Titolo: In Vino
Veritas
Autrice: Sacchan
Rating: R
Fandom: Merlin
Pairing: Arthur/Merlin
Disclamer: La serie televisiva Merlin non è di mia proprietà, e di sicuro
i personaggi di Merlin e Arthur non sono inventati da me, ma fanno parte delle
Leggende da qualche secolo. Non ricavo nulla a scrivere questa fanfiction se non
una grande soddisfazione personale.
Dediche: Dedicata alla mia Merlin per il suo ennesimo compleanno (che non
vado a specificare che poi mi si sente vecchia) e alla mia tesora Martina per il
grandissimo supporto dimostrato nella scrittura del pezzo più difficile. A Linda
per essere la mia correttrice di bozze e lettrice in anteprima.
Percorse
il castello velocemente; conosceva perfettamente il percorso tanto che avrebbe
potuto farlo ad occhi chiusi e forse con le caviglie legate insieme; conosceva
perfino tutte le guardie messe a difesa delle stanze del castello –e oramai le
guardie lo conoscevano abbastanza da non domandargli più cosa ci facesse da quei
paraggi l’apprendista del medico. Oramai era una faccia conosciuta.
Le torce alle pareti coloravano gli stretti soffitti a volta di una calda luce
dorata - arancio che indicava l’oramai discesa notte nel regno di Camelot; non
che la differenza con il giorno fosse differente visto che le stanze più interne
e lontane dalle finestre dovevano essere illuminate con torce anche a
mezzogiorno.
I passi del ragazzo, per quanto delicati, risuonavano prepotenti contro le
pareti di solida e spessa pietra chiara amplificandosi nei piccoli corridoi e
rimbombando nelle grandi sale aperte; per un attimo quel lieve rumore sembrò un
onda marina scaraventatasi contro la porta delle sale di Arthur.
Ma quell’onda non fu che l’impeto di magia del giovane che, nella foga della
corsa, si era scordato di portare in avanti le mani e aprire la porta di legno
come qualsiasi altra persona avrebbe fatto. Fortunatamente il principe era
abbastanza sciocco –e lontano, da non accorgersi dello stratagemma del suo
servo.
Ma l’impeto di Merlin si placò immediatamente non appena varcò la soglia e i
suoi occhi non catturarono la figura del figlio del re nelle vicinanze del
caminetto acceso, fonte principale di luce nella stanza: La schiena dritta, le
gambe leggermente divaricate, il mento alto in atteggiamento fiero e militare;
la linea perfetta della casacca rossa lasciata libera da qualsiasi fibbia, le
ciocche bionde che sfioravano la fronte liscia e le sopracciglia leggermente
contratte. Anche nel momento in cui era meno richiesto Arthur era circondato da
un alone di rispettabilità e regalità, come se queste due forze plasmassero
tutta la sua figura.
“ Ci hai messo troppo” esordì il principe, il tono duro e aspro, quasi
d’acciaio. Nonostante tutto gli occhi erano ancora fissi nelle fiamme, come in
totale contemplazione delle forme che esse assumevano unendosi o distaccandosi
l’une dalle altre.
“ È per via di Gaius “ si scusò immediatamente il giovane mago. Rimane sulla
soglia, quasi avesse paura di entrare; eppure in qualsiasi altra occasione
l’avrebbe fatto senza tanti complimenti. “Non mi aveva detto che mi avevate
cercato”
“ Non dare le colpe a Gaius “ ribattè Arthur mantenendo lo stesso tono; fece
perno sul piede destro volgendosi in direzione della porta. Compì qualche passo
verso il ragazzo dai capelli scuri con lentezza, ma senza perdere il portamento
regale. “È tua premura, Merlin –e tua sola, informarti se il tuo Principe ha
bisogno dei tuoi servigi oppure no”
“Come potevo immaginarlo?” ribattè il giovane mago “Vi avrò lasciato solo per
meno di mezzo giro di clessidra...e mi ero assicurato di aver fatto tutto il
necessario!”
