tra le braccia un fagottino minuscolo, gli occhi verdi come quelli di sua madre e il piccolo pugno stretto attorno al dito di Gilbert, accennando un sorrisino sdentato. E quell’immagine gli sciolse il cuore.

Subito si alzò dal divano e scosse la giovane per le spalle, sorridendo da orecchio a orecchio.
“Ja, ja, ja! Voglio questo bambino. Qualunque cosa tu abbia deciso, aborto, adozione, dimenticala. Porti in grembo nostro figlio, non ti permetterei di allontanarlo da me per nessun motivo al mondo.”

L’ungherese non rispose. Semplicemente, senza parlare, si ravviò una ciocca castana dietro l’orecchio.
“Scherzavo, Gilbert. Non c’è nessun bambino. Non…posso averne.”

Era uno scherzo. Un semplice scherzo. Un’espressione a metà tra la sorpresa e la delusione baluginò per qualche attimo sul viso dell’albino, prima che scomparisse per lasciare il posto al tipico sorrisetto fiero che utilizzava quando non voleva mostrare come stava realmente dentro.
L’immagine mentale che si era fatto del loro pargolo lentamente sfumò, facendolo ritornare alla realtà, una realtà in cui non avrebbe avuto mai eredi. Guardò l’ungherese: forse avrebbe voluto che la prendesse scherzosamente, che stesse al suo gioco, e ora invece sentiva che le stava quasi facendo pesare il fatto di essere sterile. Si maledisse mentalmente e andò ad accarezzarle lentamente una guancia col dorso della mano, prima di baciarle con dolcezza la fronte.

“Non importa, Liz.”
“Sicuro? Perché sembravi così…preso. Mi dispiace averti illuso, volevo solo scherzare…”
“Illuso? Naah. Di Magnifico ne esiste solo uno, basta e avanza!”


E accennò una piccola risata, stringendo l’amata a sé.




Di Magnifico ne esiste solo uno…purtroppo.

 
 

   
 
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