“A quanto pare non con sufficiente attenzione” ribattè freddo il giovane dai
capelli biondi. Si fermò a tre passi di distanza dal moro, forse meno, forse
più, limitandosi a guardarlo con velata sufficienza. Rimase silenzioso e senza
le sue parole si ammutolì tutta la stanza, per un momento infinito per fino il
fuoco sembrò smettere di scoppiettare nel camino. Anche il mondo all’infuori
della stanza sembrava rispettare il volere del futuro Re di Camelot. Il principe
abbassò il capo lentamente, con discrezione “Vedi, Merlin” iniziò nuovamente
“Dovrebbe esserti ben chiaro oramai che necessito fortemente della tua presenza”
“ Perché le vostre stanze sono un totale disordine, i vostri vestiti devono
essere lavati, la vostra armatura và riparata, i vostri scarponi vanno puliti, i
vostri cani hanno bisogno di essere addestrati, il vostro camino deve essere
spazzato, il vostro letto va cambiato e qualcuno deve pur ripulire le stalle”
elencò Merlin con precisione “Lo so mio signore”
Arthur rimase perplesso, se non spiazzato, dalla puntualità con cui il giovane
mago aveva elencato i suoi doveri. Cercò di non mostrare quel momento di
sorpresa, cosa che infondo non risultò per niente difficile.
“Almeno sai quello che devi fare, è un passo avanti “ replicò semplicemente
cercando di mantenere la voce atona. Sospirò appena “Ma di certo non mi riferivo
a quello” aggiunse con semplicità cercando di non dare alcun rilievo alle
proprie parole. Subito dopo si allontanò dalla figura del mago con la stessa
lentezza con cui vi si era avvicinato, il passo regolare e cadenzato in
sincronia con lo scoppiettar delle fiamme; si avvicinò al tavolo sul quale
troneggiava una caraffa di vino con accanto un calice –probabilmente in argento,
come quello posto simmetricamente a poca distanza.
Quando il liquido rossastro passò dalla caraffa al primo calice la lentezza di
quel gesto fece intuire a Merlin che, probabilmente, oramai la caraffa era quasi
vuota; sicuramente riempita per meno della metà: forse un terzo.
“Prendi l’altro calice, Merlin” esortò il principe riposando sul tavolo la
caraffa con cautela in modo da non danneggiarla.
Il ragazzo moro annuì semplicemente dirigendosi verso il tavolo e allungando il
braccio ad afferrare l’altro calice; il contatto con l’oggetto fu freddamente
lancinante. Senza aggiungere nient’altro il giovane mago porse il calice al
futuro re, tenne lo sguardo stranamente basso. C’era una semplice e genuina
sensazione, un formicolio fastidioso, che non riusciva a spiegarsi e che era
sicuro derivasse da Arthur e solo da lui.
“La tua memoria è sicuramente migliore della mia “ esclamò improvvisamente il
figlio di Uther alzando nuovamente la caraffa e riempiendo il secondo calice con
la stessa lentezza di poco prima. “Mi pare che ti avessi elencato i tuoi compiti
dopo averti negato qualcosa”
“ In effetti è così, mio signore “ replicò semplicemente Merlin rimanendo in
piedi a qualche passo di distanza dal Principe; il tono sicuro ma comunque cauto
“Vi dissi che se mi aveste offerto da bere si sarebbe sistemato tutto, ma mi
rispondeste che non potevate poiché sono un vostro servo”
“ Già “ confermò con semplicità il ragazzo biondo, annuì appena con qualche
movimento lento della testa bionda, quindi ruotò appena il busto allungando il
braccio sinistro verso Merlin porgendogli così il secondo calice che aveva
riempito. Non disse nulla lasciando che il gesto parlasse per se.
Il protetto di Gaius osservò perplesso il calice per poi alzare lo sguardo sul
viso severo di Arthur: al solito l’altro mostrava un espressione seria e
altezzosa; eppure gli occhi chiari tradivano un coinvolgimento maggiore –forse
quel coinvolgimento che stava infastidendo con delicatezza la percezione del
mago. Accettò di buon grado il calice cercando di ignorare le varie teorie che
la sua mente stava partorendo freneticamente riguardo al significato di quel
gesto. Il ronzio si fece più insistente, ma non abbastanza da essere opprimente.
Come al solito era Arthur a dettare i tempi e i gesti della serata; naturalmente
tutto doveva essere controllato e gestito da lui nei minimi dettagli, nulla
doveva essere anticipato e nulla doveva mancare alle sue aspettative; per questo
quando sollevò lievemente il calice in direzione del suo servo questi non potè
altro che imitare il gesto con una solennità e serietà che non gli si
addicevano.
I calici cozzarono lievemente tra di loro unendosi al lieve scoppiettar delle
fiamme; e come in ogni buon brindisi i due giovani buttarono subito dopo il
brindisi il primo sorso di vino. Di sicuro, dato il sapore non proprio
eccezionale, quel vino doveva essere di fondo; dettaglio che confermava
l’ipotesi del giovane mago che oramai la caraffa era vuota. Lanciò un occhiata
discreta ad Arthur cercando di trovare qualsiasi dettaglio che poteva tradire
una possibile ubriacatura –o almeno ebbrezza- del giovane Principe: ma Arthur
era davvero bravo a simulare qualsiasi stato fisico,emotivo e psichico.
Il ragazzo dai capelli chiari si mise seduto su la sua sedia; quella recante
impresso lo stemma dei Pendragon, l’unica in tutta la stanza. Si rilassò contro
lo schienale buttando giù un altro sorso di vino come se Merlin non fosse
presente, scordandosi per un attimo della sua superba vanità e del suo orgoglio.
Merlin si guardò intorno perplesso fissando infine gli occhi nella coppa
lasciata praticamente piena –almeno uno dei due doveva rimanere lucido ed era
logico che fosse il servo; non aveva di certo voglia di disturbare Arthur e,
soprattutto, di parlare senza l’ordine diretto dell’altro. Infondo non sapeva
neanche perché era in quella stanza in quel momento.
“Non è male questo vino, che ne dici?” domandò improvvisamente Arthur
concentrandosi più sul liquido nel calice che sulla figura del mago che aveva
davanti. Con una lieve rotazione del polso impartì un lieve movimento al vino
dedicandosi maggiormente a quel passatempo che ad altro.
“Si, non è male” concordò gentilmente il ragazzo dai capelli castani; ignorò
beatamente il sentore amaro dovuto al deposito del vino nella caraffa. Osservò
con attenzione la figura del biondo; non era di certo da lui abbassare così
l’attenzione tanto da rimanere fisso su un oggetto come se intorno non ci fosse
assolutamente nulla. Merlin non aveva mai visto gente ubriaca, ma era
praticamente certo che un calo di attenzione e un ritardo nei riflessi –specie
in un ragazzo sveglio e vigile come Arthur, indicava una massiccia dose di
alcool in circolo. Sicuramente Gaius avrebbe concordato con la sua diagnosi
casareccia.
“Se resti in piedi mi metti ansia” la voce di Arthur suonò come un brontolio
rauco e gutturale di protesta che tradiva un reale fastidio. Non distolse lo
sguardo dal calice finché non buttò giù un altro sorso di vino svuotando quasi
completamente il proprio bicchiere.
“Io…veramente” protestò lievemente il giovane mago; da quando era servo di
Arthur si era azzardato poche volte a sedersi, aveva sempre avuto la strana
sensazione, anzi la strana certezza, che sedersi si sarebbe rivelata una
profonda mancanza di rispetto verso il suo Principe. Stupida sensazione, ma
comunque sensazione che Merlin aveva sempre seguito diligentemente anche se non
si era mai chiesto realmente a cosa fosse dovuta.
“Seduto” sibilò il giovane Pendragon al primo tentennamento del suo servo,
finalmente gli occhi si posarono sulla figura dell’altro ragazzo con il solito
sguardo fiero e deciso. Con un calcio ben assestato e calcolato spinse in fuori
la sedia posta adiacente a quella dove lui sedeva; il legno contro il pavimento
emise un rumore stridulo che ferì i timpani di entrambi i ragazzi, ma fu un
rumore che durò solo un istante. Dopo tornò un silenzio profondo e definibile
come cupo.
Merlin non aggiunse altro ma afferrò lo schienale della sedia con un movimento
veloce, riportò verso di se il braccio spingendo in fuori la sedia su cui si
sedette immediatamente come qualsiasi servo ubbidiente avrebbe fatto.
“Non bevi?” domandò improvvisamente Arthur accennando al calice tra le mani di
Merlin praticamente ancora pieno, a parte il sorso del brindisi. Anche quella
domanda, evidentemente retorica, suonò come una sottospecie di ordine malamente
velato.
“È che
non so per cosa abbiamo brindato” spiegò l’apprendista di Gaius con tono
incerto. A differenza di Arthur stava seduto sulla sedia con postura troppo
rigida perché non fosse palese il suo disagio. “O perché mi stiate offrendo da
bere” aggiunge ancora più perplesso.
“ A volte mi chiedo come tu faccia ad essere il mio servitore “ sbuffò il
Principe scuotendo debolmente la testa bionda. Posò sul tavolo il calice con la
stessa cura con cui aveva posato la caraffa, quindi piegò la schiena in avanti
fino a poggiare i gomiti sulle cosce. “Sei stato tu a chiedermi di offrirti da
bere, e dato che qui non ci vede nessuno non la trovo una cosa così
irrispettosa.”
“ Ah” fu il commento ingenuo di Merlin alle parole del Pendragon. Buttò giù un
sorso di vino come se questo potesse aiutarlo a ragionare in maniera più lucida.
Quella strana sensazione che l’aveva assalito appena entrato nella camera si
stava facendo, ad ogni parola di Arthur, più fastidiosa tanto che oramai era
impossibile per il giovane mago ignorarla. Poteva soprassedere, certo, ma oramai
era come se quel presentimento gli fosse entrato nelle ossa.
“È l’unica cosa che riesci a dire?” domandò perplesso il figlio del Re prima di
alzare gli occhi al soffitto commentando il resto mentalmente. Allungò la mano
destra verso la caraffa pronto a riempirsi nuovamente il calice, ma dovette
constatare che oramai era vuota. Sbuffò riposandola sul tavolo frenando
l’istinto di mandare Merlin a riempirla nelle cucine.
“ Non sapevo che altro dire” si scusò il giovane mago stringendosi nelle spalle
con ingenuità. Il suo sguardo ben presto finì sulla caraffa e poi
sull’espressione del ragazzo seduto di fronte a lui “Non credo ti convenga bere
ancora Arthur, hai bevuto abbastanza. Sei quasi ubriaco” cercò di essere il più
delicato possibile e di non offendere l’assoluta vanità del principe. Quasi non
fece caso al modo in cui si era rivolto all’altro, il tono era diventato
decisamente più familiare e confidenziale.
“ Grande deduzione” replicò ironico Arthur “ Ma io non mi ubriaco mai, so
moderarmi “ ribatte con semplicità seppur come sempre il suo tono della voce si
colorò di una nota di lieve arroganza.
“ Sapete mascherare bene e mantenere il controllo” corresse il giovane mago con
altrettanta semplicità “Ma non questa sera; avete gli occhi più lucidi del
solito, siete insofferente più del normale, le vostre dita sono decisamente
calde e scommetto che siete accaldato. E anche i vostri modi sono più rozzi del
dovuto. Insomma credo siano sintomi di una ubriacatura, o sbaglio?”
Arthur non ribattè subito, ma rimase silenzioso per più di qualche momento
fissando apparentemente apatico il suo servo, ma le sopracciglia finirono per
inarcarsi appena per la sorpresa; evidentemente Merlin aveva imparato a
riconoscere i minimi dettagli del suo comportamento. Da una parte quella
consapevolezza lo atterrì, dall’altra parte fu sollevato dal sapere che
qualcuno, in breve tempo, aveva imparato a conoscerlo.
“ No, forse hai ragione “ concordò infine il Principe “Magari sono davvero
ubriaco”
“ Ecco…” fu il commento tra se e se che sfuggì dalle labbra del giovane mago.
“Ma che bisogno avevate? Così farete solamente infuriare vostro padre –se lo
viene a sapere, e vi sentirete male” obbiettò poi scuotendo con vigore la testa.
“ Appunto, se lo viene a sapere” commentò piano il biondo sottolineando con cura
la congiunzione condizionale. “Tu non gli dirai nulla, vero Merlin?”
“ No certo che no “ il mago non provò neanche a ribellarsi all’ordine velato del
Principe, non avrebbe avuto alcun senso. “Però non dovreste ubriacarvi”
puntualizzò subito dopo.
“ Hai ragione” concordò Arthur con semplicità, ma non diete alcuna importanza
alle proprie parole, quasi l’avesse detto senza pensarlo realmente. “Ubriacarsi
porta a fare cose stupide….”
“Esattamente” si intromise Merlin per rafforzare quella tesi, era decisamente
soddisfatto dell’ammissione dell’altro.
“ Oltretutto a lungo andare potrebbe farmi male alla salute” continuò
tranquillamente il giovane Pendragon.
“Proprio quello che volevo dire” concordò nuovamente il mago con entusiasmo
-forse fuori luogo.
“Merlin” sospirò appena Arthur, avrebbe dovuto sembrare seccato dall’entusiasmo
del giovane, ma non potè reprimere un lieve sorriso. E di certo non poteva
attribuirlo all’alcool; sarebbe stato da ipocrita. “La smetti di fare così?”
“Così come?” domandò ingenuamente il ragazzo dai capelli scuri, l’espressione
era sinceramente confusa.
“ Compiacermi perché mi è dovuto “ puntualizzò Arthur prima di alzarsi dalla
sedia, in un altro momento quel gesto sarebbe potuto sembrare rabbioso; eppure
l’effetto che il Principe diede non sembrò neanche lentamente quello.
“Io non vi compiaccio” ribattè Merlin perplesso. “ In effetti non ho motivo di
farlo” aggiunse poi più a se stesso che al Principe. Fissò la figura di Arthur
nuovamente, come quando era entrato nella stanza non potè fare a meno di
concentrarsi su di lui; aveva corso come un idiota per il castello per quel
momento –per quella visione di perfezione che nemmeno il vino poteva turbare; ed
ora iniziava a non esserne più appagato. Aveva bisogno –o forse semplicemente
voleva, di qualcosa di più. “In ogni caso vi rispetto per quello che dimostrate,
ma non perché vi è dovuto”
“ Vedi
Merlin? Rendi sempre tutto più complicato di quanto sia” protestò il giovane
Pendragonn scuotendo delicatamente la testa. Avrebbe dovuto mantenere la ragione
intatta ancora un po’ e poi sicuramente tutto sarebbe andato come sempre, e la
mattina dopo non si sarebbe neanche ricordato di quel patetico tentativo.
“E cosa avrei reso complicato?” chiese Merlin perplesso; era sicuro di non
afferrare neanche lontanamente il riferimento del futuro Re di Camelot. Rimase
seduto sulla sedia, quasi avesse paura ad alzarsi senza permesso da parte
dell’altro.
“ Mh, fammi pensare “ mormorò Arthur muovendosi ora verso Merlin, i passi lenti
che a malapena risuonavano sul pavimento. Si piegò in avanti fino a posare le
mani sui braccioli della sedia dove era seduto i lgiovane mago; tenne la testa
alta in modo da incrociare lo sguardo con quello di Merlin. Il mago deglutì
appena. “Diciamo, tutto?”
“Continuo a non capire” sussurrò appena Merlin irrigidendosi appena, quasi gli
occhi di Arthur fossero capaci di renderlo di pietra. Quella dannata sensazione
era cacofonica come il segnale di allarme delle guardie, ma insieme alla
sensazione iniziava a farsi strada una sorta di tranquillità e fiducia
incondizionata che tutto sarebbe andato bene.
“Logico che tu non capisca, Merlin, tu non capisci mai” sussurrò il Principe con
poco entusiasmo. Doveva far caldo a causa del fuoco, o forse a causa del vino.
Sospirò appena scuotendo la testa “Ma forse è un bene” decretò subito dopo
rialzando lo sguardo sul viso del proprio servo. Si, doveva essere a causa del
vino. Alzò lentamente la mano destra fino al volto di Merlin, quindi con
l’indice percorse la linea continua della tempia, dello zigomo, della guancia
“Se tu avessi capito sicuramente saresti scappato” fino alla curva del mento che
afferrò delicatamente con il pollice e l’indice.
“Arthur?” la voce di Merlin non fu altro che un fruscio indistinto immedesimato
con lo scoppiettar del fuoco, si distinse a malapena per l’accento di domanda.
Deglutì nuovamente. La sensazione svanì nel nulla improvvisamente.
Di certo altre domande di Merlin non avevano trovato alcuna risposta da parte
del futuro re di Camelot, ma questa non passò totalmente inosservata. La prima
sensazione che l’apprendista di Gaius ricevette fu quella del calore delle
labbra di Arthur, solo dopo qualche istante realizzò che quelle stesse labbra
erano premute contro le sue. La sorpresa fu stranamente minima; non oppose
alcuna resistenza a differenza di quanto Arthur aveva predetto.
Non fu che un contatto di labbra, niente di più e a differenza di tutto quello
che il futuro Re si era aspettato –e per cui si era preparato, fu lui a
staccarsi ed ad allontanarsi. Arretrò, nonostante non fosse nella sua natura,
rimane sorpreso, nonostante ciò non sarebbe dovuto accadere. Fu quasi una
ritirata, di sicuro altrettanto umiliante e distruttiva per il suo orgoglio di
Principe.
“Arthur…” in realtà lo stesso mago non era ben sicuro di quello che voleva dire,
o che l’altro voleva sentirsi dire. In quel momento di tentennamento rimase
silenzioso, fissò la figura del futuro re fermarsi in prossimità della finestra
e cercò di riordinare le idee. Quello non era il momento di deludere Arthur in
alcun modo, ma non poteva neanche reagire semplicemente come l’altro avrebbe
voluto che reagisse. Si alzò dalla sedia con ritrovata determinazione e si
avvicinò all’altro con quel passo che utilizzava sempre quando doveva
raggiungere Arthur prima che qualcosa andasse storto. Non si fece neanche
intimorire dalla regalità che di nuovo circondò la figura del ragazzo biondo; la
luce fredda della stanza lo rese statuario anche se in quel momento doveva
sembrare particolarmente fragile con lo sguardo chino, le spalle leggermente
incurvate.
“Non ti azzardare nemmeno a dire una parola, Merlin” minacciò Arthur senza alcun
riguardo, ma quell’aspro attacco era chiaramente una stupida forma di difesa.
Non lasciò all’altro neanche il tempo di aprire bocca, si limitò a lanciargli un
occhiata decisamente sconfitta.
“No, questa volta parlo” fu la pronta risposta del giovane mago “Perché se non
lo faccio questa volta le cose non andranno che peggio” il tono era stranamente
conciso e appassionato. “Arthur voi non fate nulla senza averci pensato con cura
prima; vi arrovellate nei vostri pensieri per ore; vi conosco. E credetemi, so
riconoscere un azione dettata dal vino e una dettata dalla volontà.”
“ Mi ci è voluta un intera caraffa di vino…” scandì bene le parole Arthur,
probabilmente stava parlando solamente perchè il vino reso molto più loquace del
dovuto. “…per decidermi ad assecondare la mia volontà e a rischiare di fare la
figura del fesso con te”
“Ma non ti reputo di certo un fesso” replicò semplicemente Merlin, un sorriso
incoraggiante sul volto. “Vedila così…” tentò poi tornando serio “Ora ho capito,
ma non sono scappato”
Per un attimo negli occhi di Arthur balenò una luce di puro trionfo, di vittoria
schiacciate, ma subito dopo tornarono spenti come poco prima; poi la razionalità
lo rese cauto come sempre.
“Ciò non significa nulla. Se scappi potrei anche farti arrestare” puntualizzò
Arthur con semplicità.
“No, non credo lo faresti. “ sentenziò Merlin con altrettanta semplicità “Per
una volta, una sola,Arthur…fidati di quello che dico” fu quasi un ordine, ma non
si preoccupò di sembrare irrispettoso. Avvicinò il proprio viso a quello del
Principe reclinandolo appena in modo da non incappare in alcuna resistenza da
parte di questi. Quel secondo bacio confermò la sensazione del prino; la bocca
di Arthur sapeva in maniera spropositata di vino, ma non era una sensazione
spiacevole o riluttante; probabilmente quel sentore di liquore era più veritiero
di molte altre caratteristiche del ragazzo biondo.
Rimasero davanti alla finestra per dei lunghi istanti; almeno finchè Arthur non
spinse Merlin contro il muro; l’intento non era quello di far male all’altro,
semplicemente il vino aveva completato il suo processo di inibizione e il
giovane mago era riuscito, con quell’arrendevolezza e con quel bacio, a soffiar
via l’ultimo granello di lucidtà razionale.
“ Non hai molte via di scampo ora” puntualizzò il Principe senza mostrare alcuna
intenzione di permettere a Merlin di scostarsi dal muro.
“Non ne voglio “ fu la semplice replica del giovane mago accompagnata da un
leggero cenno di diniego della testa.
Arthur annuì appena, a malapena represse il sorriso lieve che andò a curvargli
le labbra. “D’accordo” sussurrò poi con sicurezza. Allungò le mani verso il mago
per sfilare la stoffa rossa intorno al collo che poi fu gettata sul pavimento
senza alcuna cura, riservò lo stesso trattamento alla scura giacca. Quindi posò
le mani sulle spalle di Merlin e lo fece roteare di qualche grado in modo da
farlo sedere sul letto.
“Domani vedi di mettere a posto questo confusione” ordinò Arthur come se non
avesse davvero potuto evitare di peggiorare la situazione della propria stanza.
Merlin annuì appena senza reprimere un sorriso ironico. Arthur era sempre e
comunque Arthur –nonostante il modo in cui le cose stavano evolvendo, e infondo
quella era una grande consolazione.